Dostoevskij e la musica
di Linda Iobbi - 11 Novembre 2021
Il legame tra letteratura e musica accompagna da sempre il processo creativo degli artisti di ogni epoca. Accanto a nomi di scrittori internazionali che hanno trovato ispirazione nella musica ed hanno ispirato a loro volta musicisti di ogni epoca come Hoffmann, Shakespeare, Hugo e altri, possiamo aggiungere i russi Puškin, Tolstoj, Turgenev ma anche Dostoevskij. Proprio di quest’ultimo festeggiamo oggi i duecento anni dalla nascita, e si sa, gli anniversari non sono fatti solo per spegnere le candeline. Ad ogni ricorrenza ci confrontiamo nuovamente con ciò che i maestri del passato ci hanno lasciato per riscoprire l’attualità del loro lascito e per imparare anche qualcosa di nuovo. Oggi faremo un viaggio per scoprire un aspetto di Dostoevskij ancora poco approfondito: il suo rapporto con la musica e soprattutto la sua influenza sulla produzione delle opere musicali.
Dostoevskij e la musica
Dostoevskij è un autore conosciuto soprattutto per i romanzi social-filosofici come Delitto e Castigo, Fratelli Karamazov, L’idiota, Il giocatore dove l’analisi profonda e sincera degli abissi della natura umana è il soggetto principale. Nella vita dello scrittore la musica è stata una costante compagna e musa ispiratrice, sin dai primissimi anni.
Come racconta lo storico e critico sovietico A. Gozenpud nel suo libro (Muzyka, 1971) dedicato interamente al rapporto di Dostoevskij con la musica, lo scrittore sin dall’infanzia è a stretto contatto con la musica popolare e le romances russe che in quell’epoca invadono ogni vicolo di Mosca. Nelle memorie scritte dal fratello, Andrej Dostoevskij, viene ricordato lo zio, fratello della madre ed eccellente chitarrista che insieme alla sorella improvvisava concerti serali a due chitarre. Spesso si iniziava con il suonare “brani seri leggendo lo spartito, successivamente si passava alle neniae e alla fin fine si suonavano canzoni allegre dove lo zio ogni tanto intonava qualcosa con la voce… e tutto era divertente, molto divertente!”
Le impressioni dal teatro musicale, seppur rare nell’infanzia, hanno lasciato un profondo segno nel futuro scrittore. Sempre grazie alle memorie del fratello Andrej, lo storico Gozenpud è riuscito a ricostruire la prima opera teatrale a cui il giovane Fedor di appena 7 anni ha assistito. Siamo nel febbraio del 1828 e al Bolshoj va in scena lo spettacolo mattutino “Jocko, ou le Singe de Brézil” di Edmond Rochefort. Nel pubblico, un piccolissimo Dostoevskij resta incantato dal protagonista, una scimmia. L’attore e soprattutto il costume attirano l’attenzione del bambino, tanto che come ricorda il fratello, per molto tempo il piccolo Fedor imitava le movenze e l’atteggiamento visto a teatro.
Nonostante la forte impressione ricevuta da questo spettacolo, Dostoesvkij ricorda il grande impatto che ebbe quando vide a teatro l’attore russo Stepanovich Mochalov nel ruolo del brigante Karl Moor da “I masnadieri” di Schiller. Ne scrive a Ozmidov in una lettera del 1880: “Le impressioni del bello sono invece fondamentali nell’infanzia. A 10 anni ho visto a Mosca la messa in scena dei Masnadieri di Schiller con Mochalov e, Vi assicuro, la fortissima suggestione allora ricevuta ha sortito un effetto benefico sul mio lato spirituale” [trad. G. De Florio, A. Farina, E. Freda Piredda, ed. Il Saggiatore]
La passione per il teatro e per la musica lo accompagneranno anche durante gli anni universitari. Facciamo un grande salto temporale e arriviamo al 1843, quando a Pietroburgo va in scena “Rusaln e Ljudmila” di Glinka. Dostoevskij, nel pieno della sessione di esami, a corto di soldi, trova il tempo e un biglietto per assistere all’opera. L’attrazione per la musica lo porta nuovamente a teatro. Con enormi sacrifici riesce ad acquistare due biglietti per i concerti di F. Liszt e il violinista O. Bull.
