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Il recital di Milenkovich

di Matteo Macinanti - 24 Novembre 2018

all’Oratorio del Gonfalone

L’oratorio del Gonfalone ha festeggiato il giorno di Santa Cecilia, 22 novembre, con una serata musicale di tutto rispetto. La splendida cornice degli affreschi della “piccola Cappella Sistina” ha fatto da sfondo al concerto del violinista Stefan Milenkovich accompagnato al pianoforte da Rohan De Silva.
Rivolgendosi al pubblico in un italiano impeccabile — d’altronde ha vissuto molti anni a Tortona —, il violinista serbo ha presentato il programma della serata: le tre Sonate per violino di Johannes Brahms, n.1 in sol maggiore op. 78, n. 2 in la maggiore op. 100 e n. 3 in re minore op. 108.
Scegliendo di non seguire il consueto ordine cronologico, Milenkovich ha iniziato il suo recital con la seconda sonata.
Scritti durante il 1886 nel felice periodo svizzero trascorso dal compositore nei pressi del lago di Thun — un posto  “così pieno di melodie che si deve stare attenti a non calpestarne qualcuna” — i tre movimenti della sonata offrono non poche aperture liriche che, tuttavia, si alternano con momenti di grande difficoltà.
Un repertorio indubbiamente ripido, quello cameristico del compositore amburghese. Nonostante ciò, Stefan Milenkovich affronta senza indugi il programma e interpreta le tre sonate con scelte intelligenti e ben calibrate.
Il dialogo con il pianoforte è impeccabile e l’altissima qualità acustica dell’oratorio permette ai due musicisti di sfoderare una tavolozza ampia e variegata di colori dinamici.
Maggior peso specifico viene affidato alla parte centrale del concerto, la prima Sonata.
Nel Vivace ma non troppo iniziale pare quasi di ascoltare una voce più che un violino: Milenkovic “canta” la melodia e il pianoforte di De Silva pare quasi rispondere in punta di piedi. Il carattere intimistico e salottiero delle sonate non impedisce tuttavia l’affacciarsi di momenti di potenza quasi orchestrale. Il violinista si impadronisce dell’intensità di questi momenti non abbassando mai il livello dell’attenzione degli ascoltatori.
Stesso discorso per l’ultima sonata della serata, di cui Milenkovich esalta il carattere danzante, brioso e quasi “popolaresco”, come traspare dagli ultimi due movimenti, Un poco presto e con sentimento e in particolar modo il Presto agitato.
Il pubblico accoglie con entusiasmo questo repertorio di non facilissimo ascolto e riempie la sala di applausi più che meritati.
D’altronde questa serata non ha fatto altro che confermare la validità del violinista, già testimoniata da un palmarès ricchissimo. Avviato allo studio del violino fin da giovanissimo, Stefan Milenkovich ha calcato il palco dei più importanti templi della musica, suonando per personalità del calibro di Ronald Reagan, Gorbacëv e Papa Giovanni Paolo II.
Inutile enumerare tutte le partecipazioni ai concorsi internazionali: dal Premio Paganini al Concorso Louis Spohr, fino all’International Violin Competition of Indianapolis il violinista si è sempre qualificato tra i finalisti o al primo posto.
Ingiusto sarebbe terminare queste poche righe di cronaca musicale senza menzionare l’altro grande protagonista della serata: il pianista singalese Rohan de Silva. Di quest’ultimo basta solo citare il primo premio “Best Accompanist” alla nona edizione dell’International Tchaikovsky Competition di Mosca.
Nota di colore: finito il programma, il violinista ha proposto all’uditorio del Gonfalone un bis composto dall’unico pianista “classico” del popolo indiano navajo. Una musica chiaramente improntata alle sonorità indiane che, prima d’ora, era stata eseguita solamente nello scenario eccezionale dei canyon dell’Arizona.

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