Le donne universali di Poulenc – La Dame de Monte-Carlo e La Voix humaine
di Marco Surace - 6 Novembre 2024
La Fondazione Flavio Vespasiano è stata creata nel 2008 con la missione istituzionale di valorizzare attraverso il Reate Festival, nato nel 2009, lo straordinario patrimonio del Belcanto italiano. Dal 2016 si sono allargati gli orizzonti, estendendo il raggio d’azione anche alla musica del Novecento e contemporanea con l’intento di evidenziare il legame di continuità che esiste tra la tradizione e le nuove forme di creatività del nostro tempo.
È proprio in quest’ottica che per la XVI edizione del festival – edizione che ruota intorno alla figura della donna come vittima di soprusi, violenze e abbandoni – il direttore artistico Cesare Scarton, da sempre particolarmente interessato al teatro musicale novecentesco, ha scelto di realizzare uno spettacolo con due titoli di Poulenc su testi di Cocteau: La dame de Monte-Carlo e La voix humaine. Tanto la Dame quanto Elle, protagonista della Voix, sono donne universali, senza nome, infelici e abbandonate: una, non più giovane, dai piaceri della vita che le sono ormai negati, l’altra dall’uomo che ama. Le caratteristiche dei due lavori – simili tanto per la tematica quanto per l’organico vocale e strumentale impiegato – hanno portato all’idea di unirli in un dittico di grande intensità drammaturgica, proponendo al pubblico, nel solco della valorizzazione di opere meno conosciute che da anni caratterizza le produzioni del festival, un repertorio di rara esecuzione
Francis Poulenc (1899-1963) è uno degli autori più interessanti del Novecento. Per lungo tempo considerato umoristico e dai toni leggeri, il compositore francese sta vivendo oggi una stagione di riscoperta che mette in luce il suo lato più serio e profondo, quello che nella sua produzione emerge a partire dalla metà degli anni Trenta e trova la sua maturazione negli ultimi anni della sua vita.
La Voix Humaine (1959) e La Dame de Monte-Carlo (1961) ne sono due testimonianze, forse anche perché più di altre opere sono una finestra verso il mondo interiore dell’uomo Poulenc, che vive un periodo caratterizzato da sofferenze e preoccupazioni dovute al suo stato depressivo.
Non solo non credo più di avere il cancro, ma so che tutto è in ordine con la mia “macchina”. Solo il mio sfortunato stato mentale si diverte a torturarmi. Dubbi sulla mia musica, dubbi sul mio amore a cui sono troppo legato e che mi adora [il suo amante Louis Gautier, ndR].
(Francis Poulenc a Rose Dercourt-Plaut, 20 Aprile 1958)
Questo tormento riverbera tanto in Voix – una donna (sono io, come Flaubert diceva “Bovary c’est moi”) telefona per l’ultima volta al suo amante che si deve sposare il giorno dopo – quanto in Dame – nove mesi dopo averla composta, Poulenc la descrive come “la storia straziante di una vecchia, disgraziata e abbandonata che, invece di suicidarsi, va a tentare la fortuna a Montecarlo e infine si getta nel Mediterraneo”.
A dar voce e alle due donne e i loro drammi sarà il soprano Angela Nisi al Teatro Flavio Vespasiano di Rieti l’8 e il 10 novembre e al Teatro di Villa Torlonia di Roma il 13 e il 14 novembre, con la regia di Cesare Scarton e la Roma Tre Orchestra, diretta da Enrico Saverio Pagano.
L’abbinamento di questi due titoli, che non di rado vengono presentati insieme, porta al pubblico le storie delle due protagoniste che sono tanto simili (nella messinscena delle “pulsioni di morte” di due donne, entrambe senza nome) quanto differenti (la “vecchia, disgraziata e abbandonata”, Dame, e la “donna giovane ed elegante”, Elle, descritta da Poulenc nella partitura e nelle indicazioni iniziali contenute nel libretto di Cocteau).
E proprio Jean Cocteau, uno dei poeti più legati a Poulenc soprattutto nei primi e negli ultimi anni della sua carriera, legittima e amplifica la connessione tra questi due lavori, nati dalla sua penna.
Le serate (e il matinée) si apriranno con La Dame de Monte-Carlo, un breve monologo per soprano e orchestra presentato per la prima volta a Monte-Carlo dal soprano Denise Duval (la dedicataria) con l’accompagnamento pianistico di Poulenc nel novembre 1961, e poi nella versione orchestrale il 5 dicembre 1961 al Théâtre des Champs-Élysées di Parigi con l’Orchestre national de l’ORTF (oggi Orchestre national de France) diretta da Georges Prêtre.
