Le contraddizioni del Prometeo

Recensione dal ‘Prometeo. Tragedia dell’ascolto’ di Luigi Nono andata in scena alla Biennale Musica di Venezia

“E nessun dio potrà / questo fuoco sottrarmi” (Terza isola)

Le ricorrenze e gli anniversari, in arte e in musica, sono occasioni uniche per poter assistere, anche fuori dai calendari, a qualcosa di particolare e originale.

La ragione è semplice. All’interno del vorticare delle programmazioni in cui oltre ad una linea artistica si cerca di accontentare artisti e agenzie e, ancora, osare qualche esperimento, avere un faro davanti a sé di un anniversario permette di navigare a vista ma con quell’incombenza di calendario che ti guarda, con fare sicuro e di attesa.

 

Salpare con Prometeo

 

Ed ecco che nella felice coincidenza del centenario della nascita di Luigi Nono e i quarant’anni dall’iconica prima del suo Prometeo nella Chiesa di San Lorenzo, Venezia vede un evento targato Biennale Musica (in particolare dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee e dalla Fondazione Luigi Nono) anche in inverno inoltrato, fuori dal suo calendario principalmente autunnale.

L’opera, termine improprio per questa creazione, non è così ineseguita come si può pensare guardando all’immenso parco musicisti necessario per la sua esecuzione (coro, orchestra, solisti strumentisti e solisti vocali) o alla difficoltà esecutiva. C’è una lunga scia europea e anche in Italia, in tempi moderatamente recenti (2017), che ha riacceso la fiamma del Prometeo, ad esempio grazie al lavoro della Fondazione Prometeo e del Teatro Regio di Parma.

Chiaramente il fascino di riproporre nella città e nella location d’origine, un’opera così imponente, ha colto comunque l’interesse di molti, anzi di chiunque se i biglietti sono stati venduti in poco tempo e le quattro repliche hanno realizzato il tutto esaurito, e, ancora, sulle scalinate della Chiesa e sui social impazzava la domanda ‘qualcuno ha un biglietto a disposizione che non utilizza?’. Qualcosa di estremamente raro per la musica contemporanea d’autore, dove sono poche le realtà che invertono la tendenza di avere più persone sul palco che in sala.

Perché dunque questo evento è stato considerato un must da appassionati e non?

C’è da dire che sicuramente una parte del pubblico l’ha fatto anche per poter dire ‘io c’ero’ soprattutto per chi, come chi scrive, non ebbe la possibilità di partecipare alla prima di allora per motivi anagrafici. Un avvenimento raccontato ai limiti del leggendario, in cui la cultura dell’epoca poteva permettersi di schierare contemporaneamente Luigi Nono, Massimo Cacciari, Claudio Abbado, Renzo Piano ed Emilio Vedova (fra gli altri) per la creazione di un evento.

Altri tempi (e altri budget a disposizione) in cui la cultura aveva forse raggiunto il punto massimo di avulsione dal pubblico, in cui si faceva qualcosa principalmente per il gusto estetico e intellettuale di farlo. Forse il Prometeo di Nono è uno di questi climax ed è per questo che viene ricordato e mitizzato, a dispetto della oggettiva difficile intellegibilità di un testo, scelto dal filosofo Massimo Cacciari, che mischiando frammenti del mito in italiano, greco e tedesco, pretende un pubblico che abbia fatto i compiti a casa e che arrivi già carico di risposte, più che affamato di domande.

Nel nuovo allestimento veneziano, viene meno la chiglia di barca di Renzo Piano che nel 1984 avvolgeva il processo musicale, anche qui dimostrando come la sostenibilità sia un argomento più sentito in tempi moderni che allora. All’esteticità, viene dunque preferita la fattibilità di un’impalcatura perimetrale, divisa nei due emicicli della chiesa sconsacrata e costruita su più piani così da produrre diverse altezze sonore, poi canalizzate e ri-distruibuite dalle regia del live electronics, e su cui tutti gli esecutori intervengono.

Prometeo. Tragedia dell’ascolto di Luigi Nono, ri-allestito 40 anni dopo nella Chiesa di San Lorenzo – Courtesy La Biennale di Venezia / ph. Andrea Avezzù

Il pubblico, entrando in questo tempio musicale all’interno del tempio ecclesiastico, subisce fin da subito una divisione netta, trovando posto in uno solo dei due emicicli, perdendo il contatto visivo con quello che avviene nell’altra parte e potendo vedere solo la parte di musicisti del proprio semicerchio.

Un peccato perché i musicisti intervenuti, dall’Orchestra di Padova e del Veneto al Coro del Friuli Venezia Giulia oltre che ai solisti vocali e strumentali hanno dato prova di una grande aderenza alla partitura, merito anche dei due maestri Marco Angius e Filippo Perocco a cui è spettata la direzione di una metà chiesa a testa.

