La dolce ala della…chitarra: Flavio Nati ai castelli romani
di Marco Surace - 30 Giugno 2021
Da sempre i Castelli Romani sono una delle mete più gettonate per i romani che abbiano voglia di trascorrere una giornata fuori porta all’insegna del relax, del buon cibo e – soprattutto d’estate – al riparo dall’afa e dal caos cittadino. Ma questi splendidi paesi del Latium vetus sono luoghi in cui anche l’offerta culturale è varia, viva e pulsante.
Dall’autunno del 2000 Il Palazzo Chigi di Ariccia ospita infatti “I Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati”. Si tratta di un progetto musicale di grande spessore culturale ideato e curato da Giacomo Fasola e Giovanna Manci per l’organizzazione della COOP ART di Roma che, in collaborazione col Comune di Ariccia, si propone di valorizzare la tradizione culturale creatasi in seno all’ Accademia degli Sfaccendati, fondata nel 1672 dal cardinale Flavio Chigi.
Come tutte le realtà italiane e internazionali, anche gli Sfaccendati hanno dovuto interrompere le loro attività a causa della pandemia da Covid-19, ma con il ritorno della bella stagione e con il progressivo miglioramento della curva epidemiologica hanno finalmente potuto riprendere con i loro concerti.
La loro voglia di ripartire si è concretizzata nella manifestazione “La dolce ala della…Musica” – una parafrasi a tema musicale della celebre opera teatrale “La dolce ala della giovinezza” del drammaturgo statunitense Tennessee Williams – che si è svolta nei diversi weekend a cavallo tra metà e fine giugno. Grande spazio è stato riservato alla musica da camera e soprattutto ai giovani, i grandi protagonisti di questa serie di appuntamenti.
Tra i tanti talenti che si sono avvicendati in questi giorni c’è Flavio Nati, brillante chitarrista romano, al quale è stato affidato il concerto conclusivo de “La dolce ala della…Musica”, tenutosi lo scorso 27 giugno.
Già apparso sui nostri canali in diverse occasioni (per il Festival “Prestissimo”, per #MusicGoesViral e nell’ambito di una precedente stagione dei Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati), Flavio è uno dei chitarristi più apprezzati della sua generazione, premiato in più di 30 concorsi chitarristici in tutto il mondo e nominato Golden Guitar 2016 come miglior chitarrista emergente alla Guitar Convention “Michele Pittaluga”. Da diversi anni si esibisce in concerti, tiene corsi di perfezionamento in tutto il mondo e insegna nei Conservatori di Musica italiani.
Il recital solistico del giovane talento romano si è tenuto all’interno del Palazzo Chigi di Ariccia in una cornice molto speciale: La Sala dei Cani. Questa meravigliosa stanza prende nome dalle quattro tele di Michelangelo Pace (detto “il Campidoglio”) con cani levrieri, trofei della caccia e feudi Chigi, che rappresentano Campagnano, Ariccia, Formello e Porto Ercole.
La bellezza del luogo “sfaccendato” è stata valorizzata ancor più da un programma concertistico “sfaccettato”: il M° Nati ha saputo coniugare sapientemente diverse tradizioni europee creando un dialogo vivo tra l’antico e il moderno, proponendo un’alternanza di musiche originali per chitarra e musiche originariamente nate su altri strumenti. Ma Flavio ha riservato al pubblico accorso ad Ariccia una piccola chicca che, oltre a sortire un particolare effetto agli occhi e alle orecchie dei partecipanti, ha contribuito a delineare ancor più efficacemente il percorso storico-musicale in cui ci ha voluto condurre: le musiche di tradizione antica sono state eseguite su una splendida chitarra dell’Ottocento in stile Stauffer, mentre le composizioni novecentesche sulla chitarra moderna, come la conosciamo oggi.
