La suite Iberia di Isaac Albeniz

Seconda parte

Autore: Redazione

29 Gennaio 2019

Iberia venne completata in soli quattro anni; iniziata nel 1905 e ultimata nel 1908, l’opera venne portata avanti con una certa velocità e fu solo dopo la prima stesura e parziale pubblicazione che cominciò il grande lavoro di revisione, che l’autore compì non solo e non sempre sul manoscritto, ma, nella maggior parte dei casi, sulle matrici per l’incisore. Questo ha generato una serie di equivoci su quale sia la versione più vicina alle intenzioni del compositore. Esistono, per ognuno dei dodici pezzi i manoscritti autografi, non riuniti in unico archivio, ma sparsi in varie città, in particolare a Barcellona e Washington. I manoscritti autografi rivelano che Albéniz concluse il Primo Quaderno nella seconda decade del dicembre 1905. Già nel gennaio dell’anno successivo egli portò a termine Triana, inclusa poi nel secondo quaderno, concludendo per la fine del 1906 tutto il Secondo e il Terzo Quaderno. Nel 1907 cominciò l’ultimo Quaderno, che prevedeva un altro pezzo, al quale già si è fatto accenno precedentemente, con il titolo di Navarra. Ad esso fu preferito Jerez, unico brano della Suite composto nel 1908.

Tutte le modifiche principali furono apportate dall’autore nel passaggio dal manoscritto alle matrici per l’incisore per la stampa francese (Édition Mutuelle), e ulteriormente nella seconda tiratura di quest’ultima. L’autore fece alcune modiche anche dopo queste prime stampe che furono però incluse in una terza edizione spagnola. La precisione e l’accuratezza nella scrittura dei manoscritti hanno fatto dubitare alcuni studiosi della veridicità di questi passaggi, e hanno portato a un’ulteriore edizione basata esclusivamente sui manoscritti autografi. Fu solo nel 1906, alla definitiva versione per la stampa del Secondo Quaderno, che la Suite ricevette il suo nome definitivo, Iberia, invece dell’iniziale España, trovato all’inizio del manoscritto. Il sottotitolo 12 “Impressions” en quatre cahiers venne aggiunto successivamente alla pubblicazione del Secondo Quaderno integrale. La pubblicazione del Primo quaderno risale quindi al 1906, e il copyright ufficiale della Library of Congress a Washington ricevette le copie depositate il 2 aprile, appena tre mesi dopo la conclusione della composizione dell’ultimo brano. La Suite fu pubblicata a Parigi dall’Édition Mutuelle, un organismo editoriale nato nel contesto della Schola Cantorum. Quest’organismo permetteva ai compositori collegati alla Schola di pubblicare e diffondere le loro opere più facilmente. L’impresa era di carattere cooperativo, e di conseguenza erano proprio gli autori i responsabili delle edizioni delle loro opere, partecipando automaticamente anche al finanziamento delle altre composizioni.

Questo stretto contatto tra il compositore e il processo editoriale permetteva, prima di arrivare ad edizioni di elevata tiratura, di produrre edizioni di pochi esemplari che, se avevano riscontri positivi, potevano essere oggetto di una nuova ristampa di maggiore tiraturaQuesto è l’aspetto che ha creato maggiore confusione riguardo alle prime edizioni di Iberia; ovvero si è sempre considerato come editio princeps la seconda tiratura della prima pubblicazione, alla quale l’autore aveva apportato sostanziali modifiche nella sequenza dei brani e nei loro titoli. Per quanto riguarda la pubblicazione di Iberia da parte dell’Uniòn Musical Española, è inesatto qualsiasi riferimento bibliografico che la segnali come casa editrice dell’opera prima del 1914 (data di fondazione della casa editrice); il testo di Iberia servito come base alla UME per la sua pubblicazione era quello delle matrici parigine della Édition Mutuelle. Questo rafforza la convinzione che fino ad allora in Spagna non era stata edita Iberia prima del 1918, data in cui, tramite la famiglia Albéniz, tutte le matrici erano arrivata in Spagna. La diversità di alcuni passaggi fra l’Édition Mutuelle e la UME consiste nel fatto che non tutte le modifiche apportate dall’autore, rientrarono nella seconda tiratura della Édition Mutuelle, in quanto la revisione dell’autore continuò anche dopo la pubblicazione della seconda tiratura; queste furono inserite nella successiva UME. Prove delle modifiche successive si possono chiaramente riscontrare in appunti contenuti nei manoscritti del Terzo Quaderno, che fu quello che ebbe nel corso del tempo le modifiche più sostanziose.

