Ultimo aggiornamento10 dicembre 2024, alle 23:32

Nobilmente e semplice: la Prima Sinfonia di Elgar

di Tiziano de Felice - 17 Ottobre 2023

Nonostante i tanti onori ricevuti (più di chiunque altro prima di lui in Inghilterra), per tutta la vita Edward Elgar rimase l’eterno outsider. Cattolico in una nazione largamente protestante e di estrazione sociale comune, Elgar ottenne riconoscimento faticosamente, in una nazione poi dove tutti gli artisti studiano nelle varie grandi ed imponenti accademie con tanto di royal davanti al nome.

Elgar era sensibile per via della sua formazione musicale non ortodossa, sebbene le sue capacità di compositore e orchestratore fossero di prim’ordine. Musicalmente parlando, egli fu un autodidatta. Suo padre era un venditore di musica e accordatore nella città di Worcester, e il giovane Elgar fece buon uso degli spartiti nel negozio di famiglia, che prendeva in prestito e portava nei campi per poterli studiare. Imparò ad improvvisare al pianoforte fin dalla tenera età, iniziando poi a suonare il violino quando aveva 12 anni e in seguito imparando a suonare anche il fagotto. Sappiamo poi che negli anni Elgar fece lunghe visite in Germania per ascoltare la grande musica sinfonica europea e continuare ad imparare da i maestri: Brahms, Mendelssohn, Schumann e Wagner. Oggi è noto, quasi scontato, il fatto che Elgar occupi un posto di assoluto rilievo nella storia della musica, non solo quella inglese. Quando la fama infine lo raggiunse lo fece alla soglia dei suoi quarant’anni. La celebrità arrivò grazie alla sue Enigma Variations, variazioni per orchestra dove, ironia della sorte, il tema in realtà sembra esserci e non esserci al tempo stesso (si sta ancora decidendo). Per molti anni l’Inghilterra era stata chiamata “una landa senza musica”. Giudizio severo, ma sostanzialmente vero. E se da un lato compositori inglesi come Parry, Stanford e Sullivan avevano scritto molta musica splendida, comprese delle sinfonie, dall’altro nella migliore delle ipotesi hanno saputo soltanto conferire un sapore vagamente inglese a un menu già servito, consumato e ampiamente digerito nell’Europa continentale. 

Verso un nuovo masterpiece

L’idea di scrivere una sinfonia era presente nella mente di Elgar da molto tempo. Anch’egli approcciò questo genere con estrema cautela. Si sa, dopo Beethoven i compositori sono destinati a non essere mai realmente pronti per affrontare in modo degno una sfida simile. C’è chi ha aspettato molti anni per avere il sacro fuoco sotto controllo e riportare un poco di ordine (Brahms), chi invece ha trasformato le proprie ossessioni in imponenti cattedrali di suono (Bruckner) o chi ha scritto tutto tranne che ‘sinfonie’, scrivendo di tutto per poi finire con riscrivere (tutta) la storia della sinfonia (Mahler). Elgar lo si potrebbe inserire tra i cauti. In fondo non si poteva rovinare quel poco di reputazione ottenuta con molta fatica.

Già in una lettera del 1901 Elgar menziona “la sinfonia che sto cercando di scrivere”, promettendo di dedicarla al celebre direttore Hans Richter, la cui eccellente direzione delle prime delle Variazioni Enigma e della Cockaigne Overture lo aveva aiutato ad ottenere successi conclamati. Iniziarono poi a circolare delle indiscrezioni, si sparse la voce. A Londra si parlava di una nuova sinfonia per l’Elgar Festival di Covent Garden nel 1903 e per il Leeds Festival nel 1904. Ma questo posto fu occupato da una nuova ouverture di Elgar, In the South.