L’opera russa entra negli interessi musicali di Dostoevskij, ma non solo. Grazie alle memorie del dottor S. D. Janovckij, amico vicino allo scrittore, sappiamo che durante quegli anni Dostoevskij ascoltava con grande passione la “Norma” di Bellini e il “Don Giovanni” di Mozart. Non stupisce quindi vedere un Dostoevskij entusiasta nel pubblico durante uno dei concerti che Berlioz fece a Pietroburgo durante la sua tournée. Proprio in quel periodo, il giovane scrittore scriveva Le cronache di Pietroburgo per il giornale della città, e le impressioni ricevute dal concerto appena visto hanno lasciato traccia nei suoi scritti:
“A volte, è come se venissi assalito dall’angoscia. E’ come quando voi, per esempio, in una serata buia ve ne tornate a casa, guardandovi attorno distratto e rattristato, e all’improvviso sentite della musica. Un ballo, proprio un ballo! Nelle finestre illuminate a giorno balenano le ombre, si ode il fruscio e lo scalpiccio, è come se s’udisse il mormorio seducente del ballo, un robusto contrabasso romba, stride un violino, la folla, le luci, i gendarmi all’ingresso, voi passate accanto, distratto, agitato; in voi s’è risvegliato il desiderio di qualcosa, una brama. E’ come se aveste sentito la vita, e intanto ve ne potete portar via solo un suo pallido motivo incolore, un’idea, un’ombra, quasi nulla. E passate oltre, come se vi fosse sfuggita una qualche certezza: avete sentito qualcosa, avete sentito che attraverso il motivo incolore della nostra vita ordinaria ne risuona un altro, colmo di vigore e di tristezza che trafiggono da parte a parte, come nel ballo dei Capuleti di Berlioz.” [trad. Serena Prina. Ed. Feltrinelli]
Sono diverse le tracce delle impressioni musicali vissute da Dostoevskij, lasciate qua e là nelle pagine dei suoi romanzi.
Nel 1870 Dostoevskij conclude un romanzo breve dal titolo L’eterno marito. L’eroe di questo dramma psicologico, Aleksej Ivanovic Vel’čaninov canta la romanza di Glinka A lei:
Vel’čaninov scelse una romanza di Glinka che quasi nessuno conosceva:
Quando nell’ora lieta schiuderai le labbra
E tuberai per me più dolce di colomba….
[…]Vel’čaninov aveva avuto la fortuna di sentire questa romanza per la prima volta una ventina d’anni prima, quando era ancora studente, dallo stesso Glinka, in casa di un conoscente del compositore defunto, durante una seratina artistico-letteraria tra scapoli. Glinka, infervorato, aveva suonato e cantato tutte le sue arie preferite, tra le quali anche questa romanza. Anche lui all’epoca non aveva voce, ma velcaninnov ricordava la fortissima impressione prodotta allora proprio da questa romanza. Un qualche artista esperto, un cantante da salotto, non avrebbe mai raggiunto un simile effetto. In quella romanza fluisce la tensione della passione, innalzandosi e aumentando ad ogni verso, ad ogni parola; precisamente per via di questa insolita tensione la minima stonatura, la minima esagerazione e falsità, che così facilmente sfuggono di mano nell’opera, qui ucciderebbero e deformerebbero tutto il suo significato. Per cantare questa piccola cosetta insolita era assolutamente necessaria la verità, un’ispirazione assolutamente sincera, piena, un’autentica passione o un suo completo trasporto poetico. Altrimenti la romanza non solo non sarebbe affatto riuscita, ma avrebbe persino potuto sembrare brutta e quasi in qualche modo indecente: non sarebbe stato possibile mostrare una tale forza della tensione del sentimento passionale senza suscitare repulsione, mentre la verità e l’ingenuità avrebbero salvato ogni cosa. Vel’čaninov rammentava bene che quella romanza anche a lui era un tempo riuscita bene. Aveva quasi fatto proprio il modo di cantare di Glinka.