Il grande sforzo musicale in giorni così ravvicinati (ndr la recensione si riferisce alla replica domenicale) ha forse prodotto una recita meno evocativa e leggermente più opaca delle due che l’hanno preceduta ma, d’altra parte, chiedere a degli artisti di performare sempre al meglio delle loro possibilità, su una partitura impervia e comunque poco usuale, per quattro giorni di fila sarebbe illogico.

Prometeo. Tragedia dell’ascolto di Luigi Nono, ri-allestito 40 anni dopo nella Chiesa di San Lorenzo – Courtesy La Biennale di Venezia / ph. Andrea Avezzù

 

Scintille del futuro

 

La sensazione dell’intera riproposizione, a quarant’anni di distanza, rimane nell’ambito dell’archeologia performativa.

Ha senso riproporre pedissequamente (o quasi) un’esibizione di quarant’anni prima? Per molti evidentemente sì ma forse si è persa un’occasione in più per capire e evolvere il pensiero di Nono che, all’epoca, guardava più in avanti che indietro.

Oggigiorno rimane essenziale e urgente ricomporre la frattura con il pubblico, che seppur presente e desideroso di assistere a questo evento unico, non è mancato di abbandonare ante-tempo lo spettacolo o controllare a ritmi regolari l’orologio. Pur in un evento così sentito così ben svolto, quindi la Tragedia dell’ascolto (il co-titolo del Prometeo) è rimasta all’interno dello spazio intimo dell’ascoltatore.

Cosa sarebbe potuto cambiare, ad esempio, permettendo una libera circolazione del pubblico fra i due emicicli? Personalmente credo che una scelta del genere avrebbe maggiormente ridefinito l’idea di spazio di Nono e avrebbe creato materiale di indagine e riproposizione per il futuro, continuando la generazione di quella fiamma compositiva contemporanea che pian piano va affievolendosi.

Prometeo. Tragedia dell’ascolto di Luigi Nono, ri-allestito 40 anni dopo nella Chiesa di San Lorenzo – Courtesy La Biennale di Venezia / ph. Andrea Avezzù

Allontanandomi dalla performance, mi torna alla mente il paradosso della nave di Teseo.

La nave in legno del mitico eroe greco Teseo è conservata in un museo ma nel corso degli anni, al deteriorare di alcune sue parti, si procede alla loro sostituzione. Ad un certo punto, tutte le sue parti originarie saranno sostituite, anche se la nave mantiene la forma originaria. Il paradosso fra nave interamente sostituita e nave che rimane sé stessa ci porta a chiederci cosa sia effettivamente la nave di Teseo e se sia conservata oppure no.

Se già questa nuova esecuzione portava con sé alcuni highlander della prima esecuzione (il librettista Massimo Cacciari, il flautista Roberto Fabbriciani, gli ottoni di Giancarlo Schiaffini e Alvise Vidolin ai live electronics), la prossima riproposizione potrebbe portare ad un ulteriore allontanamento dall’originale che però, forse, si tenterà di riproporre come la prima esecuzione.

Producendo una teca sotto la quale continueremo ad ammirare la nave di Teseo, o il fuoco di Prometeo, sempre più lontano dall’identità originale ma sempre più omaggiante al genio di Nono.

Luigi Nono nella Chiesa di San Lorenzo durante l’allestimento del Prometeo, 1984 – Foto Lorenzo Capellini / Courtesy Archivio Storico della Biennale di Venezia (ASAC)

PROMETEO. TRAGEDIA DELL’ASCOLTO

Musiche di Luigi Nono

Testi a cura di Massimo Cacciari

Soprani | Livia Rado, Rosaria Angotti
Contralti | Chiara Osella, Katarzyna Otczyk
Tenore  | Marco Rencinai
Voci recitanti | Sofia Pzdianova, Jacopo Giacomoni

Flauti | Roberto Fabbriciani
Clarinetti | Roberta Gottardi
Tuba, trombone Contralto, eufonio | Giancarlo Schiaffini

Viola | Carlo Lazari
Violoncello | Michele Marco Rossi
Contrabbasso | Emiliano Amadori

Direttore | Marco Angius
Secondo direttore | Filippo Perocco
OPV – Orchestra di Padova e del Veneto

Maestro del coro | Cristiano Dell’Oste
Coro del Friuli Venezia Giulia

Live electronics | Centro di Sonologia Computazionale – DEI dell’Università di Padova, Alvise Vidolin, Nicola Bernardini, Luca Richelli

Allestimento | Antonello Pocetti, Antonino Viola
Luci | Tommaso Zappon

La recensione si riferisce alla recita di domenica 28 gennaio

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