Questo monologo presentava una grande difficoltà: come sfuggire alla monotonia conservando un ritmo immutabile. Per questo ho cercato di dare un colore diverso a ogni strofa del poema. Tristezza, orgoglio, lirismo, violenza e sarcasmo. Alla fine misera tenerezza, angoscia e un tuffo nel mare.
(Francis Poulenc, Journal des mes mélodies, p.113)
L’indicazione di tempo che domina il brano, Lent et triste, crea le giuste condizioni per dar vita al pathos che caratterizza l’ormai precaria esistenza di Dame, ben sintetizzato nell’incipit del testo di Cocteau (“Quand on est morte entre les mortes ”, cioè “Quando uno è morto fra i morti”).
Supportata da una sorta di arioso accompagnato, la protagonista esprime con una “linea vocale fissa e piuttosto stentata” (come l’ha definita Henri Sauguet) la sua indignazione per il fatto di non essere più trattata con rispetto negli establishment in cui si era affermata e la sua impotenza ora che anche la gelosa fortuna, che è donna, l’ha abbandonata (“La chance est femme. Elle est jalouse de ces veuvages solennels”). Non mancano però momenti più animati – nella sezione centrale, ambientata ai tavoli da gioco, la musica esprime la frenesia dell’anelata vincita al gioco – ed episodi di grande lirismo. Dame ripete più volte parole “Monte-Carlo”, quasi fosse la città la vera protagonista del brano, con un lirismo e una tenerezza che si riempiono di nostalgia. Quella di Dame, certo, ma anche quella di Poulenc (Monte Carlo. Montecarlo, la Venezia dei miei vent’anni!!!).
La Dame de Monte-Carlo dovrebbe essere cantata come la preghiera della Tosca.
(Francis Poulenc, Journal, p.113)
Nella stagione del Reate Festival, Dame fa da preludio a La voix humaine, una tragédie lyrique in un atto, derivata dall’omonimo dramma di Cocteau. Scritta nel 1958, fu messa in scena per la prima volta il 6 febbraio 1959 sotto la direzione di Georges Prêtre alla salle Favart del Théâtre national de l’Opéra-Comique di Parigi. La sua protagonista, indicata come una generica “Lei” o “la Voce” (Elle o la Voix), fu interpretata anche in questo caso dal soprano Denise Duval, della quale Poulenc aveva grande stima e con la quale collaborava dal 1946.
In una squallida camera da letto di Parigi, una “donna giovane ed elegante” giace per terra davanti al letto – sembra assassinata, scrive Cocteau nelle indicazioni di scena – e viene svegliata dallo squillo del telefono. Tra un’interferenza e un’altra, Elle dialoga con l’uomo che l’ha lasciata per sposare un’altra. Il telefono, rappresentato musicalmente da Poulenc attraverso il tintinnio dello xilofono, non è solo il mezzo teatrale capace di dar credibilità a un monologo (non sentiamo mai la voce dell’uomo), ma “diventa emblema di una comunicazione impossibile”, come ben sintetizzato da Davide Daolmi in occasione della messinscena di Voix alla Fenice di Venezia, nel 2015.
Attualmente sto componendo La voix humaine. Spero che sia quanto di più orribile si possa desiderare. Chi avrebbe mai pensato allora che sarei diventato un musicista cupo.
(Poulenc, Cartolina a Jane Bathori, marzo 1958)
La voix musicale di Poulenc assume qui tinte fosche, già a partire dall’inquietante preludio orchestrale e gli accenni melodici in esso contenuti, che suggeriscono la nevrosi della disgraziata protagonista. La comunicazione impossibile tra i due, che porta lo spettatore a riempire i silenzi della voce in scena con le immaginarie battute di lui, genera di per sé una struttura frammentaria, e questo influisce anche sul discorso musicale. La linea vocale di Elle, ora più parlata e recitativa ora più melodica, è spezzata da frequenti pause, da momenti di incertezza, alternandosi spesso agli interventi orchestrali.
Nonostante i presupposti, Poulenc trova il modo di suggerire una sorta di unitarietà del tessuto musicale attraverso l’uso di idee tematiche, che ritornano in diversi frangenti nel corso del monodramma. Dall’oscillazione cromatica che descrive la menzogna alla più lineare melodia dei momenti di sincerità, fino ad arrivare al sentimentale tema che con nostalgia rievoca un loro incontro e al drammatico valzer che fa da sfondo alla confessione di Elle in merito al suo tentato suicidio.
In attesa delle rappresentazioni reatine e romane, vi invitiamo ad approfondire ulteriormente questo interessante dittico attraverso la voce degli interpreti. Durante il primo episodio di “Salotto Reate”, un podcast live per incontrare i protagonisti della nuova stagione del Reate Festival, la parallela Linda Iobbi ha chiacchierato con la cantante Angela Nisi a La Chiave del Violino di Roma. Potete recuperare la puntata qui sotto!
Marco Surace