Durante l’estate del 1907 una lettera di sua moglie, Alice, dice che Elgar aveva scritto una “meravigliosa melodia”. Sappiamo ora che queste parole descrivevano quello che poi divenne il tema o motto principale della prima sinfonia. Tra i mesi di Ottobre e Novembre dello stesso anno, Elgar aveva abbozzato parte di uno scherzo e un movimento lento per quartetto d’archi. Questi schizzi divennero la base del secondo e del terzo movimento della prima sinfonia. La famiglia Elgar trascorse i mesi invernali da Dicembre a Maggio a Roma. Fu allora che venne completato il primo movimento. Tornato in Inghilterra più tardi nel 1908, il lavoro procedette rapidamente. Lo scherzo venne completato il 5 Agosto, il movimento lento il 23 dello stesso mese. Infine, la sinfonia fu completata poco prima del 25 Settembre. Elgar aveva 51 anni.

Le prove, la prima, il successo

Elgar fu di nuovo fortunato: la prima esecuzione venne data in carico al suo fidato amico e direttore Hans Richter e all’Orchestra Hallé. Le aspettative da parte del pubblico e della critica erano altissime. È degno di nota un fatto: all’epoca gli editori di Elgar avevano una tale fiducia nel nuovo lavoro da pubblicare persino una partitura in miniatura come guida prima della prima rappresentazione. Le prove con l’Orchestra Hallé iniziarono il 23 novembre e la prima trionfante rappresentazione ebbe luogo nella Free Trade Hall di Manchester il 3 dicembre 1908. Il pubblico scoppiò in un fragoroso applauso pieno di entusiasmo dopo il movimento lento, costringendo Richter a far salire Elgar sul palco. Alla fine dell’esecuzione l’orchestra si alzò e acclamò il compositore. La prima esibizione a Londra quattro giorni dopo fu accolta da una standing ovation da parte di un pubblico numeroso. Il successo fu incredibile. Un successo che può essere misurato: durante il 1909 la Prima Sinfonia di Elgar ricevette ben 82 rappresentazioni in tutto il mondo, compresi paesi come gli Stati Uniti, l’Australia e la Russia.

“Signori, ora proviamo la più grande sinfonia dei tempi moderni, scritta dal più grande compositore moderno – e non solo in questo paese.

Così parlava Hans Richter nel 1908 di questa Prima Sinfonia. Stava forse esagerando Richter? Probabilmente un poco ma allora era giustificabile considerando le circostanze, che molto più tardi portarono il biografo Michael Kennedy a concludere:

“Questa non era solo la prima sinfonia di Elgar, era la prima dell’Inghilterra”

La sinfonia secondo Elgar

Alla fine del XIX secolo, le persone accettavano di buon grado la stabilità e la sicurezza dell’Impero britannico. Ma, durante il primo decennio del XX, divenne evidente che l’Impero stava cominciando a incrinarsi e sgretolarsi. Un disagio crescente era avvertito in generale, ma forse più acutamente dalle terminazioni nervose ipersensibili del mondo artistico. Da questo punto di vista, è facile immaginare che qualcuno concepisca una sinfonia come una sorta di “dichiarazione di intenti” che ricorda alle persone in primo luogo ciò che stavano perdendo e poi, naturalmente, lo spirito che ha costruito l’Impero. Se quel qualcuno era qualcuno, era proprio Elgar. Nelle Variazioni Enigma (1899), Cockaigne (1901) e Alassio (1904) egli aveva mostrato un talento eccezionale, tecnica audace e un’orchestrazione brillante. In effetti in queste ouverture sinfoniche si può facilmente rilevare un’affinità stilistica con Richard Strauss. Ma studiando Brahms, Elgar acquisì una solida maestria e ingegnosità strutturale, evidenti in pezzi come Cockaigne e l‘Introduction and Allegro (1905). Infine, c’è la profonda esperienza di drammaturgia musicale di Elgar, sviluppata attraverso quella lunga e magnifica linea di oratori e cantate, culminata con The Kingdom (1906). Cosa restava allora da dire in campo sinfonico nei primi anni del 1900? Cosa si poteva scrivere che non fosse già stato detto? Faccenda curiosa, considerando che sono stati proprio i compositori inglesi a regalarci ancora grandi cicli sinfonici nel XX secolo. Una cosa è certa, Elgar era consapevole che scrivendo la sua musica era un epigono del Romanticismo. In fondo cosa importava? E così sia, sembra aver pensato. Tanto vale celebrare questo tramonto occidentale, ma dato che ci siamo esasperiamo tutto un poco. Siano rovesciate le prospettive.

