Bach secondo Polidori
di Matteo Camogliano - 19 Maggio 2019
Le Suites per Violoncello all’Unione Musicale
Il secondo appuntamento dell’Unione Musicale di Torino con Massimo Polidori porta a compimento l’esecuzione integrale delle Suite per violoncello di Johann Sebastian Bach, iniziata nel mese di marzo. Per il violoncellista torinese, uno dei più affermati a livello nazionale e non solo, da anni prima parte della Filarmonica e dell’Orchestra del Teatro alla Scala, è davvero una partita in casa essendo cresciuto musicalmente proprio al Conservatorio G. Verdi, dove si tiene il concerto.
La serata prevede le tre composizioni bachiane di numero pari: la II Suite in Re minore BWV 1008, la IV Suite in Mi bemolle maggiore BWV 1010 e la VI ed ultima Suite in Re maggiore BWV 1012: se vogliamo un viaggio a lieto fine, partendo da una tonalità minore per concludere con la sua omonima maggiore.
La difficoltà di esecuzione delle Suites bachiane sta, oltre che nelle capacità tecniche richieste, crescenti in modo proporzionale al numero di catalogo, nell’interpretazione da dare a ciascuno dei tempi di danza che le compongono. In tal senso non esiste una prassi certa o definitiva, in quanto se i caratteri dei singoli tempi sono piuttosto chiari, altrettanto non sono i tempi di metronomo cui vengono eseguiti, suscettibili di variazioni a seconda dell’interprete. In questo aspetto Polidori si manifesta coerente con le sue scelte in tutte e tre le Suites eseguite, prediligendo stacchi di tempo mai troppo virtuosistici ma che permettono alla musica di essere apprezzata a pieno nei suoi particolari e rimanere comunque di ascolto gradevole, senza risultare affatto noiosa o “stiracchiata”. Le tre Sarabande, tempo lento per eccellenza, sono dunque piuttosto distese e rispecchiano molto bene il carattere meditativo, quasi di preghiera, che le contraddistingue. Allo stesso modo i movimenti solitamente più spediti, come le Courante, ma anche quelli dal carattere spiccatamente danzante come le Bourreé (o Gavotte) e le Gigue, pur non avendo appunto nella resa di Polidori stacchi particolarmente virtuosistici, mantengono molto bene questo tratto che le contraddistingue, un connubio di elementi popolari e galanti tipici di questi balli del sei-settecento. Un’altra insidia della musica bachiana è la non facile memorizzazione, come dimostrano le piccole imprecisioni occorse qua e là nell’esecuzione del solista, senza tuttavia precludere minimamente la bellezza e la linearità dell’ascolto. A fine concerto il pubblico di casa riconosce e acclama la bravura del suo figliol prodigo con grande entusiasmo. Il violoncellista è riuscito infatti perfettamente nell’intento di rapire l’uditore nella musica di Bach, di sollevarlo sulle ali di quelle linee melodiche ed armoniche perfettamente intrecciate che sono le Suites. Strumento e musicista si fondo perfettamente, il suono di Polidori e del suo violoncello, dal timbro caldo e rotondo in tutti i registri, esce direttamente dalla pancia dello strumento per raggiungere quella dell’ascoltatore.
Dopo un’esecuzione integrale di Bach, spiega Polidori prima di congedarsi con i dovuti bis, le parole rischiano sempre di essere superflue e soprattutto insufficienti per spiegare la grandezza di quanto appena ascoltato. Il torinese definisce l’esperienza delle Suites di Bach un viaggio, sia per chi sta sopra che sotto il palcoscenico, una rappresentazione dell’itinerario della vita su questa terra, dunque un’esperienza intima e profonda, ringraziando gli ascoltatori per essere stati compagni partecipi dell’ immersione introspettiva di questa serata.
Come afferma meglio in diverse interviste, per il solista suonare Bach vuol dire davvero compiere un viaggio, ovvero andare a fondo nella conoscenza della tecnica, delle sonorità e delle vene del violoncello. Questa musica, all’apparenza così semplice da un punto di vista formale, ma a livello esecutivo ed interpretativo estremamente complessa, è il Vangelo, il pane quotidiano che accompagna qualunque violoncellista per tutta la sua vita, pertanto necessita di una continua esplorazione e ri-scoperta, perché è sempre nuova ogni volta che si torna ad affrontarla, comportando un continuo mettersi in gioco e alla prova.
Così per lo spettatore ascoltare Bach è come compiere un viaggio nel tempo, originato da una musica nata tre secoli fa, eppure più di qualsiasi altra capace di parlare ancora oggi al cuore degli uomini. In particolare poi queste Suites per Violoncello, vertice unico ed assoluto nella storia della musica, sembrano essere nate apposta per innescare nell’ascoltatore un movimento interiore, una ricerca che permette di scavare nel profondo e va a toccare le corde dell’anima, essendo la voce dello strumento così ricca di umanità, nella sua imperfezione, e al contempo di una bellezza divina, permettendo attraverso le note di Bach di aspirare alla perfezione stessa.
Matteo Camogliano