I Kindertotenlieder di Mahler: Nun will die Sonne so hell aufgehen
di Adele Boghetich - 4 Dicembre 2021
Nel 1834, dopo la prematura morte dei figlioli Luise ed Ernst, il poeta Friedrich Rückert (1788-1866) componeva la raccolta degli oltre quattrocento Kindertodtenlieder [Canti per i bambini morti], che sarebbe stata pubblicata postuma nel 1872 in ridotta scelta editoriale. Sono liriche dalla delicata scrittura poetica, elegiache meditazioni interiori espresse in stile tenero e ricercato: il poeta scruta in silenzio il mondo esterno in attimi di intensa riflessione, che lasciano velatamente trasparire i temi dell’amore, del dolore, del destino, della morte. Poesia allusiva, dunque, e non descrittiva, di un lirismo tristemente contemplativo: un gioco di “detto” e “non detto” dai significati simbolici, che rimandano a sensazioni sospese, come immagini gettate sulla tela di un pittore impressionista. Vi agiscono due motivi: quello naturale, modellato sul ritmo dello scorrere del tempo, e quello familiare, cantato attraverso il luctus del ricordo per offrire nuovi significati alla morte, a quel segreto portale verso l’infinito che governa il cammino dell’esistenza umana. A quella serena, trascendente Ruhe, visione salvifica di pace riconquistata, di catarsi dello spirito in sympathia con lo spirito della Natura, che molto risente delle antiche culture orientali.
Dopo la composizione degli estatici Rückert–Lieder, nel 1902 Gustav Mahler si accosta ai Kindertodtenlieder di Rückert cogliendovi nuovi percorsi di uno straordinario dilaniato “sentire”, che presto lo condurrà alle irte frontiere della Sesta Sinfonia. Percependovi l’armonia segreta del canto della Morte nella prospettiva metafisica di un mondo “oltre confine”, il musicista riunisce cinque liriche scelte in un ciclo unitario dal climax sinfonico-vocale graduato tra dolore, ricordo, visione, speranza, rivelazione.
Cinque sofferti momenti, dalla straordinaria forza comunicativa che, dopo il successo della prima esecuzione viennese del 29 gennaio 1905, sarebbero rimaste tra le opere predilette, e più eseguite, di Mahler.
Lento e malinconico, in rarefatta scrittura che dà voce ai colori notturni, il primo Lied si plasma lentamente nella lamentosa melopea dell’oboe
e nella pallida alba dei primi dolenti versi del canto
Nun will die Sonn’ so hell aufgeh’n
als sei kein Unglück die Nacht gescheh’n!
[Ancora vuol sorgere luminoso il sole, come se nessuna sventura fosse accaduta nella notte!]
disciolti in un diafano Re minore e poi richiamati nell’eco di corni e clarinetti tra i tocchi cristallini del Glockenspiel, allegoria di voci infantili ormai recise alla vita.
Senza espressione riemergono oboe e corno, solitari sulla trama oscura della pagina, per contornare il luctus del terzo verso:
Das Unglück geschah nur mir allein!
[Una disgrazia per me c’è stata, per me solo!]
e avviare il volo del canto nel simulacro di un Sole che sembra voler risplendere allgemein, per tutti, ovunque, per sempre:
Die Sonne, die Sonne, sie scheinet allgemein!
Una luce che andrà rifrangendosi opaca in suoni franti e commossi, in immagini irreali come ideogrammi funebri, per poi spegnersi in pianissimo.
In battuta 52, con l’entrata dei violini (senza sordina e con grande espressione), l’afflato mistico che, superando il luctus, preannuncia già, nella fede dell’eternità, la visione salvifica finale dell’intero ciclo:
Du musst nicht die Nacht in dir verschränken,musst sie ins ew’ge Licht versenken!
[Non devi rinchiudere in te la notte, ma lasciarla affondare nella luce eterna.]
Il valore sacrale di questi versi è ora commentato a piena orchestra in un rubato con espressione appassionata di struggente intensità, punto di tensione melodico e timbrico del Lied, interiorità espressa in “puro suono” che presto, però, rallenterà i suoi battiti nei colori rarefatti e dolenti della morte… nel ricordo di quella tenera luce, spenta dal fato nello spazio poetico di una tenda piccola e sacra, metafora della caducità stessa della vita:
Ein Lämplein verlosch in meinem Zelt!Heil! Heil sei dem Freudenlicht der Welt!
[Una piccola luce si è spenta nella mia tenda! Ma gloria sia, alla gioiosa luce del mondo!]
In lirico raccoglimento, la rassegnazione diviene catarsi, pace riconquistata dopo il passaggio severo della Morte… e la scena può spegnersi sulle ultime, diafane luci del Glockenspiel, esile voce dei Kindertoten.
Adele Boghetich
Adele Boghetich è autrice di Oltre le colline. Gustav Mahler, Kindertotenlieder e, con Nicola Guerini, di Mahler. Dialoghi tra musica e poesia (Zecchini).