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La musica della prigionia: il Quatuor pour la fin du temps

di Maurizio Verducci - 26 Gennaio 2017

«E vidi un angelo, forte, scendere dal cielo, avvolto in una nube; l’arcobaleno era sul suo capo, la sua faccia era come il sole, le sue gambe come colonne di fuoco, […]. Pose il piede destro sul mare, e il sinistro sulla terra, e […] tenendosi ritto sul mare e sulla terra, alzò la mano […] al cielo, e giurò nel nome del vivente per i secoli dei secoli […] dicendo: “Non vi sarà più altro tempo! Nei giorni del suono del settimo angelo si compirà il mistero di Dio, […]”».

La musica di Olivier Messiaen tende a colpire fin dal primo ascolto. È spesso eterea, ma mai frivola o delicata. A volte potente, non è mai dura. La sua musica rappresenta un volteggio fra le tonalità senza mai suonare instabile o dissonante. Tutto questo potrebbe sembrare solo una vaga descrizione, ma in realtà può dare un indizio sulla qualità della musica di Messiaen.

Prendendo spunto dal linguaggio visionario dell’Apocalisse, presente soprattutto nei titoli dei movimenti, il Quatuor pour la fin du Temps è uno dei lavori più degni di nota del periodo della Seconda Guerra Mondiale, composto da un musicista la cui fede religiosa fu una costanza ispirazione, anche nelle circostanze più ardue.

Nel maggio del 1940, l’esercito tedesco invade la Francia e Messiaen viene catturato insieme a migliaia di soldati francesi. Viene poi spostato in campo improvvisato vicino a Nancy, dove incontra altri musicisti, tra cui il clarinettista Henri Akoka e il violoncellista Etienne Pasquier. L’incontro è di un grande impatto creativo per Messiaen, che compone un pezzo per clarinetto solo, utilizzato successivamente nel terzo movimento del futuro quartetto.

Nel luglio del ’40, Messiaen, Akoka e Pasquier sono trasferiti nello Stalag VIII-A, un campo di prigionieri di guerra vicino Görlitz, a 70 miglia da Dresden. Due movimenti di quello che sarà il Quatuor trovano la loro origine in composizioni precedenti del francese: la Louange per violoncello riutilizza la musica della Fete des belles eaux (scritto nel 1937 per un ensemble di sei ondes Martenot) e la Louange finale per violino proviene dal Diptyque pour orgue (1930). L’Intermède è il primo movimento ad essere scritto nello Stalag VIII-A e viene provato da Akoka, Pasquier e il violinista Jean La Boulaire nei lavatoi del campo nel settembre del 1940. Una volta che le autorità trovano un pianoforte per Messiaen, il francese si occupa del resto del Quatuor.

Fortunatamente per il compositore originario di Avignone , l’ufficiale responsabile del campo era un appassionato di musica e, venuto a conoscenza delle competenze artistiche dei suoi prigionieri, li lasciò lavorare in vista di un concerto al campo. Il Quatuor viene eseguito per la prima volta il 15 gennaio 1941 nello Stalag VIII-A, in un freddo siberiano, con degli strumenti scordati, davanti ad altri 500 prigionieri. Verrà poi ripreso nel giugno dello stesso anno a Parigi dopo la liberazione di Messiaen.

Un’opera-chiave nella musica di Messiaen

Questo pezzo è fondamentale nell’evoluzione dello stile di Messiaen e nello sviluppo della musica del XX secolo in generale. In effetti, il quartetto anticipa i movimenti minimalisti (Terry Riley, Steve Reich), la scrittura per la “process music” (Ligeti, Part), il sincretismo della musica New Age.

Il Quatuor esemplifica tutte le caratteristiche principali della teoria musicale di Messiaen: costruire sul plainchant, imitare il canto degli uccelli, utilizzare strutture ritmiche irregolari. Il tutto è messo a servizio della fede cattolica di Messiaen.

La ricerca linguistica di Messiaen coinvolge tutti i piani della composizione musicale: ritmo, melodia ed armonia. Ricerca un linguaggio in cui convergano e vengano fuse insieme le esperienze musicali primordiali più autentiche per una nuova teoria e pratica della composizione che sia più direttamente discendente dalla natura, identificata essenzialmente come espressione della bontà divina, in senso cattolico.

Il Quatuor pour la fin du Temps presenta delle caratteristiche che lo rendono esemplare nella produzione di Messiaen. Qui più che in altri pezzi, il compositore applica in maniera rigorosa delle regole che spiega nella prefazione del pezzo. Il linguaggio musicale è “essenzialmente immateriale, spirituale, cattolico. Delle modalità, realizzando melodicamente e armonicamente una sorta di ubiquità tonale, avvicinano l’ascoltatore all’eternità nello spazio o infinito (sic). Dei ritmi speciali, fuori da ogni misura, vi contribuiscono fortemente ad allontanare l’elemento temporale (Tutto questo restando balbuziente, come in una prova, vista la grandezza schiacciante del soggetto!)”.

