La Passione violoncello del Palazzetto Bru Zane: a conversazione con Alexandre Dratwicki
di Carlo Emilio Tortarolo - 15 Settembre 2024
Intervista al direttore artistico del Palazzetto Bru-Zane per la nuova stagione
Torna ad essere protagonista della nuova stagione del Palazzetto Bru Zane, dopo oltre dieci anni, uno strumento musicale: il violoncello. Uno degli strumenti ad arco più completi, la cui somiglianza alla voce umana tanto ha sedotto il mondo della musica, i suoi compositori e, ovviamente, il pubblico.
Uno strumento sempre presente nella storia della musica ma che proprio con il Romanticismo si emancipa, perdendo quel ruolo di accompagnamento e diventando solista. Il nuovo festival ‘Passione Violoncello’ (Venezia, 21 settembre – 24 ottobre 2024) permetterà al pubblico di scoprire pagine nuove per questo repertorio.
Abbiamo dialogato con il direttore artistico del Palazzetto Bru Zane, Alexandre Dratwicki, per scoprire, come da tradizione, qualcosa in più su questa programmazione.
CET: Ci eravamo lasciati all’ultima intervista con una anticipazione su questo ciclo autunnale proprio sul tema di uno strumento romantico. Nel 2010 fu il caso del pianoforte romantico, 14 anni dopo arriviamo al violoncello. Al tempo ci parlò della necessità di riprendere qualche soggetto passato e vederlo “sotto una nuova luce”: cosa aspettarci da questo violoncello romantico? Sotto quale luce lo vedremo?
A D: Il violoncello come strumento romantico si può raccontare in due periodi principali che hanno esplorato l’intera estensione della sua voce. La componente virtuosistica, iniziata ancora con Boccherini alla fine del ‘700, lo ha portato ad esplorare la parte alta della propria tessitura, complicandone di conseguenza la scrittura per raggiungere quei picchi di abilità tecnica tipici di quel secolo, basti pensare a Paganini per il violino. Un repertorio raramente eseguito anche proprio per la sua difficoltà, penso ad esempio ad alcuni lavori per archi di Anton Reicha. Ciò fu possibile, al tempo, grazie anche ad alcuni avanzamenti tecnici come gli archi progettati da François Tourte che permettevano spiccati e staccati più complessi o ancora l’implementazione del puntale allo strumento che non era più tenuto con le gambe del musicista, con relativo effetto sordina, e poteva raggiungere, così, un suono più importante.
Dal 1840 circa, però, il violoncello diventa il protagonista, forse più del violino, di quel Romanticismo votato alla nostalgia e all’introspezione. Per raggiungere quella malinconia, si esplora anche il registro medio-grave della sua tessitura e facendolo duettare con altri strumenti, nel repertorio da camera o con tutta una intera orchestra, nel repertorio sinfonico-solistico.
Dal 1840 circa, però, il violoncello diventa il protagonista, forse più del violino, di quel Romanticismo votato alla nostalgia e all’introspezione. Per raggiungere quella malinconia, si esplora anche il registro medio-grave della sua tessitura e facendolo duettare con altri strumenti, nel repertorio da camera o con tutta una intera orchestra, nel repertorio sinfonico-solistico.
Tanto di questo repertorio è ancora inedito e i prossimi anni, fra edizioni a stampa, concerti e registrazioni CD, permetteranno a chi vorrà approcciarsi a questo strumento di accedere a questo materiale, continuando la tradizione del Palazzetto Bru Zane di dare sempre nuova linfa alla musica romantica francese.
CET: Il violoncello, forse alla pari del pianoforte, è uno degli strumenti più amati dal pubblico, non solo per la grande estensione del suo registro ma per la sua estrema vicinanza alla voce umana. Nel repertorio romantico, il lirismo è fondamentale, come abbiamo visto in molte stagioni del Palazzetto Bru Zane. Il violoncello viene visto come un sostituto privo di parole o come una differente tavolozza di colori da cui attingere?
A D: Ci sono sicuramente due tipi di repertorio con violoncello e pianoforte, di cui il primo è quello delle grandi sonate. Affrontato da quasi tutti i compositori francesi, anche per confronto con la grande tradizione tedesca dello strumento, di maggiore estensione come durata, permetteva loro di confrontarsi da un punto di vista strumentale con le possibilità man mano riscoperte dello strumento. Il secondo invece prevedeva brani più di durata più ridotta ma che si concentravano proprio sul suo colore, su quella voce malinconica di cui parlavo in precedenza. Ne consegue che il lirismo fosse ancora più espresso attorno agli elementi cardine di frase e respirazione.
