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Musique “En Variant” – variazioni possibili e dove trovarle

di Marco Surace - 21 Giugno 2024

Tra i procedimenti compositivi più affascinanti della storia della musica c’è senza dubbio la variazione. A partire dal percorso narrativo proposto da Carlotta Malquori e Andrea D’Amato nel loro ultimo disco, vi proponiamo…varie…riflessioni sul tema.

La storia della musica occidentale è costellata di esempi in cui il potenziale espressivo si manifesta e prende forma a partire da una semplice tecnica compositiva: la variazione. Le infinite possibilità di trasformazione melodica, ritmica, armonica, timbrica (e così via) del materiale musicale e le sempre differenti reinterpretazioni dell’idea di variazione da parte dei compositori hanno generato, e nel tempo cristallizzato, specifiche forme musicali in cui questa tecnica è preponderante.
(Da: Marco Surace, note introduttive in Carlotta Malquori, Andrea D’Amato, En Variant, Ars Produktion, 2024)

La storia della musica occidentale è costellata di esempi in cui il potenziale espressivo si manifesta e prende forma a partire da una semplice tecnica compositiva: la variazione.


Quali sono le idee alla base delle variazioni? Quali differenti reinterpretazioni ci sono state e quante altre ancora ne possono esistere?
Iniziamo facendo un tuffo nel passato e ripercorriamo brevemente alcune tappe della storia della musica. Già nell’antica Grecia esisteva una particolare forma di polifonia, l’eterofonia, che si basa su un principio di variazione. Più musicisti eseguivano contemporaneamente la stessa melodia e, mentre uno ne rispettava la forma originale, gli altri la trasformavano introducendovi piccole variazioni e ornamentazioni. Ancora oggi assistiamo a questo procedimento musicale, talvolta codificato talvolta improvvisato, nelle civiltà musicali extraeuropee (ne è un esempio il gamelan giavanese).

Nelle forme medievali troviamo spesso la variazione di un tenor vocale o strumentale e nel Rinascimento i musici si servono continuamento del procedimento delle diminuzioni, un tipo di variazione in cui la figurazione ritmica di base viene successivamente suddivisa in valori sempre più piccoli. E’ nel Cinquecento, però, che si inizia a codificare una forma che ha alla sua base questo particolare principio trasformativo: il tema con variazioni. Sebbene il primo esempio isolato sembri risalire al XIV secolo (Di molen van pariis, i mulini di Parigi), il primo esempio pubblicato pare essere quello delle diferencias per vihuela di Luis de Narváez (1538). La forma del tema con variazioni riscuoterà nei secoli successivi un gran successo tra i compositori e gli interpreti, forse anche in virtù della sua logica lineare, così “naturale” per il pensiero occidentale moderno. Invece che optare per una sequenza arbitraria, iniziare con variazioni semplici e passare poi a quelle più elaborate permette ai compositori di dare alla musica una forma complessiva e creare un tragitto narrativo coerente. Noi musicisti e appassionati di oggi abbiamo la possibilità di studiare e ascoltare capolavori di questo genere come le Variazioni Goldberg di Bach, le Variazioni Diabelli di Beethoven o lo splendido movimento lento del quartetto La morte e la fanciulla di Schubert. Ma conosciamo anche esempi più eccentrici come le Variazioni Enigma per orchestra di Elgar, che tra crittogrammi musicali e idee tematiche cela al suo interno due misteri da risolvere, o il Nocturnal per chitarra di Britten, in cui si procede al contrario e il tema appare solo alla fine.

La variazione, dunque, è una tecnica in cui il materiale di base viene ripetuto in forma modificata. E’ difficile immaginare o calcolare un numero definito di modi in cui questo materiale può essere trasformato; ciò non toglie che si possa godere oggi di esperienze d’ascolto nelle quali l’idea di variazione emerge nelle sue molteplici possibilità. E’ il caso del CD En Variant, progetto del duo composto da Carlotta Malquori (violino) e Andrea D’Amato (pianoforte), uscito poche settimane fa per Ars Produktion.

Invece che optare per una sequenza arbitraria, iniziare con variazioni semplici e passare poi a quelle più elaborate permette ai compositori di dare alla musica una forma complessiva e creare un tragitto narrativo coerente.

Dopo il loro disco di debutto come Ares Trio insieme al violoncellista Matthias Balzat, dedicato a due autori novecenteschi di area sovietica (Šostakovič e Babadžanjan), Carlotta e Andrea propongono stavolta un racconto musicale dalla differente latitudine. Siamo in area francofona, sospesi tra un passato prossimo e il presente, in un viaggio alla scoperta di tre diversi compositori: Guillaume Lekeu (1870-1894), Olivier Messiaen (1908-1992) e Nicolas Bacri (1961).

ANDREA: L’idea di questo progetto nasce dal fascino che la “semplicità” della variazione esercita su di noi: un terreno fertile per la ricerca, l’esplorazione e la sperimentazione di innumerevoli possibilità timbriche ed espressive. La forma del tema con variazioni rappresenta il punto di partenza del concept di questo CD ed è posta di fatto al centro della tracklist.

