A gathering of Friends: il Concerto per violoncello e orchestra di John Williams - Violoncello In-Audito

Tutti i compositori più abili abbracciano le forme classiche forgiando attraverso tali fondamenta la propria espressione musicale. In A gathering of Friends, l’ultimo progetto discografico di John Williams, il tema centrale sembra essere proprio il dialogo tra la forma e l’esigenza di far emergere le sue idee più intime. Attraverso l’espressività e il controllo superlativo di un grande solista come Yo-Yo Ma come fonte d’ispirazione, ne risulta un lavoro complesso, completo, costruito e rivisto più volte in quasi venti di amicizia e collaborazione musicale.

 

John Williams Yo-Yo Ma

John Williams e Yo-Yo ma durante l’incisione di A gathering of Friends per Sony Classical

Boston Symphony Orchestra, anni ’90 e l’amicizia di una vita

Il Concerto per violoncello nasce dall’idea di Seiji Ozawa, direttore dal 1973 al 2002 della Boston Symphony Orchestra, che chiede a Williams di scrivere un concerto per Yo-Yo Ma. Nel 1993 la BSO commissiona ufficialmente il lavoro. Nell’estate seguente Williams e Ma eseguono proprio con la Boston Symphony la prima versione del Concerto a Tanglewood, presso la Ozawa Hall. L’esperienza di questo nuovo brano non è la prima collaborazione tra i due: l’incontro, avvenuto qualche anno prima, si colloca in un momento particolarmente intenso nella vita di entrambi. Se John Williams si afferma in quegli anni come una delle voci più importanti della musica da film, Yo-Yo Ma è all’esordio degli anni più intensi della sua carriera strumentale.

Condividono il palcoscenico e l’esperienza con grandi orchestre su pagine romantiche come Elgar e Dvorák, s’incontrano spesso anche in duo con il pianoforte e sviluppano un sodalizio musicale tra i più dinamici della scena internazionale. Il Concerto, in particolar modo, è un brano che sembra restare incastrato nei vari interessi di entrambi anche dopo una prima incisione del lavoro nel 2005. Williams revisiona l’intero lavoro a più riprese fino alla sua seconda incisione nel 2022, insieme a revisioni di altri suoi lavori come Schinlder’s List, Lincoln e Munich con la New York Philarmonic.

Il Concerto

L’aspetto generale più affascinante di questo Concerto è la diversità tra i quattro movimenti che s’incontra durante l’ascolto del concerto nella sua interezza. Ogni movimento è perfettamente autonomo e con un’identità marcata, molto diversificata sia nell’approccio orchestrale, sia nella scrittura solistica. Identità non è però sinonimo di distanza. I quattro movimenti si immergono uno nella sonorità dell’altro risultando in un concerto senza interruzioni, che sfocia in trenta minuti di musica senza affaticare l’ascoltatore.

Splendida conversazione tra Williams e Ma nel 2005 a seguito dell’incisione di “Memoirs of a Geishal”. Al centro dell’intervista il loro rapporto, l’ammirazione reciproca e l’esperienza in sala di registrazione.

I. Tema e cadenza

L’orchestrazione colorita e variegata tipica di Williams plasma quattro ambienti musicali diversi. Al centro del primo movimento si riconosce, fin dai primi minuti, un’identità eroica nella voce del violoncello. L’approccio generale ricorda la forma del concerto per violoncello più maestosa, elemento caratterizzante dei grandi concerti di repertorio. Un tappeto sonoro dinamico e fortemente ritmico di legni e ottoni prepara l’ambiente sonoro per l’entrata del violoncello, subito enfatizzata dall’accompagnamento degli archi. Arpa e celesta, invece, diventano legante sonoro di tutta l’esposizione e sviluppo del movimento.

La linea del violoncello emerge da un colore dell’orchestra volatile, ma mai sospeso che anzi, ritrova corpo e definizione ritmica tra i pizzicati dei bassi e gli interventi decisi degli ottoni. Il risultato è un dialogo intenso, ma non forzato, né costretto in una metrica ferrea e breve. Frasi lunghe e di ampio respiro trovano il loro spazio in una configurazione stabile e incalzante, che confluisce con grande naturalezza verso la cadenza.

 

Williams trova come elemento ricorrente la ruminazione del materiale musicale del primo movimento unito all’esplorazione delle possibilità più virtuosistiche del violoncello. Ne risulta una cadenza con un arco narrativo ben strutturato e di chiara comprensione, che potrebbe essere tranquillamente estrapolata come brano autonomo per violoncello solo. Gli oltre quattro minuti di cadenza sono introdotti da un breve corale del violoncello seguito da un inciso in dialogo con i timpani, apice della cadenza.

