Diario dallo Chopin: influencer, brillantini e camicie spiegazzate

Secondo giorno dal Concorso di Varsavia.

Ce l’ho fatta. Sono arrivato vivo anche in fondo a questa giornata. Questo primo round è veramente massacrante. Non solo ci si fa dalle 10 alle 22 in Filarmonia, non solo bisogna tenere i due Chopin Talk nelle uniche pause che ci sarebbero (salvo quella pranzo), ma tornati a casa bisogna recuperarsi i due concorrenti saltati per la preparazione dei Talk. Ciò fatto, possono finalmente prendere e cominciare con i miei deliri serali e cominciare questa pagina di Diario dallo Chopin. Scrivo questo pezzo la sera del 4, ma parlerò alla giornata del 4 come ieri, visto che il pezzo uscirà il 5 mattina. Se per caso me ne dimentico, perdonatemi, è mezzanotte passata!

Dunque eccoci, tempo di voltare qualche decina di pagine di taccuino e vedere come abbiamo cominciato ieri mattina. Mattina che è andata senza dubbio bene, ma senza particolari colpi di scena. Ha cominciato una preparatissima Miyu Shindo, sullo Steinway 479, con un Notturno op. 48 n. 1 intimo ma non spento. Particolarmente interessanti sono state le terze dell’op. 25 n. 6 e uno Studio op. 10 n. 1 partito benissimo e poi meno riuscito. Molto bene la Terza Ballata, con bel carattere, buon senso della struttura, ma manca sempre un qualcosa, nei momenti di massima tensione non si va oltre, pur nei bellissimi fraseggi.

 

“Da questa parte verso i miei sogni?”. Talon Smith ritratto da Darek Golik. Ma vi prego guardate il tizio a destra. Spettacolo.

 

Meno solido ma più interessante Talon Smith, sullo Steinway 300. Ha attaccato e tempo due battute del Notturno op. 48 n. 1 e già s’era messo a fare i magheggi con le frasi. Poi per fortuna si è redento e alla ripresa è riuscito ad essere affannoso senza esagerare. Molto bene lo Studio op. 10 n. 5, partito con gradevolissimo scampanellio e proseguito in modo eccellente sia musicalmente che tecnicamente. Peccato le ottave conclusive non abbiano tenuto il grande spolvero! Meno bene l’op. 25 n. 6, soprattutto subito dopo le fantastiche terze di Shindo. Nella Ballata n. 4 c’erano tante cose veramente buone, già a partire dal bellissimo fraseggio del tema alla mano destra. Per contro, però, molti dettagli sono ancora da sistemare, ad esempio nella mano sinistra, che non abbastanza seguita alla fine va a depotenziare il magnifico lavoro fatto sulla destra. In generale, il pianista deve anche fare attenzione ad un certo autocompiacimento per le sonorità raggiunte, che lo porta a fermare inopinatamente (che bella parola) il discorso. Niente brividi prima della coda, diversamente da Nguyen ieri.

Particolare il concorrente successivo, Kyohei Sorita, sullo Steinway 479. Il Notturno op. 62 n. 1 non mi ha convinto fino in fondo, il suono mi è sembrato senza particolare fascino e seduzione, mentre il brano è scorso con un poco di noia fino a risvegliarsi un po’ nella sezione centrale e poi sui bellissimi trilli alla ripresa. Ben eseguito lo Studio op. 10 n. 1, ma anche qui non ero convinto fino in fondo: forse il suono troppo secco? Sta di fatto che sull’op. 25 n. 10 mi sono molto ricreduto: il pianista giapponese ha trovato un altro carattere, forse più adatto a lui ed è riuscito ad equilibrare la furibonda scarica di ottave con una sobrietà non ingessata. Bellissima la sezione centrale, che avrebbe giovato di qualche respiro in più, ma soprattutto esaltante la ripresa. Il Secondo Scherzo è andato bene, ma mancava qualcosa, un calore umano, una spontaneità espressiva, un’inventiva timbrica. Non so. Mi sarò abituHaoto tRaoppo bene ieri.

