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Grainger in the strand

di Redazione - 14 Luglio 2019

una cornice alle stravaganti macchine sonore

Virtuoso del pianoforte, compositore dall’intelligenza vivace, bell’uomo, ma soprattutto pioniere su tutti i fronti. La sua personalità curiosa ed eccentrica rende davvero difficile parlare di Percy Grainger senza citare, al pari del suo apporto alla musica, qualche aneddoto piccante; le sue composizioni talvolta sembrano più una cornice alle stravaganti macchine sonore, alle sperimentazioni nel campo etnomusicologico, alla fama di amante violento dalle idee politiche decisamente poco ortodosse. Se si provasse però a seguire, in una rapida panoramica a volo d’uccello, gli avvenimenti di una tale vita non si potrebbe non notare come questa ingombrante matassa di stravaganze non rappresenti una semplice fonte di imbarazzo o di pettegolezzi, bensì la voce di un genio creativo che, come vedremo in seguito, esprime a pieno lo spirito culturale della sua epoca.

Nasce a Brighton, nei pressi di Melbourne, l’8 luglio del 1882, e viene introdotto allo studio del piaoforte dalla madre Rose Aldridge in tenera età: l’enfant prodige darà il suo primo concerto a soli dodici anni alla Masonic Hall di Melbourne attirando l’interesse dei giornali e dei finanziatori che non esitarono a organizzare altri concerti.
Il “fenomeno dai capelli chiari” inizia gli studi al conservatorio di Francoforte di lì a poco, nel 1895, e non tarda ad essere acclamato in quanto tale. Quegli anni risultano essere prolifici non solo per la formazione di Grainger, ma soprattutto per la nascente passione per l’etnomusicologia: i rapporti con figure come Klimsch, Gardiner e Scott, costituiscono un’importante fucina intellettuale per il giovane, sfociando pochi anni più tardi, nei numerosi articoli per la Folk-Song Society di Londra e negli arrangiamenti di più di trecento musiche tradizionali britanniche raccolte insieme a Lucy Broadwood e Vaughan Williams.

Proprio negli anni di Brigg Fair a Londra, dal 1905, Grainger stringe amicizia con Elgar, Grieg, Richard Strauss e Delius col quale condivide l’amore per il folk-revival e qualche capriccio da ragazzaccio come l’antipatia per Beethoven. Nascono Country Gardens, Molly on the Shore, Händel in the Strand, include Aldridge nel cognome. Nelle sale da concerto il pubblico esulta: “un successo sensazionale” per la critica.
Dopo l’esclusione da parte della cerchia intellettuale londinese poiché australiano, in seguito al primo conflitto mondiale, il genio rumoroso è accolto dall’America con la prima esecuzione del concerto per pianoforte e orchestra di Delius; seguono recital alla Carnegie Hall, contratti discografici… la guerra non riesce a fermare la carriera dell’ormai trentacinquenne Grainger, che nel frattempo era riuscito ad imparare l’oboe, ottenere la cittadinanza americana per entrare nella Banda dell’Esercito, insieme all’impiego saltuario alla New York University.

Al termine del conflitto mondiale la carriera pianistica raggiunge la vetta. Si concede viaggi in Europa settentrionale con l’amico Delius, insieme al quale inventa un nuovo linguaggio, il “Blue-Eyed English“, in cui parole di origine greco-latina vengono sostituite da vocaboli dall’etimologia puramente nordica: “orchestra” diviene “blend-band“, i “concerti” delle “tone-feast” e così via. Non riusciva a passare inosservato nemmeno con la bocca chiusa: i suoi vestiti dai colori e dalle forme sgargianti – ovviamente disegnati da lui – fatti di asciugamani “per poterli lavare strato per strato”, lasciavano stizziti i passanti che molto spesso lo scambiavano per vagabondo.
Nel 1926 incontra la sua “principessa nordica”, la poetessa svedese Ella Viola Strom, che sposa due anni dopo alla Hollywood Bowl, durante l’intervallo di un concerto di fronte a 22.000 persone, concerto in cui fu eseguito per la prima volta il brano “To a Nordic Princess”, in onore della sposa. Un amore che sostituisce quello per la madre, morta suicida pochi anni prima, e che mette in luce le tendenze sessuali del compositore, le quali non tardano ad essere sulla bocca di tutti.

La Seconda Guerra Mondiale mette a dura prova la carriera pubblica di Grainger, che ora è in declino; in quegli anni subisce un grave abbattimento emotivo congiunto ai gravi problemi fisici, preferendo chiudersi nella villa di White Plains a scrivere, ma soprattutto a sperimentare. Rifiuta prestigiosi ruoli accademici, descrive la sua musica come “luogo comune”, addirittura confessa all’amico Hermann Sandby di essersi sentito un leader senza seguaci durante tutto l’arco della propria vita compositiva. Dal 1950 sembra abbandonare spartito e penna, si ritira con l’amico Burnett Cross a giocare con i theremin, con i nastri forati, a inventare macchine dai nomi come “Estey-reed tone-tool” o “Cross-Grainger Kangaroo-pouch“, nate per emulare i suoni della natura, dedicarsi ai transistor con lo scopo di rivoluzionarne il funzionamento. Insomma: precorrere anche la musica elettronica e la progettazione di veri e propri sintetizzatori.

Percy Grainger, figlio del suo tempo, nel perfetto spirito della décadence, trova fortuna non soltanto nel suo talento, ma nella resa pubblica delle sue stravaganze. Il desiderio di abbattere la barriera tra arte e vita, la considerazione dei suoi capricci esteriori e della ricerca interiore come espressione della stessa genialità, trovano voce nel monumentale Grainger Museum di Melbourne, istituito nel 1938 da lui stesso. La vera particolarità del museo non è rappresentata dalle collezioni etnografiche o dalle bizzarre macchine della free music, nonchè dalla spaventosa quantità di oggetti appartenuti al compositore e alla famiglia insieme alle corrispondenze dal contenuto decisamente privato, bensì dall’istituzione stessa di un museo autobiografico dal gusto faraonico.
L’ultimo concerto è dato nell’aprile del 1960, prima di morire di cancro l’anno seguente a White Plains.

https://www.youtube.com/watch?v=07l5YUohgPM

La vita di Grainger non si arresta nemmeno con la sua morte: nel 1988 alla Royal Albert Hall, Andrew Davis dirige il concerto per pianoforte e orchestra di Grieg interpretato proprio da Grainger. Non dovuto ad evocazioni paranormali, tanto di moda negli anni giovanili del pianista, bensì frutto dell’ingegno di lui stesso, il quale, aveva progettato dei rulli di carta forata con delle composizioni, tra cui questo concerto, di cui era ritenuto il miglior esecutore al mondo.

Serena D’Ambrosio

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