La fine del Tempo come Apocalisse

Il Quatuor affronta chiaramente come centrale il problema del tempo ed è lo stesso Messiaen a spiegarlo ancora una volta:

“Quando ero prigioniero, l’assenza di cibo mi dava sogni colorati: vedevo l’arcobaleno dell’angelo e strani turbini di colori. Ma la scelta dell’angelo che annuncia la fine del Tempo ha motivazioni molto più profonde. Da musicista, ho lavorato con il ritmo. Il ritmo è, per sua essenza, mutamento e divisione. Studiare il mutamento e la divisione significa studiare il tempo. Il tempo – misurato, relativo, fisiologico, psicologico – si può dividere in mille modi tra i quali il più immediato per noi è la perpetua conversione dell’avvenire nel passato. Nell’eternità queste cose non esisteranno più. […]”

Il Quatuor è dedicato all’Apocalisse e forse non è da scartare l’idea che l’epoca storica nonché la situazione stessa in cui il brano venne concepito abbiano fornito all’autore questa ispirazione. Basandosi sulla concezione di tempo in San Tommaso d’Aquino e Henri Bergson, il compositore francese parte dalla distinzione tra eternità e tempo: la prima è sincronica, simultanea e immobile, non ha inizio né fine; il secondo distingue invece momenti diacronici – un prima e un dopo. Per trovare una musica che esprima le vette del sentimento umano, Messiaen esplora il tempo musicale, lasciando da parte la tradizionale struttura ingabbiata in battute e organizzata per accenti fissi a seconda del metro. L’effetto contemplativo e spirituale cercato da Messiaen nella propria musica viene realizzato principalmente tramite l’utilizzo di moduli ritmici non tradizionali, armonie modali e formule melodiche che rifiutano di soggiacere alle regole classiche.

Com’è strutturato il Quatuor

Il quartetto è costituito da otto movimenti, ognuno dotato di titolo e introdotto da una breve dedica o da una spiegazione/ambientazione scritta di proprio pugno da Messiaen nella prefazione al quartetto stesso. Siamo in presenza di precise simbologie numerologiche:

“Questo quartetto consta di 8 movimenti. Perché? Sette è il numero perfetto, la creazione dei 6 giorni santificata dal sabato divino; il 7 del riposo si prolunga per l’eternità e diventa l’8 della luce indefettibile, della pace inalterabile”. [Potremmo aggiungere che il numero il 8 è il simbolo stesso dell’infinito, dell’eternità].

Si noti inoltre come la distribuzione strumentali, così come le disposizioni all’interno dei singoli tempi contraddicano fortemente l’aspetto consueto della musica da camera di tradizione ottocentesca: unitario, organico e dialettico. Piuttosto, il ciclo può richiamare l’unità ciclico-narrativa delle vetrate nelle cattedrali gotiche:

  1. Liturgie de cristal
  2. Vocalise, pour l’Ange qui annonce la fin du Temps
  3. Abîme des oiseaux
  4. Intermède
  5. Louange à l’Eternité de Jésus
  6. Danse de la fureur, pour les sept trompettes
  7. Fouillis d’arc-en-ciel, pour l’Ange qui annonce la fin du Temps
  8. Louange à l’Immortalité de Jésus

L’idea di strumentazione parziale non è completamente nuova, ma resta rara per l’epoca. La si può, però, interpretare o come una volontà di Messiaen di diversificare l’organico dei movimenti del suo quartetto o come una conseguenza della ripresa di pezzi precedentemente scritti. Inoltre, gli strumenti disponibili a Messiaen presentavano delle sfide in termini di equilibrio e amalgamazione. La sua soluzione era di utilizzarli in diverse combinazioni: assolo (clarinetto), duetto (violoncello e pianoforte, violino e pianoforte) e trio (clarinetto e archi). L’intera ensemble suona insieme nel sesto movimento, ma all’unisono, ed è solo nel settimo movimento che il suo vero potenziale viene scatenato.

I – Liturgie de cristal
Il primo movimento vede l’intervento di tutti e quattro gli strumenti partecipanti. Il pianista scorre sulla tastiera una serie di 29 accordi, sempre uguali, su un ritmo ugualmente immutabile. Messiaen qui parla di pedale ritmico, per dare l’impressione di un qualcosa che non ha né inizio né fine. Sopra ad esso, il violino e il clarinetto imitano il canto degli uccelli, mentre il violoncello suona delle note lente in delle lunghe frasi che comportano una simmetria ritmica. Nella narrativa della composizione, si tratta del risveglio degli uccelli: un merlo o un usignolo solitario, circondato da uno scintillio di suoni, da un alone di trilli che si perdono tra gli alberi. In un’ottica religiosa, si potrebbe pensare all’armonioso silenzio del cielo.