Williams usa elementi antichi come il bordone, richiamando approcci solistici allo strumento moderni come la cantabilità di Britten, o la verticalità di Bridge nei loro lavori per violoncello solo. La transizione finale che chiude il movimento è brevissima e costruita con una maestria e controllo di colori e volumi dell’orchestra sorprendenti. La sequenza finale di trilli del violoncello ripresa dagli ottoni si scioglie nelle sonorità dell’arpa e della celesta riformulandosi nell’accompagnamento d’apertura del movimento. I commenti del violoncello e dei clarinetti ora tranquilli vengono assorbiti da una nuova sonorità immobile che introduce il secondo movimento.

II. Blues

Il secondo movimento è un breve episodio crepuscolare e di stampo pseudo-improvvisativo. Lo stesso Williams racconta dei fantasmi di Ellington e Strayhorn aleggianti nella sua mente durante la stesura di questo movimento. L’elemento blues è sicuramente presente nei clusters del pianoforte e delle percussioni, qui usate nelle loro accezioni più coloristiche – l’orchestrazione prevede carillon, glockenspiel, marimba, timpani, triangolo, vibrafono – e nei tentativi melodici del violoncello scritti con l’approccio improvvisativo del genere. Williams sembra far trasfigurare l’orchestra (per neanche quattro minuti, proprio come un’apparizione) in una jam session ricca di fumo di sigaretta e stanchezza.

Sonorità a confronto: le armonie di Ellington contro il Blues crepuscolare di Williams

III. Scherzo

I fantasmi di Williams si risvegliano da questo stato di trance grazie all’introduzione di un frammento veloce e ritmico del violoncello. A turno tutti gli strumenti dell’orchestra sembrano cadere dentro questo vortice instancabile che ricorda un moto perpetuo. La struttura ritrovata dell’orchestrazione consente al violoncello l’introduzione di una breve linea melodica – la quale ricorda un frammento del primo movimento ed è ripresa, commentata dai legni – nello sviluppo.

Lo Scherzo sfocia in una breve sezione che raggiunge una nuova vetta a livello sonoro e narrativo. Un’iniezione di improvviso dramma, molto verticale e risolutivo, che si assenta brevemente solo per lasciare spazio al violoncello. Dopo una serie incalzante e instabile di slanci virtuosistici e molto rapidi alternati a fermate improvvise, il violoncello riprende un’ultima volta l’elemento ritmico e quello melodico dissolvendoli prima in glissandi stanchi, poi in un lungo pedale. Questa battaglia tra solista e orchestra sembra essere conquistata dalla complessità del materiale orchestrale, solo per essere dominata dalla presa di posizione del violoncello.

 

VI. Song

“Pensando al finale del concerto, sono sempre stato consapevole che la capacità di Yo-Yo Ma di ‘connettersi’ personalmente e persino privatamente con ogni individuo del suo pubblico fosse forse il più grande dei suoi abbondanti talenti. In Song, il finale del concerto, ho quindi cercato di creare lunghe linee liriche che dessero l’opportunità al violoncello di rivolgersi al pubblico nella modalità di un monologo chiaro e diretto.”

(da un’intervista a John Williams per LaPhil, disponibile qui)

Il quarto movimento inizia con un lungo solo del violoncello accompagnato ancora una volta da sonorità raramente associate e isolate. L’arpa e un piccolo gruppo di fiati intervengono con timidezza al tema sofferto del violoncello. È il primo vero momento di stasi e riflessione di tutto il concerto. L’apertura improvvisa al primo grande accordo di la maggiore introduce un’ulteriore esplorazione della cantabilità della parte solista.

 

Lo spazio conteso nel terzo movimento ora è riservato al dramma del violoncello, sostenuto da un’orchestrazione solida alla quale è affidata un breve intermezzo al centro del movimento. Tono elegiaco e reminiscenze dalle grandi pagine del repertorio solista – un breve dialogo con il primo violoncello ricorda immediatamente un altro momento d’intimità nel Concerto di Schumann – trasformano la sezione della coda rendendola più ampia, grandiosa, aumentando gli intervalli e le distanze tra orchestra e violoncello.

Su lunghi tappeti sonori il violoncello esaurisce l’ultimo intervento più muscolare del movimento in un ultimo canto dal carattere armonico mediorientale. Archi, arpa e violoncello si ricongiungono solo nelle ultimissime battute in un do maggiore risolutivo e pacificatore.

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