I numeri segreti di J. S. Bach

L'arte di associare i numeri alla note risulta particolarmente evidente nella musica del Kantor di Lipsia. Ecco qui qualche esempio

Sulla vita di Johann Sebastian Bach non si può dire molto di più di quanto sia stato detto negli anni passati da eminenti storici quali Spitta o il suo postumo avversario, Piero Buscaroli o ancora Alberto Basso nei due volumi Frau Musika. Quello che ci limitiamo a sottolineare in questa sede è la religiosità di Bach, studiata in saggi quali Il musicista teologo di Gianni Long, oppure Dall’Umano verso il Divino di Fabrizio Casu. La sua fede, più o meno vicina agli ambienti pietisti, era comunque un fatto importante, che lo occupò dal punto di vista lavorativo per la maggior parte della sua vita, essendo egli stato per oltre 25 anni Kantor a Lipsia, oltre ai precedenti incarichi liturgici presso città e corti principesche.

Già prima di Bach si era concepito un modo di comporre che sfruttava la gematria, cioè l’abbinamento di numeri alle note. Il procedimento è assai antico, e si ritrova anche nell’Apocalisse di Giovanni, dove si dice: “Chi ha intelligenza, calcoli il numero della bestia: è infatti un numero d’uomo e il suo numero è seicentosessantasei” (Ap 13,18). Il metodo, definito usualmente cabalistico perché utilizzato perlopiù dalla cabbala medievale ebraica, fu applicato dalla scuola fiamminga nel rinascimento; nella lingua tedesca le note sono identificate con delle singole lettere, le quali pertanto contengono un numero in sé: ad ogni lettera è applicato un numero. Il nome Bach, che contiene in sé già delle note musicali (i.e. si♭- la – do – si♮ e su questo si costruirà una grande tradizione da Bach medesimo fino a Schumann e Liszt), contiene quindi anche un numero, che è 14: B=2 + A=1 + C=3 + H=8, e J S BACH, nella somma numerica, è invece l’incontrario, cioè 41.

Su questo principio numerologico e matematico, anche Dietrich Buxtehude (1637-1707) costruisce grandi opere come la Ciaccona in do minore (BuxWV 159), dove il tema della ciaccona di quattro viene ripetuto 38 volte, e quindi dovrebbe dare un totale di 152 battute; il fatto è che Buxtehude aggiunge una battuta a 77 e una nella cadenza finale, con quindi un totale di 154, che è la somma di (1¹ + 1² + 1³ + 1⁴) + (2¹ + 2² + 2³ + 2⁴) + (3¹ + 3² + 3³ + 3⁴) = 4 + 30 + 120 = 154. L’aggiunta della battuta avviene tra le battute 77-81, dove appunto 77 è il centro dell’opera e a battuta 81 (cioè 3⁴) avviene la cadenza prolungata, dalla quale poi a battuta 82 ricomincia il tema della ciaccona regolarmente, come ricomincia la risurrezione: dopo il 3 che simboleggia la Trinità e il 4 la croce (dato che per tradizione sono quattro i bracci della croce), ciò indicherebbe la trinità messa in croce a morire, e allora riparte il tema della ciaccona, nella compiutezza delle risurrezione. Questa ciaccona BuxWV 159 si muove quindi su temi teologici cristologici: come nel credo della Messa in si minore di J. S. Bach al centro vi è la crocifissione, la sua contemplazione e adorazione, il tutto guidato dalla spiegazione in musica.

Bach opera similmente nelle sue opere sacre cantate, dove ad esempio “omnes generationes” nel Magnificat viene ripetuto 41 volte, come 41 sono le generazioni secondo il Vangelo di Matteo (Mt 1,1-17); nella Messa in si minore la parola “credo” è ripetuta 43 volte perché la somma gematrica di CREDO è 43 (C=3 + R=17 + E=5 + D=4 + O=14).

Questo metodo Bach lo applica non solo alle opere sacre, ma anche a quelle puramente strumentali, come ad esempio il Preludio e fuga in do minore BWV 549, scritto nel 1705 e probabilmente rivisitato nel 1723 quando era a Lipsia. In sé il brano non è lunghissimo, e consta per una durata totale di 88 battute di cui 29 nel preludio e 59 nella fuga. Il numero 88 rappresenta il Cristo nella sua forma risorta, poiché egli risorse l’ottavo giorno, e l’8 è il segno della perfezione (come del resto era interpretato l’ottavo modo nel canto gregoriano); il 29 gematricamente è la somma di JSB (cioè le iniziali di Bach), e anche SDG, sigla che sta per Soli Deo Gloria, con la quale Bach si firmava spesso: da ciò capiamo che firmare SDG oppure JSB è la stessa cosa, poiché il nome coincide con la “missione” di scrivere sempre per la gloria di Dio. Di conseguenza capiamo perché la fuga abbia 59 battute, che sono la somma gematrica di GLORIA.
Il preludio è divisibile in 2 grandi sezioni, di cui la prima (di 8 battute) è per pedale solo. Lo stile generale (che ritornerà anche nella fine della fuga) è molto fantasioso, percorrendo quello stile alla Buxtehude che tanto andava di moda, e che Bach stesso ammirava. L’inizio di pedale solo comincia con una serie di mordenti, abbelliti da delle note di passaggio