II – Vocalise, pour l’Ange qui annonce la fin du Temps
Questo pezzo utilizza di nuovo il quartetto nel suo intero. Il violino e il violoncello suonano costantemente alla doppia ottava l’uno dell’altro una frase che è subito rapida e poi molto più lenta. Il clarinetto continuare ad emettere dei versi d’uccello, ma anche veloci serie di note ascendenti su un accordo già sentito nel primo movimento. Al centro del pezzo, vi si trova una lunga parte dove il pianoforte suona pianissimamente accordi densi di note. La prima e la terza sezione evocano la forza del possente angelo, incoronato da un arcobaleno e vestito di nubi, che posa un piede sul mare ed un piede sulla terra. Nella sezione centrale ci sono le impalpabili armonie celesti.

III – Abîme des oiseaux
L’Abisso è il Tempo, con le sue tristezze, i suoi scoramenti. L’uccello è il contrario del Tempo; è il nostro desiderio di luce, di vocalizzi gioiosi. Il terzo movimento per clarinetto solo sorprende per la sua modernità. Vi si intende in particolare, per tre volte, un crescendo su una sola nota, da ppp a ffff, che mette in evidenza il cambiamento timbrico dello strumento nell’aumentare della sua potenza. È possibile che questo pezzo sia stato scritto prima del Quatuor, perché uno degli interpreti lo aveva già ascoltato da un clarinettista che si trovava insieme a Messiaen in un campo di transito.

IV – Intermède
È uno Scherzo per clarinetto, violino e violoncello, di carattere più esteriore degli altri movimenti, ciononostante ricollegato a questi ultimi da certe reminiscenze melodiche. Si tratta, infatti, del primo pezzo che Messiaen ha composto nello stalag di Görlitz. Non era ancora riuscito a trovare un pianoforte, da qui l’assenza dello strumento nell’organico. Nel momento in cui successivamente Messiaen ha scritto il Quatuor, non ha potuto fare a meno d’includerci anche la prima composizione della prigionia. Vi ha aggiunto semplicemente degli elementi che richiamano al quartetto, per fargli assumere un aspetto di coerenza. Tuttavia, il pezzo suona più tonale e formalmente più chiaro.

V – Louange à l’Eternité de Jésus
Il quinto movimento è una riscrittura di una parte della Fete des belles eaux, un pezzo precedentemente composto da Messiaen per 6 onde Martenot (tastiere analogiche monofoniche) in occasione di un’esposizione universale nel 1937.  Il movimento è scritto per violoncello e pianoforte e gioca sulle dissonanze tra il canto espressivo dello strumento ad arco e l’accompagnamento ripetitivo e molto lento della tastiera.

VI – Danse de la fureur, pour les sept trompettes
Ritmicamente, è il brano più caratteristico della serie. I quattro strumenti, all’unisono, rievocano le sonorità di gong e trombe (le prime sei trombe dell’Apocalisse latrici di diverse catastrofi, la tromba del settimo angelo annuncia la consumazione del mistero di Dio). Impiego del valore aggiunto, di ritmi aumentati o diminuiti. La musica sembra essere di pietra, formidabile granito sonoro. I quattro strumenti suonano all’unisono, su ottave differenti, elemento che rimanda a diverse tradizione musicale europee dove, non esistendo la nozione di armonia, tutti gli strumenti suonano la stessa cosa. Il ritmo, invece, ha un carattere marcatamente non europeo. Nel pezzo, vi si trovano infatti quelli che Messiaen chiama “ritmi non retrogradabili”, cioè dei ritmi organizzati secondo un asse di simmetria, spesso materializzato in una nota breve (“valore aggiunto”). Verso la fine del movimento, viene ripreso il tema, in valori aumentati e in ffff, con dei salti nei registri.

VII – Fouillis d’arc-en-ciel, pour l’Ange qui annonce la fin du Temps
Si rinvengono qui certi passaggi del secondo movimento. Appare l’Angelo pieno di forza, e soprattutto l’arcobaleno che lo incorona. Inizialmente sembra che si tratti di un movimento per soli violoncello e pianoforte, ma gli altri strumenti fanno la loro comparsa un poco più in là nel pezzo. Il primo tema viene trattato in variazioni; il secondo tema, invece, in sviluppo. La confusione (“fouillis”) viene rappresentata attraverso le semicrome.

VIII – Louange à l’Immortalité de Jésus
Il movimento finale riprende una composizione di Messiaen scritta dieci anni prima: il dittico per organo. Questo secondo elogio vede la presenza del violino e del pianoforte. Come nel precedente elogio, si tratta di una melodia accompagnata; questa volta il ritmo d’accompagnamento al pianoforte non è più una serie di semicrome regolari, ma di biscrome. Il pezzo si conclude in una arrampicata verso i registri alti, perdendosi in un acuto impalpabile del violino. Questa seconda lode è dedicata al secondo aspetto di Gesù, al Gesù uomo che resuscita immortale per comunicarci la sua vita e tutto il suo amore. Messiaen rappresenta il suo lento salire verso il picco, rappresenta l’ascesa dell’uomo verso Dio, del Figlio verso il Padre, della creatura divinizzata verso il Paradiso.

Maurizio Verducci

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