5 ascolti per incontrare Isabella Leonarda

La “Musa Novarese” del Seicento

Autore: Marco Surace

22 Dicembre 2020

Il mondo della musica classica vanta un numero enorme di compositrici e, più in generale, di musiciste che hanno operato in diversi contesti storico-geografici dal Medioevo ai giorni nostri. Se è vero, da un lato, che esse sono ancora oggi meno presenti rispetto alla controparte maschile nelle pubblicazioni storico-musicali e nelle programmazioni concertistiche, è anche vero, dall’altro lato, che il rinnovato interesse nei confronti della tematica delle donne in musica ha incentivato la riscoperta dell’opera artistica di grandi compositrici del passato (pensiamo a Fanny Hensel-Mendelssohn e Clara Wieck-Schumann nell’Ottocento, a Francesca Caccini e Barbara Strozzi nel Seicento o, tornando ancor più indietro con le lancette, a Hildegard von Bingen).
Tra queste artiste ce n’è una che, sotto molti aspetti, è ancora tutta da scoprire: Isabella Leonarda.

Quale anno più appropriato per avvicinarci alla produzione musicale della Leonarda se non il 2020, che non porta con sé solo ricorrenze come i 250 anni dalla nascita di Ludwig van Beethoven e del chitarrista-compositore Ferdinando Carulli, o il centenario della nascita di Bruno Maderna e Dave Brubeck, ma che è anche l’anno in cui si festeggiano i 400 anni dalla nascita di Isabella.

«Si come Novara ha havuto huomini illustri in tutte le professioni…così ancora non vi sono mancate donne virtuose, che la illustrino. Tra queste risplende con fama gloriosa di suo nome Isabella Leonarda, che per il singolo pregio, ch’ella tiene nell’arte della musica, potrebbe con ragione chiamarsi per antonomasia la Musa Novarese. Imperoche in lei concorrono peregrine inventioni, genio universale, felicità nelle ispressioni degl’affetti, fecondità d’idee, adornamento di teoriche fondamentali, e finalmente tutto quanto fa desiderare la perfettione di quest’arte […]».
(Lazaro Agostino Cotta nel suo Museo Novarese, pubblicato a Milano nel 1701)

Nata a Novara il 6 settembre 1620, Isabella era la figlia del conte Giannantonio Leonardi e di sua moglie Apollonia. La loro era un’antica e importante famiglia che, nel corso dei secoli, aveva acquisito un considerevole prestigio nella città (oggi) piemontese: molti Leonardi erano stati grandi intellettuali (Giannantonio era, tra l’altro, dottore in legge) e diversi membri avevano ricoperto importanti cariche ecclesiastiche e civili. Nel 1636 Leonarda entrò nel Collegio di Sant’Orsola, un convento di Suore Orsoline della città di Novara, presso il quale ella ricoprì varie cariche: madre (1676), superiora (1686), madre vicaria (1693), consigliera (1700). Il Collegio, che ospitava all’epoca circa una trentina di giovani donne (tra suore e giovani aristocratiche a loro affidate), impartiva un’esemplare educazione religiosa che comprendeva, tra gli altri, anche la formazione musicale: alle giovani “putte” veniva infatti insegnato il canto polifonico, considerato una parte fondamentale delle cerimonie e delle celebrazioni religiose all’interno del convento (e nella ritualità cristiana, in generale).

Si conosce molto poco sia del mondo musicale all’interno del Collegio che della formazione di Isabella, ma è chiaro che all’educazione musicale che riceveva quotidianamente nel Convento si aggiunsero, in un secondo momento, le lezioni di composizione; queste le furono impartite con ogni probabilità da Gasparo Casati, maestro di cappella della Cattedrale di Novara. Sappiamo, inoltre, che la sua attività di compositrice si svolse perlopiù nel e per il monastero, e che Leonarda fu molto apprezzata nella sua città natale e anche a Parigi, ma apparentemente non fu altrettanto conosciuta nelle altre parti d’Italia.
Mottetti, concerti sacri a una o quattro voci, canti sacri in latino e in volgare, salmi, responsori, Magnificat, litanie, Messe e sonate da chiesa: Leonarda compose oltre duecento opere, di genere sacro per la quasi totalità, delle quali ne sono sopravvissute solamente diciassette. Questa non è certo la sede per scandagliarle tutte quante ma, essendo rimasto particolarmente affascinato da alcune sue musiche, mi sono permesso di selezionare cinque suggerimenti di ascolto per farvi avvicinare all’arte compositiva della nostra “Musa Novarese”.

