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An American in Rome: intervista a Barrett Wissman

di Redazione - 13 Dicembre 2021

Qualche settimana fa vi abbiamo raccontato l’inaugurazione di Domus Artium, un nuovo progetto che si propone di ristabilire il rapporto tra le dimore storiche e il mondo dell’arte, portando la musica in contesti nuovi ma allo stesso tempo ricchi di storia. In vista del prossimo appuntamento di gennaio abbiamo avuto modo di intervistare Barrett Wissman, il fondatore di Domus Artium. Americano, anzi texano, di nascita, Barrett Wissman ha da sempre tradotto in progetti concreti il suo amore per la musica ma più in generali per le arti, come nel caso del Festival di Cortona. Lo abbiamo incontrato a Roma, dove da poco si è trasferito per avviare una nuova stagione di eventi culturali nell’Urbe.

Partiamo dall’inizio: da qualche mese ti sei trasferito qui a Roma. Come ti trovi a vivere nella Città Eterna e come ti sembra la vita culturale romana?

Durante il periodo di lockdown, io e la mia famiglia vivevamo nel nostro ranch in Montana. È facile che un isolamento di questo tipo diventi per molti un momento di riflessione e quindi cominci a pensare al tuo passato, al presente e al futuro. Dopo essere stato per diversi anni in Toscana, sono sempre stato affascinato da Roma e prima o poi mi sarebbe piaciuto viverci. Dopo la crisi mi è sembrato il momento giusto per iniziare questa avventura.

Con tutti gli strati di storia che puoi vedere a Roma, la ricchezza culturale di questa città è immensa. È stata proprio questa connessione tra passato e presente ad avermi ispirato ad avviare nuove iniziative culturali in questo luogo. Roma è sempre stata un centro artistico e mi sento ispirato a continuare questa tradizione con nuove idee e progetti.

Anche se è da poco che stai qui, il tuo rapporto con l’Italia in realtà risale già a molti anni fa. Facevi riferimento alla Toscana…in molti qui ricordano Barrett Wissman come il promotore e organizzatore dell’indimenticato Festival di Cortona, un momento in cui persino Hollywood ha messo piede in Italia per assistere a eventi di grande spessore culturale. Cosa ti porti dietro di quell’esperienza?

Il festival di Cortona è stato frutto di una magica combinazione di elementi che non sempre si allineano tra di loro. È stato proprio il progetto di Cortona che mi ha ispirato a lanciarne altri dello stesso tipo. Devo dire però che quell’atmosfera unica è stata impossibile da replicare in altri posti.

Sono sicuro che fare qualcosa a Roma sarà differente perché è una grande città, ma allo stesso tempo spero di portare qui alcuni elementi che hanno fatto di Cortona un progetto riuscito.

Cortona è stato un successo fondamentalmente perché era un festival per artisti da parte di artisti. Abbiamo dato carta bianca a tutti e i musicisti hanno collaborato con attori, pittori e ballerini in un modo unico. Questa esperienza mi ha mostrato chiaramente che gli artisti hanno bisogno di un tipo di stimolo che li faccia uscire dalla loro routine artistica di tutti i giorni. Mi piacerebbe portare alcune di queste idee anche nei nostri progetti romani.

Quali sono secondo te i punti di forza e i punti deboli nel progettare eventi culturali in Italia? Quali sono le principali differenze con l’America?

Beh, l’Italia è come un grande palcoscenico per l’arte e la cultura. Non ce n’è uno più grande. L’Italia è allo stesso tempo meravigliosa, storica e vivace. Tuttavia, noto che qui la burocrazia è diventata sempre più invadente e questo rende sempre più difficile far diventare realtà i progetti. Alla fine penso però che ne valga la pena visti i risultati che si possono ottenere.

In America è spesso più facile organizzare cose e non è necessario affidarsi allo stato e ai governi locali e regionali per realizzare progetti. Questo è un vantaggio, ma in America di certo non abbiamo il patrimonio culturale unico che c’è in Italia.

Veniamo al presente. Cosa vuol dire tornare a organizzare e promuovere eventi dal vivo dopo il periodo pandemico? Quali sono le principali sfide che attendono chi decide di mettersi in gioco in questo periodo particolare per la cultura?

Secondo me la pandemia ci ha insegnato ancora una volta la forza e l’importanza di riunire insieme le persone, sia che si tratti di famiglie, del pubblico o di gruppi di ogni tipo. Siamo diventati sempre più dipendenti dalla comunicazione virtuale, da internet, videochiamate e sms. Temo che con YouTube e le altre piattaforme qualcuno possa aver iniziato a dubitare dell’importanza di assistere o di esserci di persona, fisicamente, agli eventi rinunciando alla live experience. Penso che questa pandemia sia stata come una sorta di “warning shot” per concentrare la nostra attenzione su cosa sia veramente importante nella vita.

Domus Artium è il nuovo progetto a cui stai lavorando. Ci racconti qualcosa di come è nato questo nuovo format?

Beh in realtà non si tratta di un format nuovo. Anzi, forse è uno dei più antichi… Il concetto di famiglie e istituzioni che aprono le porte delle loro dimore agli amanti dell’arte forse può risultare nuovo al giorno d’oggi ma è una tradizione vecchia di secoli. Mi interessava mettere insieme forme artistiche diverse e proporle in ambienti intimi e intriganti anche dal punto di vista estetico, avvicinando pubblico e ammiratori agli artisti e ai performer.

In fin dei conti quali sono gli obiettivi che ti sei posto con Domus Artium? 

In definitiva l’ obiettivo per me è quello di coinvolgere il pubblico e riportare un forte interesse nelle arti. Come sappiamo bene, le generazioni più giovani stanno perdendo questo interesse e la formazione artisticca è ai suoi livelli storici più bassi. Dobbiamo fare qualcosa per invertire questo processo e portare nuovo pubblico a godere dell’arte. Penso e spero che ogni mio progetto, incluso Domus Artium, vada in questa direzione.

Abbiamo assistito in prima persona all’inaugurazione al Castello Odescalchi di Bracciano. Cosa ci attende nei prossimi mesi? E che tipo di pubblico ti aspetti per gli eventi che verranno?   

Avremo molte sorprese in arrivo nei prossimi mesi. Il 15 gennaio avremo un recital di Hilary Hahn al Castello Ruspoli di Vignanello e a febbraio Luca Pisaroni canterà al Palazzo Doria Pamphilj. Abbiamo in programma di annunciare nelle prossime settimane molti nuovi progetti che coinvolgeranno non solo la musica classica ma altri tipi di musica, attori, artisti visivi e ballerini. Rimanete sintonizzati.

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