Diario dallo Chopin: il Giorno degli Italiani

Terzo giorno del Concorso Chopin

Bene, la terza pagina di Campana la cominciamo a scrivere alle 23.58. E vediamo che succede. Minimo faccio le tre di notte. Però ne vale la pena. Sì, si passano 12 ore in Filarmonie, sì, ogni momento di pausa viene gradualmente occupato da sempre più impegni, però onestamente, anche chissene. È talmente bello stare immersi in quella sala calda dai colori ambrati, immersi in un’apnea in cui alcuni dei più grandi pianisti del mondo (di oggi e di domani) ti presentano la loro idea di come la musica di Chopin vada suonata.

E dunque immergiamoci anche noi, tornando un po’ indietro nel mio taccuino. Primo ad esibirsi il 4 ottobre è stato Zi Xu, sullo Steinway matricola 479. Zi Xu, cui fa il titolo per il nome più breve nel concorso, ha attaccato il Notturno op. 27 n. 2 con bel suono appoggiato e buon controllo dello strumento. Come già è successo ad altri concorrenti, però, la cura data alla destra non era rispecchiata da una sufficiente attenzione alla sinistra, che alla fine andava a minare alle fondamenta il fraseggio, rendendo il tutto abbastanza pedante. Molto bene lo Studio op. 10 n. 10, in cui si percepiva la chiarezza mentale del pianista, mentre l’op. 25 n. 11 è partito assai bene, ma presto il pedale è intervenuto a colmare qualche piccola lacuna qui e lì. Questo problema del pedale è tornato sulla Barcarola, in cui il legato delle mani non era proprio matchy matchy con il pedale e quindi facevano un po’ a pugni. In generale la Barcarola non è sembrata bene a fuoco, non solo nell’idea di questo brano sfuggente, ma anche proprio in dettagli di timbro, colore, un suono un po’ rigido che ha causato qualche tega.

Zi Fu riletto da Costantino Mastroprimiano.

Il primo appunto che trovo sul mio taccuino per Yuanfan Yang riguarda in realtà l’aspetto fungiforme del pianista (alto, slanciato e con un sacco di capelli) e qualche spunto di soprannome. Yuanfung è il mio preferito, ma risparmieremo al pianista questo trattamento poco nobile e proseguiremo con la sua prova. Prova che non mi ha proprio convinto: il legato dello Studio op. 10 n. 3 era poco curato, l’elemento tecnico centrale prendeva più attenzione del cantabile e il suono non supportava. Lo Studio op. 10 n. 11 non è stato scioltissimo e il suono superficiale faceva fatica ad emergere, mentre più riuscito l’op. 10 n. 1, retto bene, con buoni fraseggi alla sinistra e qualche interessante spunto nella destra che spezzava la monotonia del meccanismo. La Barcarola di Yang ancora non è andata oltre o altrove rispetto a quella di Xu, rimaniamo sempre su una esecuzione ovviamente buona, ma in cui tanto manca. Ma il pianista è giovane, ha ancora tempo per crescere rapidamente. Come un fungo.

Anastasia Yasko è partita con una prova molto interessante. Il Notturno op. 48 n. 2 aveva un bel fraseggio, sostenuto con suono cantabile, un rubato molto bello (ce ne sono stati davvero pochi di bei rubati, che ad un concorso su Chopin non è il massimo…), la tendenza a fermare un po’ la frase per fare qualche dinamica particolare e una certa fissità di colore su cui si può ancora lavorare. In generale, però, molto bene e molto interessante. Altrettanto e anche meglio lo Studio op. 10 n. 8, agile e con belle sfumature di colore, turbato solo da una piccola scivolata verso la fine. Non so se sia stata questa prima scivolata, ma purtroppo la prova di Yasko è fondamentalmente finita qui. Lo Studio op. 10 n. 2 è cominciato tre volte, la pianista ha iniziato ad andare nel panico, ma comunque, stringendo i denti e saltando intere battute, è riuscita a portarlo a compimento. Ovviamente dopo una cosa del genere, proseguire come se nulla fosse è quasi impossibile, quindi anche nel Terzo Scherzo (finalmente, la prima volta!) molte cose belle non emergevano completamente. Da quanto abbiamo potuto capire, però, gli strumenti per fare bene ci sono tutti, bisognerà vedere se la giuria riterrà di dare una seconda chance e farla passare. Ma il livello della preparazione è così alto che si rischia di fare un’ingiustizia verso altri. Chissà.