Prima dell’intervallo, come scrivevo sopra, devo uscire per preparare i Talk con cui allo Chopin riempiamo le pause e alletiamo il gentile pubblico che affolla le piazze virtuali. La povera Szu-Yu Su me la sono dunque dovuta recuperare letteralmente mezz’ora fa. Perché povera? Perché i più accorti di voi lettori si saranno già resi conto che con un nome così, io manco ci provo a non ricamarci sopra. Dunque, come ha suonato Su-Giù Su? Parto ripetendo la solita manfrina: valutare l’online quando sei abituato alla sala è veramente arduo, ma qualcosa si può dire. Il Notturno op. 62 n. 1 era molto sobrio ed elegante, aveva un buon tempo scorrevole e cantabile, senza essere mai affannoso, anche se quei trilli nella ripresa, così sgranati e nitidi, mi hanno convinto veramente poco. La pianista taiwanese si è ritirata Su con gli Studi. Veramente, la doppietta della morte (op. 10 n. 1, op. 10 n. 2) suonata con questo sprezzo del pericolo è sbalorditiva. Forse, proprio facendole le pulci, si poteva giocare di pYu con qualche timbro nell’op. 10 n. 1, ma veramente mi sento in colpa anche scriverlo. Già è terribile suonare allo Chopin! Mi ha convinto meno la Fantasia op. 49, suonata ovviamente benissimo e con grande trasporto, ma mancava un po’ di tensione espressiva e di studio dei colori nei visionari arpeggi.

 

Szu-Yu Su nella foto di Wojciech Grzędziński. Penso si capisca bene il livello di concentrazione raggiunto dalla pianista.

 

Se c’è un vantaggio a fare questi Chopin Talk, è che si imparano un sacco di cose. Ad esempio, oggi Sohgo Sawada, che ho scoperto portare avanti medicina parallelamente (come diamine fa?), mi ha raccontato ieri pomeriggio che Hayato Sumino è praticamente un idol giapponese. E c’aveva ragione, il suo canale YouTube ha oltre 800.000 iscritti e il grandioso Twinkle Twinkle Little Star suonato su sette diversi livelli di elaborazione, veleggia placido verso i 7 milioni di views. Ammazza. Comunque mi è piaciuto pure come ha suonato (non ha fatto Twinkle Twinkle Little Star però). Il Notturno op. 48 n. 1 è iniziato con un bel suonone e un canto limpido, mentre l’op. 10 n. 1 è stato uno dei migliori studi del concorso finora. Molto bene anche l’op. 25 n. 10, anche se nella sezione centrale sarebbe stato possibile respirare di più (sì, lo so, sono un disco rotto), ma drammaturgicamente tutto era al suo posto, fino alla ripresa, un po’ corsa e coprendo un po’ di magagne con il suonone che si ritrova. Bella la scelta dello Scherzo n. 1 (un pezzo diverso, non ci credo). Suonato davvero molto bene, bel cantabile, molto con fuoco, molte scelte personali (come del resto in tutta la prova), ma interessante e coerente. Verso la fine ho sentito pure un po’ di Skrjabin, nascosto nelle pieghe del Primo Scherzo. Insomma, avercelo in Italia un influencer che suona così. Sarà merito di Twinkle Twinkle Little Star?

 

Eccolo, il nostro influencer. Hayato Sumino che si scusa per essere popolare mentre sale le scale con eleganza. Foto di Darek Golik.

 

Meno convincente il successivo Yutong Sun. Partito con la Ballata n. 1 op. 23, ha condotto il brano in maniera non particolarmente interessante, con un certo horror vacui che l’ha portato a riempire tutte le pause, qualche buona idea ma non messa bene in ordine, infine una coda un po’ pasticciata. Meglio il Notturno op. 48 n. 1 (un altro…), in cui però la tensione espressiva non era sempre ben incanalata e a volte finita connessi nel fraseggio elementi tra loro non correlati. Lo Studio op. 10 n. 1 è andato benino, con qualche problema di controllo nella destra e di fraseggio nella sinistra, mentre molto meglio l’op. 25 n. 5, anche nel cantabile centrale. Diploma di merito per aver resistito allo squillo di diversi cellulari (prima volta che succede, fino a ieri i polacchi erano stati molto cauti su questo.

Ultima candidata di ieri mattina, Aleksandra Świgut, ci ha dato modo di ascoltare finalmente il Fazioli. Il Notturno op. 27 n. 1 era veramente ben condotto in tutta la prima parte, sognante e davvero notturno, peccato solo per la sezione centrale, in cui non è riuscita a tenere la tensione espressiva e si è mangiata via anche la parte in maggiore, di colpo privata della sua funzione. Non mi è piaciuta molto la Barcarola, in cui sì, c’era un bel carattere ondeggiante, ma la pianista non è riuscita a trovare nel Fazioli le risonanze necessarie all’equilibrio tra evanescenze e matericità, così come sordo è apparso il grande climax conclusivo. Lo Studio op. 25 n. 5 era partito bene, ma nella sezione centrale la pianista polacca si è persa un po’ via con il tempo e la ripresa è risultata poco efficace. Molto diverso lo Studio op. 10 n. 8 che, ok, non era Aristo, ma aveva anche tutto un altro suono. Forse il problema prima non era il pianoforte, dunque… Comunque il tempo staccato era veramente ingestibile e infatti ha iniziato a mangiarsi via note.