Ritengo che la sinfonia senza programma [o trama] sia il più alto sviluppo dell’arte…. Alcuni scrittori sono inclini a credere che la sinfonia sia morta. Forse la forma è un po’ maltrattata dal maltrattamento di alcuni dei suoi ammiratori… ma quando arriva il genio tanto cercato, può essere assolutamente rianimato.

È evidente: Elgar nutriva ancora una grande ammirazione per la sinfonia tradizionale. Il suo rimpiangere le forme classiche è un credo nell’umanesimo in senso assoluto, contro la dissoluzione dei valori e la deriva della psiche presente in altra musica. Le passeggiate nel countryside per un inglese sono luogo dove si “lavora” sul serio: la genesi musicale in Elgar derivava da l’esperienza sensoriale e visiva, era parte del Creato che lo circondava e la musica la trovava nella campagna, scritta tra i boschi, nuvole, ruscelli e nel vento. Un’atteggiamento simile rese Elgar per natura una figura fuori dal tempo e inadatto a narrare musicalmente l’alienazione e le nevrosi del tempo. In una serie di conferenze tenute nel 1905-06 come professore di musica presso l’Università di Birmingham, Elgar scelse solo due lavori musicali da analizzare dettagliatamente: la Sinfonia no. 40 di Mozart e la Sinfonia no. 3 di Brahms. Non sorprende quindi che egli abbia poi utilizzato il familiare schema di quattro movimenti per la sua sinfonia, con uno scherzo e un movimento lento compresi fra due movimenti veloci. Anche le forme all’interno di questi movimenti si basano su strutture tradizionali, ma l’uso libero e ardito da parte di Elgar della tonalità va ben oltre i suoi modelli. Elgar era davvero un uomo moderno. Ma forse lo è stato in modo più sottile rispetto ad altri. Lo ha fatto sicuramente attraverso l’orchestrazione, mettendo in contrapposizione le famiglie strumentali nei suoi sviluppi. Nell’elaborazione della sua musica Elgar avvolge come edera i suoi temi scolpiti nella pietra, quasi strozzandoli. Ecco come confluiscono dentro la sua musica le marce di stampo sinfonico, le quadriglie, ma anche il sound pastorale, gli echi decadenti wagneriani, i sussurri e mormorii: il mondo interiore tormentato di un inglese dell’epoca vittoriana. 

Se da Brahms Elgar aveva appreso modi per creare un’unità tra diversi movimenti, ciò che conta ora nella sua concezione sinfonica sono le connessioni: il brulicare dei temi e motivi-fantasma nei loro sviluppi e la dissipazione della musica, piuttosto che un’ideale ricerca di compattezza come per Brahms. Per Elgar la struttura deve rimanere spontanea, e ciò che è importante è la transizione, il sottobosco di motivi che si arrampicano su i grandi temi. Il distacco provocato dalle transizioni e modulazioni repentine è voluto: i ponti modulanti e di collegamento nella musica di Elgar nascono da libere improvvisazioni. Con lui la forma musicale si forma quindi dall’interno. Lode ai direttori d’orchestra che sanno far emergere quest’aspetto nella musica sinfonica di Elgar, che rese l’artificio del contrappunto e dello sviluppo motivico un atto completamente spontaneo. In fondo, come si è scritto prima, i temi Elgar li scopriva portando a spasso il cane, osservando le nuvole o ascoltando il rumore di un ruscello di campagna. Talvolta delle scelte a livello armonico risultano difficili da spiegare, sebbene tutto rimanga miracolosamente soddisfacente, saldo e fermamente scritto con quel inconfondibile sound elgariano.