 

Anastasia Yasko prima di salire sul palco.

 

Andrej Zenin l’ho dovuto recuperare dallo streaming, confrontando al solito con quanto ascoltato da dietro le porte, ma devo dire che ho apprezzato davvero molto. C’erano nella sua prova diverse cosette qui e lì, a volte note sporche evitabili, a volte qualche dubbio, a volte un’instabilità agogica, ma alla fine c’era sempre un’idea, una visione, una direzione, anche seguendolo da streaming non l’ho trovato noioso, anzi. Nella conclusiva Ballata op. 52 ci sono moltissimi spunti già ben realizzati ed è ammirevole la tenuta anche dopo gli errori proprio prima del crescendo che precede la coda. Il pianista ha aperto la sua prova con il Notturno op. 48 n. 1 (che dev’essere il brano più eseguito del concorso!) e gli Studi op. 10 n. 8 e op. 25 n. 10, tutti ben condotti e veramente godibili. Spero di poter seguire la sua prossima prova in sala!

 

Andrej Zenin si chiede dove sia il do centrale.

 

Dopo il nostro solito Chopin Talk, in cui in questi giorni stiamo intervistando gran parte dei concorrenti, se volete recuperarveli!, è stata la volta di Boao Zhang, sul Kawai come Zenin. Notevole, nel suo Notturno op. 27 n. 1, la parte centrale, che forse per la prima volta sento davvero tesa e intensa, così che lo sfogo in maggiore abbia finalmente un ruolo nell’equilibrio del brano. Benissimo lo Studio op. 10 n. 4, tra i migliori Studi in assoluto, non solo per la realizzazione tecnica davvero fantastica, ma anche perché è riuscito a coniugarla ad un’interpretazione estremamente musicale, rapida e capricciosa, con fuoco ma mai pestata. Un po’ di problemi invece ad ammorbidire l’attacco del tasto nella parte centrale dello Studio op. 25 n. 10, ma le ottave in apertura e chiusura sono state veramente un Boao di suono. Suono che è migliorato notevolmente sulla Quarta Ballata. Qui, alle prese con una forma più complessa, Boao Zhang ha dimostrato una certa abilità nella cura dell’architettura del brano.

La successiva ad esibirsi è stata Ylan Zhao, sullo Steinway 479. Dopo un Notturno op. 27 n. 1, dal magico inizio soffuso ma con qualche problema nel tenere stabile la tensione espressiva nella parte centrale, la pianista ha sganciato un fantastico Studio op. 25 n. 6, con qualche terza sporca, ma per il resto con una liquida disinvoltura veramente magnifica. Con lo Studio op. 10 n. 1, Zhao ha tirato fuori anche un bel suonone e soprattutto ha tenuto alta la concentrazione anche nei pochi errori della destra, continuando a fraseggiare bene la sinistra e tenendo stabile il suono. Notevole anche la Quarta Ballata, anche se qui si percepiva che la cura del dettaglio difficilmente si inseriva in un’architettura generale efficace. Comunque una Signora Prova.

