Bollani & Friends in Friuli

Metti un’orchestra giovanile under 35 ed un artista, pianista, compositore, autore, show man in
carriera da almeno 35 anni. La prima è l’Orchestra Giovanile Filarmonici Friulani, il secondo è
Stefano Bollani. Un incontro esplosivo che ha regalato stupore ed emozioni con due concerti sold-
out in Friuli Venezia Giulia. Il primo al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, il secondo al Teatro
Rossetti di Trieste.
A dirigere queste due compagini, perché sì, Bollani lo si può ben definire una compagine, visto che
quando suona – anche da solo – si sente chiaro il complesso di elementi diversi che compongono
la sua struttura, a dirigerli dicevo c’era Ferdinando Sulla, un altro giovane che già si è fatto
apprezzare in diversi contesti importanti ed ora ha mosso le mani ed il cuore in un doppio
appuntamento generazionale su un programma bollaniano e gerswiniano. Proprio così. Bella
accoppiata. Non solo, perché assieme a loro c’era anche il batterista Bernardo Guerra, talento
classe 1988 che Bollani ha portato con sé, fido elemento alle bacchette spesso in trio con Stefano
e Gabriele Evangelista, parte anche del quartetto Napoli Trip. Il Friuli Venezia Giulia ha così potuto
assistere ad una “réunion dalle tinte azzurro-blue italo franco parigine”, questo per i brani in
programma.
In apertura infatti c’era il “Concerto Azzurro” per pianoforte e orchestra scritto da Bollani nel
2017, commissionato all’Orchestra Sinfonica della Radio MDR di Lipsia sotto la direzione di Kristjan
Järvi. È il colore del quinto chakra, quello della gola e quindi della comunicazione, oltre che essere
il colore del cielo quando è chiaro e di tante altre cose che il compositore pianista funambolico,
sostenuto da un’orchestra ben calata nelle intenzioni e nei cambi repentini d’espressione, su
atmosfere che guardano ad un jazz sui generis, ha dipinto con estro magistrale e molte
improvvisazioni pianistiche, come vuole l’opera, nelle sue articolazioni: un prologo e tre
movimenti che, rompendo ogni cliché, sono stati eseguiti a due a due, inframezzati da lunghi
applausi.
Questo il tenore di una serata iniziata ottimamente e poi già un bis: dall’ultimo album “Blooming”
di Bollani, il pezzo “Radici” che ha dedicato all’ingegner Paolo Fazioli, il padre del pianoforte
grancoda che ha suonato a Udine (a Trieste si è invece prodigato su un grancoda Steinway &
Sons), e allo scrittore friulano Tullio Avoledo.
Poi è stata la volta di Gershwin e del suo poema sinfonico “An American in Paris” che racconta di
una passeggiata iniziata sugli Champs-Elysees, proseguita sulla rive gauche della Senna tra risse,
incontri amorosi e amicali nelle fusioni e confusioni di due culture. Ottima l’intesa delle masse
sonore, brillanti i solo, emotivi e melanconici da spleen come richiesto, con Sulla saltellante
giustamente abbandonato ai ritmi e ai forti senza però mai perdere le redini del discorso.
Terza parte con il ritorno di Stefano Bollani nell’altro evergreen del compositore di Brooklyn:
“Rhapsody in Blue”. La rapsodia che inizia col trillo e la lunga scala cromatica ascendente del
clarinetto, da cui parte il tema che è il leitmotiv tra vari intrecci e innesti di tutta la composizione. Il
pianoforte entra nel Moderato assai, anticipando l’intervento dell’orchestra che con le gamme
espressiva degli ottoni, le gemme dei legni, l’incedere delle percussioni e la poesia degli archi, dà
moto al narrare di un colore ora più scuro rispetto all’azzurro con cui il concerto è iniziato. Più
storico in questo senso, già immortale e immortalato con il marchio del suono Bollani,
inconfondibile.


I Filarmonici Friulani ne hanno seguita l’ispirazione recepita dal medium Sulla che l’ha trasmessa al
corpo orchestrale. Non dico dei lunghi applausi e delle entrate e uscite dal palco, più volte richiamati tra le ovazioni. Atteso il secondo bis, un cavallo di battaglia di Stefano Bollani: “Tico
Tico” per pianoforte e orchestra anticipato da una versione speciale e divertente del terzo
movimento della “Sonata in la maggiore” k 331 di Mozart, brano meglio noto come “Rondò alla
turca”. Più che alla turca in questo caso ha suonato alla brasiliana, coi guizzi estemporanei del
demiurgo di Milano.
Chiudo ricordando che in apertura di una due giorni che l’orchestra giovanile non dimenticherà, e
credo nemmeno gli straordinari ospiti, l’incontro generazionale ha accolto ed abbracciato in una
prova aperta, “prima della prima”, quattrocentocinquanta giovanissimi studenti dai sei anni in su
provenienti dalle scuole di tutta la regione. Una lezione inedita dove Stefano Bollani e gli
intervenuti, con la partecipazione di Mauro Masiero per la guida all’ascolto, si sono raccontati
attraverso il dono della musica e della parola. Quando la musica parla e la parola suona, il risultato
è di tutti senza distinzioni.

Testo a cura de “Il Musicografo”

© Immagini di Massimo Battista

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