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Al Crocevia della Storia: John Williams a Berlino

di Redazione - 27 Ottobre 2021

Nel corso della Storia, Berlino è sempre stata un crocevia politico, culturale ed artistico dell’Europa. La città stessa ne è manifestazione tramite la sua magnifica architettura polistilistica e la vivace diversità dei suoi cittadini. Lo stesso discorso si può fare riguardo al suo ricco scenario musicale, da sempre uno dei veri tratti distintivi dell’identità della città. Berlino fu la prima città europea che, negli anni ’20 del XX secolo, accolse la rivoluzione di nuovi linguaggi musicali (tra cui il jazz) e diede vita a una nuova ondata di artisti e musicisti che sperimentarono forme più astratte e ricercate, ma allo stesso tempo rimanendo in sintonia con la realtà circostante e facendosi interpreti del cosiddetto Zeitgeist, lo Spirito del Tempo. Eppure Berlino è rimasta una delle roccaforti anche della grande tradizione classica, soprattutto dopo le tragedie della Seconda Guerra Mondiale, un luogo dove le musiche di Bach, Mozart, Beethoven, Brahms, Schumann sono sempre state di casa. È a questo proposito che la recente visita a Berlino del compositore americano John Williams per dirigere tre concerti della sua amata musica da film con i leggendari Berliner Philharmoniker pare proprio essere un altro evento importante che accade in questo crocevia della Storia della civiltà occidentale.

Questo preambolo è necessario per inquadrare in modo più ampio quanto accaduto alla Philharmonie Hall di Berlino in queste tre gioiose serate di musica indimenticabile. Sarebbe molto facile ignorare ogni tentativo di dare a questo evento un profondo significato intellettuale e culturale, dicendo che questa è solo una celebrazione della popolarità e del successo di un anziano venerabile Kapellmeister delle colonne sonore, ma sarebbe un’affermazione talmente riduttiva da non cogliere pienamente il motivo per cui questi concerti siano stati eventi assai significativi per l’evoluzione della musica orchestrale ed il suo contatto con il pubblico. Per decenni la musica per film è sempre stata giudicata dai tribunali della cosiddetta musica colta come una disciplina accessoria o, peggio ancora, come un deplorevole atto di mercantilismo. Molti compositori mitteleuropei emigrati negli Stati Uniti negli anni ’30 dopo l’avvento del fascismo (ricordiamo almeno Erich Wolfgang Korngold, Max Steiner, Franz Waxman, Miklós Rózsa) trovarono da un lato un’enorme fortuna commerciale lavorando per l’industria cinematografica di Hollywood, ma dall’altro furono costantemente fatti a pezzi dalla critica e dalla cosiddetta intellighenzia proprio per la loro scelta di comporre per il cinema, uno stigma che in molti casi è stato portato avanti anche dopo la loro scomparsa. Fortunatamente questa percezione è cambiata nel corso degli anni fino quasi a scomparire, al punto che oggi la musica per film è considerata una legittima forma d’arte degna di qualsiasi compositore di talento e finalmente viene accolta senza pregiudizi persino nei templi della grande musica per essere eseguita con pari dignità del repertorio classico, portando con sé un nuovo pubblico e facendo cadere recinti e steccati ormai privi di senso. E se questo oggi accade, è in gran parte grazie alla continua ricerca dell’eccellenza che ha caratterizzato la vita musicale di John Williams, colui che probabilmente più di ogni altro compositore attivo nel cinema negli ultimi 50 anni ha svolto un enorme lavoro per far sì che il repertorio cinematografico fosse adeguatamente riconosciuto anche nel contesto nella sala da concerto. In aggiunta al successo delle sue colonne sonore più popolari, che hanno rimesso l’orchestra sinfonica al centro della narrazione cinematografica, la sua attività come direttore stabile dei Boston Pops dal 1980 al 1993 e successivamente come direttore ospite delle più eccellenti orchestre americane (Boston, New York, Los Angeles, Chicago, Philadelphia) è stata cruciale per il cambio di prospettiva nei confronti di un repertorio e di compositori spesso negletti come quelli sopra citati. Alle orecchie di molti, la musica per film potrebbe essere solo Gebrauchsmusik (e in molti casi sicuramente lo è, specie al giorno d’oggi), ma nelle mani dei migliori professionisti che le hanno dedicato una vita intera, come nel caso del Maestro Williams, può raggiungere le vette della grande Absolutmusik, come hanno dimostrato con successo questi concerti di Berlino. E dunque, al crocevia della Storia, la musica di John Williams ha trovato un altro importante e, oserei dire, imprescindibile riconoscimento storico nel cuore dell’Europa, nella culla della grande musica occidentale.

