ReMozart a Napoli: una proposta originale

ReMozart rappresenta uno degli eventi di punta delle programmazioni culturali della città di Napoli per l’anno corrente, ma vista l’originalità del progetto non è azzardato definirlo uno tra gli eventi da non perdere della scena musicale contemporanea italiana. La prima, che andrà in scena il 28 gennaio 2024 presso la Chiesa di Santa Caterina da Siena, storica sede della Fondazione Pietà de’ Turchini, non sarà un evento isolato, ma rientra in un ampio e coerente programma culturale pensato per la città partenopea. Alcuni importanti caratteristiche impreziosiscono infatti l’iniziativa. In primis la Fondazione, uno degli emblemi del ruolo di Napoli nella storia della musica antica, oltre che luogo di conservazione di un inestimabile patrimonio culturale, si è da tempo aperta ad un ruolo di sperimentatrice, accogliendo la musica della contemporaneità in molte sue forme. In secundis, l’iniziativa va vista in continuità con gli eventi Storie Naturali e Temi|Rifrazioni che nel 2021 e 2022 furono ideati e proposti da Cosimo Abbate, compositore e direttore, e Lorenzo Pone, pianista e compositore, con l’intento di far convogliare energie giovanili su un interesse comune per l’innovazione dei linguaggi musicali attuali: interpreti e compositori dialogano in maniera strettissima con divulgatori e musicologi non solo per fare musica e diffonderla, ma anche affinché sia al centro di un dibattito pubblico. È anche in questa occasione che si darà spazio a giovani autori, interpretati dal NEMA Ensemble – composto da Vincenzo Gaudino, Francesco Filisdeo, Leonardo Ricci, Davide Maria Viola, Andrea Riccio – diretto proprio da Cosimo Abbate, tutti a confronto con la possente figura mozartiana.

Quando pensiamo alla musica e alla figura storica di Wolfgang Amadeus Mozart si dispiega automaticamente un’aura di sacralità. Ad alimentarla, beninteso, non è la semplice distanza temporale: è la costruzione stessa delle opere mozartiane, riconoscibile, forse in maniera più immediata e lampante non tanto nelle opere liriche, quanto piuttosto nei piccoli lavori strumentali. Eppure, questa sensazione di avere a che fare con delle opere dalle geometrie perfette, in cui ogni elemento è fisso al suo posto, rischia di farci dimenticare che ciò che distingue la perfezione formale dal formalismo, la coerenza del materiale musicale dal mero accademismo (banalmente, ciò che distinse Mozart da tutti i suoi contemporanei), non è altro che il carattere umano e la naturalezza che questa musica sprigiona. Se dunque consideriamo la sua musica in continuità con ciò che sappiamo dell’uomo che l’ha composta, ma soprattutto con ciò che tale musica rivela sulla sua personalità, ecco che una sua ‘riattivazione’ in chiave contemporanea ci appare non solo lecita, ma fortemente desiderabile. Ciò che il NEMA Ensemble ha scelto di sperimentare non può essere letto attraverso le categorie del riarrangiamento o tantomeno del tentativo di attualizzare un’arte obsoleta: il progetto suona piuttosto come una riattivazione di un potere intrinseco all’opera mozartiana che, nel tempo, guardandola soltanto come un semplice museo di belle forme, si rischia di andare perdendo. “What art works are depend on what they make”, scriveva Nelson Goodman.

Le opera musicali non sono certo degli oggetti inerti, non fosse altro per la loro immaterialità. La musica di Mozart, qui, attraverso lo sguardo di compositori giovani (e la scelta giovanile non è casuale, se pensiamo che Mozart non conobbe mai i sentimenti e le visioni del mondo dell’età media e senile), si ripresenta forse in una delle sue versioni più autentiche, capaci di esprimere senza freni o addomesticamenti eccessivi tutto il suo potere travolgente e la sua ironia. La giusta disposizione d’animo che il pubblico può e ha il compito di avere, per approcciarsi a questo concerto, sarà quella di rimuovere ogni pregiudizio sulla figura del genio di Salisburgo, ogni etichetta.

In questo appuntamento, il rapporto tra il materiale mozartiano e quello originalmente composto è estremamente variegato: talora appariranno esplicite citazioni, trasfigurate come in un prisma o in una visione onirica; talora sarà il genere e la forma mozartiana a farsi riconoscere, pur manifestandosi mediante linguaggi musicali lontani e diversi; talora sarà il carattere e il Geist mozartiano a fare da ponte. Le vie di incontro saranno infatti estremamente varie, toccando anche la cronaca. In uno dei brani, Within a minute di Apollonio Maiello, infatti verrà ricordato uno degli episodi emblematici nella storia dell’interpretazione delle opere mozartiane, divenuto oramai oggetto di studio, esulante dal mero riferimento aneddotico: lo shock della pianista Maria João Pires, quando si trovò a dover suonare un altro concerto rispetto a quello che aveva preparato, scoprendolo sul palcoscenico ma reagendo da incredibile fuoriclasse.

