La musica torna "Dal Vivo!": intervista a Ruben Jais

Con "Dal Vivo!" LaVerdi riapre le sue porte al pubblico. A parlarcene è Ruben Jais, Direttore Artistico e Generale della Fondazione

Da mercoledì 19 maggio l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi ha riaperto le porte del suo Auditorium al pubblico con la brillante stagione concertistica “Dal Vivo!”. I numerosi cambiamenti portati dal 2020 e da buona parte del 2021 ci hanno costretti a ripensare l’evento musicale: i concerti, da sempre concepiti per essere eseguiti ‘dal vivo’ davanti a un pubblico, improvvisamente si sono dovuti adattare alle nuove esigenze imposte dalla situazione pandemica. Con questa nuova stagione l’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi ci regala un ritorno alla ‘normalità’, dandoci appuntamento ogni mercoledì e giovedì, fino a metà luglio, con concerti di altissimo livello.
In questi giorni ho avuto il piacere e l’onore di intervistare Ruben Jais che, in qualità di Direttore Generale e Artistico della Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, ha fortemente voluto e progettato attivamente questa stagione.

Finalmente sono state riaperte le porte dell’Auditorium di Milano grazie a questa nuova stagione intitolata proprio “Dal Vivo!”, un nome che, dopo più di un anno e mezzo di incertezza, nel quale vi siete ritrovati obbligati più volte a cancellare i concerti o a ripensarli senza pubblico in sala, cela al suo interno più significati. Per lei cosa significa oggi “Dal Vivo”?

Noi, come lei ben sa, nei periodi di chiusura forzata siamo riusciti comunque a proseguire la nostra attività in streaming; avevamo prolungato il palco per avere, nonostante il distanziamento, tutta l’orchestra attiva e poter così avere la possibilità di registrare il grande repertorio sinfonico. L’assenza del pubblico in sala è stata però un fattore determinante: da una parte, dovendo registrare, studiavamo la musica nel dettaglio stando attenti a qualsiasi minuzia, ma dall’altra parte, sentivamo la mancanza di quell’empatia, di quella condivisione fortissima che solo il pubblico dal vivo ti può dare; per cui appena c’è stata la possibilità di riaprire in sicurezza, lo abbiamo fatto. Questo ci ha costretto a ristringere il palco alle dimensioni normali per poter ospitare i nostri spettatori, ciò ci ha purtroppo obbligati a una notevole riduzione del numero degli orchestrali ma, allo stesso tempo, ci ha finalmente permesso di tornare ad avere un pubblico in sala che condivide la tensione e l’emozione di un’esecuzione, che è un aspetto fondamentale anche per l’orchestra. C’è un’espressione che spesso noi musicisti utilizziamo che è “questo viene in frac”: esistono certi passaggi nelle partiture orchestrali che spesso durante le prove, nonostante il giusto studio e le dovute ripetizioni, non escono come vorremmo, però per esperienza sappiamo che “in frac”, ossia quando lo suoniamo davanti al pubblico, quell’ostacolo verrà superato. Il pubblico per noi ha anche questa funzione, ossia il farci concentrare al massimo per spingerci a dare il meglio della nostra qualità a chi ci ascolta e a chi condivide con noi la nostra passione. “Dal vivo” significa quindi tornare nuovamente a far musica non più in streaming e in digitale, ma per un pubblico che respira insieme a noi; questo è davvero un altro modo di vivere e fare musica. Devo anche ammettere però che l’aver lavorato per le registrazioni ci ha spronato a curare ogni minimo dettaglio musicale e ha portato oggi l’orchestra ad avere un approccio e un’attitudine diverse e inoltre, ciò che a parer mio ha fatto davvero la differenza, è stato il fatto che per molti mesi ci siamo dovuti astenere dal fare musica insieme e questa privazione non ha fatto altro che accrescere il nostro desiderio di far musica insieme e di condividere il nostro lavoro con il pubblico.

La sala dell’Auditorium di Milano con il pubblico distanziato. Foto di Andrea Cherchi

Come diceva prima, per conformarvi alle limitazioni pandemiche siete stati costretti ad affrontare questa stagione con solamente 35 strumentisti in orchestra e questo vi ha di conseguenza spinto a scegliere un tipo di repertorio adatto alle dimensioni ridotte dell’organico. Immaginando una stagione “Dal Vivo 2.0” senza restrizioni pandemiche, verso quale repertorio le piacerebbe indirizzare l’orchestra?