 

Suor Isabella Leonarda manifestò per tutta la durata della sua vita una forte devozione nei confronti della figura di Maria. Tra i tanti brani a Lei consacrati c’è il suo mottetto Ave Regina Caelorum, il cui testo è tratto dall’omonima antifona mariana e che è parte della raccolta di Motetti a quattro voci con le litanie della Beata Vergine, op. 10 (Milano: Camagni, 1684). In questo brano Isabella riesce a esprimere abilmente il carattere gioioso del testo: tutto si impernia su un vivace ritmo di danza a suddivisione ternaria, il cui incedere è reso ancor più interessante dall’alternanza soli-tutti, dal contrasto dinamico adoperato per creare l’effetto eco (come se la lode a Maria risuonasse all’interno della chiesa), dai momenti imitativi tra le voci e da momenti più espressivi (ad esempio il melisma su exora pro nobis, “prega per noi”, che pone l’enfasi sulla richiesta di supplica).

 

Ragionando su quali suggerimenti d’ascolto “leonardiani” avrei potuto fornire a voi lettori, ho pensato che sarebbe stato opportuno includere anche una composizione più estesa e articolata. Per questo motivo vi invito ad ascoltare la Messa Prima, che fa parte dell’op. 18 (Messe a quattro voci concertate con Stromenti & Motetti a una, due e tre voci, pure con Stromenti, 1696) e che presenta, come spesso avviene nelle opere della Leonarda, una doppia dedica: quella a un dedicatario “umano” (in questo caso Giovanni Battista Visconti, vescovo di Novara) e quella a Maria (“Imperatrice de Cieli”).
La Messa Prima – che presenta solo Kyrie, Gloria e Credo risulta esemplificativa se si vuole inquadrare la scrittura musicale della Leonarda sia dal punto di vista tecnico che da quello espressivo.  E’ interessante, per esempio, il modo in cui ella rende il primo Kyrie Eleison (Signore pietà) più supplichevole, creando un’alternanza tra voci e strumenti dal tono sempre umile e dimesso; il secondo Kyrie, invece, si presenta come un contrappunto fugato (le voci si rincorrono e poi convergono alla fine del brano), quasi a voler suggerire che adesso l’originaria supplica dell’io orante è stata estesa a tutta la comunità.
Anche il Gloria vive di numerosi e variegati momenti: dal monumentale inizio corale al successivo dialogo alternato tra voci e strumenti (Laudamus Te), passando per un momento più patetico e lacrimoso (Miserere nobis) fino a chiudersi su un’atmosfera più spiritosa e vivace, quella del popolo che, lieto, proclama la gloria del Signore (Quoniam Tu solus Sanctus, Tu solus Dominus…).
Medesimi procedimenti si trovano nel Credo, in cui Leonarda gioca con i cambi di tempo  –  ad esempio su Crucifixus (è stato crocifisso) si procede su un “Adagio” dal tono mesto, ma etiam pro nobis (anche per noi) prevede un tempo “Spiritoso”  –  o enfatizza il testo a livello melodico (la parola mortuorum viene sottolineata dalla discesa di ottava).

 

 

Un altro mottetto molto suggestivo di Leonarda è Quam dulcis per soprano, due violini e organo, che si trova nella raccolta di Mottetti a una, due, e tre voci con violini, e senza, Op. 13 del 1687. Questa volta non è solo la consueta formula dedicatoria a tradire la totale adorazione di Suor Leonarda nei confronti della “Augustissima Imperatrice de Cieli”, ma è anche e soprattutto il testo del mottetto, scritto da Isabella in persona e a Lei rivolto. La musica è gioiosa e si apre con una sinfonia dei violini che, nel corso del brano, si ripresenta e scandisce via via le sezioni. In questo mottetto Isabella ci delizia con momenti soavi (Quam dulcis es, quam cara, cordi amanti o Mater Pia) e con passi dall’andamento festoso (Si per te, o Maria, sum in risu festivo), enfatizzando anche qui alcuni specifici momenti testuali: quando Suor Leonarda dedica le sue armonie alla Vergine (Ergo mea armonia tota tua semper est, Virgo Maria), lo mette in risalto facendo procedere i violini, l’organo e il soprano in maniera omoritmica e creando, di fatto, una sovrapposizione di voci.

