Il "Padrino" del violoncello italiano: il secondo Concerto di Nino Rota - Violoncello In-Audito

Il Secondo Concerto è un lavoro molto interessante sotto punti di vista differenti. Diversamente dal Primo Concerto, è leggermente più complesso sotto un profilo tecnico per il solista. L’atmosfera dell’intera opera ha un carattere meno pregno di drammaticità, con un uso dell’ironia meno sarcastico, più giocoso.

I. Allegro moderato

Una breve introduzione dal carattere sereno, misurato, presenta forti richiami classici, tra ribattuti degli archi e commenti dei legni, aspetto che rende l’esposizione limpida e di facile ascolto. Un elemento interessante nei pizzicati degli archi sarà esteso ed esplorato anche nel secondo movimento. Il primo intervento del violoncello, dirompente, precipita con una scala discendente verso il primo tema, che si distende presto sul carattere introdotto dall’orchestra. Come nel Primo Concerto, il violoncello non si separa mai con distacco dalla sonorità dell’orchestra. In questo lavoro, però, conduce il discorso musicale con un’autorità e un’autonomia leggermente più marcata.

 

Il cuore del primo movimento coincide con un unisono deciso e trionfale, elemento che piace a Rota e che viene utilizzato come chiaro spartiacque tra esposizione e sviluppo. I bassi aprono un breve pedale misterioso, che si muove a passi sordi e ravvicinati. Il violoncello inizia un breve episodio che ricorda le prime battute del Primo Concerto di Kabalevskij op. 49, con il quale Rota collega le sezioni di questo primo movimento con grande eleganza. Echi del primo tema si accavallano tra archi e ottoni – Rota, in questo Concerto, aggiunge due corni all’organico sinfonico classico – per riconciliarsi nella ripresa maestosa del primo tema.

 

La seconda metà del primo movimento si arricchisce dell’episodio ricco di simpatia e gioco dei pizzicati del violoncello, che si muovono vagheggianti in mezzo ai trilli degli archi e sfociano in un’imitazione volutamente goffa del primo tema, grave, pesante. Quest ultimo richiamo serioso è accompagnato dal commento dell’orchestra quasi sbeffeggiante, che insegue l’ultima breve corsa del violoncello verso l’ultimo apice. Un interrogativo tipico rotiano cela un’ultima beffa, una chiusura sospesa dei legni esaurita in un soffio dagli archi, leggera.

 

II. Andantino cantabile, con grazia

L’indicazione con grazia mostra fin dalle prime battute di questo secondo movimento il suo significato e la sensibilità, la sapienza del compositore. Rota non vuole rischiare che il solista inciampi in un’interpretazione dalla cantabilità marcata, grave, drammatica. Il movimento, curiosamente, raddoppia per durata l’Allegro moderato.

Il richiamo appena accennato nella forma ricorda la Pastorale siciliana. Aggiunge grazia e agio nell’accompagnamento degli archi in un tempo di sei ottavi accomodante, accogliente, sul quale il violoncello può prendere spazio con una serenità del tutto assente nel Primo Concerto.

Un breve intermezzo del fagotto oscura apparentemente la voce e il carattere del violoncello, solo per introdurre con un accenno di sorpresa lo sviluppo. In questa sezione il violoncello e i legni ricamano interventi e risposte dall’articolazione più breve e leggera, corta. Rota costruisce presto e con grande intelligenza un tessuto sonoro molto interessante e inusuale.

Il violoncello inizia, senza preavviso, un breve capitolo tutto pizzicato in dialogo serrato con fagotto e corno. Entrambi gli strumenti sembrano inseguirne l’agilità, che le viole commentano con articolazioni lunghe, mentre i violoncelli incalzano il commento appena abbandonato dal fagotto.

Una sospensione della corsa del violoncello reintroduce il carattere cantabile iniziale, esplorato prima dal violoncello, e poi in un lungo solo dal corno, infine dal flauto. Un breve momento di Cadenza del violoncello sembra voltare pagina e abbracciare un nuovo dramma, che l’orchestra accompagna in una forma che ricorda molto un recitativo classico.

 

 

Ancora una volta, la burla rotiana si rifà del materiale del secondo tema per aprire un altro episodio, più lungo, all’interno del quale non si rincorre più un tema vero e proprio, bensì un motivo. Rimbalzato tra legni, e archi,  il solista lo commenta in forme e colori eclettici, tra gettati, armonici beffeggianti, fino a sfociare in un altro momento cadenzato, questa volta più esteso e tecnicamente complesso.

Rota non abbandona mai del tutto l’elemento dell’imprevisto, dell’inaspettato. Colori, ambienti sonori e caratteri si susseguono sempre con grande rapidità e senza preavviso, pur mantenendo sempre una loro logica e completezza. L’improvviso do vuoto del violoncello alla fine della cadenza introduce un cantabile del violoncello lontanissimo dal primo tema, per tonalità, carattere, seppure intriso di richiami di materiale musicale già esplorato.

I pizzicati, una volta giocosi del violoncello, ora sono usati per accompagnare il solista e sono carichi di dramma, sostengono con staticità la voce principale.

Gli archi cominciano ad agitare leggermente la voce del violoncello prima con velate sincopi, per poi appropriarsi e liberare, trasformare il dramma conclusivo. Una metamorfosi armonica culmina con una modulazione improvvisa, molto potente, verso il re minore, specchio inesatto del re maggiore che ha aperto il movimento. Solo un breve passaggio all’ultima sorpresa, un sol minore nel quale si esaurisce il timbro del violoncello. Un finale di particolare bellezza, che chiude quest’Andantino molto interessante, ricco e che si presenta certamente come il movimento musicalmente più complesso dell’intero Concerto.

 

III. Allegro vivo

Il terzo movimento è un brevissimo gesto di congedo che Rota affronta con rinnovato slancio e ironia. Brevissimo (poco meno di quattro minuti di musica), il movimento si apre con i clarinetti che introducono un richiamo al motivo iniziale del Concerto, rimbalzato dai legni e dal violoncello. Un breve episodio nella seconda metà del movimento ricorda più un parlottio confuso che un vero e proprio dialogo tra solista e orchestra.

 

 

Un breve tema del flauto, ripreso e arricchito dai virtuosismi del violoncello, conduce rapidamente verso il finale del movimento, incorniciato da un breve dialogo tra corni e legni. Un’ultima intrusione del violoncello, dal carattere incalzante, si trasforma nella rapidissima coda, una corsa di sautillé acuta, curiosa. L’ultima smorfia del solista viene assecondata da un finale canzonatorio, felice.

Con questo brevissimo finale Rota riconduce l’ascoltatore e gli esecutori a quell’ambiente musicale giocoso e spensierato del primo movimento, chiude con grande equilibrio un Concerto maturo, autonomo e molto affascinante.

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