Ultimo aggiornamento 4 dicembre 2024, alle 17:11

Festival Pontino 2022: un’emozione lunga un mese

di Luca Cianfoni - 5 Settembre 2022

Condensare una rassegna musicale in un articolo dalle battute limitate non è facile, figurarsi a far entrare in un articolo un mese di Festival Pontino di Musica, organizzato dal Campus Internazionale di Musica, con un programma e degli artisti di caratura e importanza internazionale. E attenzione, quando dico un mese, intendo quasi l’intero luglio e non solo i suoi fine settimana; sì, perché il Pontino o il “Festival”, come viene chiamato in gergo da tutti i suoi addetti ai lavori, è un evento che ti coinvolge, che nel corso degli anni è riuscito a creare una comunità, una famiglia. Talmente tanto che alla fine dei concerti ti può capitare di vedere gli artisti che hanno suonato, o che tengono i corsi in quel periodo o che sono lì presenti perché ascoltano i propri colleghi in attesa di esibirsi nelle serate successive, dialogare amabilmente con la Signora Maria, una delle custodi del Castello Caetani di Sermoneta, di storie di vita vissuta, le chiedono consigli per ricette o qualche buon rimedio per la vita. Qui, tra le mura di questo castello, prende vita la maggior parte delle serate del Festival, tra le sue rocce secolari che lo tengono in piedi, la quercia, altrettanto antica e il suo panorama unico; tra le strade di sampietrini bianchi del borgo di Sermoneta, in provincia di Latina, si può respirare ancora quella vita lenta premoderna, che ormai nelle grandi città è impossibile assaporare; lo sanno bene i gatti, che da secoli vedono questo paese mutare pochissimo e che da circa cinquant’anni a questa parte, si godono la migliore musica classica e contemporanea del momento. 

La rassegna è talmente tanto sentita e profonda che negli anni ha sviluppato un suo particolare vocabolario, che viene costantemente arricchito e perpetrato; tra questi vocaboli spunta fuori prepotentemente il termine “serenata”, che indica il saggio finale dei corsi che si tengono durante il Festival (quest’anno sono stati attivati i perfezionamenti di: sassofono M° Claude Delangle, musica da camera M° Carlo Fabiano, composizione M° Alessandro Solbiati, fisarmonica M° Corrado Rojac, violoncello M° Giovanni Gnocchi, musica da camera M° Maria Grazia Bellocchio, pianoforte M° Andrea Lucchesini, flauto M° Mario Caroli, canto da camera M° Valentina Coladonato, ukulele, M° Giovanni Albini, Accordatura M° Mauro Buccitti) e che prendono quasi tutti luogo nella chiesa di San Michele Arcangelo, ultima propaggine del borgo medievale, che quest’anno ha ospitato anche il Premio Riccardo Cerocchi e le tavole rotonde sulla musica contemporanea. Sì, perché il Festival non è solo concerti e “serenate”, ma anche occasione e momento di scambio culturale: ci si è interrogati quest’anno, e anche noi di Quinte Parallele abbiamo partecipato al dibattito, sul rapporto tra musica contemporanea e pubblico e, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Latina, si è riflettuto anche sullo spazio sonoro e sulle analogie tra musica e architettura, in virtù e in ricordo di uno dei fondatori del Campus Internazionale di Musica, Riccardo Cerocchi, influente architetto pontino.