Aleksandra Świgut nella splendida foto di Darek Golik.

 

La successiva è stata Rikono Takeda, sullo Steinway 300, che non mi ha convinto particolarmente. Nel Notturno op. 55 n. 2 il tempo era dilatato fino a perdersi (e da notturno a sonnifero, il passo è breve), mentre l’op. 25 n. 4 è stato un po’ approssimativo e molto sballonzolante, senza quel carattere da capriccio paganiniano. Diverso lo Studio op. 10 n. 4 che precedeva, attaccato un po’ di corsa, ma tenuto bene fino alla fine. Con mia somma gioia, però, un pezzo nuovo: la Seconda Ballata. Anche se pure quella non mi ha convinto, per i fraseggi poco coerenti e le idee non portate a compimento, sono sempre grato a chi porta, di tanto in tanto, un brano non già esausto dopo appena due giorni di concorso.

Per la collezione “nomi bellissimi” è stata poi la volta di Shunshun Tse, sullo Steinway 300. Il pianista ha trovato un buon rapporto con il suo strumento e si sentiva nel suono a tratti quasi senza attacco, anche se questo non ha evitato alcune improvvise storture di fraseggio poco giustificate. Buoni gli Studi (op. 10 n. 12 e 25. 5), con qualche dettaglio lasciato a se stesso, ma generalmente ben condotti fino in fondo. Ha seguito una Prima Ballata dal buon senso delle proporzioni, ma non mi è piaciuto il suono nel registro acuto e la costruzione inefficace della coda, che poi è stata un po’ buttata lì. Provaci ancora, Shunshun.

 

Ultimi lavori di restauro per Shunshun. Foto di Darek Golik.

 

La concorrente che ha cominciato la sessione serale io l’ho onestamente adorata. Questa pischelletta statunitense, Sarah Tuan, è entrata sul palco manco dovesse fare una comparsata in Let’s go to the mall di Robin Sparkles (grazie How I met your mother): pantalone rosso a vita alta, canottierina bianca, sandalo coi glitter e, mi giurano dalla regia, i glitter pure in faccia per fare matchy matchy con le scarpe. Ma tanto è tutto coperto da una selva di capelli, che davvero io non so come faccia a non sedercisi sopra quando va al seggiolino, capelli che andavano ovunque, braccia, mani e tastiera. Ma questa versione cute del Cugino Itt a quanto pare sa anche suonare e pure benissimo. I due studi (op. 25 n. 6 e op. 10 n. 12) sono andati tutto sommato bene, ma niente di che. E già ero lì che pensavo “ah, ecco, allora è tutta scena”: e invece no! Tuan prende e stacca una Fantasia op. 49 stranissima, personalissima e, onestamente, bellissima. Lo giuro, una delle Fantasie più interessanti che abbia sentito in questi due giorni (e ne abbiamo fatte tante di Fantasie…), andatale ad ascoltare, ci sono tantissimi dettagli di fraseggio, connessioni tra diversi elementi, intuizioni brillanti e originali, ma forzate ma sempre aderenti alla parte. Ugualmente bello il Notturno op. 62 n. 1, dal carattere centratissimo e le frasi ben legate l’una con l’altra, con grandi momenti espressivi. Che storia. Spero che passi in seconda prova. La prossima volta però direttamente in tuta e scarpe da ginnastica.

 

Sarah Tuan durante la sua passeggiata. Foto di Wojciech Grzędziński.

 

Pensavo sarebbe stato difficile suonare dopo una candidata così atipica. E invece Tomoharu Ushida, sul suo Yamaha, mi ha smentito. Difficile immaginare una maggiore differenza: tanto estrosa era Tuan, tanto da manuale è stato Ushida. Ma non un manuale preso e copiato, anzi! All’inizio il pianista giapponese era un po’ ingessato, sì, ma passato il Notturno op. 27 n. 2, con gli Studi op. 10 n. 10 e op. 10 n. 12 ha iniziato veramente a tirare fuori delle idee musicali molto ben realizzate, che sono poi confluite in una Fantasia oip. 49 veramente spettacolare. C’era tutto, tensione espressiva, suonone maestoso, cura dei timbri, legato, intuizioni felicissime per collegare le diverse sezioni (sentitevi l’inizio della prima marcia!), insomma, proprio bello.