Proprio per manifestare questo dualismo, tutti i concerti di questa stagione per violoncello accompagnato dal pianoforte presentano entrambe queste anime, così da dare al pubblico una panoramica completa.
CET: Oltre ai concerti per quintetto con due violoncelli, spicca la presenza di più concerti per ensemble di violoncelli, una formula ancora molto attuale nel mondo violoncellistico. Da dove nasce l’esigenza di ampliare l’organico con un secondo violoncello o addirittura formare un intero ensemble di violoncelli?
A D: Per incominciare con la fine, il repertorio per ensemble di violoncelli è sicuramente ancora molto attuale, venendo spesso utilizzato nelle accademie e nei conservatori, ma spesso si attinge a trascrizioni di altre pagine di musica. Si ignora, alcune volte, che esista proprio un repertorio ad essi dedicato.
Noi speriamo che questi momenti di condivisione permettano proprio di segnalare questa estrema varietà: dal violoncello solista accompagnato da voci più elementari per quegli strumentisti ancora in divenire, fino ai due violoncelli nel quintetto che condividono la linea virtuosistica e ancora con il repertorio a tre o quattro violoncelli che dialoghino equamente.
Questi molteplici livelli di interazione sono ideali sia come didattica sia come repertorio da concerto. Non è un caso che due dei nostri concerti prevedano proprio l’interazione fra docente e allievo: il primo, domenica 22 settembre, con la partecipazione della M° Anne Gastinel, docente al CNSMD di Lione, e del M° Xavier Phillips, docente a Sion, e il secondo, martedì 8 ottobre, con il M° Edgar Moreau, docente al CNSMD di Parigi, sempre accompagnati da loro studenti. Un’esperienza didattica sicuramente molto importante.
Purtroppo non ci è possibile, qui a Venezia, proporre l’estremità di questo repertorio, ovvero il violoncello solista con orchestra, ma il nostro pubblico potrà sentirlo attraverso la nostra web-radio o le prossime uscite CD.
CET: Passano gli anni ma non sembra diminuire l’interesse del pubblico per le scoperte e riscoperte del Palazzetto Bru Zane. Prudentemente lontani dai tempi peggiori del Covid, quale la situazione del Palazzetto Bru Zane delle ultime stagioni e quali speranze per questa e le prossime?
A D: L’ultima edizione è stata, forse, una delle più fortunate per la presenza di pubblico al Palazzetto Bru Zane, registrando tutti i concerti sold-out. L’avevamo già preventivato in passato e lo facciamo già per gli appuntamenti in tempo di Carnevale, ma la possibilità di arrivare a duplicare il concerto su due serate vicine è sempre più concreta. Purtroppo la capienza della nostra sala è limitata e vogliamo cercare di soddisfare la richiesta sempre più grande del nostro pubblico.
Tutto questo è sicuramente merito dei nostri uffici di comunicazione che negli ultimi due anni tanto hanno fatto per recuperare dal periodo post-Covid, riuscendo anche nel delicato compito di informare il nostro pubblico sul ventaglio delle nostre proposte (concerti, discografia e edizioni scientifiche, N.d.R.) riuscendo a farlo in tre lingue diverse ma personalizzando la comunicazione per le città in cui avverrà il concerto.
L’invito è comunque sempre quello di navigare il nostro sito dove i contenuti a disposizione sono ancora di più e a disposizione di tutti.
CET: Avevamo già svelato nella precedente occasione che l’ospite d’onore del 2025 sarà Bizet. Cosa possiamo anticipare sul Festival che si articolerà fra marzo e maggio?
A D: Quando parliamo di un compositore così conosciuto ci si può stupire che esista una parte del suo repertorio poco o per nulla eseguita, spesso neanche mai registrata. Stimiamo che circa metà della sua produzione sia fondamentalmente inesplorata, basti pensare che lavoreremo alla prima registrazione dell’integrale delle sue mélodies. Ma anche sul versante operistico, tanto è da scoprirsi e il nostro obiettivo è quello di portarlo al pubblico. Un nome su tutti, Djamileh, scritta solo tre anni prima di Carmen ma in cui ne troviamo già il colore operistico e che, soprattutto, è economicamente sostenibile per le stagioni operistiche, essendo in un solo atto e prevedendo pochi solisti.