Bach into Luca Ciarla a Caprarola
di Matteo Macinanti - 19 Luglio 2020
Il primo appuntamento dei Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati
C’è un vecchio adagio – sempre per rimanere in termini musicali – che corre spesso tra i musicofili: “Bach lo puoi suonare anche con le pentole, tanto suona sempre bene”.
Una boutade, ma neanche troppo lontana dal vero, che aiuta a comprendere la versatilità della musica del sommo compositore rispetto alle trascrizioni più disparate.
Enumerare ogni sorta di arrangiamento delle musiche del Kantor sarebbe infatti una fatica di erculea memoria, per giunta del tutto vana perché ogni settimana andrebbe aggiornata.
Una di queste evocazioni del padre Bach ha avuto luogo ieri sera in un contesto particolare: la ripresa, in seguito allo stop forzato della quarantena, dei Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati promossi dalla Direzione Regionale dei Musei del Lazio e da COOP ART. Al posto della consueta ambientazione del Palazzo Chigi di Ariccia, i concerti dell’Accademia sono stati ospitati a Caprarola, nel magnifico cortile rinascimentale di Palazzo Farnese, collegando così due eccellenze del patrimonio storico e architettonico del Lazio in gemellaggio artistico all’insegna delle note.
![Ciarla](https://www.quinteparallele.net/wp-content/uploads/2020/07/unnamed-1-300x176.jpg)
È proprio qui che ha avuto luogo il recital di Luca Ciarla per “violino, elettronica e strumenti giocattolo”. Il sottotitolo del concerto già di per sé chiarisce l’essenza del concerto: Bach into Myself. I brani proposti al pubblico si presentano infatti come delle libere interpretazioni di musiche prese dal repertorio bachiano, filtrate attraverso la lente dell’interprete. In questo gioco di specchi l’improvvisazione, a detta dello stesso esecutore, gioca un ruolo fondamentale: l’accenno di un tema – come quello del “Zion hört die Wächter singen” dalla Cantata 140 o dell’Aria delle Variazioni Goldberg – funge da scintilla per dare il via alla rielaborazione musicale di Bach into Ciarla himself. La voce del violino viene amplificata dal looper, la pedaliera che permette di creare l’effetto di ripetizione di un inciso registrato al momento, ed è accompagnata da fischietti e dalla diamonica – gli strumenti giocattolo di cui sopra. Questi sono gli ingredienti attraverso cui si concretizza il personale incontro tra l’interprete e Bach a cui il pubblico, da spettatore passivo, finisce per essere coinvolto attivamente.
Così la Fuga dalla Sonata n. 1 per violino solo, ad esempio, viene cristallizzata in un moto perpetuo senza via di fuga che fornisce una prospettiva diversa su questo brano celeberrimo. Come dichiarato da Ciarla stesso, l’ispirazione della rielaborazione di Bach è infatti di natura astronomica e guarda ai caratteri fuori dalle nozioni di tempo e luogo propri dell’infinito. Queste aspirazioni vengono tradotte in note dal musicista secondo l’estetica, spaceless and timeless, del minimalismo: brevi incisi si susseguono con minime transizioni dal sapore glassiano, e si ampliano con l’aggiunta di voci assommandosi in una costruzione di note ribattute del violino, effetti sonori e vocali; è in queste strutture musicali che traspare, forse in una filigrana troppo leggera e sottile, la forma originale della musica di Bach.
Che il compositore avesse un legame con le stelle era già noto grazie a una citazione attribuita a Chopin: “Bach è un astronomo che ha scoperto le stelle più belle”. Proprio questa frase viene sussurrata da Luca Ciarla al suo violino, insieme ad altre citazioni di Beethoven e Reger, mentre la loop station esegue l’arrangiamento dell’Aria – questa sì, senza dubbio “infinita” – delle Variazioni Goldberg.
Il programma mette momentaneamente da parte il Sommo per volgersi verso un altro universo musicale, quello di Astor Piazzolla e del suo celeberrimo Libertango: anche in questo caso, sulla musica del più celebre bandoneonista, Luca Ciarla innesta un dialogo personale con il tango argentino che, se da un lato difetta un po’ dello slancio impetuoso originale, di certo non manca di spigliatezza e brio.
Il Thomaskantor riemerge subito dopo in un particolare connubio dato dall’incontro tra le note di Bach e la tarantella. Bach Tarantolato, questo il nome del brano di Ciarla, chiude così il primo appuntamento dei Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati, non prima però di aver concesso il bis sulle note di Via con me di Paolo Conte.
“I hope he doesn’t mind”, dichiara Ciarla prima di suonare il suo brano. Noi siamo invece sicuri che lui, Bach himself, non ci sia rimasto male, anzi si sia divertito a ballare sui ritmi un po’ sghembi della tarantella nostrana.