Uomo e natura in musica: là «dove finiscono le parole»

Il rapporto fra uomo e natura ha nel corso dei secoli cambiato spesso volto, ma non si è mai interrotto: a ricordarcelo è il Festival Cristofori 2021 “Green New Music” dedicato al tema dell'ambiente

Da sempre l’imprescindibile legame uomo e natura affascina gli antropologi, i biologi e gli studiosi di tutto il mondo, tanto da diventare un argomento di grande interesse sia all’interno dei dibattiti scientifici che dal punto di vista delle trattazioni estetico-artistiche. L’arte, mediante i suoi linguaggi universali, è scesa più volte in campo con l’intento di raccontare questo affascinante e spesso conflittuale binomio uomo-natura. Dalle prime pitture rupestri risalenti all’Era del Paleolitico, fino al Rinascimento, in cui le raffigurazioni del paesaggio e dell’ambiente iniziano ad essere sempre più ricorrenti. È proprio in questo periodo che il rapporto dell’uomo con la natura che lo circonda, inizia a tratteggiarsi in modo più complesso e articolato. Nei secoli successivi, infatti, intorno al ‘600, il paesaggio naturalistico cessa la sua funzione di cornice diventando esso stesso il protagonista della raffigurazione; celebri restano le raffigurazioni del mare in tempesta del pittore olandese Jan Porcellis, che sembrano quasi anticipare il motivo del sublime che sarebbe diventato poi centrale e dominante nelle correnti artistiche del periodo romantico. È infatti durante il Romanticismo che il conflittuale rapporto tra l’uomo e la natura si afferma al centro dell’opera d’arte, evidenziando i limiti fisici e mentali del primo davanti alla forza devastante e sorprendente della seconda.

Jan Porcellis. Nave olandese durante una tempesta

La diffusione delle teorie del sublime, soprattutto nella Germania fra il XVIII e il XIX secolo, influenzò tutti i settori della produzione artistica: dalla pittura alla poesia, dal romanzo alla musica, improvvisamente la descrizione e la raffigurazione di crepuscoli, corsi d’acqua, albe e verdi boschi, si fanno sempre più frequenti. In musica, le riflessioni sulla natura, si esprimono soprattutto attraverso la produzione liederistica di cui gli esponenti principali sono Schubert, Felix e Fanny Mendelssohn, Schumann, i quali riescono a concretizzare attraverso i loro temi musicali una sintesi tra l’interiorità e il paesaggio circostante. Nei Lieder la musica di questi grandi compositori insieme alle parole di poeti e uomini di cultura del calibro di Solger, Schinkel, Schlegel, Carl Gustav Carus, concorrono nel suscitare immagini di un ambiente in grado di dialogare con l’uomo, coi suoi stati d’animo e la sua sensibilità. Così il Lied diventa nell’Ottocento il principale mezzo per esprimere il sublime: la descrizione e la raffigurazione di ruscelli, di laghi, di colline, di albe e di crepuscoli, diventa uno specchio in cui l’animo umano si riflette e si riconosce.

Nei Lieder di Schubert, l’ambiente descritto diventa un mezzo di una ricerca interiore che approda anche a momenti di preghiera; lo scrittore italiano Claudio Magris a tal proposito ha osservato:

Se il Lied dice l’attimo di consonanza col mondo, esso dice anche appunto che quest’armonia dura solo un attimo e poi dilegua, e dà voce al dolore di questa brevità e di questo distacco, alla malinconia della lontananza e della solitudine. Nel Re di Tule, nella Notte di luna o Tu sei come un fiore sentiamo risuonare anche tutto ciò che non abbiamo, che ci è balenato per un istante e che poi abbiamo perduto o che esiste nella nostalgia di qualcosa che non c’è mai stato.

L’incredibile e numerosissima prodizione liederistica di Schubert – più di 600 Lieder composti in meno di diciassette anni – aprì la strada a un fortunato genere musicale destinato ad attraversare l’intero Ottocento grazie al contributo di compositori quali Mendelssohn, Schumann, Brahms, Wagner, arrivando quasi ai giorni nostri con i Lieder di Wolf, Mahler e Strauss. Il Lied dà vita a una musica che da un lato è fortemente attaccata al significato e al valore della parola, mentre dall’altro è capace, esaltando la parola stessa, di rievocarne accezioni più profonde e, come disse Debussy, di andare là «dove finiscono le parole».

F. Schubert

Schubert per i suoi Lieder sceglieva dei testi poetici capaci di suggerire precise immagini e determinate atmosfere grazie alle quali riusciva a mettere in musica dei piccoli microcosmi perfetti. Durante il primo decennio di attività liederistica, le sue composizioni danno spazio a una dimensione poetica di tenera semplicità e dolce lirismo ma, col tempo, alla limpida cantabilità e alla melodia semplice e lineare, si sostituiscono un carattere più complesso sia dal punto di vista emotivo che linguistico, dotato di maggiori significati e allusioni. A compimento di questa evoluzione troviamo la Winterreise (Viaggio d’inverno), un ciclo di 24 Lieder per pianoforte e canto su testi del poeta tedesco Wilhelm Müller, composto da Schubert nel 1827, a un anno dalla sua morte.

