Haydn2032
di Filippo Simonelli - 8 Aprile 2019
un viaggio sinfonico
Quando nel 1750 un giovane Franz Joseph Haydn venne escluso senza troppi complimenti dal coro della Cappella di Santo Stefano per l’incipiente gravità che macchiava la sua voce da prossimo adolescente, probabilmente avrebbe faticato ad immaginarsi un futuro da musicista di successo, o forse addirittura da musicista tout-court. La fortuna ha voluto che quel “rifiuto” non solo non abbia scoraggiato il giovane musicista austriaco, ma al contrario abbia concorso ad indirizzarlo ancora di più verso la strada del compositore, diventando quel “papà Haydn” che oggi ogni musicista classico, più o meno apertamente e di buon grado, riconosce come suo antenato.
La lunga carriera di Haydn ci ha regalato un catalogo vastissimo, recentemente raccolto in un integrale da 160 cd per farsi un’idea, in cui spiccano 106 sinfonie, il genere a cui Haydn ha dato forma più di ogni altro assieme forse solo al Quartetto. Queste sinfonie attraversano non solo tutta la vita di Haydn, ma anche quei lustri in cui la musica e la cultura germanica, e di converso anche quella europea, sono cambiate in maniera repentina: così si passa dal tempo di Gluck al periodo dello Sturm und drang, fino ad approdare alle soglie del romanticismo più maturo. Haydn si è imbevuto di tutte queste influenze, assorbendone i tratti più importanti e restituendole in forme nuove nei suoi lavori, che rimangono ancora oggi una testimonianza preziosa di un’evoluzione musicale.
Nel 2032 saranno 300 anni dalla nascita del grande musicista. Per preparare adeguatamente l’importante anniversario, la Fondazione Haydn di Basilea ha dato vita nel 2013 al progetto Haydn2032, un viaggio musicale attraverso tutte le sinfonie e le altre composizioni di Haydn in giro per l’Europa. Protagonisti di questo tour de force decennale sono i musicisti del Giardino Armonico, la formazione classico-barocca diretta da Giovanni Antonini che ha accettato la sfida.
Antonini non è un direttore “di scuola”: flautista diplomato con una spiccata propensione verso il flauto dolce ed il repertorio barocco, ha iniziato a suonare proprio nel “Giardino” prima di diventarne il direttore a tutti gli effetti:
“[…] Ad un certo punto ho iniziato anche a dirigere. Certo, ho fatto il mio importante percorso come flautista e studiando con grandi insegnanti, ma come direttore sono un autodidatta. O meglio, la mia scuola è stato il giardino armonico.
Il flauto ad un direttore d’orchestra può dare molto: un aspetto che può sembrare scontato è quello del valorizzare i respiri, sia di frase che all’interno alla stessa frase. Meno ovvio è forse il discorso dell’articolazione, che è centrale nell’estetica del flauto barocco per esempio. Sono cose che dal flauto si possono applicare anche ad altri strumenti. Il bello della mia formazione non accademica secondo me è la capacità di fare proposte, proposte che spesso sorprendono i miei stessi musicisti ma che non mancano di regalare loro piacevoli sorprese. “
E proprio grazie a questi tocchi “non-accademici” e ad una confidenza fuori dal comune con il repertorio del 6-700 è addirittura uscito dal “Giardino” per andare a dirigere nei teatri più prestigiosi del continente. Ma ora è comunque Haydn2032 il centro delle sue attenzioni, vista anche la mole di lavoro che richiede una celebrazione simile:
Più che una celebrazione, Haydn2032 è il motto di un progetto. Nel 2013 è nata questa idea, con la Fondazione Haydn di Basilea, di rileggere un’integrale delle Sinfonie di Haydn ponendo come arco temporale di riferimento quello del 2032 vista la quantità di musica. La sfida più significativa è però quello di mantenere in tutto questo periodo un approccio fresco e vivo alla musica, anche un certo entusiasmo che spesso non si riesce a tenere alto per tutta la durata di un’integrale. Capisco che l’orizzonte temporale così lungo, in un’epoca abituata alle continue sollecitazioni, possa suscitare impressione, ma non è quella la vera sfida per noi.
