Hindemith e il Ludus Tonalis

Uno sguardo all’autore

Quella di Paul Hindemith (1895 – 1963) è stata forse la personalità musicale più completa e importante della sua generazione in Germania.

Autore: Tiziano de Felice

25 Settembre 2017
All’epoca della stesura del Ludus tonalis egli era già un compositore affermato, autore di opere, balletti, musica vocale ed orchestrale, oltre ad essere uno dei più grandi suonatori di viola del suo tempo e direttore d’orchestra. Nel 1940 Hindemith, residente in Svizzera da ormai due anni, qualche mese dopo lo scoppio della seconda Guerra Mondiale per sfuggire in maniera definitiva all’opprimente e pericoloso clima politico della Germania nazional-socialista (dove tra l’altro l’esecuzione della sua musica era già stata vietata dal ’36) decise finalmente di emigrare negli Stati Uniti. Qui gli fu offerto un lavoro come professore di teoria musicale presso la Buffalo University, che accettò. Insegnò anche alla Cornell University e al Wells College. Contemporaneamente tenne delle conferenze presso la celebre Yale University, e visto il successo di quest’ultime, l’università offrì a Hindemith un posto come insegnante di ruolo.

La transizione dal vecchio al nuovo continente non fu certo facile per Hindemith, essendo un emigrato proveniente da una nazione in opposizione politica con gli Stati Uniti. In un clima non proprio favorevole, Hindemith in un certo senso in quel periodo si ritirò in una dimensione più ‘privata’, dedicandosi maggiormente alla composizione di musica da camera e vocale e, naturalmente, all’attività didattica e alla scrittura degli ormai famosi trattati teorici per i suoi studenti. Hindemith ebbe comunque una grande fama d’insegnante di composizione negli Stati Uniti, anche se lui stesso affermava che la composizione non potesse essere veramente ‘insegnata’ ma che si potesse solo incoraggiare nella maniera più ampia possibile gli studenti. Qui certamente ebbe modo di riorganizzare il syllabus musicale dell’università di Yale, definire le sue nuove teorie musicali e di concentrarsi su alcune piccole fughe per pianoforte che si sarebbero poi evolute nel Ludus tonalis (terminato il 12 Ottobre, 1942) che conosciamo oggi.

Ma cosa portò quindi Hindemith alla scrittura di un lavoro per pianoforte così unico e ambizioso? Sicuramente all’origine risiede una nuova tendenza musicale che emerse già a partire da gli anni ’20 del novecento, che rifiutava apertamente il concetto di ‘musica assoluta’ del XIX secolo, slegata da ogni manifestazione di funzionalità e trasportata nel reame etereo con un’indefinibile aura di santità. Lo sviluppo iniziale di Hindemith come compositore rifletteva radicalmente questo cambiamento paradigmatico, ma fu solo negli anni ’30 quando arrivò a comporre le sue sonate che la sua posizione estetica subì un’ultima e importante modifica, che rifletteva il suo responso alla musica di J.S. Bach. Diversi compositori dell’epoca, infatti, presero a modello proprio Bach e i suoi lavori per tastiera ma soprattutto le sue cantate da chiesa, in quanto musica funzionale nell’accezione “più sublime”. L’ambizione di Hindemith cresce e doppie e triple fughe chiudono opere come la sua sonata per pianoforte no.3 (1936), la sonata per due pianoforti (1942) oppure la sonata per violino no.4 (1939). Tali finali costituiscono veri e propri culmini di ciascun brano. Esempi di scrittura cosi’ rigorosi e immensamente intricati mettono in luce quella che fu una trasformazione radicale del pensiero estetico di Hindemith.

Di per sé queste fughe non sono né imitazioni stilistiche e né rappresentano citazioni di quel periodo. Piuttosto andrebbero viste come l’incarnazione di una forma mentis del pensiero musicale ‘hindemithiano’ di quel periodo, che ha le sue radici nella polifonia e nel contrappunto armonico. Con Hindemith all’epoca tutto questo sarebbe sfociato appunto con la composizione del Ludus, superficialmente l’equivalente di qualsiasi altro libro d’esercizi per pianoforte, ma che in realtà va ben oltre questa concezione e che costituisce un lavoro musicale dal contenuto magistralmente strutturato, avvincente e fortemente espressivo.