 

Cinquanta sfumature di sudore. Foto di Darek Golik.

 

Zitong Wang mi ha invece convinto di meno. Il Notturno op. 27 n. 1 era abbastanza noioso, non aveva il carattere ombroso di Świgut, ma ha retto meglio nella tensione espressiva della sezione centrale. Lo Studio op. 10 n. 4 parte bene, si ingolfa un attimo, si ripiglia, chiude benissimo con un suonone incandescente. L’op. 10 n. 7, invece, è stato preso veramente troppo di corsa, con l’effetto di buttare un po’ tutto in una macchia di colore indistinta. Bene la Fantasia, ma difficilmente reggeva il confronto con Tuan e Ushida.

È stata poi la volta di Zijan Wei, che io ovviamente ho dovuto seguire da fuori e recuperare poi in streaming. Da quello che ho potuto intendere, Wei ha fatto una buona prova, a partire dai due Studi (op. 10 n. 8 e op. 25 n. 6). Quest’ultimo in particolare ha dimostrato tutta la scioltezza e la definizione con cui il pianista cinese riesce a sparare la raffica di terze che affolla lo Studio, ma mancava un’idea musicale chiara, che andasse oltre il semplice esercizio tecnico. Molto meglio il Notturno op. 62 n. 1, sotto quest’aspetto. Qui Wei ha iniziato ad andarsi un po’ andare, con alcuni bei momenti musicali. Si ascolti ad esempio il cambio di armonia sul lungo trillo nella ripresa, veramente bello. Speravo che la Quarta Ballata proseguissime sul percorso iniziato con il Notturno, ma salvo qualche buono spunto, è risultata architettonicamente un po’ debole e l’evidente nervosismo del musicista (come non capirlo) ha ahimè chiamato qualche nota sporca evitabile e inibito l’espressione.

 

Marcin Wieczorek è pronto a lasciare questo pianeta e vi ringrazia per tutto il pesce. Foto di Wojciech Grzędziński.

 

Dopo questo viaggio in Asia, è seguita una doppietta di polacchi. Ha cominciato Marcin Wieczorek con lo Studio op. 10 n. 1, partito bene ma gradualmente sempre più affaticato, con qualche problema di fraseggio nella sinistra (ovvio, quanto tutta l’attenzione è presa dalla destra). Meglio l’op. 10 n. 10, con bei colori e belle idee, ma anche qui il meccanismo tecnico aveva qualche insicurezza. Bene il Notturno op. 62 n. 2, affrontato con carattere polacco ben centrato, ma decisamente meno bene lo Scherzo n. 2. Non solo perché staccato ad un tempo eccessivamente rapido (che infatti ha dovuto calmare), ma anche perché il pianista tende a scaricare il nervosismo su spalle e polso che, come succede spesso, si irrigidiscono e bloccano il naturale scaricarsi del peso sulla tastiera. Questo non solo stanca molto nei punti tecnicamente impervi, ma affila il suono anche quando non necessario e non consente di andare veramente a fondo della tastiera quando la musica lo richiede.

Andrzej Wierciński ha cominciato il Notturno sul suo Steinway 300 con una certa calma. È arrivato tutto serio, inchino per mostrare la calvizie incipiente, seduto al pianoforte e poi ha aspettato. Con tutta la calma del mondo. È stato lì. Immobile. Poi ad una certa si è stancato e ha iniziato a suonare. E pure gran bene! Il Notturno op. 62 n. 1 ha causato una serie di “issimi” nel mio taccuino. Bellissimo fraseggio, bellissimo suono, bellissimo carattere, ottimo il controllo e splendido il finale, in cui ha messo in rilievo anche lo spunto modale prima degli ultimi accordi, un po’ orientaleggiante. Gli Studi op. 10 n. 10 e op. 25 n. 11 sono stati affrontati bene, non con l’incredibile disinvoltura virtuosistica di altri candidati, ma con buon carattere e musicalmente interessanti. Bene ma non benissimo. Molto più benissimo lo Scherzo n. 1, in cui il suono meno profondo e più definito del pianista polacco si è adattato come un guanto al virtuosismo quasi weberiano dell’op. 20. Wierciński ha molte belle idee e sa concretizzarle, come si può notare nella cura della mano sinistra nella sezione centrale o nella splendida coda.