Tuttavia sebbene le due tirature francesi subirono il controllo dell’autore, si svilupparono alcuni errori che si perpetuarono di conseguenza anche nella UME; tali errori si poterono correggere successivamente solo grazie alla consultazione dei manoscritti autografi. Non sempre però è stato possibile stabilire se tutte le discrepanze, tra l’edizione francese e spagnola, sono date da ulteriori interventi autoriali oppure da errori di copiatura. L’edizione Urtext della G. Henle Verlag si basa principalmente sulla UME, con confronti e riscontri anche dell’Édition Mutuelle e sul manoscritto autografo. In genere la maggior parte delle modifiche apportate dall’autore sono relative a legature, pedali, segni di crescendo e diminuendo. Abbiamo qualche differenza nei titoli, come nel caso di Évocation, il cui titolo nel manoscritto era Prélude, e l’indicazione agogica invece di Allegretto espressivo, si limitava a Allegretto. Cadix era il primo nome nel manoscritto di El Puerto. Nell’edizione spagnola, Fête-Dieu à Sévilla viene modificata con il titolo Corpus Christi en Sevilla.

Data la particolare complessità dell’intreccio polifonico, furono rimaneggiati e rivisti dall’autore anche molti passaggi nella scrittura per la loro elevatissima difficoltà esecutiva, che a volte sfiorava l’ineseguibilità, specie negli ultimi due quaderni. Questo procedimento non solo semplificò e rese più agevole la lettura, ma rimosse molte indicazioni dinamiche, di articolazione e di pedale. Un’annotazione a mano di Albéniz su una pagina del manoscritto spiega che queste revisioni sono state in parte influenzate dalla pianista Blanche Selva, prima esecutrice della suite completa in Francia. Altri importanti suggerimenti vennero da un’altra grande e influente figura pianistica spagnola, Joaquìn Malats, al quale l’autore, in una lettera, confidò di aver scritto Iberia essenzialmente pensando a lui e alla sua interpretazione. Tutti gli studi degli ultimi anni su quest’opera sono stati condotti essenzialmente in un progetto nato nel 1987, chiamato Proyecto Albéniz, che si propone, anzitutto di studiare e diffondere i fac-simili del manoscritto della Suite Iberia, che dimostrerebbero, come anche nelle edizioni francesi si siano formati degli errori non corretti dallo stesso autore. I cataloghi e gli studi comparati di Jacinto Torres e del pianista Guillermo Gonzalez, hanno portato a una nuova edizione, ancora in fase di pubblicazione, che riporta integralmente il fac-simile del manoscritto (compresi i titoli originali e la diversa disposizione), la sua versione Urtext ed una edizione critica.

Sfortunatamente, per via della lunghezza, delle estreme difficoltà tecniche esecutive e per le alterne fortune del compositore spagnolo, la Suite non è stata incisa integralmente molte volte. L’interesse nei confronti dell’opera si è risvegliato per lo più negli ultimi trenta anni del Novecento. I dodici brani furono interpretati per la prima volta dalla pianista francese Blanche Selva, in periodi differenti. Selva suonò il I Quaderno il 9 Maggio 1906, nella Salle Pleyel a Parigi; il II Quaderno, l’11 Settembre 1907, a Saint-Jean-de-Luz, paese nei Pirenei; il III Quaderno, il 2 Gennaio 1908, nel Palazzo Princess de Polignac, a Parigi, e l’ultimo Quaderno il 9 Febbraio 1909 alla Società Nazionale della Musica, Parigi. È da ricordare che l’esecuzione della Selva è la prima dell’opera completa, ma precedentemente già Joaquin Malats aveva eseguito più volte brani isolati. Fu proprio la sua interpretazione di Triana che spinse il compositore a complicare la scrittura nei due ultimi quaderni, pensati proprio per esaltare le qualità tecniche di questo interprete. Un altro dei primi esempi illustri di esecuzione integrale di Iberia lo dobbiamo al grande pianista Arthur Rubinstein, a Madrid. Oltre ai 12 brani previsti dall’autore, Rubinstein eseguiva anche Navarra, il brano che Albéniz aveva escluso dalla Suite. Il pianista polacco però riscrisse e semplificò alcuni passaggi, adattandoli a esigenze spettacolari, come avviene ad esempio in Navarra, nelle battute 69-76, dove sostituì quasi tutti i particolari intervalli alla mano destra con ottave sciolte; ne sono un esempio le sue incisioni di Triana o Navarra di quegli anni (fine ’50), in cui tutte le parti centrali sono modificate, e alcune dissonanze eliminate. Scrive il critico Rattalino:

[blockquote cite=”Piero Rattalino” type=”left”]Rubinstein non si limitò però a includere nei suoi programmi i pochi brani di Albéniz che aveva in repertorio, ma presentò tutta la serie di Iberia, dividendo i dodici pezzi in tre gruppi eseguiti in tre serate. La scrittura di Albéniz è molto complessa e, non di rado, inutilmente complicata, nel senso che, chiarissima sulla carta, diventa difficilmente percepibile all’audizione in tutte le sue componenti. L’interprete si trova così di fronte ad un dilemma: eseguire tutte le note (ed è possibile) lasciando che la percezione sia “a macchia”, oppure sacrificare qualcosa per far emergere un disegno netto, ma in una certa misura semplificato. Rubinstein scelse la seconda soluzione, che era del resto del tutto ragionevole. Tuttavia nell’autobiografia si scaricò la coscienza raccontando di aver avuto il placet dalla vedova e dalla figlia di Albéniz.[/blockquote]