Ed è proprio dalla fame di musica e cultura del suo fondatore che il Festival ha creato la sua dimensione di avamposto della musica contemporanea affidando la presidenza onoraria della rassegna a Goffredo Petrassi, a cui la Fondazione Campus Internazionale ha dedicato anche il proprio Istituto di Studi Musicali, posizione in seguito ricoperta da Luis De Pablo. Questo ha permesso nuove prime esecuzioni di opere di artisti nazionali e internazionali ogni anno, in quanto il Festival è diventato centro catalizzatore e attrattivo per le giovani leve ma anche per i grandi artisti, che qui vedono e hanno visto eseguire le loro opere da grandi interpreti, durante gli Incontri Internazionali di Musica Contemporanea. Quest’anno, proprio in questa circostanza, hanno confermato la loro presenza il Syntax Ensemble e il suo direttore Pasquale Corrado (qui puoi recuperare l’intervista fatta lo scorso anno sempre in occasione del Festival Pontino), che il 10 luglio scorso, per la prima volta in assoluto hanno presentato al pubblico …mai riuscirò… di Francesco Bussani (1995) e Durchs offre Fenster di Francesco Mariotti (1991), entrambi giovanissimi compositori segnalati lo scorso anno durante il corso di composizione tenuto da Alessandro Solbiati. In questa serata inoltre sono stati esegui anche Primordia rerum di Oscar Bianchi, He Stole First di Luca Mosca e Pocket Zarzuela di Luis de Pablo, in una serata che, al contrario di quanto si è abituati a vedere in un concerto di contemporanea, ha sfiorato il tutto esaurito nelle Scuderie del Castello Caetani di Sermoneta. Un concerto che ha lasciato il pubblico senza respiro, emozionato nell’ascoltare la voce dei propri contemporanei parlare direttamente alla propria anima, al proprio io interiore; la sensazione di trovarsi in balia della bellezza della musica ascoltata, con la qualità di esecuzione del Syntax Ensemble e del suo direttore Corrado, ha incantato il pubblico del Festival e non solo. 

Altri protagonisti degli incontri sono stati Claude e Odile Catelin-Delangle, i quali attraverso il saxofono e il pianoforte hanno restituito al pubblico musiche in prima esecuzione italiana come La follia Nueva di Ichiro Nodaïra e altre opere di autori contemporanei come il Solo per sax soprano di Fausto Sebastiani (leggi qui la sua ultima intervista per noi), in cui il musicista è stato sottoposto a un notevole sforzo tecnico, date le numerose diplofonie presenti in partitura, ma anche interpretativo, in quanto in quest’opera il suono sembra nascere dal soffio vitale dell’uomo, che attraverso lo strumento diventa nota e poi musica. Questo ciclo dedicato completamente alla musica contemporanea è continuato l’11 luglio con una grande interprete del suono del mondo di oggi, Maria Grazia Bellocchio, che ha portato sul palco delle scuderie Játékok di György Kurtág, Five stanzas for a Love Song di Fabio Nieder, Senti! Aspetta! di Gabriele Manca e due prime esecuzioni assolute, una di Alessandro Solbiati, Sonata terza per pianoforte e l’altra di Nicki Pipita (1987), altro giovane compositore segnalato nel corso di composizione dello scorso anno, con Morphonè.

A terminare la scorpacciata di musica contemporanea è stato il workshop di composizione tenuto da Alessandro Solbiati il 15 luglio, al termine del suo corso di perfezionamento; a prestare la voce alle nuove composizioni scritte in quei giorni dai giovani artisti venuti a Sermoneta per affinare la tecnica compositiva insieme al Maestro lombardo, sono stati Maria Grazia Bellocchio (pianoforte), Maria Eleonora Caminada (soprano) e Riccardo Cavaliere (saxofono). Sydney Coquelet, Francesco Seganfreddo, Fiammetta Matilde Morisani, Alessio Romeo, Gaia Aloisi, Paolo Cipollini, Antonio Coiana, Romeo Cossidente, Danilo Menasse Atlas Ahmadian e Maria Vincenza Cabizza, sono le compositrici e i compositori che hanno vissuto questa incredibile esperienza di scrivere una propria opera e di sentirla immediatamente nascere tra le mani di tre grandi esecutori. Alla fine della serata, una giuria composta dalla presidente della Fondazione Campus Internazionale di Musica Elisa Cerocchi, dal pianista Alfonso Alberti Maria Grazia Bellocchio, da Giovanni Gnocchi, da Alessandro Solbiati, e anche da noi di Quinte Parallele, ha scelto i migliori tre brani della serata che hanno consentito a Gaia Aloisi, Paolo Cipollini e Romeo Cossidente di ricevere una commissione per un brano da eseguire in prima assoluta durante gli Incontri di Musica Contemporanea del Festival Pontino di Musica del prossimo anno.