John Williams ha fatto il suo debutto come direttore d’orchestra in Europa continentale soltanto nel gennaio 2020, quando fu invitato dalla Filarmonica di Vienna a dirigere due concerti della sua celebre musica per film. Era la prima volta che la più antica istituzione musicale europea apriva le sue porte a un compositore vivente per dirigere un repertorio di musica scritta per il cinema. Il significato di quei concerti è stato ampiamente celebrato con svariate uscite discografiche e una pubblicazione della ripresa video del concerto in Blu-ray su etichetta Deutsche Grammophon. Tuttavia, il successo di quelle esibizioni, che hanno visto anche la violinista di fama mondiale Anne-Sophie Mutter unirsi sul palco, è stata anche una nobile affermazione di quanto la musica di questo compositore sia entrata nell’immaginario collettivo a tal punto che la natura filmica delle sue composizioni sta forse diventando sempre meno importante alle orecchie dei suoi numerosi ascoltatori in tutto il mondo. Potrebbe sembrare un’affermazione in contraddizione con quanto scritto finora, ma più passano gli anni, meno la musica di John Williams sembra nascere da una necessità molto specifica e persino utilitaristica come accompagnare una narrazione cinematografica. Grazie al suo inesauribile potere evocativo e a un discorso musicale costruito sempre impeccabilmente, può essere vissuta e apprezzata semplicemente per quello che è, ovvero ottima musica. Spinge chi la ascolta a costruire le proprie storie e i propri scenari, ricordandoci sicuramente le emozioni che abbiamo provato vedendo storie di guerre stellari, avventure di archeologi scavezzacollo, maghi occhialuti su scope volanti, supereroi invincibili col mantello rosso e biciclette che volano sulla luna, ma allo stesso tempo ci ammalia, affascina e commuove solo grazie al potere di quelle note, qui suonate da un ensemble di musicisti superlativi.

È stato questo profondo sentimento di gioia condivisa a caratterizzare l’impeccabile, potente esibizione dei Berliner Philharmoniker il 14, 15 e 16 ottobre 2021, nella meravigliosa atmosfera della Philharmonie Hall, un luogo che ha visto sul podio pressoché tutti i più grandi direttori d’orchestra degli ultimi 70 anni suonare gli immortali capolavori del repertorio classico. Quando lo scorso agosto fu annunciato che John Williams avrebbe diretto la prestigiosa orchestra tedesca sembrò immediatamente chiaro che l’occasione di vedere una delle più grandi orchestre del mondo suonare finalmente le ricche partiture sinfoniche dirette dal suo compositore era di quelle da segnare sul calendario. La venerabile età di Williams (90 anni il prossimo 8 Febbraio) ha ulteriormente aumentato la sensazione di un evento storico, ma l’incredibile quantità di sincero entusiasmo che sia orchestra che pubblico hanno regalato al compositore quando è salito sul palco della Philharmonie e ha iniziato a dirigere la magnifica “Olympic Fanfare and Theme” (scritta per i Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984) era assai difficile da prevedere. Praticamente tutti i membri dei Berliner sorridevano, comunicando un senso di gioia davvero percepibile nel loro modo fantastico di suonare: la potenza vulcanica della sezione degli ottoni, il suono lussureggiante ma sempre nitido e controllato degli archi, la finezza e la delicatezza dei legni e la precisione d’attacco della sezione delle percussioni, il tutto diretto con un senso di grazia e leggerezza dal Maestro Williams, ha riempito la sala fino al tetto, lanciando un potente incantesimo sul pubblico. Mi si perdoni il tono autobiografico, ma raramente mi è capitato di assistere a una performance così piena di dignità e, soprattutto, inesauribile felicità. Il compositore era chiaramente divertito, scambiando continui sorrisi e sguardi gioiosi con tutti gli esecutori, affrontando brillantemente un programma che includeva alcuni intramontabili “classici” del suo repertorio (tra cui brani tratti dalle serie di Indiana Jones, Harry Potter e l’immancabile Star Wars), ma anche alcune pagine meno conosciute, come la gioiosa suite tratta da Cuori ribelli (Far and Away, 1992), che mescola echi tradizionali irlandesi a momenti spiccatamente hollywoodiani. È difficile individuare punti salienti specifici, poiché tutti i pezzi sono stati dominati da esecuzioni superlative. Tutte le prime parti dell’orchestra erano in ottima forma, compreso il primo violoncello Bruno Delepelaire che ha regalato al pubblico una lettura struggente della “Elegia” per violoncello e orchestra, unico brano non cinematografico in programma e forse il momento più alto della serata.

