Luigi Silva: storia di una didattica perduta
di Redazione - 14 Aprile 2025
La dimensione del viaggio è connaturata all’esistenza stessa del musicista.
Il viaggio di Luigi Silva negli Stati Uniti, pur indotto dalla situazione vigente in Italia durante il fascismo, è stato di focale importanza; le condizioni sociali che si vennero a creare in Italia durante il regime fascista spinsero molti musicisti ebrei (e/o di vedute politiche non gradite), a lasciare la patria, allontanati sia dall’intolleranza del regime, sia da una posizione reazionaria e autarchica della critica di regime e delle istituzioni artistiche.
Per tenere sotto controllo la società, uno dei metodi utilizzati dai regimi totalitari era l’utilizzo dei mezzi di propaganda; nel regime fascista l’organo proposto a tale scopo era il Ministero della Cultura Popolare (il tristemente noto MinCulPop).

La prof.ssa Fiamma Nicolodi e lo scrittore Harvey Sachs analizzano in modo molto preciso il rapporto tra musicisti e compositori (non solo italiani) di quel periodo, che fu particolarmente influenzato nella sua parte finale dall’alleanza con la Germania nazista e dalla promulgazione delle leggi razziali. Da queste analisi, peraltro molto ampie, emerge che nel primo periodo la dittatura fascista si dimostrò tollerante nei confronti di compositori e musicisti di religione ebraica, atteggiamento che però mutò progressivamente con l’avvicinamento politico alla Germania.
In questo contesto, non solo il musicista ebraico veniva vessato, ma anche le innovazioni sul campo compositivo venivano rifiutate e aspramente condannate. Uno degli aspetti su cui si riverbera tutt’oggi lo scontro tra libertà di opinione e oppressione totalitaria sono le arti: nell’ambito della musica classica, troviamo la figura di Lugi Silva, che visse i suoi primi vent’anni proprio sotto il regime fascista, ma che fu padre di una buona idea.
Nato a Milano il 13 novembre 1903, Silva era figlio di musicisti. Il padre, insegnante di canto di rinomata fama, lo avviò allo studio del pianoforte all’età di 5 anni e allo studio del violoncello esattamente tre anni dopo.
Dopo aver acquisito le basi della scuola violoncellistica Bolognese da Arturo Bonucci e dopo aver studiato composizione con Ottorino Respighi a Roma, nel 1939 decise di emigrare con la moglie e il padre negli Stati Uniti, stabilendosi in California. Qui iniziò la sua carriera didattica alla Juilliard School of Music di New York, alla Yale University of Music e in moltre altre accademie americane.


Studiando la figura di Silva, si viene a conoscenza che, a causa di una sua caratteristica fisica potenzialmente limitante, gli fu consigliato di rinunciare allo studio del violoncello e, conseguentemente, di scegliere uno strumento più adatto alla sua struttura fisica. Tuttavia, egli non solo non si arrese, ma con uno studio profondo e attento della fisiologia in rapporto ai meccanismi esecutivi, sviluppò e perfezionò un suo metodo, esposto in gran parte nel suo Vademecum del Violoncellista, un’enciclopedia-guida per i violoncellisti appartenenti a qualunque livello.
Il tema principale del Vademecum è la scansione giornaliera di esercizi suddivisi scientificamente in capitoli, ognuno dei quali riguarda un aspetto della tecnica violoncellistica; in questo manoscritto oltre questioni tecniche vengono analizzate partendo dalla base. Vi sono presenti indicazioni e appunti grafici di Silva stesso che rappresentano un approccio alla tecnica dello strumento ancora non così accuratamente affrontato su carta.

Consultando il suddetto manuale, si osserva che molti elementi trattati da Silva sono tutt’oggi ritenuti validi, come la sua attenta analisi dei diversi modi con cui conquistare le distanze sul violoncello e il peso che bisogna dare alla comprensione dell’anatomia nella pratica esecutiva.
Al momento della sua morte, Silva aveva due importanti opere pedagogiche in corso oltre al Vademecum: La Tecnica Violoncellistica e Storia (tradotta e curata postuma di stesura dalla sua allieva Margery Enix, con il titolo A History of Left-Hand Technique on the Violoncello, senza però essere mai pubblicata).
Silva lascia in eredità vari scritti più brevi, più o meno completi, riguardanti temi che vanno dalle organizazzioni d’arco sulle Suites per violoncello di J.S. Bach, all’insegnamento degli strumenti ad arco per i principianti.

Inoltre, si è occupato di innumerevoli lavori di trascrizione di brani esistenti riportandoli sul violoncello, dimostrando le risorse, la potenzialità e la versatilità di uno strumento fino a quel momento utilizzato come strumento esecutore di sé stesso.
Lo stesso Yoyo – Ma, nella sua incisione per SONY BMG MUSIC ENTERTAINMENT del 1982, in cui lascia la sua interpretazione dei lavori di Bach, Haydn, Beethoven, Kraisler e Saint-Saens, esegue il celeberrimo Capriccio n.24 di Niccolò Paganini, scritto originariamente per violino, su trascrizione di Luigi Silva.
Un’altra eccellente testimonianza del “Silva trascrittore”, la otteniamo dalla magistrale esecuzione di Janos Starker delle Danze Rumene di Béla Bartók, suo compatriota e contemporaneo di Silva.
L’elenco completo del materiale è preziosamente conservato negli archivi UNCG, University of North Carolina Greensboro, in North Carolina.

Angelica Simeoni