Le chiacchiere tra Corelli e Cartesio
di Lorenzo Papacci - 17 Febbraio 2016
Quando ascoltiamo per la prima volta un compositore che ci è nuovo ci lasciamo subito prendere dall’emozione, mentre in seguito, a posteriori, cerchiamo di cogliere le relazioni che ci possono essere tra la musica e il clima culturale dell’epoca e le attinenze o le divergenze con il pensiero predominante. In alcuni casi questi collegamenti sono diretti, come tra Schumann e Schlegel o tra Wagner e Schopenhauer, questo accade perché da fine ‘700 i compositori cominciano a leggere direttamente i filosofi e nella loro musica si vede la chiara impronta dei loro principi.
Nel caso di Arcangelo Corelli e di Cartesio non si può affermare che il lavoro del compositore sia la traduzione in musica di principi filosofici né tantomeno che i due avessero mai avuto contatti in vita, poiché il grande filosofo razionalista morì nel 1650, tre anni prima della nascita di Corelli, ma è corretto dire che entrambi sono partecipi di un clima culturale che era diffuso in Europa e sono quindi due diversi esempi di una stessa mentalità.
La filosofia di Cartesio ricercava un sistema di riferimento applicabile alla realtà in ogni situazione e su qualunque oggetto che fosse sempre un valido strumento di analisi, da ciò nasce la profonda fiducia nella ragione umana che deve diventare l’unico strumento di indagine e la forte tendenza al dubbio, poiché ciò che passava per i sensi poteva essere fallace e ingannare l’uomo. Cartesio quindi stila le 4 regole del suo metodo che vanno applicate nel rapportarsi con la realtà: l’evidenza, l’analisi, la sintesi e l’enumerazione. Nella prima fase veniamo a contatto con il problema ed è fondamentale qui non dare nulla per vero a priori ma è necessario dubitare e ragionare sempre in maniera critica:”La prima regola era di non accettare mai nulla per vero, senza conoscerlo evidentemente come tale: cioè di evitare scrupolosamente la precipitazione e la prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi niente più di quanto si fosse presentato alla mia ragione tanto chiaramente e distintamente da non lasciarmi nessuna occasione di dubitarne.”(Cartesio “Discorso sul metodo” cap. 2). Bisogna poi operare una scomposizione delle parti che costituiscono ciò che si sta esaminando con l’analisi e si avrà una semplificazione delle parti del problema, la sintesi prevede che queste vengano risolte e ricongiunte per ricreare il sistema originario e far in modo di avere un’immagine generale del problema preso in analisi per poi risolverlo e poi nelle nostre considerazioni e nei nostri pensieri se occorrerà correggere qualche errore bisognerà sempre riportare l’intero sistema senza mai omettere nulla (enumerazione) altrimenti la struttura cadrà e si perderà il suo senso.
Come abbiamo detto Corelli e Cartesio non si conobbero e non abbiamo notizie che permettono di affermare che egli lesse direttamente i suoi scritti ma i testi cartesiani e le questioni trattate al loro interno erano oggetto di dibattito in quegli anni e in special modo nell’ Accademia dell’Arcadia della quale Corelli fece parte con lo pseudonimo di “Arcomelo Arimanteo”, quindi il dialogo tra i due fu indiretto ma ci fu. Corelli si affidò all’approccio razionale di Cartesio nella costruzione dei movimenti dei suoi concerti grossi, ciò che infatti ci fa parlare di Cartesio è proprio il fatto che alla base di queste composizioni ci sono relazioni matematiche ricorrenti che sono le colonne portanti della struttura e attraverso il metodo cartesiano possono essere analizzate e individuate. Corelli infatti, nei suoi concerti grossi non si limitò all’alternanza tra il “concertino” (momento solistico) e il “concerto grosso” (nel quale suonavano tutti gli strumenti) ma creò un sistema regolare ben divisibile in parti, secondo l’ analisi cartesiana di cui sopra e solo passando attraverso la sintesi e quindi “ricucendo” queste strutture alla musica si potrà apprezzare il lavoro di questo grande compositore, vedendo come la sua musica sia simbolo di un progresso culturale che sarà poi la scintilla dell’Illuminismo, non a caso nell’ Accademia dell’Arcadia di Crescimbeni e Gravina Corelli era visto come il compositore più rappresentativo del loro pensiero. Ora bisogna applicare nel pratico il metodo cartesiano per far vedere quanto la musica di Corelli sia legata a queste strutture che poi con il solo ascolto non risaltano appieno, poiché parliamo di aspetti legati alla partitura, alla quale si rimanda nelle immagini correlate, gli esempi sono la terza e la quarta parte del primo movimento del “Concerto grosso op. VI n. I in re maggiore” .
