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Un’ultima nota

di Virginia Cirillo - 15 Ottobre 2018

su Montserrat Caballé

Montserrat Caballé è stata una delle più significative interpreti operistiche del novecento. Diva di un repertorio vastissimo che spazia da Vivaldi a Richard Strauss, lascia un segno indelebile nelle pagine dei compositori romantici.
Il 6 ottobre scorso il sipario è calato sulla bella signora catalana di 85 anni, dopo alcuni mesi di malattia. Quinte Parallele ha deciso di rendere un piccolissimo omaggio a questa straordinaria Artista, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua vita.
Nata il 12 aprile 1933 a Barcellona da una famiglia modesta, la Caballé ebbe eccezionalmente accesso al conservatorio fin da piccola. Fra i suoi insegnanti ha sempre ricordato con affetto e stima Napoleone Annovazzi, direttore fiorentino trasferitosi a Barcellona, e il soprano ungherese Eugenia Kemeny.
Dopo il diploma partì alla volta dei paesi di lingua tedesca: nel 1956 entrò nella compagnia dell’Opera di Basilea, debuttando ne La Bohème e poi nei ruoli di Pamina, Tosca, Aida e le straussiane Arabella e Salomè. Nel 1959 passò all’Opera di Brema, dove, fra le altre, si distinse ne La Traviata e nella Armida di Dvoràk. Sono anni in cui il giovane soprano macina titoli e recite, da Lisbona a Città del Messico, senza però trovare una vera affermazione, affinando le sue possibilità tecniche sensazionali, specie nei suoi famosi pianissimo. In pochi però sanno che la frustrazione per il mancato successo immediato portò la cantante a contemplare la possibilità di abbandonare le scene. La sostituzione di Marylin Horne nella Lucrezia Borgia donizettiana alla Carnegie Hall, rappresentò il trampolino di lancio della sua fama internazionale: il successo di quella sera, (un’ovazione finale di quasi trenta minuti), resta una della più grandi consacrazioni della scena operistica. Vita e carriera cambiarono in una sola notte per l’allora trentaduenne artista. Era il 1965 e, da quel momento in poi, la sua notorietà crebbe con l’ampliarsi del repertorio che finì per includere Verdi (da Giovanna d’Arco alle opere della tarda maturità come Aida, Don Carlo, Otello, senza dimenticare la Trilogia popolare), Wagner, Puccini, Cilea ma anche Cherubini e Pacini. Lo stesso anno debuttò al Metropolitan di New York nel Faust di Gounod.
Fu così che per la Caballè si aprirono le porte dei più grandi teatri, inclusa la scena italiana: nel 1968 è a Firenze per Il Trovatore e a Verona nel Don Carlo, che riproporrà con esisti straordinari a Vienna e a New York, lasciando una magnifica edizione incisa sotto la direzione di Carlo Maria Giulini, affiancata da Placido Domingo. Gli anni sessanta videro anche il matrimonio con il tenore Bernabé Martí a cui resterà legata per tutta la vita.
Nel 1970 arrivò il debutto alla Scala (in verità un ritorno in quanto vi era già stata con il Parsifal dieci anni prima, in vesti però sconosciute), anche qui nei panni di Lucrezia Borgia, a battesimo di una decade d’oro in cui l’interprete affrontò molti titoli donizettiani (Roberto Devereux, Maria Stuarda, e Gemma di Vergy) ed incisioni divenute storiche, in collaborazione con le più grandi case discografiche dell’epoca come EMI, Decca, RCA e Ricordi, senza contare la miriade di registrazioni dal vivo.
Grande interprete di canzoni popolari spagnole, al 1988 risale la famosa incursione nella rock opera con l’amico Freddie Mercury nell’album intitolato Barcelona, il cui singolo omonimo diventò l’inno dei Giochi Olimpici del 1992.