[trad. Serena Prina. Ed. Feltrinelli]
Da questo breve estratto traspare la profonda sensibilità musicale di Dostoevskij che si confessa tramite Aleksej Vel’čaninov. Lo scrittore spesso racconta di sé attraverso i suoi personaggi trasformando i suoi romanzi in una sorta di autobiografia. Il nostro Dostoevskij-Vel’čaninov confida di aver conosciuto lo stesso Glinka vent’anni addietro, fatto del tutto possibile e di importanza storica. Proprio nel corso dell’anno 1849, lo scrittore era un assiduo frequentatore del circolo di intellettuali di M. V. Bataševič Petraševskij. Il circolo, composto da letterati progressisti di Pietroburgo, spesso apriva le porte ad altre cerchie di letterati come quelli di S. F. Durov e A. I. Pal’m. Proprio nella primavera di quell’anno il rinomato compositore M. Glinka, tramite l’amico viennese N. A. Novosel’skij entra in contatto con il circolo musico-letterario di Durov e ne lascia memoria nei suoi appunti scritti : Lui [Novosel’skij] mi presentò tanti giovani letterati della nuova generazione. Purtroppo alcuni di loro sono caduti in disgrazia nel corso dello stesso 1849
Forse una leggera forzatura, ma secondo il critico R. Krjukov, autore di un bellissimo saggio dedicato a Dostoevskij e la musica pubblicato per i 150 anni dalla nascita dello scrittore, proprio in queste due sintetiche righe Glinka racconta di aver conosciuto Dostoevskij. A sostegno di questa tesi, negli scritti di Pal’m, membro del circolo di Petraševskij e fondatore di una sua cerchia di letterati, troviamo scritto questo: Nell’appartamento dei nostri amici c’erano persone assai famose e a posto… Il nascente brillante scrittore e il cantante dal talento innato, ben noto violinista vagabondo stanco dall’ozio pietroburghese o per meglio dire il famoso compositore tornato dalla soleggiata Andalusia alle sue care nevi.
Il “famoso compositore tornato dalla soleggiata Andalusia” è Glinka. Nel novembre 1848 il compositore si trasferisce a Pietroburgo e la malattia lo costringe per mesi a letto. Intorno al gennaio dell’anno successivo, “stanco dall’ozio pietroburghese” Glinka inizia a riprendersi ed è proprio in questo periodo che si avvicina al circolo di Petrasevskij. Per quanto riguarda invece il “nascente brillante scrittore”, secondo Krjukov è proprio il nostro Dostoevskij. Sarà proprio durante un incontro nel circolo di Petraševskij che il giovanissimo scrittore leggerà lo scambio epistolare di Belinskij e Gogol’ che gli varrà la condanna a morte. Siamo nel dicembre del 1849 e Dostoevskij è sul patibolo. La storia la conosciamo già. Lo scrittore verrà graziato ma dovrà scontare anni di lavoro forzato in Siberia. Chissà se non parlasse proprio di questo Glinka quando scriveva di alcuni giovani letterati “caduti in disgrazia nel corso dello stesso 1849”.
Ironia della sorte vuole che a causa dell’arresto Dostoevskij lascia incompiuto un romanzo dove uno dei personaggi protagonisti è proprio un musicista, un violinista. Il romanzo è “Netočka Nezvanova” e il musicista Efimov è un violinista talentuoso che si perde nella vita. La poco forza di volontà e la superbia lo porteranno nel profondo abisso della miseria.
La musica e Dostoevskij
Le mie opere non sono buone per il teatro musicale. Non andranno mai in scena
F. Dostoevskij
Nonostante la forte attrazione per la musica, che come abbiamo visto ha da sempre accompagnato Dostoevskij, lo scrittore non considerava le sue opere sufficientemente musicabili.
Purtroppo (ma anche per fortuna), lo scrittore non ebbe del tutto ragione. Già nel 1903 abbiamo la prima opera lirica tratta da una novella dello scrittore: L’albero di Natale del compositore tardo romantico russo V. Rebikov.
Il soggetto di quest’opera è la fusione di due fiabe di Natale: La piccola fiammiferaia di Andersen e Il bambino presso Gesù di Dostoevskij.
Il compositore, Rebikov, è un autore conosciuto in madrepatria, seppur negli ultimi anni sembra andare verso l’inesorabile dimenticatoio. L’opera lirica scritta dal compositore è in un atto unico diviso in quattro scene. La scrittura è tipica del tardo romanticismo, anche se sono già presenti i nuovi germi che porteranno alla fioritura della scrittura del teatro musicale tipicamente sovietico.
Il brano più famoso di quest’opera è senza dubbio la ninna nanna dell’Angelo, dove il compositore mostra a pieno la sua vena più romantica e malinconica.
A parte quest’opera, i soggetti dostoevskijani ebbero un discreto successo nelle trasposizioni musicali. In confronto però ad altri grandi scrittori classici russi come ad esempio A. Puškin che può contare tra le proprie trasposizioni musicali la mano di grandi compositori come Musorgskij, Glinka, Ciaikovskij, Rimskij-Korsakov, Stravinskij… il nostro Dostoevskij può contare come unici grandi nomi Prokofiev e Janáček.