L’intento che sottostà alla scelta del repertorio di questo concerto si rifà ad una volontà duplice: da un lato rileggere Mozart attraverso una pluralità di stili e linguaggi musicali, dall’altro riscoprire questa pluralità in nuce all’interno del corpus mozartiano stesso.

Il primo assunto non è affatto scontato: nella storia del Novecento molto spesso l’adozione di un linguaggio musicale (seriale, aleatorio, stocastico, spettrale…) ha significato il rigetto di tutti gli altri. Pensiamo al celeberrimo articolo Crise de la musique serièlle del 1955 scritto da Iannis Xenakis: con le dovute eccezioni, l’imboccare una strada significa non solo abbandonare, ma anche contrapporsi a molte altre. L’intento di accostare linguaggi tradizionalmente tra loro opposti è ciò che dunque rende questo concerto autenticamente ‘contemporaneo’: figlio, cioè, della coscienza della storicizzazione di ciò che fino a ieri chiamavamo musica contemporanea.

In secondo luogo, la successione dei brani manifesta un serio e attento impulso di ricerca alla base della concezione di questo programma. La pluralità di stili che viene qui riassunta non manca di riflettere sugli aspetti più classici e noti della sua poetica, ma ciò che attrae lo spettatore sarà l’affiancamento a diverse facce e versioni di Mozart, sconosciute ai più: un Mozart sperimentatore timbrico, un Mozart che esplora il valore espressivo della dissonanza, un Mozart ben più complesso di quanto la narrazione sull’enfant prodige lasci immaginare. La figura mozartiana ha da tempo suscitato un interesse quasi scandalistico per i misteri legati alla cronaca storica (si pensi ai riferimenti massonici, o alle molte speculazioni sulla sua morte prematura), ma qui il focus è su elementi sorprendenti ben documentati all’interno della sua produzione musicale. Due brani che colpiscono e che si concentrano su questo aspetto sono: La notte delle dissonanze di Domenico Turi, ispirato all’ Adagio dello sconvolgente Quartetto K. 456, e Divertimento di Roberto Vetrano, fondato sull’ilarità e l’acume del mozartiano Ein musikalischer Spass K. 522.

Non si pensi però che il materiale mozartiano venga soltanto scomposto e trasfigurato. Certo, talora gli autori hanno spinto i riferimenti a singole opere fino ai limiti estremi, rendendo, attraverso linguaggi contemporanei o della storia recente, il riferimento mozartiano quasi non percepibile. Tuttavia, ci sono casi in cui, sempre in quest’ottica pluralista, l’impianto strutturale e armonico (è il caso dell’Ouverture de Il flauto magico di Andrea Damiano Cotti e dell’Adagio per Glass Harmonica di Riccardo Perugini) rimane intatto. A cambiare sono i timbri e le sonorità, ricorrendo a tecniche estese o al pianoforte preparato. Questo dimostra una ricerca a più livelli: l’innovazione si coglie ora su un preciso piano/parametro (la forma, il timbro, l’armonia) del discorso musicale, ora su un altro, ora su ognuno di essi, ora su nessuno, tenendo il legame mozartiano su un livello di pura ispirazione. Tutto questo testimonia, oltre che una sincera volontà di riconfrontarsi con la poetica mozartiana, una profonda consapevolezza dei linguaggi e delle rivoluzioni teoriche che ha portato con sé la musica del Novecento, primo fra tutti il passaggio da una ricerca all’interno del suono ad una ricerca sul suono e le sue proprietà. A dimostrare questa consapevolezza, integrando elementi di ricerca spettralista con la rielaborazione di campi armonici ricavati dai temi utilizzati, interverrà la composizione Suedama di Rouzbeh Rafie, ma verrà anche dato spazio a linguaggi più di ispirazione ancestrale, con Mozart-Adagio di Arvo Pärt.

Un’altra chiave di lettura per questo variegato programma potrà infine essere quella, anche qui pienamente coerente con la riflessione teoretica novecentesca, sui diversi gradi di libertà e controllo del materiale. Si introducono elementi aleatori e improvvisati, in particolare in L. D. I. Q. R., brano elaborato dallo stesso NEMA. L’improvvisazione, che oggi automaticamente colleghiamo al settore jazzistico o a pratiche compositive sperimentali, è in realtà una tradizione antichissima e, pur fondata su schemi ben definiti, era correntemente in uso all’epoca di Mozart, non solo nelle cadenze dei concerti solistici. Si tratta di elementi di un mosaico dalle caratteristiche polimorfe, capaci di offrire nuovi sguardi su un Mozart inedito e al contempo sulla ricchissima e variegata vena espressiva della generazione di artisti e compositori di oggi.

Sebastiano Gubian

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