 

Andrzej Wierciński e una banana. Foto di Wojciech Grzędziński.

 

Bene anche la canadese Victoria Wong sullo Steinway 479, con bel suono, ottimo controllo, anche se un po’ di difficoltà a proiettare bene il suono in sala. Il Notturno op. 27 n. 1 mancava però un po’ di quella magia sospesa, ad esempio nel passaggio in maggiore, che avrebbe tenuto più col fiato sospeso la sala. Meraviglioso lo Studio op. 25 n. 6, con ottime terze e ancora più ottima sinistra, veramente capace di dipingere uno scenario (un bosco di notte? un ruscello? una danza di elfi?). Peccato per qualche nota sporca, ma niente di rilevante. Lo Studio op. 10 n. 12 invece è risultato più confuso, specie nelle scale a mani unite, ma molto senso musicale nei fraseggi tesi e nel rubato espressivo della destra. La Fantasia op. 49 è stata molto ben curata, con una direzione musicale che ha mostrato il buon senso dell’orientamento della pianista, ma drammaturgicamente ha iniziato a cedere soprattutto al ritorno degli arpeggi, da cui ha proceduto verso la fine senza costruire una vera tensione ma un po’ copiando con lo stampino i passaggi precedenti.

Chi nel 2019 lesse la Campana dello Zio Tom dal Concorso Tchaikovsky di Mosca, forse si ricorderà di Yuchong Wu, pianista cinese che mi era piaciuto molto in prima prova, ma ahimè non era passato. Eccolo di nuovo qui. Questa volta però mi è piaciuto di meno: si sente che ha un buon senso dell’architettura dei brani, ma ho come la sensazione che Chopin non sia proprio il suo compositore. Il Notturno op. 55 n. 2 è stato preso un po’ ansioso, ma l’attacco del tasto proprio non funzionava, era troppo ruvido. Ricordo ancora la sua op. 31 n. 3 a Mosca e lì questo suono era perfetto, ma qui, anche sullo Studio op. 10 n. 1, sembrava un po’ fuori luogo. Eppure mi ricordo che proprio a Mosca era stato abile nel cambiare tipo di suono in base al compositore! In ogni caso, ho apprezzato soprattutto lo Studio op. 25 n. 5, forse perché questo elemento un po’ legnoso funzionava bene con il carattere un po’ marionettistico dato alla prima sezione e alla ripresa. Anche la Quarta Ballata è stata ben condotta, ma spesso serviva più libertà, più libertà di suono, di fraseggio.

 

Yuchong Wu è pronto a partire per la sua missione e salvare il mondo. Foto di Wojciech Grzędziński.

 

Ha chiuso la seconda giornata – e dunque questa pagina di Diario – Lingfei Stephan Xie, con una bella prova funestata da una camicia spiegazzatissima che vi giuro, mi faceva venir voglia di salire e stirargliela addosso. Davvero. Almeno Sarah Tuan era ribellina con la sua canottiera, ma qui stavamo veramente sul “ho fatto male la valigia e la mia camicia da concerto s’è sciupata”. Vabbè. Almeno ha suonato bene, soprattutto nei pianissimo del Notturno op. 62 n. 1, anche se non sempre il controllo sosteneva le buone idee di fraseggio. Con lo Studio op. 10 n. 10, però, ha iniziato una sua personale missione alla ricerca delle voci perdute e allora ciao Stefano. S’è messo a scavare alla ricerca di controcanti, elementi secondari, portati alla superficie senza veramente chiedersi perché dovrebbero rubare la scena agli elementi principali. Per carità, nell’op. 25 n. 11 c’era anche qualche bel dettaglio messo in rilievo, ma sembrava un’operazione costruita, più che una naturale conseguenza di un’idea musicale. Questo è risultato ancora più evidente nella Quarta Ballata, in cui se uno scava trova più roba che nei cantieri della Metro C di Roma. Bello eh, per carità, anche nella coda ha tirato fuori alcune cose che normalmente vengono sommerse in un turbinio senza capo né coda (badum-tsch) ma ogni tanto meglio concentrarsi sulla costruzione di sezioni più ampie, anziché intestardirsi sul dettaglio da riscoprire.

Oh beh. Comunque una gran bella giornata anche questa, soprattutto nel pomeriggio. È ancora troppo presto per dirlo, ma il materiale per trovare 40 che passino al secondo round c’è eccome. E ancora mancano tre giorni.

 

Lingfei Stephan Xie in un raptus mistico. Foto di Darek Golik.

Articoli correlati