Theme et Vexations, la sfida del Festival Bestiaire

Sabato 27 Agosto si è concluso il Festival Bestiaire: Le Coq, Babar et une méduse, organizzato dall’Associazione InCanto.

L’Associazione InCanto, che da oltre trent’anni è attiva sul territorio umbro, valorizza le sue potenzialità, anche nelle realtà più piccole e inusitate, diffondendo il patrimonio storico musicale italiano e inedito, dagli intermezzi settecenteschi al contemporaneo, con una grande attenzione alla commissione di nuovi lavori dati in prima esecuzione assoluta.  Per l’edizione 2022, tra i borghi più suggestivi dell’Umbria, ha proposto un Festival dal taglio squisitamente tematico, con il suo nucleo incentrato su Satie, e contornato da repertorio e autori del primo Novecento, in un “cortège d’Orphée”, con la musica di Ravel e Debussy, la poesia di Mallarmé e Apollinaire, il cinema di Méliès e René Clair, e il manifesto di Cocteau con la sua acutissima lettura della musica di Satie.

vexations

In questa stimolante cornice, si è creata l’occasione nell’intera giornata del 27 Agosto, di celebrare un evento straordinario, regalando al pubblico una rara esecuzione, come quella del celebre brano Vexations di Erik Satie, eseguito in forma di maratona pianistica di dodici ore. Una squadra di pianisti si è passata il testimone per tutta la giornata, garantendo una squisita continuità esecutiva, iniziando alle prime luci del mattino dalle esperte mani di Antonio Ballista e Bruno Canino, proseguendo senza soluzione di continuità attraverso una staffetta pianistica tra artisti affermati, alcuni da poco affacciati all’attività concertistica, fino a brillanti pianisti in erba, come il giovanissimo talento di Edward Corsalini.

Vexations appartiene a una delle pagine che la storia della musica ci ha regalato con una singolare particolarità: contenuto in una semplice pagina, detiene il primato per i tempi di esecuzione che escono dall’ordinario, con una durata che può variare, secondo gli interpreti, dalle 9 alle 24 ore, diventando una vera e propria sfida ai limiti della performance fisica per gli esecutori.

Databile presumibilmente tra Gennaio e Giugno del 1893, fu scoperto solamente anni dopo la morte di Satie, dal suo amico Henri Sauguet.

Ad un primo sguardo Vexations è ingannevole, può apparire un semplice brano: una sola pagina contenente due pentagrammi doppi, e una linea di basso posta in calce, che l’autore indica come “Theme”, composto da diciannove note più una pausa di croma, per un valore totale di tredici quarti. Ma leggendo le indicazioni dell’autore ci troviamo balzati in una dimensione temporale che rende l’esecuzione impervia per qualsiasi musicista, ensemble, incluso il pubblico.

«Pour se jouer 840 fois de suite ce motif, il sera bon de se préparer au préalable, et dans le plus grand silence, par des immobilités sérieuses»

(«Per suonare questo motivo 840 volte di seguito, sarà bene prepararsi in anticipo e nel massimo silenzio, con seria compostezza»)

Dunque sí, 152 note, ripetute 840 volte.

Ci addentriamo ancora di più nello spartito, e ci accorgiamo che la scrittura stessa suggerisce l’idea che l’autore volesse renderlo il più difficile possibile sul piano sia percettivo che mnemonico: il tema contiene undici delle dodici note della scala cromatica, inoltre le armonizzazioni insistono su intervalli non risolti, tutt’altro che intuitivi, anche per un orecchio allenato. Satie utilizza una notazione decisamente anticonvenzionale per l’epoca, molto arbitraria, come una provocazione verso il mondo accademico che tanto lo criticava, indicando lo stesso accordo con notazioni enarmoniche differenti; ciò rende lo spartito nell’insieme particolarmente complesso da leggere a prima vista e, di conseguenza, anche da memorizzare. Infatti, come lo stesso Cage notò, «la pagina pur nella sua brevità, obbliga l’esecutore ogni volta ad affrontarla da zero».

La scelta del titolo sembra abbastanza intuitiva, se si pensa ad un pubblico immerso in un’esperienza di ascolto più vicina ad un esperimento che ad una performance classica, rapito o quasi vessato nell’ascolto di 840 esecuzioni consecutive dello stesso tema.

È probabilmente l’opera più rivoluzionaria di Satie, non solo per la sua durata. È una delle prime opere d’arte concettuale, rappresenta l’esempio supremo della sua ricerca, ottenendo infinito materiale da un semplice accordo diminuito, ed un esempio di esperimento musicale in cromatismo e dissonanza continua, perdendo l’orientamento e il centro tonale.

Come ci dice anche Antonio Ballista, intervistato durante la maratona pianistica,

«Vexations è un pezzo concettuale che si può sentire ma anche solo guardare, l’incarnazione fisica con questa musica non è necessaria. Il titolo riflette il concetto astratto insito alla base del pezzo, la ripetizione».

Negli anni musicologi di varie generazioni si sono pronunciati su questo brano, fornendo definizioni tra le più disparate: qualcuno ha parlato di minimalismo estremo, il musicologo britannico Robert Orledge lo definisce invece un primo esperimento serialista, altri lo hanno etichettato come anticonformista o addirittura meditativo a scopo puramente personale, non destinato ad un pubblico. Infatti, come abbiamo visto, è il primo pezzo che incorpora nelle sue indicazioni esecutive un periodo di meditazione silenziosa, necessaria per prepararsi alla sua esecuzione.