Tra gli obiettivi dichiarati dalla Fondazione Haydn e del progetto Haydn2032 c’è anche quello di valorizzare la figura di Haydn e restituirne un’immagine più fedele a quello che è stato. Il lavoro fatto da Antonini con l’orchestra, pur non seguendo i criteri tipici della ricerca filologica, va esattamente in quella direzione.
Non ho la pretesa di riuscire a dare l’immagine più fedele dell’autore o qualcosa di simile, ma cerco di portare un certo tipo di approccio, in un certo modo retorico e teatrale alla musica di Haydn, che in generale viene un po’ sottovalutato rispetto ad altri cliché più diffusi. Basti pensare alla lunghezza della sua vita: Haydn nasce ed inizia a scrivere quando Bach e Händel sono ancora in vita e muore quando è giunto il tempo di Beethoven. Inizia con le “Sinfonie” avanti d’opera, ma già nel periodo sturm und drang c’è una ricerca diversa, più intensa e anche più sanguigna. Ecco, abbiamo ereditato un’immagine molto più rassicurante di questo “Papà Haydn” che a me non piace per nulla, perché riduce il suo ruolo a quello che è “venuto prima” e il cui lavoro poi altri, Mozart e Beethoven, hanno perfezionato.
In realtà Haydn ha un linguaggio tutto suo, che va indagato, o meglio, ha qualcosa che potrebbe sembrare un codice di lettura. Il lavoro da fare dovrebbe essere simile a quello che si è fatto con la musica barocca italiana: basta ascoltare le esecuzioni (bellissime!) che ne facevano I Musici 40 anni fa e quelle di oggi, sembra musica diversa. Noi cerchiamo di indagare, sia attraverso il ricorso a prassi e fonti filologiche sia attraverso un nostro lavoro di ricerca, quello che non è scritto sulla partitura ma che può comunque restituire qualcosa al pubblico di oggi. È una musica che ha bisogno di una “messa in scena” letteralmente.
La musica di Haydn però oltre a nascere dalla mente di un genio è anche figlia del suo musicista, e questo fa sicuramente parte dei criteri di scelta con cui vengono scelte le proposte concertistiche del Giardino Armonico…
Ogni programma che compone Haydn2032 è costruito secondo criteri non temporali, ma al contrario si lega ad uno spunto, un’idea, anche al di sopra della coerenza cronologica; ad esempio abbiamo unito le musiche del Balletto Don Juan di Gluck alla Sinfonia “Passione”, perché entrambe nascono in periodi di profonda evoluzione e riforma nei rispettivi ambiti. Gluck era alle prese con una sorta di mutazione genetica dell’opera, tanto che il suo Don Giovanni fu salutato come una novità assoluta, e lo stesso Haydn nel campo sinfonico approfondiva la sua ricerca negli ambiti più disparati e apparentemente semplici, come la ricerca di tonalità inusitate all’epoca come il Fa Minore, ma più in generale di una verità maggiore nella sua ricerca espressiva…
Ma decisamente non l’unico…
… Certo, Haydn e Gluck se non contemporanei sono stati molto prossimi nel tempo; uno degli ultimi progetti che abbiamo proposto invece ha associato una rilettura delle Danze Rumene di Bartók su strumenti antichi alle sinfonie 28, 43 e 63 di Haydn con delle chiare ispirazioni sia ritmiche che melodiche ad una sonata di Biber anch’essa costruita su temi popolari. In questo caso non c’è un nesso storico tra i pezzi, ma c’è un’idea comune. Oppure abbiamo associato la Sinfonia Il Distratto di Haydn, nata dalle musiche di scena di una sua opera teatrale, al Maestro di Cappella di Cimarosa, che sono legate sia da una vicinanza storica ma anche tematiche e teatrali: in ciascuno dei due pezzi c’è un’interazione non solamente musicale tra maestro di cappella e orchestra. Il distratto di Haydn, ad esempio, dimentica di accordare il proprio strumento e tutta l’orchestra quindi si ferma nel mezzo dell’esecuzione ad accordarsi, perché così è annotato in partitura.
Si potrebbe parlare a lungo della ricerca che c’è dietro il le nostre scelte, è molto vario il nostro modo di costruzione dei programmi, ma in definitiva ogni progetto fa storia a sé. E non escludo che in futuro possano arrivare idee ancora più audaci.
Filippo Simonelli