 

ZZZ nel suo Martha Argerich vibe

 

La candidata successiva, Ziji Zoe Zhao prontamente riassunta in ZZZ, è entrata con un distinto vibe da Martha Argerich. Capello nero, lungo e fluente, volto un po’ imbronciato, vestito semplice con motivo floreale. Purtroppo non suonava come Martha Argerich, il Notturno op. 55 n. 2 è stato un po’ buttato a causa dell’evidente nervosismo, mentre lo Studio op. 25 n. 11 era sicuramente ben preparato. Forse anche troppo preparato. C’era una fissità ripetitiva nei fraseggi della sinistra e nelle volate della destra che toglieva ogni libertà espressiva ad un brano che ti espressività ne contiene a badilate. Meglio l’op. 25 n. 5, attaccato così, debbbotto, ma proseguito con ben più carattere e un bel cantabile nella sezione centrale. A conclusione della sua prova, ZZZ ha suonato la Fantasia op. 49, in cui questa forma di pedanteria già vista nello Studio è tornata. Se conoscete la Fantasia, potete capire quanto pesante possa divenire quanto tutte le ripetizioni vengono riproposte ostinatamente identiche. Molto meglio andando verso la fine: l’ultimo ritorno della marcia era festoso ma non forsennato e la pianista ha tenuto su bene il suono del suo Fazioli fino alla conclusione, riuscendo a terminare con il botto.

Mentre ci avviciniamo alla fine della mattinata e alla Leonora Armellini che gran parte dei lettori staranno attendendo, devo distrarvi un secondo con il candidato precedente, il polacco Piotr Alexewicz, che mi auguro davvero passi alla seconda prova. Dopo un inizio non travolgente sul Notturno op. 55 n. 2 sullo Steinway 479, il pianista ha preso sempre più e più confidenza, ha trovato un bellissimo rubato, proseguendo con brillantezza e musicalità su entrambi gli Studi, op. 10 nn. 8 e 10, e chiudendo con un meraviglioso Scherzo op. 31. Se volete recuperarvi qualcosa di bello, quel Secondo Scherzo è caldamente consigliato. Molto diverso dallo Scherzo di Rao, ma ugualmente interessante, con grande senso drammatico e drammaturgico, alcuni punti di tensione espressiva altissima, senza stravolgere il carattere del brano. Davvero bello.

 

Piotr Alexewicz quando si è reso conto di aver lasciato aperto il gas.

 

Perdonatemi se mi concederò qui qualche riga in più su Leonora Armellini, ma è da ieri che ricevo commenti e domande “E la Armellini? Come ha suonato la Armellini? Come ha suonato Eleonora?” (immancabile E prima del nome). Bene, ecco come ha suonato Leonora Armellini. Posso abbastanza serenamente affermare che la pianista abbia trovato il miglior suono finora sentito in sala, trovando un’intesa perfetta con il Fazioli. Nel Notturno op. 48 n. 1 c’è stata una libertà di rubato nella destra che ha trasformato il Notturno in qualcosa di ancora non sentito (eppure lo abbiamo sentito eccome, penso di essermene sparati già almeno una ventina in questi giorni). L’unico rischio è di un certo autocompiacimento di fronte ad alcuni timbri, alcune dinamiche, per cui Armellini tendeva a fermare eccessivamente l’incedere della sinistra. Dopo una splendida scarica di ottave, il ritorno ad A’ primo è stato ben condotto, anche se l’elemento tematico tendeva un po’ a confondersi nel turbinio. Meno riuscito lo Studio op. 25 n. 5, partito molto bene sia tecnicamente che musicalmente, ma poi con qualche nota sporca in punti molto evidenti. Anche la sezione centrale non è riuscita a pieno: bellissimo il cantabile alla sinistra, ma alcuni dubbi nella destra hanno ostacolato il fluire. Parlando di fluire, niente ha ostacolato quello dello Studio op. 10 n. 4, staccato ad un tempo folle, anche eccessivo, ma tenuto fino alla fine non so bene come. Una tacca di velocità in meno e più sgranato avrebbe sortito un effetto migliore, ma il finale è stato veramente impeccabile. Meraviglioso il Quarto Scherzo, a tratti con un carattere quasi operistico nella sua teatralità. Volate e agilità onestamente impressionanti, ma meno sicuri i rapidi accordi, soprattutto nella prima parte. Tutto lo Scherzo è stato affrontato con una sicurezza della costruzione eppure una spontaneità espressiva, immerso in quel suono morbidissimo eppure mai melenso, è stato veramente un grande momento di musica.