L’Influsso di Bach

Dunque come utilizza Hindemith il contrappunto nel suo Ludus tonalis, che differenze ci sono e com’è legato, se lo è affatto, all’uso del contrappunto di Bach in lavori come il Clavicembalo ben temperato o l’Arte della Fuga? Per farla breve, ovviamente la differenza fra il contrappunto bachiano e hindemithiano deriva dal fatto che Bach era comunque sempre conforme alle regole del moto armonico tradizionale, un tipo di contrappunto sicuramente più consonante, mentre Hindemith ci appare tendenzialmente più dissonante, nel senso che valorizza ritmi e movimenti melodici per adattare una particolare funzione armonica. Tuttavia, sebbene i due possano sembrare diversi, quando collocati nei loro rispettivi periodi storici essi appaiono molto più vicini di quanto potesse inizialmente apparire. Anche se il suo contrappunto è controllato dal moto armonico, anche nel Clavicembalo ben temperato Bach presta molta attenzione a condurre tutte le parti della struttura polifonica verso il punto di cadenza in maniera lineare, con minimi salti. Allo stesso modo, Hindemith, se paragonato ai compositori seriali, compie un tentativo deliberato nel creare cadenze nel Ludus, il quale stabilisce dei centri tonali, piuttosto che basare una frase esclusivamente sul movimento melodico e ritmico. Hindemith, infatti, oltre ad avere una grande varietà di approcci al suo contrappunto “dissonante” e contemporaneo, possiede anche un vantaggio netto rispetto a compositori di forme polifoniche nell’idioma atonale o dodecafonico/seriale a lui contemporanei poiché l’armonia hindemithiana conserva sempre un forte senso di tensione armonica relativa. Ciò lo favorisce quando usa una struttura polifonica come la fuga perché può avvalersi dello scambio soggetto-risposta dove necessariamente vi sono livelli armonici chiaramente imparentati.

I procedimenti contrappuntistici che usa sono ovviamente strettamente legati a quelli di Bach: la diminuzione e aumentazione, lo scambio del soggetto fra varie voci, gli stretti e le inversioni etc. E’ sufficiente osservare la fine della Fuga secunda dove, dopo aver sviluppato del materiale di collegamento nel corso di essa, lo ricombina con il soggetto ma con uno spostamento metrico. Questa è una tecnica era impiegata anche da Bach. Altri esempi si ritrovano nella doppia fuga della Fuga quarta, alla fine della quale Hindemith sovrappone i due soggetti mentre include contemporaneamente anche l’inversione del soggetto.

Questi sono senza ombra di dubbio procedimenti di elevata complessità, che ricordano le articolate speculazioni di Bach nell’Arte della Fuga.

Il linguaggio e la tecnica “hindemithiana”

Come ultimo stadio, prima di parlare definitivamente del Ludus tonalis, è doveroso tentare di capire almeno a grandi linee i concetti e le teorie che Hindemith cercava di mettere in atto attraverso questa composizione. Nel suo testo del 1942 Unterweisung im Tonsatz, I: Theoretischer Teil (The Craft of Musical Composition o L’Arte della Composizione Musicale, primo libro dedicato alla teoria, il secondo e il terzo sono invece dedicati rispettivamente alla scrittura a due e tre voci), Paul Hindemith parte dall’origine della serie armonica per soffermarsi su quello che lui definisce lo stato naturale suoni:

Questo concetto in sé si basa su una lunga serie di osservazioni filosofiche e speculative di celebri trattatisti come Boezio, Zarlino, Rameau e Tartini, che Hindemith conosceva bene. Ma, vivendo nella prima metà del ‘900 e essendo in possesso di una prospettiva musicale ben più ampia (oltre ad avere una grande dote da musicista e compositore), Hindemith riuscì a combinare queste teorie sapientemente per formare una sua personale teoria musicale, centrata sulla credenza e validità della logica tonale in musica (in netto contrasto con certe correnti musicali a lui contemporanee) e facendo affidamento sulla triade, poiché sempre secondo Hindemith la triade maggiore costituisce il pilastro della musica (dato che si forma dai primi sei suoni della serie armonica).