Anche la tonalità della sinfonia di Elgar è oggetto di discussione: La bemolle maggiore. Infatti, la sinfonia inizia e termina con un tema principale in La bemolle maggiore, ma utilizza il re minore come vera tonalità principale del primo e dell’ultimo movimento. I movimenti centrali sono invece in Fa# minore e Re maggiore, rafforzando il rapporto con la tonalità di Re minore. Inoltre, la sinfonia presenta numerosi collegamenti interni tra i movimenti, un personalissimo uso della forma ciclica da parte di Elgar. Per esempio, il secondo e il terzo movimento condividono il materiale in modo alquanto sorprendente, dati i loro diversi caratteri, e ci sono molti accenni segreti e nascosti del tema principale (un motto sinfonico) oltre alle sue comparse nel primo e nel quarto movimento. 

I. Primo Movimento

Introduzione – La sinfonia inizia con il tema (o motto) principale che sarà presente durante l’intera sinfonia, la “meravigliosa melodia” così come venne descritta da Alice, moglie di Elgar. L’atmosfera evocata da questa melodia è descritta perfettamente dall’indicazione di Elgar: nobilmente e semplice. Quella indicazione agogica che caratterizza anche i temi centrali delle sue famose marce Pomp and Circumstance. Nessun artificio in questo tema, è il compositore che si mostra apertamente e prende per mano l’ascoltatore. La melodia e il basso sono interamente diatonici, fermamente nella tonalità di la bemolle maggiore, in completo contrasto con il cromatismo a seguire. Per Elgar la tradizione rappresenta non tanto un volgere lo sguardo in modo testardo verso il passato, ma una difesa contro l’insidia suprema del tempo che scorre inesorabile. Il suo tema ritarda la morte della tonalità, è la sola cura o terapia contro il tempo che divora instancabile ogni cosa. La prima enunciazione del tema è essenzialmente diviso in due parti, con due frasi di passaggio dei corni come unica aggiunta. Alla musica viene dato un leggero slancio in avanti dal passo costante del basso e da note melodiche legate oltre la battuta, soprattutto quando si tratta di sospensioni armoniche.

La ripetizione di questo tema rivela l’orchestrazione di Elgar nella sua forma più brillante, con lunghe linee di archi rinforzate momentaneamente da ottoni, percussioni e arpe. La melodia si allunga man mano che sfuma, scomparendo sullo sfondo piuttosto che giungere a una vera conclusione.

Esposizione – L’atmosfera cambia subito all’inizio dell’Allegro, passando al modo minore e a frasi brevi e inquiete per il primo tema. La tonalità è qui da considerarsi Re minore, molto lontana da Lab maggiore, fattore che contribuisce molto al senso di contrasto e stacco rispetto a l’introduzione.

Melodia e basso spesso sembrano suggerire tonalità contraddittorie e il centro tonale sembra cambiare da battuta a battuta. Dopo un collegamento ascendente, il primo soggetto viene ripetuto una quinta sotto nei legni e corni. Nascosto in questa sezione c’è un controcanto del violino che diventerà poi elemento importante della sezione di sviluppo.

C’è un cambio di tempo nella transizione, quando il tempo cambia in 6/4 e la musica diviene più calma. Elgar ora inizia ad usare in modo considerevole i motivi chiamati a, b e c ed illustrati a seguire:

Ora compare il secondo soggetto, una serena melodia in 2/2 e in fa maggiore, anche se le parti d’accompagnamento sono ancora in 6/4. L’emergere dei violoncelli con una ripetizione di questa melodia è un tocco riconoscibile e tipico di Elgar. Dopo un toccante passaggio in re bemolle maggiore, la parte conclusiva dell’esposizione richiama molte idee precedenti tra cui c, motivo ora trasformato da un delicato intervento del clarinetto in una potente affermazione dei corni e tromba.

Per Elgar la tradizione rappresenta non tanto un volgere lo sguardo in modo testardo verso il passato, ma una difesa contro l’insidia suprema del tempo che scorre inesorabile.