 

Diario dallo Chopin

Leonora Armellini pronta per le sue malefatte pianistiche.

 

A riaprire le danze nel pomeriggio un altro pianista dal nome magnifico, JJ Jun Li Bui, che per parallelismo con ZZZ sarà prontamente riassunto in JJJ. JJJ ha scelto il Kawai e c’ha trovato un suono splendido e molto ampio, regalandoci uno Studio op. 10 n. 3 dal carattere sornione e sereno veramente meraviglioso, solo in parte disturbato da un’eccessiva aggressività nel climax. Questa durezza d’attacco è tornata anche sullo Studio op. 10 n. 4, suonato con impeto ma decisamente esagerato nel finale. Meglio l’op. 25 n. 6, soprattutto per i fraseggi soffusi della sinistra. Dove veramente mi è piaciuto, però, è stato sulla Barcarola, perfettamente giocato sulle risonanze. Quando non deve tirare giù il mondo, JJJ suona veramente bene, non solo tecnicamente.

Ieri è stato il giorno degli italiani: dopo Leonora Armellini al mattino, è stata la volta di Michelle Candotti al pomeriggio, sullo Steinway 479. Candotti che è partita nella sua prova proprio con la Barcarola, non avevamo ancora avuto un confronto così diretto. La pianista ha retto bene il confronto, gli splendidi fraseggi sono stati supportati da un ottimo suono e una bella libertà espressiva. Mancavano solo un po’ di nuances, di colori in più e nel grandioso apice si poteva dare di più. Il resto della prova si è concluso in modo un po’ anonimo. Il Notturno op. 48 n. 1 aveva un buon cantabile, ma non era chiarissima la direzione, anche a causa di un’agogica un po’ instabile. Molto meglio l’ultimo crescendo prima della conclusione, con grande tensione espressiva. Gli Studi op. 10 n. 10 e op. 25 n. 11 sono andati bene, tecnicamente ben risolti, ma soprattutto il secondo è parso spento e affaticato, concludendo con poche soddisfazioni una prova comunque molto ben fatta.

Meno convincente Kai Min Chang, su cui mi sono arrovellato parecchio. Il pianista ha suonato benissimo. Tutto benissimo. Davvero, lo giuro, andate a sentirvelo, una prova da manuale, c’era tutto! Però in quel “tutto” mancava qualcosa, una spontaneità, una partecipazione emotiva meno standard. Notturno op. 48 n. 1, Studi op. 25 n. 5 e op. 10 n. 5, Prima Ballata, è andato tutto veramente magistralmente, però al contempo non mi arrivava. Penso che sia proprio questo eccesso di costruzione, che diventava più evidente nelle seconde voci. Quando arrivava una seconda voce, magari meno evidente, il pianista la metteva lì, in bella vista, senza che ce ne fosse davvero una ragione, senza che conducesse da qualche parte. Stava lì per farti vedere che lui aveva messo anche la seconda voce. Non so. Magari in seconda prova mi convincerà di più (perché sarei davvero sorpreso se non passasse).

 

Diario dallo Chopin

Zixi Chen si è reso conto di averla fatta grossa. Foto di Darek Golik.

 

Dopo Chang è stata la volta dei tre Chen (prodigi dell’ordine alfabetico), il primo dei quali ho dovuto recuperarmelo in streaming causa Chopin Talk. Junhui Chen è un signorotto molto distinto, ben vestito, dal grande contegno. Bene, così ha suonato, in modo molto distinto. Il suono nitido a volte era un po’ troppo acuminato (ma al solito, chissà in sala) e gli Studi op. 10 nn. 10 e 8 sono stati ben affrontati, con buona chiarezza ma eccessivamente scattosi. Molto belli i fraseggi della mano sinistra nel n. 8. Molto composta la Terza Ballata, molto signorile, non sempre molto coerenti le scelte di fraseggio, suono e pedali, ma tutto molto distinto. Bravo Signor Chen.