La terza parte è in un tempo largo e la struttura che ci interessa qui è basata sull’opposizione tra il concertino e il concerto grosso infatti, qui cogliamo il rapporto matematico di cui si è già parlato che porta alla creazione di una struttura piana e regolare nella concertazione che è basata sul raddoppiamento e sul dimezzamento: questa sezione comincia con un concertino di due violini e un violoncello solisti che va avanti per otto battute a cui segue la parte del concerto grosso aggiungendo altri due violini, una viola e il basso continuo, questa parte è speculare alla prima ed ha una lunghezza di otto battute, poi ripartono i solisti questa volta per un segmento di quattro battute, ossia l’esatta metà e segue il “tutti” di otto battute raddoppiando il valore precedente e così sarà il concertino successivo mentre l’ultimo “tutti” che terminerà il movimento sarà di undici battute (8+3), cerchiamo di trarre uno schema (C= concertino; G= concerto grosso):
C 8 , G 8 ; C 4 , G (4 x 2) ; C 8, G 8+3
è ovvio che questa struttura di una razionalità evidente che rispecchia i criteri cartesiani dell’ analisi e della sintesi non è casuale e anche nell’ultimo punto quando sembra che il principio raddoppiamento/dimezzamento non valga più perché abbiamo 11 battute in realtà lì si manifesta il genio di Corelli , poiché dobbiamo vedere questa come un 8+3 il numero tre era la chiave di volta della seconda parte di questo primo movimento del concerto e sarà la vera e propria base costruttiva di quella successiva e così quelle tre battute diventano la giuntura che unisce la terza parte alla seconda e anticipa la struttura della quarta dove il 3 sarà fondamentale.
La quarta sezione di questo primo movimento è in un tempo allegro e qui non è l’alternanza concertino/concerto grosso ad essere fondamentale, poiché in questa parte non si delinea un momento vero è proprio di concertino ma abbiamo sempre la presenza di tutti gli strumenti. Ciò che è fondamentale è il moto perpetuo di tre quartine per battuta che va avanti per tutta la sezione e viene eseguito dagli archi che si alterna a degli accordi di cadenza, all’ascolto tutto sembrerebbe scorrere in maniera omogenea fino al termine dell’allegro ed infatti è così, ma se andiamo a esaminare meglio troveremo che questa parte ha una struttura binaria basata sull’opposizione tra il concertato con il disegno in quartine e la cadenza ed è fondamentale la ripresa del moto perpetuo in quartine che all’inizio ha una durata di cinque battute alle quali ne seguono due di cadenza, poi riprende il concertato con il disegno in quartine ma ora lo troviamo per otto battute ed è proprio qui che è fondamentale il numero tre che è il numero di battute aggiunte alle cinque precedenti e di seguito, dopo le due battute di cadenza, troviamo una sezione del moto perpetuo di quartine di undici battute, due di cadenza, e per finire troviamo l’ultimo segmento di quattordici battute e cinque di cadenza, come prima cerchiamo di ricavare uno schema (Q= moto perpetuo di quartine; C= cadenza):
Q 5 , C 2 ; Q 8 (5+3) , C 2 ; Q 11 (5+3+3) C 2 ; Q 14 (5+3+3+3) , C 5 (2,5 x 2)
Appare chiara ora la funzione “costruttiva” che ha il numero tre in questa parte dove troviamo il primo disegno che cresce progressivamente seguito dalla cadenza che è sempre divisibile per due. L’aspetto cartesiano sta proprio nel fatto che sin dal primo ascolto di questa parte troviamo una bipartizione che cogliamo subito ma è solo attraverso l’analisi e la sintesi che riusciamo a cogliere la vera costruzione che sta alla base che è retta dal numero tre e quindi a cogliere il suo aspetto più razionale e ad arrivare dove i sensi non potevano portarci. Analizzando quindi la musica di questo grande compositore con l’aiuto del metodo cartesiano possiamo innanzitutto inserirla in un contesto, ma soprattutto riusciamo a cogliere la grandezza dell’arte di Corelli che non mira a gratificare solo l’animo con la sua bellezza ma anche l’intelletto.
Lorenzo Papacci
- Per approfondire: A.Rostagno, “La musica delle carte: evidenze cartesiane in alcuni passi dei Concerti Grossi op. VI di Arcangelo Corelli“, Roma, Bulzoni, 2011