Bach e i brandeburghesi, un racconto del racconto

Scrivere un articolo riguardo una grande opera o un grande autore non è mai semplice, si fa difficoltà a immaginarne l’inizio, a trovare una chiusa efficace, si fa difficoltà anche a tirarne le fila della contestualizzazione in un ambito storico-artistico, perché si vorrebbero dire tante cose per fare in modo che ciò che diciamo arrivi veramente a chi ci legge. Poi c’è anche il legame personale che ci lega al brano, all’opera o al compositore su cui si scrive, che ci rende appassionati, tocca particolari corde del nostro cuore che vorremmo condividere con tutti, ma alle volte non è possibile. Ecco, prendete tutto questo e immaginate di farlo con Bach e i suoi Concerti Brandeburghesi e che invece di scrivere un articolo ci venisse chiesto di scriverci un libro: follia! Però si sa, noi a fare le cose ordinarie non siamo capaci e quindi con alcuni dei nostri autori ci siamo buttati in questa avventura, per la quale dobbiamo ringraziare Carocci Editore che ci ha assecondato, per questo vogliamo fare ciò che nel libro non siamo riusciti a fare, cioè raccontarvi il nostro personale rapporto con i Brandeburghesi e con Bach, come nasce questo libro e come abbiamo vissuto questa avventura.

Margherita: Il mio legame con i Concerti Brandeburghesi è di carattere famigliare: il mio primo incontro con il nome di Bach fu proprio attraverso questi Concerti. Da bambina ne ignoravo l’intrinseca bellezza e complessità e ne apprezzavo la brillantezza, lo slancio, il carattere sempre così diverso eppure con quella costante sensazione di appartenenza, che solo più tardi imparerai a riconoscere come marchio stilistico che lo contraddistingueva. Ecco, Bach per me è famigliarità, limpida complessità: poter esplorare il suo linguaggio e indagare la responsabilità, la libertà e lo spazio che concede a noi interpreti nella sua musica è stato l’aspetto più emozionante e affascinante della scrittura di questo libro.

Marco : Un libro sui Brandeburghesi…che sfida! Questa è stata la mia prima reazione quando Matteo e Filippo ci hanno annunciato, mesi e mesi fa, che saremmo stati proprio noi paralleli a scriverlo. Da dove partire? Cosa fare? Come farlo? E io, proprio io, sarò all’altezza del compito?
Oggi non saprei bene ricostruire tutto il lavoro che c’è stato dietro, tutte le ore spese in riunioni, ricerche, ascolti, scrittura e revisioni. So però che il libro è lì, materialmente presente nelle librerie di tutta Italia, che i nostri lettori e altri curiosi musicofili lo stanno comprando, che aver approfondito Bach lo ha reso ancor più meraviglioso e allo stesso tempo misterioso di prima ai miei occhi e alle mie orecchie, che Quinte Parallele è una grande squadra.

Tiziano: Poter scrivere dei concerti brandeburghesi all’interno di questo progetto editoriale per me ha significato scoprire i segreti dietro la fusione armoniosa degli strumenti, le segrete simmetrie polifoniche e l’alchemica sintesi tra il micro e macrocosmo. Ma scrivere della musica Bach è stato soprattutto addentrarmi nuovamente in un’esperienza sonora davvero senza tempo, alla quale sono legato in modo profondo da quando ero bambino.

Alice: Da violoncellista per la quale il nome di Bach rimanda subito alle Sei Suites impossibili, ri-avvicinarsi a Bach è stato come riprovare il desiderio di una bambina che, imparando a leggere, riesce appena a terminare il suo primo libro che già vuole cominciarne un altro. Attraverso l’esempio magistrale del Bach compositore, ho quindi voluto mettere in luce quanto sia divertente lo studio della musica e quanto sia entusiasmante capire perché quel gruppo di note, messe vicino ad altre e nel rispetto di una loro architettura intrinseca e misteriosa, funzionano così perfettamente da farci provare le più varie emozioni. I Brandeburghesi racchiudono l’essenza del ‘divertirsi insieme’ mantenendo le proprie peculiarità… niente di più vicino a quello che è stato Quinte Parallele nella stesura di questo lavoro!

Michela: Quando abbiamo fondato Quinte Parallele, da subito, abbiamo deciso di puntare in alto, però che dopo quasi otto anni saremmo arrivati così in alto da scrivere un libro dedicato al capolavoro del Sommo Bach, quali sono i Concerti Brandeburghesi, è stata una soddisfazione immensa!
Che dire del contenuto? Chi di noi non è cresciuto con la meraviglia di Bach! Essendo violinista sono cresciuta “a pane e Bach”, sognando di suonare un giorno il Terzo Concerto Brandeburghese. Quel giorno è arrivato, e un sogno è stato tirato fuori dal cassetto; dunque, quando si è presentato il progetto con i colleghi e soprattutto amici di Quinte Parallele, non c’era altro desiderio per me che curare il capitolo sul Terzo Brandeburghese. Il lavoro è stato intenso, fianco a fianco con Marica Coppola, abbiamo parlato di qualcosa di cui è difficile parlare senza emozionarsi, non credo che per alcune cose le parole siano sufficienti, ma ci abbiamo provato e questo libro è il frutto della nostra emozione.

Matteo: Il mio rapporto con i Brandeburghesi di Bach risale a quando, compiuti da poco 9 anni, ebbi in regalo un avanzatissimo (!) mangiacassette portatile con alcuni nastri di diversi generi musicali. Tra quella di Mina e Baglioni, si nascondeva l’audiocassetta con l’incisione di Pinchas Zukerman dei Concerti n. 4, 5 e 6. Fu amore a primo udito, e passai l’intera estate a consumare quel nastro che conservo ancora gelosamente. I Brandeburghesi sono senza dubbio un monumento tra i più importanti della storia della musica. Tuttavia, come accade per i monumenti che troviamo per strada, non sempre ci fermiamo a guardarli e a interrogarli. È proprio con l’intento di svelare una piccola parte dell’universo che si cela dietro quelle note che abbiamo dato vita a questo libro a cui ho avuto il piacere di lavorare insieme alla redazione di Quinte Parallele.

Filippo: Scrivere questo libro, affrontare i vari capitoli e cercare di cogliere le varie sfaccettature della musica che trattavo è stato un modo per incontrare Bach. Ma non solo come artista, anche, e forse soprattutto, come uomo: il mio Bach diventa un esploratore, un grande camminatore che gira la Germania alla ricerca dei suoi maestri, un instancabile ricercatore che scandaglia le profondità della creatività del suo tempo per costruire il proprio stile, o un curioso provocatore, che nel sesto concerto da un ruolo preminente a strumenti altrimenti quasi trascurati. La sfida di costruire questo progetto passo dopo passo poi si intreccia con quella più grande di costruire l’identità di Quinte Parallele, un progetto che era nato per ricreare, o addirittura emulare, la capacità narrativa della scrittura cartacea in un formato digitale e che dopo mille vicissitudini arriva a pubblicare un libro del genere. Nei concerti brandeburghesi forse non c’è la forma circolare propriamente intesa, ma sarebbe bello immaginare che quantomeno un leitmotiv ce lo abbiano donato.

E voi? Qual è il vostro rapporto con i Brandeburghesi? Faccelo sapere sui nostri canali social! Nel frattempo se ancora non avete acquistato una copia del nostro libro potete farlo qui!

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