“Music, as long as it exists, will always take its departure from the major triad and return to it. The musician cannot escape it any more thant the painter his primary colors or the architect his three dimensions.” 

(“La musica, finché esisterà, prenderà sempre come suo punto di partenza la triade maggiore per poi ritornarci. Il musicista non vi può sfuggire, non più del pittore dai colori primari o l’architetto dalle tre dimensioni.”)

In precedenza Hindemith colse le riflessioni musicali e scientifiche di Keplero nella sua opera Die Harmonie der Welt (L’armonia del mondo), ma con il Ludus tonalis riuscì a tutti gli effetti a creare un lavoro equivalente (perlomeno nello scopo) del Clavicembalo ben temperato di J.S. Bach per il XX secolo, implementando la sua teoria di organizzazione degli accordi e degli intervalli secondo precise leggi dell’acustica. Passo dopo passo, in maniera metodica partendo dalla serie degli armonici, deriva tutti i rapporti fra le dodici note e l’intera scala cromatica, l’unica vera scala da cui secondo Hindemith bisognerebbe partire in un mondo musicale ‘post-Tristan’, poiché in essa ritroviamo anche tutte le altre scale: le scale maggiori, minori e i modi antichi. Hindemith scrive:

“Nel Tristan di Wagner il regno del maggiore e del minore fu rovesciato. Senza dubbio, la scala diatonica fu qui rimpiazzata da quella cromatica come base per tutte le combinazioni armoniche e lineari. Ma la rivoluzione arrivò troppo presto. […] Non fu se non alla fine del secolo che i contorni di un nuovo mondo scoperto nel Tristan iniziarono a prendere forma. La musica reagì’ a esso come farebbe un corpo umano con un siero iniettato, il quale inizialmente si batte per isolarlo come un veleno, ma che solamente più tardi imparerà ad accettarlo come qualcosa di necessario e persino salutare. Ciò’ di cui abbiamo fatto esperienza, anziché’ una vera comprensione di un mondo cromatico della musica, è stata la prima penetrazione di un cromatismo mai così minuto dentro a gli aspetti lineari ed armonici della musica, poi la disintegrazione di ogni elemento, una ricaduta nella totale assenza di progetti o regole, e infine la pura anarchia. Se oggi, dal nostro punto di vantaggio su tutto il campo, dovessimo adottare definitivamente la scala cromatica come la base del materiale per la composizione, staremmo solamente continuando ciò che ebbe inizio ottant’anni fa.”.

Ma Hindemith non si limitò solamente alla derivazione della scala cromatica come punto d’inizio. Lui procedette mettendo questi suoni in rapporto di dissonanza crescente, rappresentandoli con una prima sequenza di note e prendendo come suo punto di partenza e riferimento il Do. Dopo l’ottava (copia esatta del corrispettivo suono inferiore ma con frequenza doppia) si ottiene la maggior affinità fra due note diverse con l’intervallo di quinta, mentre il tritono è considerato l’intervallo con la dissonanza più aspra. Ecco dunque la Serie no.1:

Quindi, in sostanza, Hindemith decide di sfruttare il totale cromatico allontanandosi per grado da una nota centrale, la quale agisce come una sorta di centro gravitazionale. In questo modo egli costruisce una sorta di “sistema solare di note”, dove il Do rappresenta il sole e le altre note i pianeti che orbitano intorno a questa stella centrale. Più ci si allontana dalla prima nota (Do) e più le note di questa successione aumentano di grado di dissonanza. Lo stesso accade in un sistema planetario, dove la gravità legata alla stella centrale diminuisce per i pianeti che vi orbitano intorno man mano che ci si allontana. Incorporando successivamente gli intervalli composti che occorrono quando due note risuonano in maniera simultanea, Hindemith ottiene una Serie no.2:

E’ importante tenere a mente il fatto che Hindemith non faccia distinzione fra il modo maggiore e quello minore. Lui stesso parla di questo nel suo libro di composizione ed ha a che fare propria con la sua Serie no.2. Secondo Hindemith sono gli intervalli, e non gli accordi, ad essere il riferimento base rispetto alla tonica:

“The key and its body of chords is not the natural basis of tonal activity. What Nature provides is the intervals. The juxtaposition of intervals, or of chords, which are the extensions of intervals, gives rise to the key.”

“La tonalità e la sua gamma di accordi non sono la base naturale dell’attività tonale. Ciò che la Natura provvede sono gli intervalli. La sovrapposizione degli intervalli, o di accordi, i quali sono estensioni degli intervalli, danno luogo alla tonalità.”

Dunque, ciò che Hindemith afferma è che è possibile avere un centro tonale senza fare necessariamente affidamento su una struttura armonica tradizionale che si avvalga del rapporto maggiore/minore. Come si è detto in precedenza, la Serie no.2 mette in ordine gli intervalli a seconda del loro rapporto armonico, dal più forte al più debole, ed è un tassello importante nello stabilire un centro tonale senza aver bisogno di basarsi su accordi o “intervalli preconfezionati”.

Il gioco delle tonalità

Il titolo completo del Ludus tonalis è “Ludus tonalis: Studi Contrappuntistici, Organizzazione tonale e Tecnica pianistica”, e di per sé ricorda vagamente il titolo originale di Bach per il Clavicembalo ben temperato (Il clavicembalo ben temperato, ovvero Preludi e Fughe in tutti i Toni e Semitoni). L’uso del termine ludus, alquanto ambiguo, implica una certa dose di humor e che trattare certi argomenti possa essere comunque piacevole ed anche privo di pedanteria o accademismo, ma allo stesso tempo questa parola ci ricorda che un brano musicale, per quanto possa avere funzioni ben definite ed essere rigidamente organizzato, nella realtà traspare come un ‘gioco’ (pur trattandosi in questo caso di un gioco con significati di una certa importanza).

Diversi dei principi compositivi di Hindemith vanno ben oltre l’ambito dell’esposizione teorica precedente, ma è sufficiente sapere che le sue ipotesi teoriche fondamentali hanno lasciato un segno anche sul Ludus, non solo indirettamente ma anche direttamente: come vedremo, persino nella sua struttura esterna il Ludus tonalis è strettamente legato ai suoi principi fondamentali. Il Ludus tonalis è composto da 12 fughe interposte a 11 interludi, il tutto racchiuso dentro la cornice di un preludio (Praeludium) e un postludio (Postludium). I vari brani che compongono il Ludus esistono in maniera autonoma e sono conformi a rigidi principi intrinseci, ma allo stesso tempo sono incorporati in un contesto funzionale complessivo che trascende l’ambito del lavoro in quanto tale. Ogni fuga si basa su uno dei dodici semitoni, ma mentre per esempio Bach nei suoi volumi del Clavicembalo ben temperato dispone queste fughe per ordine “cromatico” ascendente (partendo da Do maggiore e proseguendo con la tonalità minore corrispondente, poi Do# maggiore etc.) e Shostakovich nei suoi 24 Preludi e Fughe le ordina per quinte, Hindemith dispone le sue 12 fughe in una sequenza determinata dai rapporti fra le note fondamentali, in altre parole sulla base della Serie no.1 illustrata in precedenza, dove idealmente, secondo Hindemith, un compositore dovrebbe esplorare le aree tonali secondo questa serie, attraversando a uno ad uno i vari centri tonali per grado congiunto, evitando di saltare fra di essi (es. dal centro tonale Do a Sol, poi Fa, eventualmente di nuovo a Sol, ma NON verso Fa# o Si poiché sarebbe uno stacco troppo improvviso). Hindemith inoltre ignora la polarità dei rapporti fra le tonalità, riconoscendo soltanto il rapporto tra una nota data e la nota del basso fondamentale: pertanto, non essendovi una divisione tra maggiore e minore, egli scrive soltanto una fuga per ognuna delle 12 note della scala cromatica, designando ogni fuga attraverso il riferimento alla nota fondamentale (es. in Do, in Fa etc.). Tutte le fughe sono a tre voci, poiché Hindemith considerava la scrittura a tre voci (o a tre parti) come limite della percezione diretta per un ascoltatore della scrittura con voci indipendenti, ma contemporaneamente considera la scrittura a tre parti come un requisito preliminare fondamentale per la rappresentazione inequivocabile delle relazioni armoniche.

