Parma alla prima crociata
di Carlo Emilio Tortarolo - 13 Ottobre 2023
“Giusta causa non è d’Iddio / la terra spargere di sangue umano.” (atto II, scena VII)
Da Milano a Gerusalemme, passando per Parma.
Siamo fra il 1097 e il 1099 e in una delle trame più arzigogolate che si ricordino nella storia dell’opera, nel mezzo di uno scontro patricida, Arvino viene scelto per condurre i crociati lombardi a Gerusalemme in quella che la storia ricorderà come la prima crociata.
Sono passati quasi mille anni e seppur con un cambio di protagonista, la finzione storica narrata da Giuseppe Verdi rimane d’attualità, con la città santa di Gerusalemme protagonista della situazione geopolitica internazionale, oggi come allora.
Lo spettacolo deve continuare
La forza dell’opera lirica risiede, forse, proprio in questo.
Non serve ipotizzare grandi regie che attualizzino il libretto quando in scena viene raccontata una verità che seppur vetusta e ampollosa con una facile sintesi dei contenuti sa di odierno.
La produzione de ‘I Lombardi alla prima crociata’ di Giuseppe Verdi all’interno del Festival che non solo porta il suo nome ma lo celebra nelle sue terre d’origine, senza volerlo si è trovata a gestire uno spettacolo d’attualità in cui non sono mancati i colpi di scena anche sul palco.
A farla da padrone per l’intera serata è stato l’imprevisto nonostante il quale si è deciso per uno dei più classici ‘the show must go on’.
La serata era iniziata al meglio delle sue possibilità.
Teatro a ottima percentuale di occupazione, dama della serata Katia Ricciarelli presente in sala e in palchetto con il regista dell’opera Pier Luigi Pizzi, telecamere pronte per la registrazione dello spettacolo, gli applausi al direttore Francesco Lanzillotta prima e dopo la sinfonia iniziale e poi sipario.
Le intuizioni registiche del regista e i tempi drammaturgici del direttore avevano fatto scorrere piacevolmente il primo atto quando nel finale, Michele Pertusi, qui nei panni di Pagano, improvvisamente risulta statico sulla scena e coricandosi sulla piattaforma circolare in centro palco, ivi, chiude l’atto, anche durante la più classica uscita di coro e solisti sulle ultime note suonate dall’orchestra.
‘Che strana scelta registica’ avranno pensato i più meditabondi. Forse che Pizzi volesse simboleggiare il dramma del figlio che nel tentativo di uccidere il fratello toglie la vita al padre? La realizzazione scenica di un momento di forte impatto teatrale in cui l’uomo che invoca il castigo di Dio rimane da solo, nella vita e in scena?
A toglierci da questi dubbi, il più classico dei deus ex machina: una voce fuori scena (oltre a qualche frase preoccupata in dialetto dal vicino palchetto luci) con la pausa non concordata di 10 minuti (saranno poi 20 Ndr).
I successivi minuti sono di frenesia e dalla mia posizione di palchetto il girovagare di direttori di scena e componenti vari fa capire che qualcosa non sia andato per il verso giusto e quello che prima era un dubbio, poi un mormorio diventa attesa quando ad uscire sul palco è il neoSovrintendente Luciano Messi.
Nessuna scelta registica, Pertusi, si scopre, si è infortunato alla gamba nell’ingresso in scena. Soccorso e medicato nell’intervallo improvvisato, continuerà la recita ma lo farà da seduto, a lato palco, impossibilitato a svolgere qualsiasi movimento.
Con buona pace della registrazione, che però è diventata testimonianza di un avvenimento particolare, dal secondo atto in poi è difficile parlare della regia di Pier Luigi Pizzi, dato che come in qualsiasi meccanismo, tolto un ingranaggio, è nell’ordine di idee che il resto vada un po’ a farsi benedire.
Bisogna dire che la sensazione di ieraticità e feng shui raggiunta dal regista in questa fase della sua carriera non è stata lesa neppure dalla presenza immobile e seduta a margine di Pertusi tanto da sembrare, anche in questo caso, una scelta registica quasi a voler sottolineare il peso del personaggio che da eremita osserva quanto avviene in scena da una posizione defilata.
Il gioco scenografico fra oscurità e luce, bianco e nero con qualche accenno di colore, accompagna l’intera opera che trova nella direzione vigorosa di Francesco Lanzillotta il giusto compimento. La visione musicale del direttore è curata e si manifestano chiaramente le intenzioni sia di rispetto della partitura sia le scelte interpretative personali in un corretto dosaggio fra commento e protagonismo. Merito anche di un’orchestra, la Filarmonica Toscanini, che conosceva già il metodo di lavoro del direttore, essendone stato direttore stabile, e di una validissima prova del coro preparato da Martino Faggiani con cui il direttore ha collaborato ripetutamente nella sua esperienza maceratese.
Nel cast, la prova di Michele Pertusi è di quelle che nelle pagelle sportive sarebbero da dieci giornalistico. La prova è valida, ben delineato il personaggio e l’emissione vocale è encomiabile ma il pensiero che ciò sia avvenuto sul dolore e sull’insicurezza di portarla fino in fondo, privo dei riferimenti registici memorizzati, ha portato ad una giusta e prolungata sequenza di applausi a fine recita.
Importanti, anche nella difficoltà della serata, le prove di Antonio Corianò (Arvino) e Antonio Poli (Oronte) che con incisività e intensità hanno delineato i rispettivi personaggi.
Al debutto nel ruolo di Giselda, Lidia Fridman esce dalla prova vittoriosa ma non conquistatrice. Il personaggio, merito anche di un binomio con il regista che si sta ripetendo in numerose produzione, appare inquadrato e la vocalità medio-bassa risulta forte e drammatica. Sul lungo percorso, bisogna pur sempre considerare che la recita è durata una ventina di minuti in più, i cedimenti su alcune note acute e i progressivi difetti di pronuncia delle parole potrebbero adombrare la sua performance, a cui però il pubblico presente in sala risponde con calorosi applausi.
Racchiusi nella solita e ritrita frase ‘bene il resto del cast’ Giulia Mazzola (Viclinda), Luca Dall’Amico (Pirro), William Corrò (Acciano), Zizhao Chen (un priore) e Galina Ovchinnikova (Sofia) a cui purtroppo Verdi ha dato poche possibilità compositive per diventare protagonisti a tutti gli effetti.
Menzione speciali agli strumentisti in scena, in particolare il primo violino Mihaela Costea per la solida prova a memoria delle loro parti orchestrali.
Prevista l’ultima replica, in orario pomeridiano, domenica 15 ottobre con l’augurio che la particolarità di questa serata rimanga un unicum.
La recensione si riferisce alla recita del 7 ottobre
I LOMBARDI ALLA PRIMA CROCIATA
Dramma lirico in quattro atti
Musica di Giuseppe Verdi
Arvino | Antonio Corianò
Pagano | Michele Pertusi
Viclinda | Giulia Mazzola
Giselda | Lidia Fridman
Pirro | Luca Dall’Amico
Un priore | Zizhao Chen
Acciano | William Corrò
Oronte | Antonio Poli
Sofia | Galina Ovchinnikova
Filarmonica Arturo Toscanini
Orchestra Giovanile della Via Emilia
Maestro concertatore e direttore | Francesco Lanzillotta
Violino solista | Mihaela Costea
Regia, scene, costumi e video | Pier Luigi Pizzi
Luci | Massimo Gasparon
Coreografie | Marco Berriel