Questo ha ispirato John Cage, che ne curò la sua prima rappresentazione, esattamente settant’anni dopo la sua composizione, al Pocket Theatre di New York, in un’esecuzione di 18 ore e 40 minuti, con una squadra di 11 pianisti. Gran parte della fama postuma di questo brano si deve proprio all’interesse di Cage, che concepì la famosa opera 4’33 del 1952 (tre movimenti interamente costruiti da tacet, per una durata totale di 4 minuti e 33 secondi) come preludio a Vexations, con particolare riferimento all’invito di Satie a «prepararsi in anticipo e nel massimo silenzio».

Sicuramente offre l’occasione di sperimentare alcune sensazioni nell’esecutore e nel pubblico, come la riflessività profonda, l’ascolto ipnotico, o l’oblio spirituale. L’audacia di questo brano risiede proprio nel suo concetto di anti-arte e l’uso deliberato della noia in musica come arma contro i propri detrattori borghesi, facendo dunque uso e abuso di estreme ripetizioni che rendono il pubblico sempre più consapevole dell’ambiente circostante.

Il pianista Emanuele Stracchi, uno degli esecutori della maratona all’interno del Festival, ci racconta:

«Eseguire Vexations è un’esperienza. L’ossessiva melodia va a vanificare in senso filosofico il supporto che funge da sostrato alle strutture acustico-musicali. Ritrovo nell’operazione di Satie una sorta di gancio alla teoria dell’Eterno ritorno di Nietzsche. Le 840 ripetizioni sono una specie di visione onirica che si pone “oltre” ogni metafisica, un’esperienza che ci mostra il rapporto tra la realtà e la finzione, l’ironia e la negazione».

L’autore, scrupoloso in ogni dettaglio, non menziona in realtà la possibilità di un’interpretazione condivisa tra diversi interpreti, anche se negli anni molti si sono cimentati in staffette pianistiche per alternarsi il tema. Negli anni però ci sono stati anche audaci avventurieri che hanno tentato un’esecuzione in solitaria, come Peter Evans, nel febbraio 1972. Tuttavia, giunto alla 595 ª ripetizione, abbandonò la nave dichiarando di essere stato vittima di pensieri malvagi e allucinazioni di carattere demoniaco.

Ricerche storiografiche ci rivelano che Satie nel periodo in cui si dedica alla scrittura di questo brano, subisce un grande fascino per l’occulto e l’alchimia, e si può anche azzardare l’ipotesi che celasse al di sotto un intento ancor più misterioso. Ritroviamo anche la parola Vexationes come sottotitolo del Coelum Philosophorum del noto alchimista svizzero Paracelso, padre dell’omeopatia moderna. Sicuramente figura ben nota a Satie, appassionato medievalista.

Inoltre, ritroviamo una grande organizzazione numerica all’interno di Vexations, con una predilezione per i numeri simbolici 3,4,7 che ricorda inevitabilmente la serie di Lucas, matematico francese del diciannovesimo secolo. La sua serie (1, 3, 4, 7, 11, 18, 29, 47, 76, 123, 199, 322, 521, 843 ecc.) offre molti parallelismi con i vari elementi testuali e musicali di Satie. Il brano è concepito in tre sezioni musicali in tre parti armoniche, per un totale di quattro parti.

1 brano

3 pentagrammi

4 parti musicali (A, A1,A, A2)

7 suoni sovrastati dal tritono nelle ripetizioni A1 e A2

11 note differenti nel Tema

18 accordi tripartiti in A1 e A2

29 suoni inseriti nell’intera gamma di tonalità

47 note scritte nella chiave di violino in A2

76 note o accordi totali

123 lettere incluse nel titolo e nelle indicazioni dell’autore

199 caratteri totali e indicazioni musicali

322 la somma delle lettere dell’intero testo, il numero delle note (133) e i segni di ripetizione…

Il monumentale pianista Bruno Canino ci rivela:

«è un brano altamente provocatorio, possiamo quasi definirlo onirico».

Se per anni Vexations è stato criticato come brano anticonformista, con accezione negativa del termine, oggi possiamo considerare anticonformista, con accezione assolutamente positiva, il gesto coraggioso di proporlo ad un pubblico che per inerzia si allontana sempre più dall’ascolto attento e attivo, in un momento storico in cui la società mediatica fa soccombere la nostra concentrazione a tempi sempre più brevi in contenuti sempre più semplicistici. Quindi siamo grati a chi sa ancora osare, proponendo un repertorio che riesca a rendere il pubblico non solo coinvolto ma anche complice in più prospettive possibili.

Silvia Paparelli, membro del consiglio direttivo, ci racconta:

«In un festival dedicato a Satie, sapendo anche di poter contare su un gruppo qualificato di amici pianisti, non potevamo non tentare l’impresa. Il risultato, oltre alla performance e alle riflessioni che ne conseguono sulla psicologia dell’esecuzione e dell’ascolto (più vessati o vessanti? Vexata questio…) è una bellissima occasione di incontro e la migliore conclusione di questo nostro Bestiaire».

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