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Primavera da Vienna: Petr Popelka e i Wiener Symphoniker

di Alessandro Tommasi - 7 Aprile 2025

A Trieste ritorna dopo oltre un secolo l’orchestra di Vienna per un nuovo Festival sinfonico.


Quando nel 2023 è stato nominato Direttore musicale dei Wiener Symphoniker, Petr Popelka si è trovato catapultato nella grande arena internazionale. 39 anni, nato a Praga, Popelka non è uno dei fenomeni del momento, niente carriera fulminante, niente reel sbrilluccicosi su Instagram, ma una formazione da compositore e un lungo percorso come contrabbassista, culminato in nove anni da Primo Contrabbasso della Staatskapelle Dresden, durante i quali è iniziato l’interesse per la direzione con le prime masterclass.

Messa così, la nomina alla guida di una delle grandi orchestre europee sembrerebbe arrivare dal nulla. Ma nei pochi anni in cui la direzione ha preso il sopravvento sul contrabbasso, Popelka ha fatto in tempo a diventare Direttore musicale dell’Orchestra della Radio Norvegese dal 2020 al 2023, e in seguito Direttore artistico e musicale dell’Orchestra della Radio di Praga, carica che ancora ricopre. Ma al di là di tutto, che i Wiener Symphoniker, l’orchestra della città di Vienna (che in questo 2025 compie i 125 anni di attività), subiscano il fascino del musicista ceco non è cosa che stupisce, se si ha avuto la ventura di sentirne i concerti insieme.

Petr Popelka porta un’aria di cambiamento nella compagine, si respira un’energia diversa, una concentrazione maggiore e un desiderio collettivo di
partecipazione. E non è solo l’entusiasmo dei nuovi inizi. Questa aria di cambiamento è stimolata anche dal gran numero di nuovi formati, progetti e iniziative promossi negli ultimi anni dal Sovrintendente Jan Nast e pienamente appoggiati dalla visione del nuovo “Chief” dei Symphoniker. Tra questi progetti, uno riguarda anche l’Italia: Frühling aus Wien, “Primavera da Vienna”, tre concerti sinfonici e un Aperitivo Musicale cameristico che dal 10 al 13 aprile animeranno la città di Trieste e in particolare il Politeama Rossetti. Un progetto che si inserisce in una miriade di iniziative che sempre più stanno collocando il Friuli Venezia Giulia al centro di uno scenario culturale ma anche politico (per i germanofoni, su questo nuovo progetto si è espresso anche il sindaco di Vienna, Michael Ludwig).

Per parlarne raggiungo Petr Popelka telefonicamente. Pur abitando io a Vienna, a causa dell’intensissime ultime settimane dei Symphoniker, il primo momento buono per intervistarlo è dopo un concerto con i Wiener Symphoniker a Pechino, dove l’orchestra ha appunto tenuto una breve residenza.

Maestro Popelka, il suo percorso è peculiare. Contrabbassista e compositore, di colpo si scopre direttore e in pochissimi anni compie passi che per altri richiedono decenni. Com’è iniziato il suo interesse per la direzione?

L’interesse per la direzione è passato attraverso lo studio della composizione. Come compositore passi moltissimo tempo a studiare e analizzare le partiture di altri autori, magari suonandotene passaggi al pianoforte. Tutto questo costituisce di fatto il primo passo per diventare un direttore. Per me però ce n’è voluto di tempo per fare quel passo, avevo già più di 30 anni quando ho iniziato a dirigere! Ero già Primo Contrabbasso della Staatskapelle di Dresda da cinque anni quando decisi di prendermi un anno sabbatico, che passai a viaggiare, studiare, comporre e soprattutto partecipare a masterclass di direzione. Poi sono tornato in orchestra e ho cominciato a dirigere soprattutto ensemble di musica contemporanea. Così è iniziato tutto.

Riesce ancora a mantenere un’attività da compositore?

Più o meno… Scrivo soprattutto per gli amici, per piccoli ensemble, per occasioni cui tengo particolarmente. È difficile trovare il tempo per scrivere, però non posso pensare di abbandonare la composizione. È uno dei miei obiettivi trovare ogni mese almeno qualche ora per rinchiudermi a scrivere, per quanto difficile sia e per quanto temo diventerà sempre più difficile. Ma ci metterò tutto me stesso!

Mi permetta però un’osservazione: lei si trovava Primo Contrabbasso di una delle migliori orchestre del mondo, la Staatskapelle Dresden, perché abbandonare un posto simile per scontrarsi con l’incerto futuro da direttore?

Non so come spiegarlo, ma dopo quest’anno sabbatico mi ci sono proprio visto in questo futuro, era chiaro che volevo proseguire nel mio percorso musicale come direttore. Chiaramente però è difficilissimo partire da zero, ancor più non avendo io nemmeno fatto studi di direzione regolari tranne le numerose masterclass. Non ti lanciano addosso le occasioni per dirigere e mettersi alla prova.

La sua prima grande occasione quando è arrivata?