Sviluppo – Il tema principale ricompare brevemente, suonato da corni con sordina nella tonalità di do maggiore. Da qui lo sviluppo mostra il passaggio da un’idea all’altra, con molti momenti delicati ma anche un climax grandioso e imponente. Gli eventi principali sono certamente lo sviluppo del controcanto sopra citato in un delicato arrangiamento per archi, l’uso del motivo a alternato ad una figura con crome che nasce dall’accompagnamento al secondo soggetto. E, ancora, il motivo b che ritorna passando da uno strumento all’altro in rapida successione e un’inquieta nuova idea in 2/2, lontanamente derivata dal primo soggetto. Infine, un climax coronato dal ritorno del secondo soggetto in si minore (questo riecheggiato per imitazione in tutta l’orchestra). Il tema principale viene accennato nella tonalità di re maggiore, e il passaggio che porta alla ricapitolazione si basa sul controcanto, espresso in due ritmi diversi.

Ripresa – ricompare il primo soggetto nella tonalità originale, questa volta con il controcanto subito al basso. Alla ripetizione, l’indicazione di chiave cambia in Lab e questo rimane per tutto il movimento, anche se la tonalità non viene percepita come stabile finché non riappare il secondo soggetto. La ricapitolazione segue lo stesso andamento dell’esposizione, ma con alcuni raffinate alterazioni come un cambio in Mi maggiore. Dopo il tranquillo intermezzo del secondo soggetto, la musica raggiunge nuovamente il culmine. Questo materiale è esteso fino alla coda.

Coda – Ancora una volta, un importante punto strutturale è segnato dal ritorno del motto sinfonico di Elgar. È sorprendentemente composto solo per gli ultimi leggii degli archi. Elgar sapeva dalla sua lunga esperienza come orchestrale e direttore che l’effetto è molto diverso dall’affidare questo importante tema a gli archi delle prime file. Dapprima il motto continua in tandem con il controcanto trasformato in tempo di 6/4, ma gradualmente il motto prevale su questa idea e prevale anche il tempo di 2/2. Il motivo c ha l’ultima parola, e questo passaggio evidenzia i conflitti di tonalità irrisolti nel movimento: per tre battute sembra essere in La minore ma poi tutto si conclude su un accordo di La bemolle maggiore.

II. Secondo movimento

Stilisticamente questo è uno scherzo sinfonico, un movimento leggero e giocoso che è nato dal minuetto e dal trio nella sinfonia classica. Tuttavia Elgar non lo chiama ‘scherzo’. La sezione contrastante è sempre nota come trio sebbene non sempre utilizzi un’orchestrazione ridotta. Da l’inizio fino al trio questo movimento in Fa# minore utilizza quattro idee principali: semicrome veloci in tono sommesso, semicrome ritmiche, un motivo di marcia in Do# minore e una frase discendente. Questi elementi sono interconnessi nello schema formale ABCBDA. Segue un Trio in Sib maggiore che usa due idee principali: la melodia di un flauto per seste e un tema del clarinetto per terze in Sol minore. Queste idee si alternano, e l’ultima apparizione del clarinetto confluisce direttamente nella sezione successiva, ovvero lo scherzo iniziale in Fa# minore ma abbreviato. Ritorna poi ancora il Trio in Sib maggiore ma riscritto. Infine c’è la coda dello Scherzo, che combina il materiale musicale delle sezioni precedenti (archi con il tema del secondo trio nei clarinetti). Riappare il tema del primo trio e il materiale musicale d’apertura dello Scherzo viene aumentato di durata e dilatato in preparazione del movimento lento a seguire. Il tasso di cambiamento armonico varia considerevolmente durante questo movimento e in effetti questo movimento crea l’impressione di suoni in costante cambiamento.