Lo schema è perfettamente triangolare: i due do, iniziale e finale, fanno da cornice trinitaria (il do è C=3); poi vengono le figure con sol-do-si♮-do, che danno la somma gematrica di 21 (che è il simbolo di Dio, poiché ventuno sono le caratteristiche della sua Sapienza, cfr. Sap 7,22-30), e al centro troviamo la figura do-mi♭-re-mi♭ e mi♭-sol-fa-sol, che danno rispettivamente 53 e 43, cioè SOHN (“figlio” in tedesco, in questo caso il figlio di Dio) e CREDO. All’interno della cornice della Trinità Divina si innesta la dichiarazione di fede di credere nel Figlio, in coerenza con l’impianto generale dell’opera, costituito da 88 battute. Questa sezione iniziale è costituita da 18 note (1+8=9), che lascia spazio poi per altre 88 note fino ad arrivare a battuta 9, dove cominciano anche a suonare anche i manuali. Nella prima sezione inoltre la somma gematrica di tutte le note (senza i mordenti) è 144, numero biblicamente importante poiché è il risultato di 12×12, cioè le dodici tribù d’Israele per i 12 apostoli, oltre che essere la misura, in braccia, delle mura della nuova Gerusalemme (Ap, 21,17). La somma di 144 è 9 (1+4+4). I mordenti da soli compongono la cifra di 112, che è la somma gematrica di CHRISTUS, e se contiamo tutte le note con i mordenti otteniamo 216, che sommato al suo interno da sempre 9, numero che indica la Trinità ripetuta tre volte. L’inizio è in qualche modo l’atto di fede nel Cristo figlio di Dio, vero Dio che verrà nella nuova Gerusalemme, unificando tutti i credenti nel Dio unico e trino. Proseguendo nel preludio troviamo altri elementi interessanti, come la sovente triplice ripetizione di schemi melodici. Lo stile imitativo viene ad un certo punto interrotto da degli accordi, a battuta 20 e battuta 24. Questi accordi in totale sono 14, numero bachiano per eccellenza.

Tra questi due accordi avvengono brevi episodi imitativi, eccetto nella seconda metà di battuta 21, dove la mano sinistra si lancia in un disegno (per certi versi unico, per altri riprendendo elementi precedenti) che emerge con molta fantasia e virtuosismo, nello stile di Buxtehude:

Sono undici note (quattordici se consideriamo anche le note fisse alla mano destra e pedale), il cui totale gematrico è 112, che è CHRISTUS.

Nella fuga si potrebbe dire tante cose, dove Bach si spinge a vette notevoli di speculazione. Vorrei far solo notare che, in questa fuga, il tutto è raggiunto in modo semplice, quasi banale: la fuga viene esposta alla tonica e alla dominante, senza esposizioni in modo maggiore, in altre tonalità, ecc. I divertimenti che vi si trovano nel mentre sono vari escamotage, passaggi drammatici, ma che riportano sempre al tema esposto in do minore e in sol minore, riproponendo per ben 9 volte il tema, in un climax ascendente. Prima che si presenti la nona volta il tema, ci sono tre accordi che concludono una falsa entrata, e due sono uguali (accordo di dominante), mentre il terzo è diverso (tonica) dove entra il tema al pedale: è l’esposizione delle tre croci, dove due sono uguali e la terza è diversa, e su questa diversa ricomincia per la nona volta il tema affidato alla pedaliera; il pedale, finora silente, entra prepotentemente, lasciando ai manuali il compito di rendere l’esposizione drammaticissima, quasi un terremoto con gli accordi in levare su sedicesimo della mano destra: nove accordi in levare proprio a cavallo della battuta 41.  In generale il tema della fuga lascia però anche altre sorprese: quando il tema è esposto alla dominante (solo 3 volte, a battuta 5, 13 e 28)), la somma delle note del soggetto e del controsoggetto risulta prima 75 (BETHLEHEM), poi 77 (la provenienza umana del Cristo, la generazione di Adamo) e infine 83 (IMMANUEL). Vi è quindi un chiaro rimando alla natività, dove però il contesto generale è quello della crocifissione: nihil sub sole novum poiché già nel Puer natus in Bethlehem BWV 603 (il quinto corale dell’Orgelbüchlein) vi è il richiamo a tutta la vicenda umana del Cristo, che riprende la caduta di Adamo, ma cade 3 volte durante l’arrivo al Golgota, che muore a 33 anni, che è stato crocifisso con la scritta INRI, ecc. La nascita di Gesù è profondamente legata alla sua morte, alla sua vicenda umana, alla sua missione. Bach non è estraneo a questa teologia, e anzi ne vuole essere vero interprete, autentico protagonista e testimone: gli ultimi tre possenti colpi di pedale (a battuta 56-58-59) sono la cadenza plagale che riafferma ancora la presenza di Bach nella visione della croce: mi-fa-do, 5+6+3=14.

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