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The only girl in the orchestra

di Tiziano de Felice - 5 Marzo 2025

Per oltre un secolo, la New York Philharmonic – la più antica orchestra sinfonica americana – è rimasta un bastione esclusivamente maschile, chiusa alle donne nonostante il talento e la determinazione di molte aspiranti musiciste. Fondata nel 1842, la Filarmonica accolse la sua prima donna solo nel 1922: l’arpista Stephanie Goldner, che restò in organico per appena un decennio, prima che l’orchestra tornasse a essere un dominio tutto al maschile. 

Una storia simile si è ripetuta in molte grandi orchestre, dove per decenni le donne sono state sistematicamente escluse o ostacolate. Nel 1980, la clarinettista Sabine Meyer venne ammessa ai Berliner Philharmoniker, ma l’orchestra stessa, con un voto a scrutinio segreto, rifiutò di confermarla in organico, nonostante il sostegno di Herbert von Karajan

Un caso ancora più clamoroso fu quello della trombonista Abbie Conant: scelta alla cieca come primo trombone della Münchner Philharmoniker, venne poi retrocessa dal direttore Sergiu Celibidache con la motivazione che una donna non poteva ricoprire quel ruolo.

Il documentario The Only Girl in the Orchestra, attualmente disponibile su Netflix, racconta le lotte e i successi di una straordinaria contrabbassista, Orin O’Brien, che nel 1966 divenne la prima donna a ottenere un posto fisso nella New York Philharmonic, rompendo una tradizione di esclusione lunga più di un secolo. A firmare questo lavoro, recentemente premiato con l’Oscar per il miglior cortometraggio documentario alla 97ª edizione degli Academy Awards, è sua nipote, la regista Molly O’Brien.

Apripista per le donne nel settore della musica e simbolo di un’unica professionalità modesta, Orin è ufficialmente andata in pensione nel 2021 dopo una carriera come musicista durata più di cinquant’anni e senza aver mai parlato pubblicamente del suo lavoro, preferendo rimanere sempre dietro le quinte. Il documentario, infatti, fornisce il ritratto di una pioniera che, sebbene modesta e profondamente umile, dimostra una caparbietà prodigiosa, oltre a grandissime doti musicali e professionalità.

La prima a tessere le lodi di questa donna è la regista Molly, che ha sempre considerato sua zia come un modello, parlando con lei con tono di ammirazione e affetto.

Eppure, ciò che emerge durante il breve documentario è un’immagine di una donna sì grande e realizzata ma che rifugge con convinzione la definizione di ‘artista’ e che considera i suoi successi come risultati quasi accidentali. Per Orin la musica è stata sopra ogni cosa una fonte di gioia. Le sue affermazioni sintetizzano in modo esemplare la sua filosofia di vita: “Questa è la mia teoria su come godersi la vita in modo incredibile. Non ti pesa fare da gregario… Penso che sia meglio amare qualcosa così tanto da farlo semplicemente per quello che è e anche per le persone meravigliose con cui stai suonando. Stai creando qualcosa insieme, il che è meglio di creare qualcosa da soli.”

Questa è la mia teoria su come godersi la vita in modo incredibile. Non ti pesa fare da gregario… Penso che sia meglio amare qualcosa così tanto da farlo semplicemente per quello che è e anche per le persone meravigliose con cui stai suonando. Stai creando qualcosa insieme, il che è meglio di creare qualcosa da soli.

Orin O’Brien

Eppure, Orin avrebbe tutto il diritto di vantarsi. A cominciare dalla sua famiglia: i suoi genitori, George O’Brien e Marguerite Churchill, furono celebri star del cinema muto e della Golden Age hollywoodiana. Oppure potrebbe raccontare a lungo la sua determinazione, il modo in cui ha fatto breccia in un mondo dominato dagli uomini, superando pregiudizi, commenti sessisti e discriminazioni. Ma non vi è traccia di risentimento o vendetta. Forse perché avendo già conquistato tutto con onore e professionalità non sente il bisogno di glorificarsi né di alimentare narrazioni gonfiate per le telecamere.

Orin sottolinea più volte come non sia nella sua natura cercare i riflettori, in netto contrasto con i suoi genitori, che invece li hanno inseguiti per tutta la vita, finendo per trovare, a detta sua, un’anzianità infelice. Lei, invece, ha sempre desiderato soltanto suonare con altre persone, esibirsi in un’orchestra. Lo ha fatto con dedizione fin dal liceo, studiando contrabbasso con rigore, amando la musica sinfonica, la figura di Beethoven e leggendo ogni testo disponibile. Una dedizione che l’ha portata quando era giovane dalla California fino a New York dove si è costruita una nuova vita.

Orin adesso è finalmente in pensione e il documentario la segue anche in questa fase della sua vita, ora più libera dagli impegni orchestrali, ma ancora profondamente legata alla musica. Il ritiro dalla New York Philharmonic non ha segnato la fine della sua carriera, bensì l’inizio di un nuovo capitolo: oggi insegna in accademie musicali e fa da mentore a giovani musicisti, continuando a trasmettere la sua passione con la stessa dedizione di sempre.

Impossibile non menzionare un altro protagonista silenzioso del film: il contrabbasso. Ogni volta che ne parla, Orin si illumina. Ama il fatto che sia uno strumento della stabilità e parla di come la sezione dei contrabbassi provveda secondo lei a mantenere la rotta dell’orchestra mentre tutto intorno si scatena ed è sottoposto a movimento di energie frenetiche.

Terminata la visione, l’unico rimpianto e pecca del documentario è quello di aver trascorso così poco tempo in compagnia di questa musicista ancora così dinamica e delle sue storie ed esperienze maturate durante una lunga carriera. Con una durata di meno di trentacinque minuti, purtroppo non c’è tempo sufficiente per un’esplorazione davvero approfondita e seria del significato e valore di suonare in un’orchestra per tanti anni, o dei sacrifici che hanno portato Orin ad essere un membro di spicco della Filarmonica. Tuttavia, il documentario riesce comunque a distillare in modo equilibrato quella che è l’essenza della protagonista: il suo rapporto con i suoi studenti, un appartamento pieno di ricordi importanti (tra strumenti, tanti spartiti, dischi e foto) e il suo amore incondizionato per il contrabbasso – dal suo aspetto fisico al suo timbro profondo e risonante – un affetto che viene trasmesso inalterato al pubblico.

Un documentario breve, ma che indubbiamente può ispirare il pubblico e in particolare musicisti giovani, che riusciranno a vedere in Orin un modello di coraggio, determinazione ed impegno.

Tiziano de Felice

Autore

Tiziano de Felice è un compositore italiano. Ha studiato composizione e musica elettronica al Conservatorio Gioachino Rossini di Pesaro, specializzandosi successivamente in composizione presso il Royal College of Music di Londra ed attualmente in ricerca artistica presso il Conservatorio Santa Cecilia di Roma.

Attivo come compositore e arrangiatore, è stato vincitore di concorsi di composizione nazionali e internazionali, ottenendo recentemente il primo premio del concorso Mauro Crocetta e la menzione d'onore durante del 42° concorso internazionale Premio Valentino Bucchi.

Parallelamente si occupa di divulgazione musicale nella provincia di Pesaro e Urbino attraverso lezioni-concerto e conferenze.

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