Il sodalizio Caballé-Mercury, ampiamente ridiscusso nei giorni scorsi, è oggi visto come un’importante apertura nei confronti della musica leggera, un progetto lungimirante in cui i due generi si mescolano calcando la scena fianco a fianco, dando lustro alle due facciate musicali. Ma non è stato sempre così e non mancano aneddoti in merito alla parentesi rock della Diva, fra cui l’ammonimento di Luciano Pavarotti: la notizia della collaborazione con Freddie Mercury fece rapidamente il giro del mondo, giungendo alle orecchie del celebre tenore italiano che si premurò di comunicare all’amica il proprio scetticismo in merito alla questione. L’unione fra rock e opera venne visto come un qualcosa di inaccettabile dai melomani più appassionati e, soprattutto, dai maggiori esponenti del settore.
[blockquote cite=”Monserrat Caballé” type=”left”]Non abbandonerò mai l’opera: ho collaborato con diversi interpreti del panorama pop, ma questo più che nuocere alla mia immagine, credo possa dare risalto ad entrambi i generi musicali, perché il pubblico ha così l’opportunità di confrontarsi con entrambi gli stili[/blockquote].
Nessuno avrebbe mai pensato, in quel momento, che l’episodio avrebbe dato nuovo slancio verso un fenomeno che più tardi interessò anche i più restii, fra cui lo stesso Big Luciano nella messa in moto del progetto Pavarotti and Friends.


Sempre per i giochi olimpici, Montserrat cantò accanto a Plácido Domingo e José Carreras nell’album Barcelona Games. La solida amicizia con i “Tre Tenori” fu per lei un vero caposaldo:
“Plácido Domingo, con cui ho lavorato in Manon Lescaut, mi disse di aver scoperto un nuovo mondo cantando con me, e per me vale lo stesso. Con José Carreras ho avuto una relazione molto speciale, siamo rimasti incantati ascoltandoci l’un l’altro e Luciano Pavarotti per me è stato come un padre”.
Nonostante i “piccoli” problemi di evasione fiscale, il soprano catalano si dedicò sempre a varie attività benefiche (fra cui la creazione di una fondazione per i bambini bisognosi di Barcellona) divenendo ambasciatrice Unesco.
Nel 2004 affianca sua figlia Montserrat Martí interpretando la Cleopatra di Massenet in forma di concerto al Teatro Real di Madrid: un momento indimenticabile (e più volte bissato) fra madre e figlia, soprani a confronto.
Nel 2013 si ritirò definitivamente dalle scene, interessandosi più da vicino all’insegnamento.
Considerata una delle ultime grandi Dive dell’opera, ha sempre tuttavia rifiutato questa definizione, come affermò lei stessa in un’intervista del 2014:
“Non mi considero una leggenda dell’opera, né l’ultima Diva, come a volte i giornalisti scrivono. Ogni epoca ha le sue stelle e, nel mio caso, l’unico merito è di aver fatto bene il mio lavoro, nel miglior modo possibile, al più alto livello”.
Non mancano le testimonianze della sua innata simpatia e bontà d’animo. Una in particolare ci è sembrata emblematica del suo essere una celebrità umana, disponibile e alla portata di tutti:

[blockquote cite=”Gianguido Mussomeli” type=”left”]Il 30 dicembre 1975 eravamo in coda sotto il portico della biglietteria della Scala io ed altre trecento persone, in attesa di comprare i posti in piedi di seconda galleria per l’Aida con la Caballé, Grace Bumbry, Carlo Bergonzi, Piero Cappuccilli e Ruggero Raimondi, diretta da Thomas Schippers. Era la prima volta che andavo alla Scala, eravamo in fila da ore sotto il gelo quando Montsy passò, diretta verso via Filodrammatici per andare a teatro. Qualcuno la riconobbe e la applaudì, lei si voltò e vide le persone in coda. Circa una mezz’ora dopo, dal Biffi Scala arrivarono alcuni camerieri che portavano panettoni e spumante per tutti. Li aveva mandati lei. Persino il Tg parlò dell’accaduto; lei disse che lo aveva fatto perché non dimenticò mai le sue origini povere e che a teatro anche lei poteva andare solo così.[/blockquote]

Soprannominata “la Superba” e, dai più affezionati, “Montsy”, Montserrat Caballé abbandona le scene della vita lasciando in ricordo le sue prodezze tecniche, lo splendore dei mezzi vocali, il clamore dei suoi successi, la simpatia e l’umanità dimostrata in più occasioni.
Sui vari social media fioccano fior fiori di video che la ricordano a lavoro affiancata da illustri colleghi. A noi piace ricordarla così: con la sua risata argentea e contagiosa, umile anche nell’errore, umana e mai boriosa.

Questa era la Caballé: tripudio di meraviglia e semplicità in tutti i suoi mille colori di Musicista, Diva e Donna.

Virginia Cirillo


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