Il secodo Chen, Xuehong, mi è piaciuto molto di più. Nel Notturno op. 27 n. 2 al fianco di un suono delicato e controllato c’era un calore umano e appassionato che mi ha veramente convinto. Splendido anche lo Studio op. 10 n. 8, tecnicamente limpido e musicalissimo, così come le impressionanti terze dell’op. 25 n. 6. Spettacolare la Ballata n. 1 op. 23, piena di dettagli e di piccole sorprese, estremamente ben curata nelle cesure e transizioni. Unica cosa che mi ha convinto meno è stata una certa maniera nel fortissimo centrale, con alcune scelte di fraseggio un po’ pesanti e degli scampanamenti che, pur piacendomi, alla lunga stancavano. Meravigliosa la coda, anche se può essere un filo più selvaggia.

 

Diario dallo Chopin

Xuehong Chen ritratto da Darek Galik in un momento di puro terrore.

 

Meno convincente il terzo Chen, Zixi, sullo Steinway 479 così come Xuehong. Non si possono dare due suoni più diversi, laddove Xuehong è stato rinfrescante, Zixi è stato opprimente. Tanto suono, ma schiacciato, con un pedale non ben curato e una certa rigidità. Questo è valso per il Notturno op. 62 n. 1, ma in realtà anche per lo Studio op. 25 n. 4, che è risultato parecchio pesante e per l’op. 10 n. 1, in cui sì, ci sta il suonone, ma sempre controllato. Nella Terza Ballata, Chen III ha trovato una musicalità più centrata, ma anche qui il discorso appariva a tratti forzato e mancavano qui e lì dettagli e soprattutto timbri e colori.

Non mi è piaciuto molto nemmeno il coreano Hyounglok Choi, non partito benissimo sul Notturno op. 62 n. 1 a causa di un fraseggio un po’ frammentario e una certa mancanza di concentrazione che si percepiva all’ascolto. “Meh” il suono anche sullo Studio op. 25 n. 5, con un pedale pesante e una parte centrale non riuscitissima. Ben meglio l’op. 10 n. 5, agile e squillante, ma parecchio fiappe le ottave finali. Stessi discorsi per la Ballata n. 4, non così interessante, un po’ impiantata, bello il crescendo prima della coda, ma poi spompata la coda stessa.

E il giorno degli italilani lo chiude, giustamente, un altro italiano, Federico Gad Crema. Il pianista dal cognome più dolce del mondo è partito con un bello Studio op. 25 n. 7, dal fraseggio bello e intenso anche se facilmente portato al sovraccarico. La sua sinistra canta benissimo, ma ogni tanto mancava, in tutta la prova in realtà, una forma di spontaneità e naturalezza. Discorso affine nell’op. 25 n. 10, partito non benissimo perdendosi un po’ di cose per strada e coprendo tutto col suonone del suo Fazioli, ma presto ripresosi in una bella sezione centrale, ben legata e cantata. La preparazione della ripresa ha un po’ appesantito il tutto, per poi cominciare a correre, ma il pianista è riuscito a tenere sotto controllo anche la difficile scalata finale. Un po’ troppi rigonfiamenti anche nello Studio op. 10 n. 12, in cui la sinistra aveva uno splendido suono, ma la destra faticava ad emergere. Discorsi affini sulla Fantasia op. 49, in cui qualche bella idea era un po’ buttata alla rinfusa, mentre altre erano davvero ben centrate. Si ascoltino le ottave ben rubate per moto contrario o il bel carattere nella marcia. Ha fatto venire un mezzo coccolone a tutti quando, dopo una prova molto solida, di colpo e dal nulla gli è venuto un vuoto di memoria sull’ultima marcia prima della conclusione. Qui però FGC ha reagito con prontezza e ricominciata senza soluzione di continuità tutta la sezione, è riuscito a spingere per superare l’inghippo e concludere bene la sua prova.

 

Diario dallo Chopin

“Tirami il dito”

Devo tagliare un po’ corto ora a causa delle tempistiche forsennate: addormentatomi sul computer ieri notte, ho dovuto terminare la Campana stamattina. E già si fugge di nuovo verso la Filarmonia! Finirà questo primo round assassino.

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