Lekeu, di origine belga, fu allievo di importanti compositori quali César Franck e Vincent d’Indy, che molto lo influenzarono musicalmente (specialmente Franck e il suo uso della forma ciclica). Nella sua breve carriera musicale, stroncata troppo presto, a soli 24 anni, Lekeu ci ha lasciato splendide pagine tra cui la Sonate pour piano et violon, dedicata al celebre violinista Eugène Ysaÿe.
Di Bacri, uno dei compositori attualmente più eseguiti e incisi nel panorama musicale internazionale, il giovane duo ha inciso la Sonata No. 4 op. 148 “In Anlehnung an Brahms” (nello spirito di Brahms), che sfrutta idee di variazione basate sulla frammentazione e la metamorfosi del materiale di partenza.

ANDREA: Thème et Variations di Messiaen, brano che avevamo in programma di incidere da tempo, ci ha sempre affascinato per la sua raffinatezza armonica e l’uso innovativo dei colori e dei ritmi. Questo brano è emblematico per la sua capacità di trasformare un tema semplice in un viaggio musicale complesso e ricco di sfumature.

E’ in effetti un brano molto complesso, che esplora le idee di tempo e ritmo e le loro possibili trasformazioni, generando trame sonore via via più dense. Il programma proposto da Carlotta e Andrea è quindi veramente impegnativo dal punto di vista musicale e tecnico, e pone senza dubbio delle sfide importanti in fase di studio e di registrazione.

CARLOTTA: La fase di studio è stata molto rapida e intensa perché avevamo poco tempo. Andrea e io eravamo appena tornati da una tournée in Grecia e avevamo circa quaranta giorni per iniziare a leggere il programma da zero e portarlo in concerto l’8 ottobre a Roma e poi a Napoli. Tornati poi da questi concerti in Italia avremmo inciso il disco quindi sicuramente il tempo è stato un po’ nostro svantaggio ma ci ha anche spinti molto. Ci siamo incontrati tutte le sere di settembre. Siamo abituati anche a suonare in trio (sono anni che abbiamo l’Ares Trio) e ci siamo entrambi accorti quanto sicuramente avere due personalità musicali piuttosto che tre rende il lavoro a volte più snello. Siamo molto affini musicalmente, soprattutto c’è un’enorme stima reciproca, per cui ogni volta che Andrea suggerisce un’unità musicale io la prendo come una validissima alternativa a quello che magari ho in mente e spero viceversa. In fase di registrazione ovviamente, come tutti immagino, “sono usciti un po’ di mostri”, nel senso che ognuno di noi aveva quel preciso passaggio di cui aveva paura e entrambi ci siamo presi un po’ di tempo su certe cose per risolverle. E’ stato bello assistere l’uno alla pazienza dell’altro.


C’è però ancora un elemento inaspettato che caratterizza questo progetto discografico. Non si può non rimanere sorpresi dalla traccia finale del CD, una piacevole…variazione rispetto al tragitto espressivo percorso precedentemente. Carlotta canta infatti La Vie en rose (celebre brano di Louis Guglielmi, portato al successo dalla cantante francese Édith Piaf) con l’accompagnamento pianistico di Andrea. Come mai proprio questo brano?

CARLOTTA: L’ultima traccia è stata un’idea venuta ad entrambi. La Vie en Rose è un inno della musica francese, e siccome il disco è improntato su un programma franco-belga ovviamente non avremmo inciso la Cucaracha, ecco [ride]. Perché? Perché adesso stiamo lavorando su un programma che è proprio all’insegna di questa rottura dei canoni classici. Cerchiamo di sfatare un po’ il mito che se si fa musica classica bisogna fare assolutamente solo musica classica. L’espressione musicale cerchiamo di portarla tutto tondo; sia Andrea che io veniamo da un background anche piuttosto pop e jazz, quindi è un linguaggio che ci appartiene. Ci siamo chiesti “ma perché non raccontare questa storia anche da quest’altro punto di vista?” e quindi ci siamo presi la briga di arrangiare questo pezzo storico e di raccontarlo semplicemente con un altro linguaggio.
Tra l’altro – segreto ufficiale – dovremmo fare un altro disco con questo tipo di programma: sono tutte compositrici donne, e raccontiamo una storia di queste donne partendo da Clara Wieck arrivando fino a Ella Fitzgerald e Mina. Abbiamo la possibilità di raccontare queste storie anche attraverso dei mezzi più popolari come il canto e la musica.

Marco Surace

Segretario di Redazione

Laureato in chitarra classica al Conservatorio "Santa Cecilia" di Roma e in Musicologia all'Università "La Sapienza". Nella mia quotidianità cerco di far convivere la mia ossessione per Maurice Ravel con l'entusiasmo della scoperta di nuove sonorità.

Innamorato perso del violoncello, della musica minimalista e della pasta al sugo. Ho una battuta o un meme per ogni occasione.

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