In apertura, dopo la presentazione della serata da parte di Giovanna Manci, Flavio Nati ha eseguito il Praeludium P98 & A Fancy del celebre compositore e liutista inglese John Dowland, trascinando il pubblico nell’antichità del Rinascimento inglese. A seguire ci si è spostati in Francia con le musiche di Jean-Philippe Rameau e Louis Couperin (zio del più celebre François Couperin), trascritte e riarrangiate da diversi musicisti, tra cui lo stesso Nati. Questa operazione, certamente ardita ma assolutamente apprezzabile, ha permesso agli ascoltatori di passeggiare metaforicamente nel mondo sonoro della Parigi barocca – perché no, nella reggia di Versailles, dove questi musicisti hanno spesso gravitato e operato – ora a passo di un’allegra danza, ora in un’atmosfera mesta e patetica creata dalle sei corde. Il grande lirismo della Entrée de Polymnie (tratto da Les Boréades, l’ultima delle cinque tragedie in musica di Rameau) e de Les Tendres Plaintes (tratto dalla suite in re maggiore per clavicembalo), il primo in un doppio arrangiamento di Azzan-Nati e il secondo trascritto da quest’ultimo, ha preparato bene il terreno per Les Sauvages, un brano clavicembalistico che nella trascrizione chitarristica di Carlo Marchione non ha perso affatto il suo carattere di danza solenne e quasi impettito. Ma “l’invito alla danza” che Nati ha voluto porgere al pubblico è continuato con la Suite in re minore di Couperin (trascrizione di Tilman Hoppstock) che ben si sposa con le possibilità polifoniche della chitarra e che il solista ha saputo rendere egregiamente, considerata soprattutto la complessità delle ornamentazioni che la musica francese spesso richiede.
È a seguire che il chitarrista romano ha creato uno squarcio tra l’antico e il moderno, uscendo dalla sala con la chitarra dell’Ottocento e rientrando con la sua abituale chitarra da concerto. Il cambio di strumento ha suggerito al pubblico l’idea di una chitarra più vicina e familiare, almeno a livello visivo, ma l’impatto uditivo è stato certamente sorprendente e forse insolito per i “non addetti ai lavori”. Aprendo la seconda parte del concerto con l’Homenaje (pour le tombeau de Debussy) di Manuel De Falla, Nati ha dimostrato la sua maturità interpretativa evocando i mondi timbrici tipici dell’impressionismo francese, caricati di un ispanismo che sempre caratterizza la musica di Falla, portandoci in Spagna ma facendoci anche assaporare un altro lato della Francia musicale (Falla era spagnolo ma visse per diversi anni a Parigi, dove venne in contatto con Debussy e Ravel).
La grande capacità interpretativa del chitarrista romano e la coerenza delle sue scelte di repertorio sono state evidenti per tutta la durata del concerto, in chiusura del quale Nati ha eseguito uno dei capolavori indiscussi del repertorio chitarristico del Novecento: il Nocturnal op.70 di Benjamin Britten. Non ci potrebbe essere forse scelta più azzeccata per chiudere il cerchio, considerando che il brano del grande compositore inglese è un tema con variazioni basato sul song Come, Heavy Sleep di John Dowland (con le cui musiche Flavio Nati aveva aperto il concerto) e che presenta una peculiarità: il tema, al contrario di ciò che avviene solitamente, viene presentato alla fine e non all’inizio del brano.
Bisogna dire che, nonostante l’emozione gli abbia ogni tanto giocato qualche scherzo (ritornare sul palco dopo tanto tempo non è cosa semplice), Flavio Nati ha dimostrato di essere fino alla fine – anche nel momento del bis, in cui ha eseguito Les Barricades Mysterieuses di François Couperin – un interprete maturo, un chitarrista appassionato e dedito, un musicista attento alla realtà storica presente e passata, disposto a ricercarne le connessioni e a rivolgersi al pubblico di oggi in una maniera sempre rinnovata e giovane.
Oltre ad invitarvi a seguire l’attività di questo giovane ma già brillante chitarrista romano, vi esorto a seguire i canali de “I Concerti dell’Accademia degli Sfaccendati” e a non perdere la loro programmazione, soprattutto se siete desiderosi di trascorrere un’estate all’insegna della grande musica in alcuni dei luoghi più suggestivi del territorio laziale.