La Sonata per violoncello e pianoforte op. 38 di Francesco Cilea
di Margherita Succio - 20 Novembre 2024
Francesco Cilea è compositore e insegnante, ricordato particolarmente per il suo contributo al repertorio operistico verista. Nato a Palmi, cresce circondato da una famiglia che supporterà fin dall’inizio il suo percorso musicale. È ammesso all’età di sedici anni presso il Conservatorio di Napoli, dove incontra il mondo della composizione attraverso la figura di Paolo Serrao. In questi anni compone Gina, che nel 1889 gli permette di confrontarsi per la prima volta con la critica musicale italiana.
L’Arlesiana, tratta dal dramma di Alphonse Daudet e su libretto di Leopoldo Marenco, è eseguita nel 1897, e risulta un insuccesso. Cilea, convinto profondamente del valore di quest’opera, vi ritornerà quasi ossessivamente in più occasioni durante la sua vita per apportarvi importanti modifiche, senza mai riuscire a rilanciarla e a rivendicarla al grande pubblico.
È solo con Adriana Lecouvreur che Cilea raggiunge il successo nazionale. A pochi anni da L’Arlesiana, Cilea presenta l’opera su libretto di Arturo Colautti e basata su una pièce di Eugène Scribe presso il Teatro Lirico di Milano, lo stesso palco dov’era nata la sua ultima opera. Nonostante l’ottima accoglienza – e considerato oggi il suo lavoro più conosciuto – risulterà solo un abbaglio. La sua opera successiva e ultima, Gloria, non riesce a impressionare il pubblico né la critica. La sua prima rappresentazione presso il Teatro alla Scala di Milano nel 1907, sotto la direzione di Arturo Toscanini, presenta al pubblico una maturazione importante dello stile di Cilea, ma questo suo nuovo linguaggio non è accolto con entusiasmo. L’ambiente di pesante rivalità e l’atmosfera profondamente tesa e accesa caratteristica del suo tempo lo allontanano dal mondo dell’opera. È da questo distacco che Cilea dà vita, anche grazie al lungo percorso di insegnamento, alla ricerca e scrittura puramente strumentale.
La Sonata
La Sonata in re maggiore per violoncello e pianoforte op. 38 esiste in due versioni distinte, entrambe completate nel 1888. Le differenze tra i due lavori sono sostanziali nella forma e nella gestione degli strumenti, e nel materiale musicale. La seconda versione è più concisa e compatta; Cilea ne ha snellito la parte pianistica, liberandola di alcuni tratti molto elaborati e densi per dare più trasparenza al corpo sonoro dell’intero lavoro, così come l’aspetto melodico generale, più lineare e semplice, meno contorto della prima versione. La narrazione musicale risulta in questo modo più lucida e coerente. Un’altra differenza sostanziale si trova nell’Adagio, all’interno del quale Cilea si concentra – e riesce nell’intento – sulla sensibilità e l’intensità della parte del violoncello. Di seguito si propone la seconda versione, generalmente più eseguita.
I. Allegro moderato
Il primo movimento si apre con un elemento ricorrente nel lavoro di Cilea, ovvero alla gentilezza ed estroversione del canto: nel corso dell’Allegro moderato si ritrova spesso, sia nell’aspetto melodico, sia soprattutto nella scrittura pianistica, l’estro giovanile, entusiasta e generoso di Mendelssohn, con una particolare famigliarità alla sua seconda Sonata, anch’essa in re maggiore e caratterizzata da un movimento iniziale energico e ricco di slancio.
Cilea mostra la sua propensione per la cura della melodia e di tutto ciò che può arricchirla nel breve sviluppo, variegato e mutevole nel materiale musicale; l’uso dell’armonia si concentra sul contrasto netto tra tonalità che raccontano luce e ombra, slancio spassionato e drammaticità composta, che non si lascia mai alla disperazione ma non risulta meno espressiva. L’ascolto è fresco e fluido, risultando coerente e coinvolgente. La coda del movimento è particolarmente interessante: dopo un’ultima comparsa del tema principale, Cilea chiude il sipario con una serie di scale, arpeggi, riconferme appassionate di un re maggiore solare, felice e sorridente, quasi compiacente.
II. Alla Romanza
Se il primo movimento è canto spensierato, Alla Romanza risulta, fin dall’indicazione precisa Largo doloroso, una ricerca intima e profonda, un espressivo Lied per violoncello e pianoforte.
La parte pianistica, prima concitata, ora si svuota, mentre il violoncello si libera dell’agilità dell’Allegro moderato per cercare espressione e drammaticità teatrale, la cui malinconia si appesantisce, si contrae e si distende fino al centro del movimento, un bellissimo momento di grande intensità e cantabilità. Al pianoforte Cilea consegna un breve momento di luce, un abbaglio momentaneo che converge verso l’attesa, l’incertezza che fa scivolare il violoncello in una ripresa più concreta e drammatica, più presente. Cilea sembra mostrarci la presa di coscienza successiva al tormento e al dolore, consegnandoci nella coda del movimento un’ultima rimembranza più conciliante. Il finale, che custodisce un sapore quasi bucolico e che ricorda, nell’uso dell’armonia, la riconciliazione con la natura di Dvorak, lascia l’ascoltatore con una serenità inconclusa.
III. Allegro animato
L’Allegro animato ci presenta qualcosa di completamente diverso: entrambi gli strumenti si divertono e giocano in una struttura serrata iniziale, che presenta una velata cantabilità poi esplorata nel secondo tema. Lo slancio spassionato del primo movimento sembra trasformarsi in giovialità più matura e profonda, che si diverte con intenzione senza escludere l’ombra del dramma e del dubbio, del tormento coinvolgente che s’incontra nel corso dello sviluppo. Cilea gioca con la forma con un breve citando alla fine dello sviluppo il tema iniziale della Sonata, senza però usare la soluzione della circolarità e ricollegarsi pienamente all’Allegro moderato; sembra solo un ricordo emerso dal vortice centrale, un cenno di famigliarità a quella spensieratezza, ma non una sua conferma. La Sonata finisce invece quasi sbattendo la porta, in una finale dal carattere operistico, attraverso accordi incalzanti, gioiosi, trionfanti.