Il tema del ciclo si lega a un motivo ricorrente del Romanticismo tedesco, ossia quello del Wandern, del vagabondare; la figura del Viandante, già abbondantemente utilizzata nelle liriche del tempo, si distingue nella raccolta di Müller in quanto il suo girovagare possiede più i caratteri di una fuga, priva quindi di quella spensieratezza del girovago senza meta: l’ambiente intorno al protagonista è caratterizzato dall’ostilità del freddo paesaggio invernale e dominato da una sensazione di estrema solitudine e dolorosa nostalgia.

La composizione della Winterreise impegnò Schubert profondamente anche dal punto di vista emotivo; questo aspetto emerge anche dagli scritti del suo fedele amico Josef von Spaun:

Da un po’ di tempo Schubert appariva stanco, e di umore tetro. Gli domandai che cosa avesse, e si limitò a rispondermi ‘Lo saprai presto, e allora capirai’. Un giorno mi disse: ‘Vieni oggi in casa di Schober, vi canterò un ciclo di Lieder lugubri; sono curioso di sapere che cosa ne direte. Ne sono stato preso più di quanto non mi sia mai successo con altri Lieder’. Con voce commossa, cantò per noi tutta la Winterreise: restammo affatto sconcertati dal carattere tetro di questi Lieder, e Schober disse che solo uno di essi gli era piaciuto, Der Lindenbaum. Allora Schubert disse solo: ‘Questi Lieder mi piacciono più di tutti gli altri, e piaceranno anche a voi’; ed era nel giusto: presto tutti ci entusiasmammo all’impressione che esercitavano su di noi quei canti malinconici, magistralmente interpretati da Vogl.

La drammatica condizione del Viandante della Winterreise narrata dal testo di Müller si fa ancora più tragica e profonda nella musica di Schubert, che crea un’atmosfera rarefatta e tagliente non sfatata neanche dai momenti più lirici del ciclo come quello del Der Lindenbaum (Il tiglio), uno dei Lied più amati ed eseguiti fra i ventiquattro. Il compositore viennese riesce a mantenere per tutto il ciclo un delicatissimo equilibrio tra pessimismo e ironia e si mostra capace di saper elevare le stesse descrizioni della natura e dell’ambiente intorno al Viandante (Il corno del postiglione in Die Post, La posta, I latrati dei cani di Im Dorfe, Nel villaggio) alla sfera del simbolo. La Winterreise si pone così come la più nobile e completa espressione del Lied schubertiano, simbolo di un’ideale chiusura di un’esperienza sia artistica che umana, raggiunta grazie a una dolorosa e profetica presa di coscienza spirituale.

L’ambiente intorno all’uomo cessa così di essere un semplice sfondo alle azioni umane per acquistare una dimensione molto più profonda, tale che per essere descritto ha bisogno dell’unione delle varie discipline artistiche. Lo scrittore tedesco August Wilhelm Schlegel, nel dialogo I dipinti, affermava infatti:

Così si dovrebbero avvicinare le arti tra di loro e cercare passaggi dall’una all’altra. Le statue si animerebbero forse in dipinti […], i dipinti diventerebbero poesie, le poesie musiche; e chissà? Una musica sacra solenne potrebbe innalzarsi, a sua volta, come un tempio verso l’alto.

Il rapporto fra uomo e natura ha nel corso dei secoli cambiato spesso volto, ma non si è mai interrotto, né si interrompe oggi: a ricordarcelo è il Festival Cristofori che per la sua quarta edizione, che si terrà a Padova dal 15 al 19 settembre 2021, non poteva che scegliere il tema della natura e intitolarsi “Green New Music”. Ogni evento del Festival concentrerà il proprio sguardo sul rapporto uomo-natura in un determinato autore o in una particolare epoca storica costruendo un percorso musicale che dal tardo Settecento giunge fino alla musica contemporanea e al jazz. Le giornate del Festival si apriranno con un esteso convegno dal titolo “Musica e Ambiente – Il ruolo delle istituzioni musicali classiche nella lotta al cambiamento climatico”, in cui studiosi, sovrintendenti, direttori artistici, economisti si confronteranno per discutere su come chi si occupa di musica e di cultura possa e debba affrontare la tematica ambientale.

Inutile dirvi che noi di Quinte Parallele seguiremo la manifestazione da vicino esplorandone ogni suo aspetto; siete curiosi? Stay Tuned sulle nostre pagine social: vi porteremo con noi al Festival Pianistico Bartolomeo Cristofori edizione “Green New Music”.

 

 

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