Ciò che indubbiamente colpisce è vedere e sentire l’ondata di sincero affetto che un pubblico entusiasta ha tributato al Maestro nel corso di queste tre serate. Questo non si spiega solo con la popolarità o l’attaccamento sentimentale a franchise cinematografici che Hollywood continua a riproporre ciclicamente (e a quanto pare ancora bisognosi del talento di Williams). Ciò che questi concerti dimostrano è che la musica di John Williams sia già entrata nella fase del proprio lascito culturale, come parte del patrimonio musicale mondiale che stiamo portando avanti nel 21° secolo. È un elemento cruciale nella vita di milioni, forse addirittura miliardi, di persone in tutto il mondo che conoscono a memoria molti dei suoi brani e delle sue melodie (come lo era per la gente di fine ‘800 con le arie e i temi di Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini), associandoli non solo a quelle storie e a quei personaggi, ma a ciò che essi stessi rappresentano, alle idee al loro interno e alla tradizione su cui sono stati costruiti e che richiamano, nella migliore tradizione della Mitologia. E infine, ci ricordano chi eravamo quando abbiamo sentito per la prima volta quelle note. Quando Williams ha dato l’attacco dell’immancabile “Imperial March” da L’impero colpisce ancora, qui suonata in tutta la sua potenza come bis finale del concerto, il brivido provato dal pubblico non è stato causato solo dal ricordo di un certamente indimenticabile “cattivo” vestito di nero, ma dalla ragione che oggi quel brano musicale è parte delle loro vite e del proprio bagaglio musicale, riconoscendo che, anche dopo oltre 40 anni e migliaia di ascolti, rimane sempre una trascinante, irresistibile miniatura orchestrale. Quando il Maestro Williams è uscito dalla Philharmonie per salire sulla sua macchina a fine serata, è stato accolto a sorpresa da un folto gruppo di fan che hanno iniziato a cantare ad alta voce la “Raiders March”, ossia il tema musicale di Indiana Jones, come se per il suo pubblico il vero eroe sia proprio lui.

Fortunatamente per tutti i suoi estimatori che vivono nel Vecchio Continente, le imprese europee di John Williams non finiscono a Berlino: è già stato annunciato che il 19 giugno 2022 il Maestro dirigerà la Filarmonica della Scala in un grande concerto straordinario che si svolgerà al leggendario Teatro alla Scala di Milano, un altro tempio della grande musica che oggi sceglie di tributare gli onori a colui che, insieme a Ennio Morricone, ha fatto amare la musica sinfonica a sconfinate platee di ormai quasi tre generazioni di ascoltatori.

Maurizio Caschetto

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