Al Concorso Malko, a Copenaghen. Dopo il concorso alcuni musicisti della Danish National Symphony Orchestra hanno fatto il mio nome al management perché gli ero piaciuto e sono stato reinvitato per una produzione. Poi da quegli ingaggi sono arrivate le occasioni all’Opera di Oslo e poi l’Orchestra della Radio Norvegese, che dopo un progetto vide del potenziale e pur sapendo che ero ancora acerbo mi propose di collaborare regolarmente come loro Direttore musicale.

Tre anni ad Oslo e poi ha cambiato radio, prendendo l’incarico di Direttore artistico e musicale dell’Orchestra della Radio di Praga.

Sì, si tratta di un’orchestra davvero speciale per me. Ho lasciato la Repubblica Ceca per la Germania quando avevo 18 anni e la mia carriera come direttore si è sviluppata soprattutto in Scandinavia e in Germania. Però l’Orchestra della Radio di Praga è la prima in cui io abbia suonato professionalmente, la prima volta avevo solo 18 anni, e ci sono ancora molti amici che vi suonano. È stato molto naturale tornarvi come direttore.

Aveva appena preso Praga quando nel 2022 si libera il posto a Vienna. Perché accettare così presto?

Era impossibile dire di no. Quando i Wiener Symphoniker mi hanno invitato avevo già fatto tre o quattro produzioni con loro e il potenziale di ciò che avremmo potuto fare insieme era davvero enorme. Me ne sono accorto subito, c’è una chimica meravigliosa ed ero sicuro che con loro sarebbe nato qualcosa di speciale. Non solo, ma per un musicista Vienna è sempre una città speciale, è un po’ la capitale della musica classica. Per fortuna Praga e Vienna non sono poi così distanti, non mi trovo come altri direttori che si devono dividere addirittura tra diversi continenti! In ogni caso, a Praga mi resta ancora solo una stagione dopo questa, quindi la sovrapposizione non durerà a lungo.

Una volta terminato potrà dedicarsi interamente ai suoi Symphoniker. Quali sono gli obiettivi per questi suoi primi anni?

Vorrei davvero che l’orchestra venisse riconosciuta a Vienna e nel mondo come una delle migliori sulla piazza. Anche per quello stiamo investendo molto sulle tournée e sui progetti internazionali, come questa residenza a Pechino. E mi piacerebbe anche che diventasse un’orchestra di riferimento per la modernità del suo approccio originale ai programmi e ai format, con una grande attenzione al rapporto con il pubblico. Stiamo inaugurando numerosi nuovi progetti, e sono molto felice di vedermi coinvolto anche in progetti di musica da camera.

Parliamo di programmi, dunque. Su quali autori vorrebbe concentrarsi? Nella stagione in corso e nella prossima vedo molto Mahler, Richard Strauss, Schönberg…

Sì, quelli sono alcuni degli autori su cui vogliamo concentrarci nei prossimi anni. La storia di Vienna è senz’altro al centro dell’identità di questa orchestra e in particolare la musica di Gustav Mahler calza a pennello ai Symphoniker e al loro suono, al loro modo di fare musica. Al suo elenco mancano però altri autori per me essenziali, come Bartók, di cui ogni anno proporremo almeno uno dei brani principali, il mio amato Schumann, autore a volte sottovalutato da pubblico e orchestre ma importantissimo perché serve davvero un’orchestra di prima classe per farlo, e ovviamente Mozart e Haydn. Alcuni direttori musicali non amano affrontarli, preferendo concentrarsi solo sui “grandi pezzi”, ma è essenziale che un’orchestra suoni il repertorio classico con il proprio direttore musicale, bisogna trovarvi spazio in ogni stagione.

E il repertorio ceco?

Certo, ma non subito. Ovviamente, essendo io di Praga, ovunque io vada mi chiedono di fare Smetana, Dvořák, Martinů, Janáček. Tutta musica che adoro, sia chiaro, ma vorrei uscire dal cliché del direttore ceco che dirige repertorio ceco, un po’ come gli italiani che fanno solo l’opera italiana. Non voglio ritrovarmi inscatolato ed etichettato in questo modo, per cui per ora ancora non ci concentreremo sugli autori cechi.

Un’altra attività importante, seppur non centrale, per i Wiener Symphoniker è l’opera, tra le recite al Theater an der Wien e al Festival di Bregenz. Sarà presente anche in quelle produzioni?

Assolutamente sì. È già successo, in realtà, quando nel 2023 abbiamo portato in scena Schwanda di Jaromír Weinberger e nella prossima stagione avremo una Fledermaus di Johann Strauss che non vedo l’ora di affrontare. Io personalmente adoro l’opera, sono cresciuto suonandola, la facevo regolarmente a Dresda, amo dirigerla e penso che lavorare sull’opera sia la migliore occasione per conoscere la tua orchestra.

Perché?