Stiamo progettando una stagione 21/22 con partenza a settembre e conclusione a fine maggio ‘22 in duplice maniera: da una parte con l’orchestra ridotta a 35 elementi e dall’altra ci stiamo invece sbizzarrendo con un programma pensato con l’organico al completo. Tra l’altro, ci tengo a sottolineare, che l’orchestra ci ha dato un esempio di grandissimo senso civico per tutto il periodo pandemico: ci siamo sempre sottoposti ai tamponi, nessun musicista ha mai mostrato resistenza, abbiamo mantenuto dei distanziamenti addirittura maggiori da quelli previsti dalle normative pandemiche e, grazie a ciò, possiamo oggi vantare il primato di non aver mai avuto neanche un caso di Covid in orchestra durante i periodi di lavoro. Noi ci auguriamo che la campagna vaccinale prosegua in maniera importante e ci permetta, speriamo da settembre, di poter tornare a suonare vicini l’un l’altro. Comunque, la difficoltà del distanziamento è stata superata egregiamente da ogni orchestrale, che inizialmente si è sentito un po’ solo e poi, con il tempo e con le prove, un po’ più solista e questo ha portato anche a un miglioramento della qualità e della quantità del suono. L’avere anche a disposizione uno spazio più ampio ha fatto sì che ogni strumento potesse risuonare maggiormente, dando agli armonici la possibilità di vibrare liberamente nell’auditorium. Questo periodo ci sta quindi insegnando un approccio diverso alla musica, e credo che ciò possa portare l’orchestra a grandi miglioramenti.

Questa stagione concertista la possiamo definire un ‘trionfo di giovani interpreti’, mai prima di adesso avevo visto all’interno della stessa stagione così tanti direttori d’orchestra e solisti di giovane età e di incredibile talento. Secondo lei che ruolo hanno i giovani d’oggi nel panorama musicale e culturale italiano e quale invece dovrebbero avere?

Ritengo che il mestiere del direttore sia un mestiere che si impara con il tempo. Un buon direttore ha sempre molti anni di esperienza alle spalle, non è una professione che si può apprendere dai libri, ma bisogna viverla sulla propria pelle e imparare a interagire le proprie capacità con quelle dei musicisti e dei solisti che si hanno difronte. Però, è anche vero che l’energia di un giovane con la sua incredibile voglia di raggiungere gli obiettivi che si è prestabilito è davvero trascinante. In questa stagione, come lei ben dice, abbiamo assemblato una task force di giovanissimi talenti, dai 25 ai 35 anni, e proprio perché hanno iniziato molto presto hanno già avuto esperienze formative davvero incredibili. I direttori ospiti della nostra stagione “Dal Vivo!” trai quali Krzysztof Urbanski, Alpesh Chauhan, Thomas Guggeis, sono davvero degli interpreti capaci di comunicare passione, e questo in un’orchestra stabile, che ha un suo equilibrio, una sua forza e una sua natura, dona la possibilità di approcciarsi alla partitura in una maniera straordinariamente nuova.

Il Maestro Urbanski, con cui abbiamo aperto la stagione, ha una visione davvero diversa rispetto a quella a cui eravamo abituati, e infatti potrei definire il primo giorno di prova come una giornata di forte impatto, quasi disorientante, eppure, nel giro di 24 ore l’orchestra è riuscita a entrare in un’altra forma mentale, ed è stata in grado di rileggere delle partiture che aveva già eseguito più volte in teatro in maniera innovativa, energica. La vitalità e l’entusiasmo delle nuove generazioni ci possono davvero aiutare moltissimo nella ricerca di approcci nuovi, sempre attuali, anche nei confronti della musica appartenente alla grande tradizione.

Ruben Jais

Il M° Krzysztof Urbanski durante il concerto di apertura della stagione. Foto di Andrea Cherchi

Lei, dalla seconda parte del 2019, si è ritrovato ad assumere anche la direzione generale della Fondazione dell’Orchestra, si può quindi dire che ha vissuto in pieno i disagi prodotti dalla pandemia: come ha vissuto questo suo nuovo onere in questo anno tremendo e come ha cercato di reagire alla chiusura dei teatri?

Noi abbiamo avuto una priorità molto chiara, ossia quella della difesa della salute dei nostri musicisti, dello staff della nostra Fondazione e del nostro pubblico; è principalmente per questo motivo che siamo stati molto cauti nel riaprire anche quando c’erano le possibilità. Quando però abbiamo finalmente capito che potevamo riaprire, la precedenza è stata senz’altro data alla sicurezza: abbiamo tolto le file dispari della platea del nostro Auditorium, adoperato le uscite di sicurezza laterali della platea per evitare qualsiasi assembramento e utilizzato dei distanziamenti addirittura maggiori da quelli indicati dalle disposizioni pandemiche. Altra priorità è stata quella di mantenere stabile il concetto di ‘gruppo’, infatti, durante la chiusura abbiamo fatto numerose riunioni online per cercare di rimanere sempre in contatto con tutti i musicisti e lavoratori della Fondazione. Le riunioni ci hanno permesso di stringere fra noi un rapporto ancora più solido, ci hanno portato a farci sentire parte di un’unica famiglia; ci siamo virtualmente incontrati anche con tutte le altre compagini della nostra Fondazione, quindi l’Orchestra Amatoriale, il Coro Sinfonico, il Coro di Voci bianche, l’Orchestra dei Giovani, proprio per far a tutti sentire la nostra presenza e fargli capire che noi con loro stavamo vivendo lo stesso disagio, ma che al contempo ci stavamo anche adoperando per una ripartenza in modo sicuro. Credo che questo messaggio sia stato particolarmente apprezzato da tutti i musicisti e da tutto il nostro staff: sapere di avere la possibilità di lavorare in totale sicurezza è un requisito fondamentale per riuscire a ripartire serenamente.