Avendo così stabilito il layout del Ludus tonalis sulle linee guida delle sue ipotesi teoriche essenziali, Hindemith vi inserisce gli Interludi. Con pochissime eccezioni, essi modulano da una tonalità all’altra, progredendo da una nota fondamentale della Sequenza no.1 alla seguente. Tecnicamente parlando essi sono assolutamente liberi e privi di vincoli e agiscono come dei grossi “ponti modulanti” fra due centri tonali. Ciascuno degli Interludi è stato pensato come un pezzo ben caratterizzato, anche se ufficialmente Hindemith ha dato solo tre titoli che facciano pensare a questo: Pastorale (Interludium 2), Marsch (Interludium 6) e Walzer (Interludium 11). Il pianista Franz Peter Goebels invece elenca anche le seguenti denominazioni:

  1. Improvvisazione
  2. ‘Pastorale’
  3. Momento musicale
  4. Etude
  5. Intermezzo
  6. Marcia
  7. Marcia funebre
  8. Capriccio
  9. Elegia
  10. Ostinato
  11. ‘Valse’

Inoltre, alcune fughe e alcuni interludi sono strettamente collegati in termini di qualità sonora e struttura armonica e, con minor frequenza, a volte anche tematicamente. In questo modo Hindemith è in grado di creare correlazioni musicali coerenti fra i singoli pezzi creando una rete di relazioni dirette e indirette che evita qualsiasi sentore di rigidità schematica. Ad esempio la Fuga sexta in Mib, termina sul Re#; l’Interludium 6-7 inizia e finisce in Mib (enarmonicamente Re#) – in altre parole, non modula. La Fuga septima in Lab coglie immediatamente il tema principale dell’Interludium 6-7 e quindi è collegato tematicamente all’Interludium piuttosto che armonicamente. Ma, se da un lato gli Interludi mostrano la più grande diversità possibile di tecnica, forma e espressione, nel Praeludium – Postludium e nelle fughe, invece, Hindemith infonde una disciplina ancor più rigorosa nella sua tecnica compositiva. Se si dovesse guardare un po più da vicino il Praeludium, per esempio, si potrebbe iniziare scomponendolo in tre sezioni:

  • Una prefazione (Preludio), battute 1-14;
  • Un Arioso a due voci, battute 14-25/25-32;
  • Un Ostinato (battute 39-47), preceduto da una transizione (battute 33-39) la quale introduce i due elementi che saranno al centro dell’Ostinato stesso.

Il Preludio e l’Arioso sono per la maggior parte ‘ancorati’ in Do maggiore, mentre la transizione conduce in modo improvviso vero la tonalità di Fa#, che sarà poi confermata nell’Ostinato. Pertanto, tenendo a mente la Serie no.1, si può affermare che il Praeludium, persino quando considerato da solo, traccia le dimensioni tonali dell’intera opera. Attraverso una particolare inversione detta cancrizzante (o retrograda) lo spartito del Praeludium viene fatto ruotare di 180° e così facendo Hindemith fa derivare il Postludium dal Praeludium. Pertanto la coppia Praeludium – Postludium fornisce una perfetta cornice all’intero lavoro, le cui estremità sono in rapporto perfettamente bilanciato e delineano i “paletti tonali dell’opera” (Do-Fa# / Sol#-Do). Ecco le prime due battute del Praeludium, le quali inevitabilmente diventano anche le ultime del Postludium:

Postludium:

All’interno della musica tonale “tradizionale”, che tipicamente tiene conto dei diversi valori degli intervalli, questa variante d’inversione retrograda è particolarmente difficile da ottenere proprio a causa del posizionamento degli intervalli in rapporto tra di loro e perché la modulazione enarmonica non è possibile. Facendo ruotare la pagina bisogna tenere conto del mutamento degli intervalli. L’intervallo di seconda maggiore Do – Re diviene l’intervallo di sensibile Si-Do; il tritono Fa# – Do si trasforma nell’intervallo di quinta aumentata Do-Sol# e così via. Questi sono problemi di natura tecnica e piuttosto complessi ma Hindemith, pur rimanendo nel suo ambito armonico, riuscì a ovviarvi arrivando a due fondamentali conclusioni senza le quali il pezzo non sarebbe potuto essere scritto:

  1. Il Do in quanto nota e suono di riferimento rimane Do anche quando la pagina è capovolta;
  2. Ci sono 5 scale che racchiudono tutti i valori sonori originali dopo che sono stati capovolti, così che le note disponibili sono le stesse da qualunque verso:

Hindemith procede principalmente dalla scala di Lab, La e Do. Le battute 15-18 dell’Arioso, per esempio, sono imparentate con Lab, le battute 18-19 con il Do, 25-31 con Lab e le battute 31-32 di nuovo con il Do.

Questi non sono che alcuni spunti analitici, ma vi sarebbe ancora molto da dire per ciascun brano del Ludus, che come ogni grande opera d’arte strato dopo strato dischiude rivelazioni sempre più ingegnose al suo interno.

L’eredità del Ludus

Così come il Clavicembalo ben temperato prima, il Ludus Tonalis di Hindemith, anche se destinato all’esecuzione pubblica, agisce come una specie di guida per lo studio, mostrando le sue nuove teorie su come comporre, consentendo alle generazioni future di osservare e apprendere da esse, quasi come complemento musicale al suo trattato teorico. Nel Ludus, Hindemith riassume con abilità le sue teorie filosofico-musicali prendendo una forma, resa celebre da Bach e adattandola in modo tale che non diventi solamente un’opera che possa mettere in risalto la sua nuova teoria per l’organizzazione dei suoni, ma che sia anche un lavoro di grande varietà e che impieghi una serie di tecniche musicali per rivestire il tutto di una continuità ciclica (per quanto indubbiamente Hindemith possa aver prestato ai singoli elementi del Ludus una propria identità in termini sia della tecnica di composizione che del carattere dei pezzi). La Serie no.1 citata prima espone e traccia la progressione tonale dell’opera che ci viene rivelata principalmente negli Interludi, mentre la scrittura a tre voci di tutte le fughe e la coppia Praeludium – Postludium donano al lavoro un senso di completezza, regolarità e omogeneità. Nelle fughe Hindemith si rivela un abile maestro, forse come nessun altro compositore del suo tempo, e dimostra chiaramente che le sue teorie non si sbarazzano della grandezza dei maestri delle generazioni passate (Bach in particolar modo) abbracciando uno stile polifonico e contrappuntistico. Gli Interludi invece mettono in atto anche altre idee teoriche che, da un lato risultano innovative, dall’altro rendono sempre e comunque omaggio al passato e alla tradizione. E se il suo linguaggio musicale può sembrare banalmente solo l’ennesimo bizzarro impiego di una sorta di “tonalità alternativa”, esso è invece un linguaggio unico e moderno, che arricchisce la musica, fondato su una precisa logica armonica.

Tiziano De Felice

 

 

 

 

 

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

Written by Tiziano de Felice

Compositore, laureato in Musica Elettronica e Composizione presso il Conservatorio G. Rossini di Pesaro. Pianista, ma rigorosamente ruspante e 'd'assalto'. Da poco ha concluso un biennio specialistico in Composizione presso il Royal College of Music di Londra. Scrive le sue considerazioni inattuali su Quinte Parallele.

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