Perché è tutto diverso. Prendiamo anche solo le tempistiche, un progetto sinfonico dura al massimo una settimana, spesso molto meno, ma con l’opera passi più di un mese a lavorare tra cantanti, coro, orchestra, prove di regia e solo dopo iniziano finalmente le recite. Essendo un processo lungo, passi banalmente più tempo con le persone e impari davvero a conoscerle. E se a volte tutte quelle prove e quelle recite possono risultare noiose, per me è esattamente il contrario. Quando c’è un’opera in scena ci sono semplicemente troppi fattori in gioco, è tutto molto più instabile. Mettiamo caso che un giorno il soprano non si senta benissimo, dobbiamo tutti adattarci per far sì che l’opera stia in piedi, il che richiede una grande flessibilità e una grande attenzione.

A Vienna c’è un’altra grande orchestra il cui nome inizia con “Wiener” e che gode già di quella fama internazionale cui lei aspira per i Symphoniker. Non c’è il rischio di soffrire la concorrenza con i Philharmoniker?

Certo che sì. È una situazione non così diversa da Berlino. A Berlino tutte le orchestre soffrono un po’ la presenza ingombrante dei Berliner Philharmoniker. Dunque come fare? Beh, innanzitutto è fondamentale non cercare di essere i Wiener Philharmoniker di serie B. Ciò che dobbiamo offrire è qualcosa di completamente diverso, con progetti che possiamo fare noi e maggiore flessibilità nel repertorio. Per me questo è l’unico modo per sopravvivere in una città in cui ti confronti con un’istituzione storicamente rilevante come i Wiener Philharmoniker.

Parlando di progetti, arriviamo dunque a questo inaspettato collegamento con l’Italia: Primavera da Vienna. Cosa mi può dire di questo nuovo festival triestino?

Uno dei miei sogni è che Primavera da Vienna possa diventare un festival noto in tutta Europa, cui il pubblico accorra perché sa che a Trieste sta accadendo qualcosa di speciale.

È un altro dei progetti di cui sono davvero felice, qualcosa che possiamo creare da zero insieme al Sovrintendente Jan Nast. Per quest’anno volevamo fare qualcosa di davvero speciale e infatti il primo concerto si apre con i Ballabili dal Macbeth e dal Don Carlos di Giuseppe Verdi (i secondi particolarmente rari in concerto) e poi il Primo Atto dalla Valchiria di Wagner, quindi una serata dal taglio operistico. Il secondo programma, invece, è repertorio tipico dei Wiener Symphoniker: Mozart, la Sinfonia n. 38 “Praga”, e la Quarta Sinfonia di Mahler. Anche questo è un collegamento che mi affascina, considerando che Mahler era un interprete fantastico di Mozart. Certo, non dev’essere stato un Mozart fedele al testo e storicamente informato come ce lo possiamo immaginare noi oggi, ma credo che sarebbe stato interessantissimo sentire il Mozart diretto da Mahler, come ci lasciano intuire le sue annotazioni sulle partiture mozartiane. Il terzo concerto è un omaggio a Vienna e ai 200 anni di Johann Strauss Jr, ma sempre con un occhio per l’Italia, portando alcuni dei brani di Strauss di influenza più mediterranea, per così dire, e brani ispirati all’Italia come il Capriccio Italiano di Čajkovskij. Insomma, tre programmi che possano portare un po’ di Vienna a Trieste.

Perché proprio Trieste?

C’è un collegamento storico alla base del progetto. I Wiener Symphoniker e Trieste sono legati da una storia che data fino alle origini dell’orchestra. Alla fondazione dei Symphoniker con Ferdinand Löwe nel 1900 [all’epoca ancora chiamati Wiener Concertverein, NdA], Trieste fu la prima città in cui l’orchestra si esibì fuori dall’Austria, approfittando del fatto che all’epoca la città era ancora parte del Regno. Partendo da questo legame storico, abbiamo pensato di riproporre un progetto che ne rievochi lo spirito.

Qual è la sua idea di futuro per questo festival?

Uno dei miei sogni è che Primavera da Vienna possa diventare un festival noto in tutta Europa, cui il pubblico accorra perché sa che a Trieste sta accadendo qualcosa di speciale. E spero che in futuro ci possano essere più concerti, con più musica da camera e magari un giorno solisti, altre orchestre ospiti e una durata che superi i quattro giorni. In quel momento sapremmo di aver creato qualcosa di stabile, che possa diventare un appuntamento e un punto fisso nel panorama dei festival europei.

Alessandro Tommasi

Autore

Viaggiatore, organizzatore, giornalista e Pokémon Master, studia pianoforte a Bolzano, Padova e Roma e management culturale alla Rome Business School e alla Fondazione Fitzcarraldo. È Head of Artistic Administration della Gustav Mahler Jugendorchester e direttore artistico del Festival Cristofori e di Barco Teatro.

Nel 2021 è stato Host degli Chopin Talk al Concorso Chopin di Varsavia.

Nel 2020 ha pubblicato il suo primo libro, dedicato all'opera pianistica di Alfredo Casella.

Dal 2019 è membro dell'Associazione Nazionale Critici Musicali.

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