Tra il 1915 e 1916 un giovanissimo Prokofiev decide di affrontare come soggetto per un’opera lirica il romanzo di Dostoevskij Il giocatore, confrontandosi con un autore impegnativo. È la prima opera lirica di spessore del compositore e la sfida è ardua. L’opera andrà in scena solo nel 1929 a Bruxelles.
Prokofiev conosceva già bene il romanzo e apprezzava la prosa e il soggetto ideato dallo scrittore. D’altronde, lo stesso compositore era un abile giocatore, campione di scacchi e grande amante dei giochi di strategia e azzardo. Decide quindi di affrontare la trasposizione del romanzo con grande entusiasmo e passione, partecipando in prima persona alla realizzazione del libretto adattato.
L’opera è divisa in quattro atti e resta molto fedele al romanzo. Seppur lasciate in disparte tutte le digressioni filosofiche contenute nel romanzo, i dialoghi restano praticamente gli stessi e, grazie allo stile declamato, il compositore rende il tutto spigliato e vivace. Prokofiev riesce a trasmettere il ritmo frenetico e la musicalità tipica della parola russa, dando al proprio lavoro un nuovo slancio. È l’inizio di un nuovo linguaggio per la storia della musica ma è già riconoscibile lo stile autentico del compositore.
La scena più emblematica di quest’opera è senza dubbio il finale quando il protagonista Aleksej vince al tavolo da gioco facendo saltare il banco. Una vincita straordinaria che viene commentata da tutti i presenti. Il compositore riesce perfettamente a rendere in musica la smania del gioco che il protagonista vive in una sorta di delirio. Il coro commenta la scena con continue ripetizioni che creano un climax intenso e frenetico.
D’altronde questa scena, come lo stesso soggetto, rimandano ad un’altra straordinaria accoppiata musico – letteraria: La dama di picche di Puškin – Ciaikosvkij.
L’ultima scena della famosa opera di Ciaikovskij su soggetto puškiniano è ambientata ad un tavolo da gioco e il protagonista, Hermann, è in preda al delirio, tanto che nell’annunciare l’asso non si accorge neppure che la carta che tiene in mano è la dama di picche. Inutile aggiungere che non finirà bene il tutto: Hermann si suicida e agonizzante chiede perdono alla sua amata.
Più che sfidare Dostoevskij, il nostro audace Prokofiev sembra voler stimolare un confronto con lo stesso Ciaikovskij. La scelta del soggetto che rimanda al mondo del gioco (e più precisamente a quello delle carte) e la scena dell’ultimo quadro che si svolge attorno ad un tavolo da gioco con il protagonista delirante, sembra un incontro tra due grandi compositori, entrambi emblematici: da una parte Ciaikovskij, il romanticismo russo per eccellenza e dall’altra parte Prokofiev, il nuovo mondo in un nuovo secolo. Entrambi sul tavolo da gioco, abili giocatori e geniali compositori.
A pochi anni di distanza dalla prima de Il giocatore di Prokofiev, nel 1930 a Brno esce in scena l’opera lirica Memorie dalla casa dei morti di L. Janáček, dall’omonimo romanzo di Dostoevskij. Il compositore moravo decide di affrontare il soggetto creando atmosfere espressioniste dai toni tardo-romantici. L’opera è in lingua originale ceca e i personaggi sono tutte voci maschili.
È chiaro l’intento di richiamare i canti tradizionali russi. Del resto, nella stessa ouverture riecheggia il famoso canto popolare “C’era nel bosco una betulla“, lo stesso che ritroviamo come leitmotiv nell’ultimo movimento della quarta sinfonia di Ciaikovskij. A differenza dei compositori russi però, compositore moravo non decide di affidare il tema popolare ai fiati ma agli archi. Ciò produce una sonorità differente che in qualche modo si allontana dalle tipicità russe. Oltretutto variando il tema nella seconda strofa, la differenza che percepiamo col semplice fattore timbrico, si fa sempre più evidente.
Le opere liriche di Prokofiev e Janáček sono le due trasposizioni dai romanzi di Dostoevskij più importanti, ma non le uniche. Possiamo contare diverse interpretazioni che variano da opere liriche in senso stretto a rock opere, dalla musica da camera al balletto.
Nel 1971 va in scena l’opera lirica Notti bianche del compositore russo Y. Butsko. Forse lo scritto più romantico e atipico di Dostoevskij, ma nonostante questa caratteristica Butsko decide di non optare un linguaggio romantico. Le atmosfere sono dissonanti ed espressioniste. La scelta è verso una musica seriale, che evidenzia maggiormente le inquietudini del protagonista sognatore.
