Un altro Ennio: Morricone e la musica “assoluta”

Ci sono tante altre pagine di pregio nella musica di Morricone, oltre alle colonne sonore e agli arrangiamenti più celebri. Il nostro viaggio nel suo repertorio, nella sua formazione e nelle sue idee, per capire meglio la sua eredità

Autore: Filippo Simonelli

7 Luglio 2020

La fama di Morricone è indissolubilmente legata all’enorme popolarità delle sue colonne sonore, dai successi più recenti coronati con l’Oscar alla Carriera del 2007 e poi da quello, forse tardivo, del 2016. Poco dopo l’annuncio della sua morte, l’etere ed internet sono stati letteralmente inondati dalle sue pagine più celebri, con una spiccata preferenza per le ultime scene di Nuovo Cinema Paradiso, almeno nella mia “bolla virtuale”. In pochi hanno cercato di valorizzare l’altro versante della sua produzione, quella di musica assoluta. Per fare chiarezza da subito: non esiste e non va enfatizzata una contrapposizione tra questo e quel Morricone, tra musica seria e musica per mestiere, semplicemente perché questa contrapposizione non è mai esistita in primo luogo nelle sue intenzioni e nel suo approccio al lavoro compositivo. È vero invece che il compositore avrebbe desiderato che le sue pagine più sperimentali ricevessero una maggiore attenzione, e non ne ha mai fatto mistero del resto, come è giusto che sia. Talvolta scherzava sul fatto che le colonne sonore gli servissero per pagare le bollette, ma la perizia con cui ci si dedicava lascia ben altra impressione all’ascoltatore. Per questo abbiamo provato a raccogliere le testimonianze di chi ha conosciuto Morricone anche come compositore di musica “assoluta”, cercando di mettere la pulce nell’orecchio di qualche curioso che andrà a spulciare tra un repertorio meno noto rispetto ai celeberrimi temi cinematografici.

Morricone prima di essere Morricone

Morricone incontrò la musica studiando la tromba, strumento in cui si diplomò al conservatorio di Santa Cecilia di Roma dietro impulso paterno. La composizione arrivò solo in un secondo momento, quando finalmente avvenne il decisivo incontro tra il compositore e quello che viene universalmente riconosciuto come suo Maestro, Goffredo Petrassi. Terminati gli studi però Morricone non si dedicò da subito esclusivamente alla musica per film. Uno dei suoi primi approcci con l’arena musicale fu nell’ambito del GINC, ovvero il Gruppo Improvvisativo Nuova Consonanza, uno dei centri nevralgici dell’avanguardia musicale romana.

“Contrariamente a quanto si dice, Morricone non fu tra i fondatori del GINC ma fu uno dei nostri primi tesserati, rinnovando la sua partecipazione ogni anno con assiduità” spiega Lucio Gregoretti, compositore, allievo di Morricone e presidente dell’Associazione Nuova Consonanza. “Soprattutto negli ultimi anni ho potuto constatare l’intensità con cui Ennio seguiva le nostre attività, cercando di non essere mai troppo ingombrante ma per vero e proprio interesse, per rimanere in contatto con i vecchi amici ancora e continuare a partecipare alla vita del gruppo a cui aveva contribuito in gioventù.” Morricone fece parte del GINC a partire dal 1964, e prese parte a numerose incisioni collettive con il gruppo di “compositori-interpreti” mentre in parallelo iniziava a lavorare a numerosi altri progetti di arrangiamento per la musica leggera prima di approdare definitivamente al mondo della musica per film.

“Ennio non ha mai trascurato Nuova Consonanza” continua Gregoretti “oltre ad aver continuato a partecipare alle attività dell’associazione e ad essere socio, era chiaramente ben lieto quando nel nostro Festival venivano eseguiti dei suoi lavori e spesso prestava anche la sua fama a beneficio dell’associazione: ricordo un concerto di alcuni anni fa, in cui veniva eseguito anche un suo lavoro per coro, in cui la sala del Mattatoio traboccava di gente come non si era mai visto. Molta gente era venuta lì non tanto per sentire la musica “assoluta” di Ennio, quanto perché sperava di avere un contatto con lui, farsi autografare un libro: era un vero e proprio oggetto di culto”.

