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Ritratto in concerto – Yundi Li

di Matteo Macinanti - 15 Marzo 2016

Una sala da sold out e un cambio di programma repentino sono stati la cornice del concerto dell’Istituzione Universitaria dei Concerti di sabato pomeriggio che ha visto il debutto romano del pianista cinese Yundi Li.

Vincitore a soli 18 anni del prestigioso Concorso “Chopin” di Varsavia, Yundi Li è ormai tra i più acclamati pianisti cinesi.
È proprio il suo amato Chopin il protagonista del recital, nonostante, nel programma originale, fossero accompagnate al compositore polacco una pagina pianistica di Schumann, la Fantasia in do maggiore, e le celeberrime sonate “Appassionata” e “Al chiaro di luna” di Beethoven.
Un cambiamento nel programma che al pubblico non risulta difficile da perdonare  (nonostante più di uno abbia storto il naso), soprattutto per l’elevatezza del nuovo programma: le 4 Ballate e i 24 Preludi.

Le Ballate sono tra le composizioni per pianoforte di Chopin più famose ed eseguite in concerto.
In esse si avverte già la concezione compositiva del pianista polacco: operare una “rivoluzione musicale” interna alle forme ormai stabili della tradizione.

Una prima novità di queste composizioni risiede nel fatto che esse siano le prime ballate, a partire dal Duecento e dal Trecento, che non siano direttamente collegate ad un testo letterario (l’annoso quesito della loro relazione con le ballate del poeta e letterato polacco Adam Mickiewicz lo si può liquidare in poche parole, sottolineando semplicemente che, in ogni caso, quella di Chopin non è certamente musica a  programma).

Composte in un arco temporale piuttosto ristretto, dieci anni circa, le Ballate fanno parte del periodo maturo dell’artista e in esse vengono a coagularsi i caratteri del periodare musicale di Chopin: un’architettura esternamente semplice, due pensieri musicali che si contrappongono e si trasformano nel corso dello svolgimento e che raggiungono un epilogo drammatico e passionale nella Coda conclusiva.

È proprio la passionalità e la tensione drammatica il filo conduttore che anima queste composizioni pianistiche caratterizzate, per di più, da una certa componente destabilizzatrice.
Basti pensare all’incipit della Ballata n.1 (Ballata in Sol minore op.23): nonostante la tonalità d’impianto sia il Sol minore, il primo periodo è dominato da un’incertezza armonica, che imposta il periodo iniziale nella tonalità di La bemolle maggiore, e stabilisce un metro (4/4) inusuale per una Ballata.

È proprio questa alta tensione instabile, che corre per tutte e quattro le composizioni, ciò di cui abbiamo avvertito la mancanza nell’esecuzione del pianista cinese.
Un approccio piuttosto monocorde e poco brillante quello di Yundi Li che ha fatto sì che venisse meno la vivacità insita nel tormento delle, certamente poco ballabili, ballate chopiniane.

Di certo però non si può dire che sia venuto meno l’entusiasmo del pubblico.
Quest’ultimo, assai numeroso e composito, ha dimostrato un’ottima accoglienza al pianista, nuovo alla scena romana, tanto da applaudire ancor prima della coda finale dell’ultima ballata.

Errori, quelli del pubblico, che fanno impallidire alcuni ascoltatori incartapecoriti ma che rivelano un auditorio, se non esperto, certamente curioso e desideroso di confrontarsi con la musica di un certo livello.

È invece nella quarta Ballata, la più tristemente inquieta e malinconica, che sentiamo rinvigorirsi il discorso musicale, fiaccato (chissà?) dal cambio improvviso forse per lo stesso pianista.

Il pit-stop dell’intervallo si rivela essere invece un momento propizio per comprendere lo spessore esecutivo che è alla base della fama del pianista cinese, messo spesso in contrapposizione con il compatriota Lang Lang.
Dopo l’intervallo infatti Yundi Li offre un’interpretazione dei 24 Preludi decisamente più apprezzabile rispetto alla precedente metà del programma.

I Preludi chopiniani sono delle vere e proprie miniature, spesso ma non sempre, monotematiche, nelle quali il virtuosismo, componente non indifferente delle composizioni di Chopin, assume per la verità una posizione secondaria e lascia il posto all’espressività e al lirismo puro.

Per parlare dei 24 Preludi di Chopin si può lasciare la parola ai due sommi contemporanei di Chopin: Liszt e Schumann.
Il primo li descrive così: “Ammirevoli per la loro diversità… tutto vi sembra di getto, di slancio, di improvvisazione. Hanno la libera e grande andatura che caratterizza le opere di genio”.
Dal canto suo Schumann, con la sua tipica critica poetica ebbe a dire di queste 24 gemme:  “Sono schizzi, principi di studio o, se si vuole, rovine, penne d’aquila, tutto disposto selvaggiamente e alla rinfusa.”

Una lettura certamente romantica quella dei due grandi pianisti e compositori dell’800 che sembrerebbe rendere queste piccole composizioni avulse da ogni principio organizzatore e razionale.

Per la verità oggi non siamo in grado di affermare se Chopin abbia pensato alla sua op.28 come ad una composizione unitaria e ben regolamentata o piuttosto ad un semplice accostamento caleidoscopico di frammenti.
Certo è però che l’esecuzione integrale di tutti e ventiquattro i preludi, cosa peraltro abbastanza rara, non riesce a far calare l’attenzione dell’ascoltatore, per merito, oltretutto, di quella che è la peculiarità della forma-preludio: la varietà.

Particolarmente apprezzabili, nell’esecuzione di Yundi Li risultano essere il Preludio n.4 in Mi minore, e l’oltremodo noto Preludio n.15 in Re bemolle maggiore “La goccia d’acqua”: la delicatezza del tocco nella melodia e l’accompagnamento equilibrato della mano sinistra offrono una lettura molto intimista e composta di queste due gemme musicali.

Nel bis finale troviamo invece l’essenza vera della leggerezza eterea e limpida del tocco del pianista cinese: con un delicatissimo ricamo di una antica melodia cinese, Yundi Li porta a termine il suo primo recital nella Capitale.

Matteo Macinanti

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