A pochi anni di distanza dalla prima dell’opera, il soggetto delle Notti bianche affascina un altro compositore, questa volta italiano: Luigi Cortese. Siamo nel 1973 e a Milano va in scena la prima dell’opera composta da due atti su libretto adattato scritto dallo stesso compositore. Allievo di Casella, Luigi Cortese usa un linguaggio neoclassico e dalle sfumature impressioniste francesi ereditate dal suo maestro.
Lo stesso romanzo sembra attrarre un altro italiano, Franco Mannino che nel 1989 presenta la sua versione in una liederopera in due parti, op. 278. Celebre è l’esecuzione del 1994 quando la liederopera inaugura il Festival di San Pietroburgo.
Ad unirsi al gruppo italiano interessato alle possibilità poetiche e drammaturgiche dei romanzi dostoevskiani, troviamo altri due nomi. Ancora nel 1970 infatti Luciano Chailly porta a Roma la prima de L’idiota e quasi un decennio dopo nel 1981 Flavio Testi presenta a Milano l’opera Il sosia.
Tornando ai compositori russi possiamo ancora citare N. Sedel’nikov e la sua opera da camera per soprano, baritono e quartetto d’archi Povera gente del 1974. Un’opera dai toni lirici e dai componenti strumentali essenziali e minimi, solo un quartetto d’archi, quasi ad evidenziare la povertà e la condizione di necessità dei due unici personaggi al centro dell’azione. Dagli stessi toni romantici e lirici è anche la sinfonia poema di B. Ciaikovskij del 1984 per viola d’amore, pianoforte ed orchestra L’adolescente.
Fin’ora abbiamo nominato le trasposizioni musicali di alcuni romanzi di Dostoevskij, senza però accennare ai grandi capolavori dello scrittore, ovvero Delitto e Castigo e I fratelli Karamazov.
Tra il 1925 e il 1929 il compositore austriaco F. Von Renicek scrive tre movimenti di sinfonia (dei quali il secondo purtroppo perduto) ispirati al romanzo Delitto e castigo, dal titolo Raskolnikoff mentre nel 1951 G. Klebe presenta il suo Sogno di Raskol’nikov per l’originale formazione di soprano, clarinetto e orchestra. Interessante da annotare è senza dubbio il musical Rock-opera del 2016 del compositore russo E. Artem’ev, che sperimenta il soggetto dostoevskiano in un genere musicale inedito e ricercando continue analogie con il più famoso musical Jesus Christ Superstar.
Anche il romanzo I fratelli Karamazov può vantare una sua trasposizione in versione Rock-opera del compositore russo A. Ragulin del 2019.
Possiamo anche sentire il romanzo all’interno del romanzo, L’inquisitore, in un originale oratorio per baritono, coro e orchestra del compositore tedesco B. Blacher del 1942. La scelta di optare come forma di trasposizione musicale l’oratorio è originale ed audace. Questo genere musicale è praticamente estraneo alla cultura russa e la lingua scelta nel libretto originale è il tedesco.
Il balletto e Dostoevskij
I grandi romanzi di Dostoevskij trovano anche una loro trasposizione nel balletto. Nel 1979 il coreogrago V. Panov presenta in scena a Berlino il suo L’idiota con musiche di Šostakovič e il ballerino Nureyev nel personaggio di Myškin.
L’anno successivo va in scena a Leningrado la versione sullo stesso soggetto del coreografo B. Eifman sulle musiche della Sinfonia n. 6 di Ciaikovskij. Nel 1995 Eifman si avvicinerà nuovamente a Dostoevskij presentando al Mariinskij di San Pietroburgo I fratelli Karamazov sulle musiche di Rachmaninoff, Wagner, Musorskij e canzoni della tradizione gitana.
L’eredità lasciata da Dostoevskij è ancora viva ed attuale. I personaggi dei suoi romanzi sono ancora fonte di grande analisi e riflessione, che passa anche attraverso la musica. Come abbiamo potuto vedere, i romanzi di Dostoevskij hanno trovato diverse trasposizioni musicali anche tra le più audaci. Dall’inizio del secolo scorso ad oggi, sempre più musicisti hanno deciso di affrontare l’eredità letteraria dello scrittore interpretandola attraverso la musica. Chissà cosa ancora ci riserverà il futuro!