I linguaggi che Morricone ha coltivato nel periodo di maggiore attività con Nuova Consonanza erano altra cosa rispetto a quelli che portava avanti contestualmente nel mondo del cinema, “eppure spesso contaminava i due mondi con risultati sorprendenti: importava un gusto timbrico decisamente insolito nella musica da film, basti pensare allo scacciapensieri che prima di lui non si sarebbe mai visto in una colonna sonora, applicava rigorosi principi del contrappunto anche ai momenti più lirici e intensi del film sfruttando però al tempo stesso le potenzialità che l’elettronica e le tecniche per la registrazione gli offrivano in più rispetto alla musica eseguita dal vivo, arrivando in anticipo sui tempi di numerosi decenni.”

Musica come una partita a scacchi

A questo punto, una digressione è necessaria per capire qualcosa in più su Morricone e anche sul suo approccio compositivo. C’è una foto piuttosto celebre che ritrae il compositore Franco Evangelisti, tra i primi italiani ad importare l’insegnamento di Darmstadt e membro fondatore del GINC, intento a ragionare di fronte ad una scacchiera. Pochi sanno che la foto è in realtà solo una metà: nell’originale scattato da Roberto Masotti dall’altro lato del tavolo siede un giovane Ennio Morricone, all’epoca promettente compositore ma anche appassionato scacchista. La sua passione per gli scacchi lo ha accompagnato per tutta la vita, anticipando addirittura il suo percorso compositivo e per certi versi guidandolo.

Ennio Morricone e Franco Evangelisti si sfidano a Scacchi

Ennio Morricone e Franco Evangelisti si sfidano a Scacchi

In un estratto del volume Ennio Morricone in his own words, curato da Alessandro De Rosa (uscito in Italia col titolo Inseguendo quel suono) il compositore traccia un parallelo interessante tra il suo modo di approcciarsi ad una partita di scacchi e quel che faceva con una partitura. Non è una novità in sé l’accostamento tra scacchi e musica classica, ma lo è il modo in cui Morricone descrive il proprio lavoro: negli scacchi, sostiene, è difficile trovare una mossa che non sia parte di un pattern. Alcuni scelgono di prendersi dei rischi giocando di istinto. Lui invece ritiene di seguire una logica “di calcolo”, o economia che dir si voglia. E questo è connesso anche con un grande insegnamento musicale datogli da Petrassi, che ha sempre predicato l’economia dei mezzi. Il Morricone scacchista non è un campione, come ammette sempre nel corso della stessa intervista, così come il Morricone compositore – aggiungiamo noi – più che essere un genio risulta essere un artigiano, capace di affinare la sua perizia tecnica con il lavoro quotidiano.

“C’è un’eredità universale che Morricone ha lasciato sia ai musicisti che a chiunque abbia letto una sua intervista o lo abbia visto in televisione, ovvero valorizzare la musica come professione” racconta Silvia Colasanti, compositrice che ha conosciuto Morricone in veste di giurato ad alcuni concorsi di composizione. “Ha sempre portato avanti una bandiera di come la sua musica fosse frutto di un mestiere costantemente da affinare, dichiarandolo pubblicamente e portando questa consapevolezza al grande pubblico, frutto di studio e conoscenza del passato.”

Morricone e la musica assoluta

La sua capacità artigianale ha permesso a Morricone anzitutto di riuscire a produrre la mole di musica che ci ha poi effettivamente lasciato. Questo presenta però degli inconvenienti: come lo aveva già ammonito il sempre vigile Maestro Petrassi, Morricone rischiava di entrare in un meccanismo commerciale della musica per cinema che lo avrebbe reso ricco e famoso ma al tempo stesso gli avrebbe reso più difficile dedicarsi alla sua vocazione più profonda, come ha riportato oggi in un articolo apparso sull’Osservatore Romano il compositore e giornalista Marcello Filotei, vicepresidente dell’Associazione Nuova Consonanza.

Morricone

Morricone in veste di Direttore

In realtà Morricone ha continuato, per tutta la vita, a lavorare ad entrambi i binari. Anzi, una volta assicuratosi il successo mondano con la musica per cinema, accettava con crescente entusiasmo le sfide e le commissioni di musica colta che gli venivano offerte. Lo stesso Filotei ricorda un aneddoto significativo vissuto in veste di organizzatore del concorso di composizione Strumenti di Pace: nel 2010, quando si rivolse al compositore per proporgli una commissione orchestrale da far eseguire all’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, gli stava esponendo alcuni dei limiti di risorse per il concorso che avrebbero poi comportato delle riduzioni di organico. Morricone, preso dall’entusiasmo all’idea di poter lavorare con un’orchestra così prestigiosa in totale libertà artistica, si offrì di lavorare gratuitamente per il concorso.