È molto più facile identificare la tonalità in questo movimento rispetto al precedente, ma ci sono ancora alcune caratteristiche sorprendenti. In apertura la tonalità di Fa# minore viene chiaramente stabilita, tuttavia il tema di semicrome preso da solo può essere interpretato in molti modi diversi, e alla fine sarà usato invariato come tema diatonico in re maggiore. Le relazioni tonali all’interno delle sezioni sono generalmente convenzionali, ma la scelta di Sib maggiore per il trio dopo uno scherzo in Fa# minore riconferma questo senso di lontananza e distacco che Elgar vuole sottolineare in più occasioni nella sua sinfonia. Per il tema della marcia viene utilizzata l’intera orchestra, ma ci anche sono momenti di grande delicatezza come l’inizio del trio. Dettagli come il pizzicato delle viole, il mormorio della parte dell’arpa e il suono cristallino di un violino solista mostrano l’acutezza dell’orecchio di Elgar per gli effetti orchestrali. Una volta ha incaricato un’orchestra di “suonare come qualcosa che hai sentito giù accanto al fiume”, un esempio tra tanti in cui l’amore di Elgar per la campagna può essere percepito in un’opera altrimenti non descrittiva.

III. Terzo movimento

Il movimento lento segue lo scherzo senza interruzione. Questo adagio è il cuore della sinfonia, non solo dal punto di vista strutturale ma anche a livello emotivo. Le prime diciotto battute si trovano in uno schizzo del quartetto d’archi del 1907, al quale Elgar ha apportato poche modifiche oltre alla sua realizzazione per orchestra completa. La tonalità di re maggiore risulta profondamente soddisfacente e serena dopo la predominanza del modo minore nei primi due movimenti. L’orchestrazione qui è tipicamente elgariana: ricca e dettagliata, espressiva e lirica. Il piano generale del movimento è di una forma di sonata abbreviata con un intermezzo centrale al posto di una sezione di sviluppo. Potrebbe anche essere visto come un insieme di variazioni su due temi alternati: uno luminoso come un pomeriggio estivo inglese, l’altro come nuvole che oscurano il sole e il paesaggio sottostante.

Il motto sinfonico si trasforma in un tema fluido di incomparabile bellezza in costante espansione. Al termine di questa gloriosa esposizione, un’ombra offusca la nostra visione, sia all’esterno che all’interno. Nate dal motivo danzante del primo movimento, le frasi cadenzate e dondolanti del secondo tema volgono verso l’interno e scendono gradualmente la scala come foglie che cadono – presagi sottolineati dai toni cupi degli ottoni silenziosi, che discendono nuovamente e in modo oscuro. La progressione, di tre variazioni per ogni tema, sembra amplificare sia i nostri sentimenti buoni che le nostre paure. Così le ultime variazioni danno meno corpo e peso al primo soggetto, che viene sommerso dal secondo. Mentre quest’ultimo svanisce, il primo appare ancora una volta – molto dolcemente, avvolgendoci. L’adagio nobile e commovente termina in una sommessa intimità.

IV. Quarto Movimento

Ora giunti al movimento conclusivo, Elgar deve in qualche modo riuscire a far conciliare i due grandi centri tonali predominanti della sinfonia fino ad ora: Re e Lab. Dal punto di vista strutturale Elgar lavora sempre all’interno di una forma ‘classica’, con un’introduzione che porta all’Allegro dell’esposizione, poi la ricomparsa del primo tema nella chiave di tonica (questa ripresa inaspettata suggerisce il modello strutturale di rondo-sonata al posto di semplice forma sonata), uno sviluppo, la ricapitolazione tematica e infine una coda finale. Dei tremoli sostengono il motto sinfonico, mescolandosi con le sfumature dei temi principali richiamati in causa. Una pausa, poi all’improvviso il movimento prende vita. Ecco tre eventi in rapida successione: in primo luogo, gli archi si destreggiano tra coppie di note in canone. In secondo luogo, su un ritmo incalzante i violoncelli contribuiscono a una fluida melodia a cui sembra essere correlata una grande frase arcuata (anch’essa presagita nell’introduzione). In terzo luogo, una marcia di carattere militare accumula energia ed impeto. Elgar porta qui molti frammenti e motivi dai movimenti precedenti, tutti in qualche modo imparentati fra di loro, ma le idee più significative del movimento sono il motivo x (vedere sotto) dal carattere di marcia esposto dai fagotti e poi il motivo ascendente y suonato poche battute dopo. L’introduzione indica la tonalità di Re minore all’inizio, ma presto cambia. Vi sono piccole riprese del tema principale in Sib e Lab maggiore, persino Mi maggiore (scritto però enarmonicamente come Fab maggiore), come se Elgar stesse ancora cercando una giusta collocazione per questo tema, che ancora non riesce a ‘trovare casa’. Come ci si potrebbe aspettare, le relazioni tonali di Elgar in questo movimento sono formate dall’istinto e gusto artistico personale più che da una rigida tradizione accademica. Il primo soggetto implica Re minore ma il secondo è in costante cambiamento. Passa attraverso la tonalità prevista di Fa maggiore, ma solo come parte di una sequenza di modulazioni. Addirittura, la ricapitolazione comincia in Mib minore, un semitono sopra il Re minore dell’esposizione, e il secondo soggetto ritorna una terza maggiore sotto la sua prima apparizione. È il Fa minore del tema di marcia che apre la strada al ritorno in Lab maggiore, ma non prima che la marcia sia passata attraverso una nuova tonalità ogni quattro battute.

