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Flavio Nati e il Quartetto Elsa

di Lorenzo Papacci - 24 Ottobre 2018

a Palazzo Chigi

L’Accademia degli Sfaccendati di Ariccia, antico cenacolo fondato da Flavio Chigi nel 1672, con la sua stagione autunnale ci ha presentato un concerto con giovani e talentuosi artisti nella splendida cornice di Palazzo Chigi. Il 21 Ottobre si sono esibiti Flavio Nati e il Quartetto Elsa: il primo un giovane chitarrista romano perfezionatosi negli studi presso il Conservatorio di S. Cecilia, di cui vanno menzionati gli studi con Oscar Ghiglia e la vittoria di diversi premi in numerosi concorsi, tra cui il “Fernando Sor, l’“Alirio Diaz” e il “World Guitar Competition”; anch’esso proveniente dalla Capitale, il Quartetto Elsa nasce nel 2014 nell’ambito della JuniOrchestra, nonostante la recente nascita, hanno avuto modo di esibirsi in sedi prestigiose quali la Basilica di San Giovanni in Laterano, Castel Sant’Angelo, Villa D’Este a Tivoli, numerose le masterclass frequentate con nomi prestigiosi del mondo musicale e numerosi i primi premi vinti in concorsi nazionali e internazionali.

Proprio il Quartetto Elsa ha aperto la serata con l’esecuzione del Quartetto op. 33 n. 1 di Joseph Haydn. Questo quartetto, facente parte dei cosiddetti 6 “quartetti russi” di Haydn, porta la dedica al granduca Pavel Petrowitsch e condivide con gli altri quartetti dell’opera 33 al secondo movimento uno scherzo al posto del canonico minuetto. Haydn compose questa serie di quartetti dopo 10 anni in cui non aveva più affrontato questo genere, e questa nuova maturità fece sì che questi quartetti costituiscano il prototipo della forma “classica” del genere. L’esecuzione dell’Elsa si può ricondurre a quella di un quartetto con una carriera “consumata” e una collaborazione decennale: un controllo e una ricerca del suono veramente effettistica e di grande impatto, l’uso sapiente delle dinamiche nei fraseggi, fanno della loro interpretazione una versione di grande livello per un quartetto così giovane, che ha dimostrato di saper trarre una grande espressività dall’apparente semplicità della musica di Haydn.

E’ stato poi il turno dell’esibizione solistica di Flavio Nati, con la Sonata per chitarra di Antonio Josè. Composta nel 1933, è un brano che vuole aspirare al rango di vera musica d’arte e non rimanere confinata nel battuto e ribattuto repertorio per chitarra con alla base la musica popolare. Anche qui sono ben presenti elementi della musica popolare, ma traspaiono freschi echi di Ravel e di De Falla. Una composizione che spazia da un lirismo marcato fino a una certa dose di virtuosismo da impiegare. Nati si è dimostrato interprete capace di coniugare bene la parte virtuosistica a quella più emotiva, un grande controllo del palco mescolato a un tocco e a un’attenta cura delle dinamiche del brano, sempre rese con cura. Anche nei passaggi più impervi ha saputo non far scadere la cura dell’espressività facendo cantare al suo strumento i temi di questo brano con una qualità costante dai più placidi ai più furiosi.

Nell’ultimo brano in programma i giovani interpreti si sono uniti per il Quintetto per chitarra e archi op.143 di Mario Castelnuovo-Tedesco. Questo lavoro, del 1950, fu eseguito per la prima volta da Andres Segovia e il Quartetto Paganini. E’ il primo di una serie di lavori cameristici del maestro toscano dove la chitarra viene fatta “dialogare” con gli altri strumenti, sarà lo stesso Castelnuovo-Tedesco ad affermare che la musica da camera è per i chitarristi una “salvezza”. L’intesa che hanno saputo dimostrare i ragazzi dell’Elsa e il Nati in questo brano ha prodotto un’interessante esecuzione nata da un’alchimia fatta di sguardi e sorrisi scambiati. Perfettamente in armonia sia nelle pagine liriche del secondo movimento, Andante mesto, che nell’Allegro con fuoco finale, così pieno di carattere e impeto. Il Quartetto Elsa man mano si costituiva come un’unica voce cui Nati faceva da contrappunto esaltando i vari timbri del suo strumento secondo le strade che la complessa partitura indica. Al termine del programma convenuto, i cinque giovani si sono di nuovo uniti in un’interpretazione di Scarlatti, riuscendo a strappare nuovi e ancora più vivi applausi al pubblico. Un concerto che ha regalato una ventata di freschezza giovane, senza inficiare minimamente il livello interpretativo di un repertorio laborioso.

Lorenzo Papacci


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