“Così fan tutte” al Costanzi: un gioiello di semplicità
di Lorenzo Papacci - 26 Gennaio 2017
In questi giorni il Teatro dell’Opera di Roma ha portato sulle scene una nuova produzione di “Così fan tutte” con la regia di Graham Vick e le scene di Samal Blak.
Abbiamo avuto occasione di vedere entrambi i cast in azione e quello che possiamo dire è che quello che esce, nell’insieme, è un lavoro semplice, ben fatto e musicalmente curato.
Dell’opera mozartiana è stato messo in risalto il sottotitolo: “la scuola degli amanti”. La scena che vediamo infatti è sempre la stessa lungo tutta l’opera, con qualche piccola modifica : un’ aula scolastica. La stanza, vista da una prospettiva angolare, è arredata con i classici elementi di una normale aula, ci sono banchi sedie, una lavagna su cui Don Alfonso che diventa per l’occasione un professore, scrive il titolo (e la morale) dell’opera. Un orologio sulla parete segna il trascorrere delle 24 ore che la prassi vuole racchiudano la commedia, altri elementi nell’aula sono un’altalena e un baule che fungerà da passaggio. Nel complesso quindi siamo a metà tra una classe e una ludoteca, una soluzione che permette di cambiare la scena solo idealmente.
Subito dopo l’ouverture quindi, vediamo sollevarsi l’enorme pannello/lavagna con il titolo dell’opera. Entrano Ferrando Guglielmo e Don Alfonso, egli è un professore e loro i suoi due alunni, questi sono vestiti come potrebbero esserlo due adolescenti che incontriamo per strada, da bravi alunni imbrattano le pareti della classe con i pennarelli scrivendo i nome delle loro belle. Dopo aver scommesso con Don Alfonso sulla fedeltà delle loro compagne questi si lanciano in una serenata, ma con microfono e cassa. Entrano poi Fiordiligi e Dorabella, anche queste vestite in abiti odierni e quotidiani, Don Alfonso fa poi entrare i due ragazzi in mimetica che devono partire, come in una spiegazione viene calato un proiettore su cui si disegna la barca sulla quale i due giovani cadetti se ne andranno.
Despina con il carrello e il camice è la bidella della scuola, porta alle due la colazione, il cioccolatte diventa un caffè di Starbucks con due cornetti. I ragazzi torneranno mascherati con barbe, tuniche e copricapi che ricordano la tradizione islamica piuttosto che quella dell’europa dell’Est (i due dovrebbero essere nobili albanesi). La scena poi si muta con piccoli accorgimenti, diventa molto simile a un doposcuola, da una botola sul soffitto vengono calati una miriade di palloncini e Despina e Don Alfonso mettono da parte i banchi. Quando la scena dovrebbe spostarsi nel giardino entra Despina con un cuscino in testa, ne sistemano un po’ al centro con Don Alfonso, poi si passa ai pennarelli con cui disegnano fiori sulle pareti e lì gli amanti giocheranno tra i cuscini e l’altalena. Quando poi si dovranno sposare scenderà di nuovo il proiettore al quale la bidella Despina aggancerà rotoli di carta igienica e con la risalita di questo saranno dei festoni nuziali, le due coppie brinderanno mentre il proiettore manderà le loro immagini sulla parete come in un filmino da matrimonio.
E’ chiaro che le scene, molto essenziali, insieme con la regia vogliono rimandare chiaramente verso una direzione: Ferrando e Guglielmo (e le loro compagne) sono dei ragazzi immaturi e il filosofo Alfonso è un insegnante che attraverso le vicende amorose vuole che questi apprendano la realtà della vita, così i due si lasciano manipolare con la stessa fiducia che ripongono gli alunni nei dati forniti dai professori. La regia per questo ha puntato molto sull’attorialità, cosa spesso riuscita, e ha in questo modo reso la rappresentazione soddisfacente.
Venendo agli interpreti come Fiordiligi abbiamo avuto Francesca Dotto nel primo cast e Federica Lombardi nel secondo: entrambe sono state molto brave, tecnicamente ineccepibili anche se la prova della Dotto è stata particolarmente convincente e per questo va ricordata la sua interpretazione di “Come scoglio”, un’aria molto complessa che ha cantato magnificamente, va detto però che dal punto di vista della recitazione (anche se il personaggio di Fiordiligi è piuttosto ingessato) entrambe avrebbero potuto avere quel quid in più. Dorabella è stata interpretata da Chiara Amarù e da Paola Gardina: l’Amarù vocalmente è stata eccezionale, una prestazione con una voce sempre calda, attiva, vivace nelle ornamentazioni, nella recitazione anche è riuscita a cogliere l’aspetto burlesco di Dorabella che è la sorella che cede per prima. Anche la Gardina è stata molto brava, nel duetto con Fiordiligi (“Perderò quel brunettino”) si è un poco persa e non ha dato il massimo, nel resto comunque anche lei ci ha regalato una piacevole resa di Dorabella.
Ferrando è stato interpretato da Juan Francisco Gatell e Antonio Poli nel secondo cast: Gatell dal punto di vista della recitazione è stato fantastico, esilarante e giocoso, vocalmente, complice l’orchestra molto presente della Scappucci, non è stato una presenza dirompente a livello di intensità anche se tecnicamente è sempre stato rispettoso dei fraseggi e delle ornamentazioni. Poli invece è stato tecnicamente molto bravo, ma forse una parte comica non è proprio quella che fa per lui, la sua voce è più tagliata per essere quella di un Alfredo o un Manrico, quindi il suo portamento spesso sviava dalla natura dell’opera. I due Guglielmo sono stati Vito Priante e Mattia Olivieri, entrambi molto bravi, Priante ha cantato con una voce calda, piena ed era un piacere sentirlo, lo stesso si può dire di Olivieri, tutti e due sono stati anche molto giocosi nell’interpretare il ragazzo tradito.
Don Alfonso è stato Pietro Spagnoli nel primo cast e Paolo Bordogna nel secondo, entrambi molto bravi, la prestazione di Spagnoli vocalmente è stata veramente validissima, pulita e mirabile, Bordogna con un timbro più scuro è stato anche di una maggiore intensità, la sua recitazione fra l’altro era decisamente più convincente, il suo è stato un Don Alfonso più ironico e manipolatore, Spagnoli invece è stato un austero professore. La prima Despina è stata Monica Bacelli, veramente mirabile, la sua recitazione è stata veramente buona, ha evidenziato il ruolo di Despina nella manipolazione delle ragazze, vocalmente è stata perfetta e ha un poco “inasprito” alcuni lati della vocalità di questo personaggio, il risultato è stato notevole. Anche Daniela Pini è stata molto brava dal punto di vista vocale puntuale e presente anche questa, sebbene non giocosa quanto la prima nella recitazione, questa è stata più composta.
Anche se poche sono le parti corali va purtroppo criticato il coro “Bella vita militar”, un coro marziale che invece è stato cantato quasi sottovoce. La menzione d’onore invece va fatta a Speranza Scappucci che ha diretto in maniera sublime, l’orchestra è stata sempre viva e presente, senza però coprire mai il canto, una delizia per l’ascolto. Nel complesso questo allestimento è stato molto piacevole e abbastanza curato, una buona produzione per l’Opera di Roma con una chiave di lettura interessante e bravi interpreti.
Lorenzo Papacci
Foto prese dalla pagina Facebook del Teatro dell’Opera di Roma © Yasuko Kageyama / TOR