La Lulu di Alban Berg
di Valerio Sebastiani - 3 Aprile 2019
ascesa, declino e resurrezione di un’opera
Il problema dell’incompiutezza della Lulu riguarda una quantità talmente grande di problematiche legate al funzionamento minuzioso del “mondo sonoro” dell’opera (e quindi, di conseguenza, della drammaturgia musicale), che sarebbe impossibile affrontarla in questa sede senza semplificare. Con questo articolo pertanto si ricostruiranno le fasi salienti della vicenda compositiva dell’allora incompiuta Lulu, affidandoci all’ampia bibliografia già esistente e sottolineando soprattutto la grande importanza che ebbe l’intervento del compositore viennese Friedrich Cerha per “completare l’opera” tra il 1962 e il 1976. Cerha, tuttavia, ha potuto lavorare su una raccolta di materiali (il cosiddetto Particell) che Berg aveva lasciato sì allo stato di bozze (o schizzi), ma che in sé rivelavano un’estrema coerenza globale.
Alla partitura di Lulu Berg lavorò dall’estate del 1928 alla morte nel 1935, con due, significative, interruzioni nel 1929 e nel 1935. Queste interruzioni ebbero diverso peso nel processo creativo della seconda opera di Berg e allo stesso tempo ne fecero la fortuna, ma anche la tragica capitolazione.
Nel maggio del 1929, Berg iniziò a lavorare su tre poesie ricavate dal ciclo Le Vin da Le Fleurs du mal di Baudelaire (del volume tradotto in tedesco da Stefan George) su richiesta del soprano Ruzena Herlinger. La richiesta venne accettata principalmente per motivi economici, viste le enormi difficoltà e le incertezze del periodo. Tuttavia Berg dimostrò una grande urgenza creativa, che gli permise di terminare il lavoro in pochi mesi (cosa eccezionale per un compositore lento e ponderato come lui). Der Wein lo tenne occupato da maggio ad agosto e per vari motivi lo possiamo intendere come uno studio preparatorio che anticipò, per certi aspetti, l’aura e alcuni caratteri stilistici di Lulu. Der Wein, definita dal compositore stesso come “Aria da concerto con orchestra”, permise infatti a Berg di ripensare radicalmente la teatralità del canto del Wozzeck e approdare verso nuove soluzioni stilistiche. Diversamente dalla sua prima opera la voce ha ora un lirismo teso, che si rapporta con un’orchestrazione concepita per unità seriali, ma pronta ad accogliere spazi espressivi pronti ad accogliere elementi ritmici e schegge “melodiche” della musica di consumo del tempo. Der Wein, per questi aspetti, si rivelerà come una sorta di studio collaterale per Lulu, in cui coesisteranno costruttività tecnica derivata dal serialismo, musica astratta e libera invenzione, che permetterà al compositore un ritorno alle tensioni armoniche tonali e alla consonanza. L’intento dichiarato da Berg, tuttavia, era quello di offuscare la consonanza, senza rifiutarla, al fine di non lasciarla schiudersi se non in momenti precisi: far risvegliare ed emergere elementi consonanti, nella dissonanza globale, in cui le affermazioni tonali non intervengono mai come elementi rassicuranti; al contrario, Berg forza i procedimenti seriali conferendo un peso drammatico-tragico a ciò che suona “troppo” bene.
La composizione della Lulu, avviata già con molta incertezza (il primo atto fu orchestrato soltanto nell’estate del 1931), subì un’accelerazione febbrile nel 1933, il che fece sperare a Berg di vederla rappresentata sin dalla stagione del 1934-35. Si era infatti rivolto a Erich Kleiber, con cui aveva collaborato per Wozzeck. Ma la Germania del 1934 era estremamente diversa da quella del 1925 e fu subito chiaro che non sarebbe stato facile far rappresentare la Lulu nei teatri tedeschi.
Valerio Sebastiani
Questo testo non è incompiuto, ma è solo un’anteprima dal nostro nuovo numero Storie Incompiute, che è possibile prenotare già qui.
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