La questione sulla possibilità di modificare la partitura è ancora oggi molto attuale, e non capita raramente di imbattersi in versioni, semplificate arbitrariamente, della Suite. Comunque, è necessario sottolineare come, nel periodo in cui Rubinstein eseguì l’opera, all’inizio del secolo scorso, al contrario di oggi, l’urgenza filologica nelle performances pubbliche fosse decisamente meno avvertita, sia dagli interpreti che dal pubblico.  L’esecuzione oggi considerata di riferimento è quella della pianista spagnola Alicia de Larrocha, che  lungo gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta ha realizzato tre mirabili incisioni, per la Decca e per la EMI, di Iberia (eseguendo la partitura senza alcuna omissione, e basandosi sulle edizioni corrette spagnole), accoppiandola all’altra Suite spagnola per eccellenza, Goyescas di Enrique Granados. Le sue interpretazioni di questo repertorio rimangono, ad oggi, una pietra miliare per slancio interpretativo, equilibrio tecnico, padronanza assoluta della tastiera e di ogni sfumatura fraseologica, di ogni arcata scritta. Altro punto a favore è la tendenza ad aderire attentamente al testo, il che ha reso la sua esecuzione discografica quella sulla quale oggi si fa notoriamente affidamento (Larrocha si basa sull’edizione rivista della UME)

Dall’epoca dell’ultimo Beethoven in poi, nasce nel panorama musicale europeo, la figura del pianista-compositore, ovvero del pianista in carriera che si occupa, oltre che dei propri concerti e delle esecuzioni di altri, anche di composizione per il suo strumento. La particolarità del pianista-compositore non è solo quella di creare un maggior numero di pezzi per il proprio strumento; ciò che lo rende interessante è la capacità (data la profonda conoscenza derivata dall’attività di interprete) di innovare tecnicamente lo strumento, con un proprio personale stile, con nuovi traguardi tecnici da raggiungere, non limitandosi all’imitazione di precedenti composizioni. Le figure che ricoprono questa veste sono presenti per ogni strumento, dal violino al violoncello alla direzione, ma è nel pianoforte che questo fenomeno diviene più corposo ed interessante. In tal senso, le ultime innovative composizioni di Albéniz si pongono quindi come un punto di partenza, in particolare dal punto di vista tecnico, per le nuove generazioni di compositori, e permettono al loro autore di essere considerato come uno dei più interessanti e complessi compositori per il pianoforte.

Pur essendo Albéniz un discendente della scuola di Liszt e del suo modo appariscente e virtuositico di suonare, si avvertono molte differenze nella sua opera compositiva. Queste si trovano in particolare nell’uso e nel significato che egli dà al virtuosismo, elemento che in Albéniz non mira mai a catturare il facile e immediato applauso dell’uditorio (almeno non per le spericolatezze tecniche, che non vengono praticamente avvertite da un orecchio non esperto), ma punta esclusivamente (soprattutto nelle ultime composizioni) su precisi aspetti tecnici quali le modalità di attacco del dito, i vari tipi di legato o staccato, l’incrocio frequente delle mani, la loro sovrapposizione e molti salti di ottave, elementi che rendono alcune pagine effettivamente molto scomode (manualmente) e in certi casi quasi al limite dell’eseguibile. L’uso che Albéniz fa di questa modalità di suonare non ha come scopo quello di far apprezzare al pubblico le qualità virtuosistiche dell’esecutore, ma di rendere invece alcune particolarità sonore tipiche di altri strumenti, o ricorrenti nella quotidianità della vita musicale spagnola popolare, quali le nacchere o la chitarra, con tutte le loro sfumature sonore.

Parlando dell’eredità di questa raccolta, Messiaen, considerato uno dei compositori più importanti del Novecento, deve il suo studio sulle dissonanze, e sulle sequenze accordali proprio ad Iberia; i Vingt Regards sur l’enfante defunte testimoniano chiaramente la discendenza della tecnica di scrittura pianistica. Il seguente brano, estratto dai molti scritti di Messiaen su quest’argomento, esprime molto bene il livello della ricezione e della comprensione del valore delle musiche albéniziane, da parte di una delle maggiori personalità della musica contemporanea:

[blockquote cite=”Olivier Messiaen” type=”left”]Iberia è una delle meraviglie per pianoforte. Prende la sua posizione tra le stelle più brillanti scritte per il re degli strumenti insieme agli Studi e Ballate di Chopin, alle Imagés e Préludes di Debussy, al Gaspard de la nuit di Ravel, agli Studi Sinfonici di Schumann, agli Studi trascendentali di Liszt, alle Sonate di Beethoven e ai Concerti del divino Mozart. Dopo di loro vengono le composizioni di Balakirev, Prokofiev, Bartòk e Villa-Lobos. Queste sono seguite ancora dalle Variazioni di Webern da Structures di Boulez. Annunciata e prevista dalle opere clavicembalistiche di Couperin, Rameau e Scarlatti, Iberia rimane lo spartiacque di tutte queste composizioni e compositori.[/blockquote]

Massimo Spada

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

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