Il Morricone Sacro

Morricone era un uomo religioso, di fede cattolica romana inevitabilmente visto il suo viscerale attaccamento alla città in cui era nato e cresciuto ed ai suoi rituali. Si riteneva per certi versi un depositario della grande tradizione di musica sacra di Roma e dintorni, trasmessagli dalle mani dello stesso Petrassi che non a caso era nato a Zagarolo, a pochi chilometri dalla Palestrina terra natale del celebre Pierluigi. La musica sacra rappresentava una ulteriore sfaccettatura della sua creatività, e forse è in essa che dimostra più direttamente la filiazione dai Maestri conosciuti e studiati nel corso di tutta una vita: più moderna nelle stazioni della Via Crucis del 1991 o negli altri lavori sacri degli anni ‘90, arrivando man mano a riferimenti cronologicamente più distanti nella Missa Papae Francisci del 2015. Raccontando la composizione di quest’ultima al quotidiano Avvenire, la descrive come un lavoro modale con un doppio coro per riallacciarsi agli insegnamenti del concilio di Trento. Nella stessa intervista ha affermato anche che tutta la sua musica era in un certo senso “sacrale”. Chi lo conosce afferma che aveva in progetto una seconda Messa, un mezzo espressivo che aveva affrontato solo tardi per timore reverenziale nei confronti dei grandi che prima di lui si erano cimentati con quella forma, ma con la quale aveva effettivamente preso gusto.

Una possibile eredità di Morricone

Scorrendo i titoli dei quotidiani online oggi, o guardando i servizi dei telegiornali, purtroppo è difficile trovare traccia di questi lati di Morricone. Ma questo non significa che non possano essere tributi sinceri – oggi, per esempio, la giornalista del TG1 Laura Chimenti era visibilmente commossa. C’è un ultimo, innegabile trait d’union che lega e rende speciale tutta la musica di Morricone, oltre alla sacralità che abbiamo già citato: la capacità espressiva, capace di trasparire anche dietro il velo più spesso dell’avanguardia. Avendo letto i suoi Quattro Pezzi per Chitarra qualche anno fa, posso fornire una piccola testimonianza in questo senso, ma ci sono dozzine di interpreti più accreditati di me che potrebbero fare altrettanto con ben altra credibilità. Silvia Colasanti ritiene che “In fondo [sia] normale che una televisione generalista o i giornali parlino di Morricone ricordando le sue opere per il cinema e tutto il repertorio di colonne sonore. La grande popolarità che ha acquisito è arrivata da lì ed è lecito, anzi naturale che venga ricordato anche così. Sta poi a chi si occupa di musica professionalmente il compito di ricordare la sua figura di musicista a tutto tondo, capace anche di scrivere della bellissima musica “assoluta”. Univa la grande conoscenza di tutta la tradizione della musica colta dall’antichità fino alle avanguardie. È un compositore che è rimasto sempre “aggiornato” […] La lezione professionale che ci ha dato Morricone è stata senza dubbia quella del rigore con cui ha lavorato al servizio delle immagini, ma mostrando al tempo stesso la capacità incredibile di coniugare in musiche con una forte presa emotiva la sua conoscenza tecnica della musica, una maestria orchestrale e una complessità nella scrittura. Ha fatto sempre musica seriamente, senza pensare alle barriere tra un genere e l’altro.”

“Studiate composizione in maniera seria, non affidatevi alle sole intuizioni senza possedere la tecnica per realizzarle. Perché se non si ha la tecnica, non si riuscirà mai a tradurre un’idea sul pentagramma, si scriverà sempre qualcosa di già udito. Consiglio lo studio della musica e della storia della composizione musicale, dai primi secoli della polifonia sino a oggi, e poi di liberarsi, in senso positivo, del bagaglio acquisito: tutto ciò servirà a diventare sé stessi.”

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

Written by Filippo Simonelli

Fondatore di Quinte Parallele, Alumnus LUISS Guido Carli, Università Cattolica del Sacro Cuore e Conservatorio di Santa Cecilia

Articoli correlati