Il primo e il secondo soggetto sono facilmente riconoscibili più avanti nel movimento per via dei loro ritmi. Il primo soggetto fa come da motore alla musica con la sua prima apparizione. Sebbene queste idee aiutino a stabilire la struttura del movimento, l’uso che Elgar fa di x e y è molto più interessante e vario. Il ritorno del motivo x in breve tempo si trasforma da un tranquillo commento eseguito staccato in un imponente e gloriosa proclamazione dell’intera orchestra. È sempre il primo materiale della sezione di sviluppo, utilizzato in contrappunto e talvolta invertito, e in seguito fornisce anche un contrasto stabile ai ritmi sincopati derivati ​​dal primo soggetto. Anche il motivo y viene sottoposto da Elgar a delle sorprendenti trasformazioni. Riappare nella transizione sotto l’indicazione con passione, e viene sviluppato in una straordinaria sequenza piena d’intensità. Nella ricapitolazione quest’idea si sente per augmentationem e poi in diminuzione per quattro battute, contribuendo a preparare il momento tanto atteso in cui il tema principale ritorna per l’ultima volta. Il climax si riversa nello sviluppo, un tumulto festoso in cui una frase in terzine si stacca dalla melodia, per essere lanciata intorno all’orchestra con gioioso abbandono. Tuttavia, viene un arresto improvviso. Il tema principale sembra cercare rassicurazione: una trasformazione meravigliosa della marcia militare risplende di visionario ottimismo. In uno dei momenti più alti e sublimi della sinfonia, il motivo x diventa una melodia cantabile, con uno splendido accompagnamento d’arpa che va ad ammorbidire il suo carattere precedentemente feroce. Da un climax di immensa grandiosità, lo sviluppo festivo riprende, sfociando in una ricapitolazione che diventa evidente solo quando la melodia fluida enunciata inizialmente dai violoncelli ritorna. Le pagine conclusive sono un meraviglioso ed affascinante esempio sull’uso da parte di Elgar dell’intera orchestra per creare un effetto sono trionfante ed imponente. La ripresa della musica militaresca esplode brillantemente in grande giubilo, viene innalzato il motto sinfonico in segno di trionfo. Dapprima sballottato dal clamore celebrativo, il grande tema sinfonico si erge ora chiaro e così, libero, proclama grandiosamente: vittoria.

Tiziano de Felice

Autore

Tiziano de Felice è un compositore italiano. Ha studiato composizione e musica elettronica al Conservatorio Gioachino Rossini di Pesaro, specializzandosi successivamente in composizione presso il Royal College of Music di Londra ed attualmente in ricerca artistica presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma.

Attivo come compositore e arrangiatore, è stato vincitore di concorsi di composizione nazionali e internazionali, ottenendo recentemente il primo premio del concorso Mauro Crocetta e la menzione d'onore durante del 42° concorso internazionale Premio Valentino Bucchi.

Parallelamente si occupa di divulgazione musicale nella provincia di Pesaro e Urbino attraverso lezioni-concerto e conferenze.

tutti gli articoli di Tiziano de Felice