Ritratto in concerto – Emmanuel Pahud
di Matteo Macinanti - 19 Marzo 2016
15 Marzo 2016 – Un pubblico entusiasta accompagna l’ingresso del flautista ginevrino nell’Aula Magna dell’Università “Sapienza” di Roma.
Il secondo sold out nel giro di 4 giorni alla IUC conferma ancora una volta il successo della stagione 15/16.
Ospite d’onore questa volta è Emmanuel Pahud, musicista che non ha bisogno di tante presentazioni: basterà ricordare che nel 1992, il suo annus mirabilis, Pahud vince il primo premio al concorso di Ginevra e, a soli 22 anni, viene scelto come primo flauto solista dei Berliner Philharmoniker divenendo così il più giovane membro della leggendaria orchestra diretta in quel tempo da Claudio Abbado.
Il suo rapporto con Roma invece risale ai primi anni dei suoi studi musicali quando un giovane Pahud era, tra le altre cose, anche un appassionato frequentatore dei concerti della IUC.
Considerato all’unanimità l’erede della scuola francese, Pahud ha presentato al pubblico romano un programma composto da un terzetto francese che abbraccia fine ’800 e inizio ‘900, Fauré, Poulenc e Dutilleux, ai quali ha aggiunto il Prokof’ev della celeberrima “Sonata per flauto”.
Come entrèe gli spettatori hanno potuto ascoltare la Sonata FP 164 di Poulenc.
Era il 30 Gennaio 1963 quando Francis Poulenc venne colpito da un infarto fulminante nella sua casa di Parigi, che pose fine non solo alla vita del compositore, ma anche ai progetti futuri che vivevano nella sua mente.
Tra questi si possono annoverare un ciclo di sonate che avrebbe voluto comporre per gli strumenti a fiato: riuscì ad ultimare solo quella per clarinetto (1962), la sonata per oboe (1962, la sua ultima parola), e naturalmente quella per flauto (1956-57).
La sonata per flauto, scritta a Cannes, presenta il tipico stile sonatistico di Poulenc: un’apparente frivolezza umoristica congiunta a componenti più melanconiche.
Questo peraltro lo si ritrova altresì nelle denominazioni dei 3 movimenti di cui è composta la sonata: “Allegro malinconico”, “Cantilena”, e “Presto giocoso”.
Pahud, dalle prime note, permette all’ascoltatore di potersi confrontare con un modo di fare musica davvero elevato: la scioltezza delle dita sulle scali veloce e sui trilli, il suono sempre sostenuto ed evocativo del suo flauto dorato da 14 carati e la varietà di colore conferiscono a questa esecuzione la migliore accoglienza del pubblico.
Il programma prosegue con l’immancabile Sonata in re maggiore op. 94 di Sergej Prokofiev.
Scritta nel 1943, essa risente dello spirito di semplificazione che guida il compositore russo nell’ultimo periodo della sua vita.
È proprio in questa sonata che si può notare infatti una certa linea di conduzione più classicheggiante e ironicamente rispettosa verso la tradizione; inoltre la serenità del tema iniziale a tutto farebbe pensare meno che al clima di guerra nel quale è stata composta.
Nell’esecuzione di Pahud e del pianista accompagnatore Éric Le Sage assistiamo alla perfetta fusione dei timbri dei due strumenti in un gioco di piacevole e calma leggerezza, unita a momenti di vivacità virtuosistica che rendono questa composizione una perla all’interno della letteratura sonatistica scritta per flauto e pianoforte.
A questa sonata segue una Sonatina, quella di Henry Dutilleux scritta anch’essa nel 1943, della quale lo stesso compositore ebbe a dire:
“Ho scritto alcuni pezzi commissionati da Claude Delvincourt, il direttore del Conservatorio. Egli aveva un duplice obiettivo: far esplorare la tecnica strumentale ai giovani compositori… e allo stesso tempo spingere gli studenti di strumento a confrontarsi con nuovi spartiti, che Delvincourt voleva pieni di trabocchetti e difficoltà tecniche…il pezzo per flauto è la Sonatina per Flauto e Pianoforte, che è stata incisa molte volte all’estero, anche se non ho mai desiderato che ciò venisse fatto in Francia, dal momento che non suona molto come la mia musica… però non vi ho posto nessun embargo”
Questo pezzo virtuosistico, omaggio inoltre alla scomparsa del compositore avvenuta nel 2013, viene eseguito dal flautista protagonista della serata di martedì con una risoluta vivacità che dimostra congiuntamente la sua bravura tecnica oltre a quella interpretativa.
La serata si conclude con una trascrizione dall’originale per violino effettuata dallo stesso Pahud della Sonata n. 1 in la maggiore op. 13 di Gabriel Fauré, compositore a lui molto caro.
La sonata venne descritta così nella Rivista Musicale Italiana nel 1914, quando il compositore era ancora vivo:
“Musica amabile, graziosa, deliziosa come un paesaggio all’acquerello, un ritratto in miniatura, una porcellana di Sèvres, tutti oggetti da salotto ma che possono essere preziosi.”
Con la rotondità del pezzo “tutto arpeggi, movimenti scalari, armonie iridescenti e lampeggianti”, Pahud porta a termine il suo concerto romano, indubbiamente uno dei migliori della stagione, non prima però di aver concesso il doppio bis, un “Brano da concorso” e la “Siciliana”, entrambe dello stesso Fauré.
Un pubblico in visibilio accompagna l’uscita e dal palco dell’artista con un lunghissimo, e meritatissimo, applauso.
Matteo Macinanti