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Cantare la natura: intervista a Ian Bostridge

di Gioia Bertuccini - 17 Settembre 2021

Green New Music, questo è il titolo che il Festival Pianistico Bartolomeo Cristofori ha voluto dare alla sua quarta edizione, che si sta tenendo a Padova proprio in questi giorni, dal 15 al 19 settembre. Già come preannuncia il nome, la tematica principale trattata durante la fitta programmazione della rassegna musicale è proprio l’ambiente. Sono numerosi e di rilevanza internazionale gli artisti e gli studiosi che stanno intervenendo in queste giornate di rassegna, tra questi, anche il tenore inglese Ian Bostridge.

Ospite abituale dei più importanti teatri e dei festival più prestigiosi al mondo, Ian Bostridge è una delle figure di spicco del panorama musicale e culturale contemporaneo. Considerato uno dei massimi interpreti del repertorio liederistico schubertiano, il cantante londinese può vantare anche un prestigioso percorso accademico con le lauree honoris causa riconosciute dal Corpus Christi College di Oxford, dall’Università di St Andrews e dal St John’s College di Oxford.

In questi giorni, in occasione del Festival Pianistico Bartolomeo Cristofori, ho avuto la fortuna e l’onore di sottoporre al tenore inglese qualche domanda:

Durante il Festival Bartolomeo Cristofori eseguirà il Die schöne Müllerin di Schubert, qual è secondo lei il ruolo che la natura ricopre nella produzione liederistica del compositore viennese?

Eh… questa è una domanda complessa, bisogna tenere a mente che Schubert, nato e cresciuto nelle campagne viennesi, si ritrova a vivere la sua età adulta in città, nell’affollata capitale austriaca. Quindi i suoi Lieder, nei quali la natura e l’ambiente ricoprono una posizione fondamentale, si possono intendere come un viaggio interiore attraverso il quale il compositore ritorna agli scenari che hanno caratterizzato la sua fanciullezza. Nelle sue produzioni liederistiche Schubert, attraverso la sua musica, riflette sull’idealizzazione della natura, arrivando addirittura a concepire i paesaggi descritti come simbolo della divina creazione, ed è così che è possibile ritrovare contemporaneamente negli ambienti cantati sia la bellezza e la semplicità che aspetti invece più misteriosi e oscuri, esattamente come emergono in maggior misura nel ciclo di Lieder successivo a quello che canterò al Bartolomeo Cristofori Festival, la Winterreise.

Pensa che anche nella produzione non liederistica di Schubert la natura ricopra comunque un ruolo importante?

Certo, ovviamente è possibile ritrovare questa sua attenzione alla descrizione dell’ambiente anche nelle altre composizioni. Penso che fosse molto influenzato dai suoi viaggi, nel suo volersi sempre immergere nella natura che lo circondava o l’aveva circondato in passato, questo aspetto è riscontrabile soprattutto nelle grandi sinfonie.

È possibile fare un confronto tra la produzione liederistica di Schubert con la produzione di Lieder di altri autori più tardi quali Brahms, Mahler, Debussy, Ravel, Britten e Respighi?

C’è sicuramente una connessione e in qualche modo un’influenza in tutti i compositori che hai citato, l’ambizione di concepire il Lied come forma d’arte arriva sicuramente dall’inizio dell’Ottocento e quindi senza dubbio anche da Schubert. Ovviamente prima di Schubert le canzoni per voce e pianoforte esistevano, ma di certo non erano così ambiziose come quelle del compositore viennese e degli altri musicisti successivi. Prima del XIX secolo venivano musicate diverse poesie di numerosi poeti che si confrontavano con il tema amoroso, e quindi nei loro motivi erano presenti anche momenti leggeri alternati a sentimenti più scuri e malinconici, ma l’anima che si riflette nei Lieder di Schubert e nella qualità delle sue sinfonie ha sicuramente anche a che fare con lo sviluppo del pianoforte, le cui sue nuove possibilità sono state di grandissima ispirazione per tutti coloro che cercavano la propria affermazione artistica nell’opposizione con la tradizione precedente. Io penso che tra i compositori successivi a Schubert, Respighi sia particolarmente interessante perché il suo nome è a noi ben noto non tanto per la sua produzione liederistica ma più per i suoi celebri poemi sinfonici; in realtà un buon numero di brani del compositore bolognese sono vere e proprie liriche dedicate alla moglie che si rifanno a pieno alla tradizione liederistica dei compositori precedenti.

Qual è, secondo lei, il rapporto che questi autori (Brahms, Mahler, Debussy, Ravel, Britten e Respighi) hanno con la natura?

Io credo che dipenda dai Lieder, per esempio se penso a Britten non mi viene di ricondurlo a una produzione psicologica di questo tipo.

Qual è invece il suo rapporto con l’ambiente che la circonda? Lei riesce a utilizzare la natura intorno a lei per trovare la giusta ispirazione prima di un concerto?

Mah… per quanto riguarda me, credo di essere una persona normale, piace anche a me immergermi nella natura, farlo è veramente rilassante, amo i paesaggi ricchi di vegetazione, ma non potrei dire che siano per me una fonte di grande ispirazione. A ispirarmi è più la lettura di un buon libro, l’ammirazione di un bel quadro oppure più semplicemente di una foto. Mi ritengo una persona molto fortunata perché ho avuto la possibilità di crescere cantando e la mia felicità è impreziosita dai bellissimi luoghi in cui ho l’occasione di esibirmi. Spesso i festival a cui partecipo sono situati in posti meravigliosi, per esempio quest’estate ho avuto il piacere di cantare a Como che, come ben sai, è un luogo stupendo che è sì immerso nella natura ma non ha a che fare solo con essa, in quanto la cultura ne è parte integrante.

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