Ha in mente qualche progetto per gli anni avvenire della Fondazione?

[Ride] Moltissimi, veramente moltissimi, alcuni li sveleremo con la presentazione della nuova stagione fra agosto e settembre, quando rientreremo dal periodo feriale; il nostro desiderio è anche quello di permettere l’ingresso a nuovi professori d’orchestra che possano aggiungere energia, qualità e compattezza al gruppo. Anche i nostri direttori e artisti ospiti sono sempre valutati non solo per la loro carriera internazionale ma per ciò che possono apportare alla nostra Fondazione. Le nostre scelte hanno sempre una duplice valenza, perché da una parte ci sono direttori molto bravi ma che purtroppo non lasciano nulla, anche solo da un punto di vista emozionale, e poi ci sono direttori che invece, al di là della tecnica e delle loro ottime capacità interpretative, sanno anche far crescere il gruppo, renderlo più compatto e più omogeneo nella condivisione di un’idea interpretativa. Questo è il tipo di direttori e di interpreti che ci interessano.

Ritornando alla Stagione concertistica “Dal Vivo”, mancano ancora altri cinque doppi appuntamenti, ce ne vorrebbe parlare in breve?

Certo, questa settimana abbiamo il Maestro Thomas Guggeis, un grandissimo talento, con cui abbiamo già avuto un’esperienza molto positiva nel periodo natalizio: in quei giorni avremmo dovuto eseguire con lui la Nona Sinfonia di Beethoven, ma durante la prima prova, dopo aver tamponato tutta l’orchestra e tutto il coro, abbiamo riscontrato dei casi di positività all’interno del coro, questo ci ha portato ovviamente a scegliere di cambiare il programma. Il Maestro Guggeis è stato avvertito dello spiacevole evento durante l’intervallo della prova e in quei quindici minuti è stato capace di concordare insieme a noi un programma totalmente diverso; a fine pausa ha ripreso la prova dirigendo a memoria anziché la Nona, la Settima Sinfonia! È davvero un venticinquenne con una preparazione straordinaria e con una grandissima capacità di interagire con i professori d’orchestra.

Ruben Jais

M° Thomas Guggeis. Foto di Angelica Concari

La settimana prossima invece avremo Kolja Blacher, un eccezionale violinista, un solista, un direttore fantastico, è stato la spalla dei Berliner Philharmoniker e la spalla dell’Orchestra di Lucerna ai tempi di Claudio Abbado. Fare musica con lui è veramente fare musica insieme, e noi avremo l’occasione di vederlo in veste sia di solista che di direttore. Poi abbiamo il nostro direttore musicale, Claus Peter Flor, che torna a dirigerci in un programma tutto classico con Mozart e Haydn insieme al M° Andrea Bacchetti al pianoforte, [ride] devo dire che sarà un incontro interessante fra i due: l’italianità e la creatività del M° Bacchetti con il vigore e l’approccio teutonico del M° Flor, sono sicuro che sarà uno splendido concerto. E poi ci trasferiamo agli Arcimboldi per i due appuntamenti finali di luglio, per questo ci tengo particolarmente a ringraziare Gianmario Longoni che ha voluto collaborare con noi e il Teatro La Scala che ospiterà la nostra Orchestra nella sua sala prove della Abanella in quanto il nostro teatro verrà chiuso per sostituire l’impianto di condizionamento e riscaldamento della sala. Il primo appuntamento di luglio sarà un concerto tutto spagnolo nel quale si esibirà anche un importantissimo ballerino di flamenco, Jesus Carmona. E regina del nostro ultimo appuntamento sarà la Nona Sinfonia di Beethoven diretta da Krzysztof Urbanski; sarà veramente molto interessante affrontare una partitura del genere, che eseguiamo da tanti anni, con un giovanissimo della direzione, intriganti saranno le sue idee fresche di cui vedremo i risultati in quest’ultimo nostro appuntamento.

Articoli correlati