 

I brani che vi ho presentato finora, pur appartenendo a generi diversi o presentandosi sotto forme differenti, sono tutti caratterizzati dall’uso di testi in lingua latina (sia preesistenti che originali). Per questa ragione, vi propongo ora un ascolto che si basa su un testo scritto in lingua volgare: il Canon Coronato a tre tenori. Questo brano è l’ultimo degli undici pezzi della raccolta di Salmi concertati a 4 voci con strumenti op. 19 (Bologna: Marino Silvani, 1698)  – anche se, stranamente, è a tre voci e non prevede alcun accompagnamento strumentale – e presenta un testo originale di Leonarda in onore della Vergine di Loreto, “Eccelsa tre volte, ed Augusta Imperatrice de Cieli” (“Quest’opera mia ti dono col cor, o Madre Maria per pegno d’Amor”…). Si tratta di un canone a tre voci, dal tema semplice ma di grande effetto; lo potete ascoltare nella realizzazione virtuale fatta dalla Cappella Artemisia per l’anniversario della nascita della Leonarda, una performance che include voci miste e una gran varietà di strumenti, per un totale di 170 partecipanti.

 

 

 

Al tempo della Musa Novarese erano poche le donne che componevano musica puramente strumentale. Sono pervenuti a noi, per esempio, brani cameristici della compositrice francese Jacquet de la Guerre, nata qualche decennio dopo Leonarda; ma figure celebri come Francesca Caccini (nata prima di Isabella) e Barbara Strozzi (coeva) produssero prevalentemente musica vocale e solo nel pieno Settecento troviamo più frequentemente musica strumentale (concerti e musiche da camera di Maddalena Lombardini Sirmen, musica sinfonica di Marianna Martines e addirittura delle marce militari di Anna Amalia di Prussia). Probabilmente, sotto questo punto di vista, la Leonarda detiene un primato: è la prima donna ad aver pubblicato delle Sonate per violini e basso continuo. Dedicate all’Arcivescovo di Milano Federico Caccia e, come sempre, anche alla Beatissima Vergine (hanno quindi una loro sacralità), le Sonate A 1. 2. 3. e 4. Istromenti – op. 16 furono pubblicate a Bologna nel 1693. La raccolta, che Suor Isabella definisce “un picciolo parto di mie povere fatiche”, si compone di dodici Sonate di cui solo l’ultima è solistica (“a violino solo”).
Come quinto e ultimo suggerimento d’ascolto vi propongo quindi la Sonata Prima per due violini, violone e organo. La scelta dell’organo come strumento deputato al ruolo di accompagnamento (basso continuo) fa pensare subito che si tratti di una “Sonata da chiesa”, ma questo lavoro è tutt’altro che consueto ed è intriso di elementi originali. In genere si ritiene che sia stato Arcangelo Corelli ad aver elaborato la forma “standard” della sonata da chiesa, optando per una suddivisione in quattro movimenti dagli andamenti alternati (lento, veloce, lento, veloce). La Sonata prima di Leonarda, come molte altre nella stessa raccolta, presenta invece un numero maggiore di movimenti: Allegro, Largo, Adagio, Aria: Allegro, [senza indicazione di tempo], Vivace. Questo continuo cambio di caratteri (ora più lirico, ora più vivace) e di metri (si passa spesso dal ternario al binario e viceversa) crea grande varietà e rinnova continuamente l’attenzione dell’ascoltatore.  A mio avviso, però, la vera peculiarità della Sonata prima è nello specifico il movimento in cui non c’è alcuna prescrizione a livello di tempo: gli strumenti sono invitati, a turno, a esternare il loro canto con estrema libertà ed espressività, sostenuti da un tappeto di note lunghe. Vi invito, specialmente se avete apprezzato la Prima, ad ascoltare tutte le Sonate dell’op. 16, che nulla hanno da invidiare a quelle corelliane.

 

 

Una suora devota e operosa, una donna dallo spirito e dalle origini nobili, una compositrice innovativa e versatile: insomma, Isabella Leonarda è senza dubbio una figura che merita di essere (ri)conosciuta e (ri)scoperta. Spero, pertanto, che questo piccolo excursus che vi ho proposto possa essere per voi l’inizio di un percorso volto all’approfondimento dell’affascinante arte musicale della “Musa Novarese”.

 

Teatro Regio Parma – Accademia Verdiana

Written by Marco Surace

Laureato in chitarra classica al Conservatorio "Santa Cecilia" di Roma e in Musicologia all'Università "La Sapienza". Nella mia quotidianità cerco di far convivere la mia ossessione per Maurice Ravel con l'entusiasmo della scoperta di nuove sonorità. Innamorato perso del violoncello, della musica minimalista e della pasta al sugo. Ho una battuta o un meme per ogni occasione.

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