Anche se il web ci aiuta a non porre i limiti alla scrittura, che invece la carta stampata avrebbe imposto, possiamo ora solo trarre in rassegna alcuni degli eventi più significativi di questo Festival, tra cui spicca senza ombra di dubbio il concerto itinerante del violoncellista, maestro dei corsi di Sermoneta, Giovanni Gnocchi. Con lui abbiamo avuto il piacere di condividere la chiacchierata sul Festival nel Circolo delle Quinte dello scorso anno, a cui partecipò anche Alessandro Solbiati (rivedi qui la puntata), e con lui si ha sempre il piacere di tornare a parlare e a confrontarsi di musica e di come poter far fruire la contemporanea anche ad un pubblico meno abituato ad ascoltare la musica d’oggi (come se poi ci fosse una divisione di generi musicali tra la cosiddetta classica e la contemporanea). Gnocchi questa volta è riuscito a coniugare passato e presente, musica e spettacolo. Il 16 luglio partendo dalla porta del Castello Caetani, seguitando nella Casa del Cardinale, all’interno del complesso, e terminando nelle Scuderie è riuscito a restituire al pubblico un modo differente di ascoltare la musica e allo stesso tempo a coniugare un modo nuovo di eseguire la musica antica e contemporanea. Le opere di György Kurtág (Schatten, Hommage à John Cage e Jelek I, tutte tratte da Signs, Messages and Games) e le Suite n. 1 e 2 di Bach sono diventate un’opera unica, una scrittura organica, una nuova composizione. Alternando un brano del compositore ungherese e uno di quello tedesco, Gnocchi ha dato vita a un’operazione probabilmente avversata dai puristi, ma che invece ha avuto un’impatto e una ricettività unica. Le note fluivano dalla partitura di Kurtág a quella di Bach senza soluzione di continuità, facendo venir meno, come si accennava prima, quel dualismo insensato che si continua a perpetrare tra musica classica e musica contemporanea, facendo capire, fattivamente, sul campo, o meglio sul palco, che solamente di musica stiamo parlando, dell’arte di comporre i suoni, che cambia e muta attraverso i secoli, ma che nutre sempre lo stesso obiettivo: comunicare e trasmettere un messaggio, fosse anche il concetto di nulla o il silenzio, ascoltare la versione del compositore di un determinato fatto, di una determinata forma musicale, ascoltare e cercare di comprendere il racconto, mettersi a nudo, confrontarsi ed eventualmente discordare. Un viaggio che, per il moto di discesa verticale seguito durante la serata (dalla porta del Castello alle Scuderie, che si trovano più in basso), ma anche per le caratteristiche della musica suonata, eterea e quasi metafisica al principio e passionale e vivace sul finale (con la Suite per violoncello solo in Re minore di Gaspar Cassadò) sembrava ripercorre al contrario le tappe dantesche nel regno dell’oltretomba.

Importanti serate per il Festival sono state anche quella del 23 e del 24 luglio in cui rispettivamente a calcare il palco della rassegna pontina sono stati prima Mario Caroli (flauto) e Pietro Ceresini (pianoforte) e poi Francesco D’Orazio (violino) e Giampaolo Nuti (pianoforte). Questi ultimi, esibendosi al Teatro Ponchielli di Latina, hanno continuato il ciclo dell’integrale delle sonate di Beethoven per violino e pianoforte, iniziato lo scorso anno, intramezzando la Sonata in Mi bemolle maggiore n.3 op.12 e la Sonata in La maggiore n. 6 op. 30 n. 1, con la prima esecuzione assoluta di Broken Columns in a False Horizon per violino e pianoforte di Javier Torres Maldonado. Il brano trae ispirazione dai ruderi di colonne presenti proprio nel borgo di Sermoneta, che hanno fornito la base di ispirazione per gli accordi ripetuti di cui è composto il brano; oltre questi elementi architettonici il compositore immagina un panorama, un orizzonte in costante mutamento; si spiega così la continua lieve alterazione di questi accordi, che creano una falsa ciclicità, alludendo alla falsa prospettiva creata dalla sguardo di chi vorrebbe immaginare un panorama dietro queste imponenti colonne. Un novello Infinito leopardiano, straordinariamente riportato in musica dall’estrema bravura dei due musicisti, soprattutto di D’Orazio, il quale ha affrontato passaggi tecnici molto complessi, da eseguire in rapida successione: armonici, pizzicati estremi, strappati con la mano sinistra, e infine un sussurro, dal proprio violino. 

Il 23 luglio invece, il duo Caroli-Ceresini ha fatto scoprire, al pubblico numerosissimo presente nelle scuderie Caetani, musiche poco conosciute come la Sonata in Si bemolle maggiore op. 121 di Sigfried Karg-Elert e le due bellissime trascrizioni dello stesso Caroli della Sonata in Re Maggiore op. 16 di Othmar Schoeck e della Sonata in Mi Bemolle maggiore op. 18 di Richard Strauss. A impreziosire ancor di più il concerto però è stata la prima esecuzione italiana di Empty Footprints di Ivan Vandor nella quale il pianoforte e il flauto si scambiano continuamente i ruoli, rappresentando con le proprie caratteristiche timbriche delle impronte pesanti o veloci, che nella loro essenza impalpabile di suono, si fanno prima materia e poi scompaiono, rimanendo impresse nella memoria ma essendo sostanzialmente vuote.

Non si possono non menzionare gli altri concerti che hanno esaltato il calendario e anche il pubblico del Festival Pontino: primo fra tutti il recital romantico di Andrea Lucchesini, che con Fantasia op. 17 di Robert Schumann e la Sonata in Si minore di Franz Liszt ha dato vita a un concerto con un repertorio tra i più classici, ma stupendo per il tocco, la maestria, l’interpretazione e la tecnica utilizzata nel dar vita a due capolavori della storia della musica d’arte occidentale. La collaborazione con la Civica Scuola di Musica Claudio Abbado ha regalato sul finire del Festival, il 28 luglio, una serata all’insegna della cosiddetta musica antica, che ha restituito al pubblico assiepato all’interno del Chiostro del Convento di Sant’Oliva a Cori, la particolarità di ascoltare un cornetto, un flauto dolce, un clavicembalo e una viola da gamba suonare insieme, cercando di restituire la veste sonora più vicina alle opere di Frescobaldi, Palestrina, Cipriano de Rore e Fabrizio Caroso, grazie all’interpretazione di Ariadna Quappe Moya, Anaïs Lauwaert e Ana Marija Krajnc.

Infine non possono rimanere taciuti i concerti che hanno visto aprire il Festival all’Ensemble Apollon, con il quartetto n.1 in Si bemolle maggiore K 174 e il quintetto n.3 in Do maggiore K 515 di Mozart e al Trio Eidos, con musiche di Haydn, Beethoven e Martinů; oppure il viaggio musicale nella musica da repertorio degli ottoni grazie all’Ensemble Tubilustrium, che si è esibito nella fiabesca cornice dei Giardini di Ninfa a Cisterna di Latina, il concerto di Fiorella Sassanelli (pianoforte) e Paride Losacco (violino), giovanissimo e promettente violinista fresco vincitore del Premio Cerocchi e infine le ultime serate presso i Giardini del Comune di Latina, con la fisarmonica di Marco Lo Russo e la splendida voce della dodicenne Isabella Paruzzo, che insieme al suo ukulele ha incantato anche il pubblico del capoluogo pontino.

Un Festival dunque che ha riempito di musica Sermoneta e non solo, che ha portato alla ribalta della musica contemporanea tanti nuovi possibili compositori e tante prime esecuzioni assolute; un Festival che è stato raccontato sul nostro profilo social con le storie in diretta e che vivrà ancora nelle prossime settimane grazie ad una puntata del Circolo delle Quinte dedicata appositamente a questo appuntamento estivo e a due suoi protagonisti – curiosi di sapere chi? Lo scoprirete tra qualche giorno!

In copertina il quadro di Tommaso Andreocci, scelto come locandina della Rassegna

Luca Cianfoni

Autore

Nato con la chitarra tra le mani e tante cose da dire, sempre alla ricerca delle parole giuste. Laureato in Musicologia all'Università "La Sapienza", provo a metter nero su bianco le parole trovate.

Amo la filosofia, le etimologie e le intersezioni della cultura; ma anche un buon vino può bastare.

tutti gli articoli di Luca Cianfoni