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Creatore e interprete: un dialogo “silente”

di Redazione - 16 Marzo 2025

QP Arena è il primo spazio online pensato per dare ai professionisti della musica l’opportunità di esprimersi in prima persona: un intervento, sotto forma di lettera aperta, che permetta ad artisti di tutte le generazioni e le sensibilità di esprimersi e rivolgersi in prima persona al loro pubblico, che in questo caso è anche il nostro pubblico. Oggi possiamo contare sulla riflessione di Claudio Pasceri e Vittorio Montalti.

Claudio Pasceri è tra i più apprezzati violoncellisti italiani della sua generazione, con un’intensa carriera concertistica. Ha suonato come solista con orchestre prestigiose, tra cui l’Orchestre de Chambre de Toulouse e la Camerata Royal Concertgebouw Amsterdam. Collabora con musicisti di fama internazionale e tiene Masterclass in importanti istituzioni europee. È direttore artistico di EstOvest Festival e Artista in residence alla Reggia di Venaria Reale per il triennio 2023-2025.

Vittorio Montalti è un compositore e pianista, diplomato in composizione con Alessandro Solbiati e in pianoforte con Aldo Tramma. Ha studiato con Ivan Fedele e all’IRCAM di Parigi, ricevendo premi prestigiosi come il Leone d’Argento alla Biennale di Venezia (2010) e “Una Vita nella Musica” (2016). Le sue opere sono state eseguite in festival e teatri internazionali, tra cui La Fenice, Carnegie Hall e IRCAM. Attivo anche nella musica elettronica e teatrale, insegna composizione al Conservatorio “Alfredo Casella” de L’Aquila.

Claudio Pasceri

Quella dell’interprete è una condizione molto particolare. Da un lato, il suo compito è di lasciar vibrare una testimonianza creativa con scrupolo e rigore, trattandone il contenuto alla stregua di un oggetto che entri in un campo magnetico e ne esca senza apparente variazione. D’altro canto, il privilegio di scoprire e dare corpo al suono di una nuova opera è esso stesso una forma di “creatività espansa”, è un processo ampio e coinvolgente. Contribuire alla nascita di una composizione musicale in un luogo di straordinario potere evocativo rappresenta un’esperienza profondamente arricchente.

Credo si possa considerare estremamente interessante il “dialogo silente” che nasce e si evolve tra l’interprete ed il creatore nel momento in cui il primo inizia ad esplorare il documento musicale che il compositore gli ha consegnato. Lo chiamo “dialogo silente” perché esiste un rapporto alimentato bilateralmente che tuttavia non conosce l’alternanza dialettica classica.

Quanto il creatore aveva da dire, l’ha già detto nel momento in cui l’esecutore accede alla sua opera musicale, l’ha messo per iscritto. L’interprete gli subentra e scopre poco a poco determinati significati, come se comprendesse e sentisse svilupparsi le intenzioni del proprio interlocutore nel tempo. Del resto, in ogni dialogo di valore bisogna “saper ascoltare” prima di esprimersi, prima di reagire. Ecco quindi che l’esecutore, iniziando a farsi un’idea dell’opera che ha tra le mani, delinea un profilo musicale, intraprende un percorso, si costruisce un’opinione. L’opinione, il punto di vista dell’interprete non corrispondano necessariamente in forma integrale a quanto il compositore immaginava nel momento in cui ha realizzato la propria musica, ma contribuiscono a determinarne il futuro.

La forza che risiede nell’onestà dell’indagine e la capacità di aderire ad un percorso coerente hanno un ruolo fondamentale nel processo interpretativo e in quanto questo possa apparire convincente agli occhi del pubblico. L’interpretazione musicale non è, del resto, la semplice trasposizione in suoni di uno spartito ma, appunto, una sua rielaborazione, una delle infinite, e più o meno credibili, rivisitazioni. Non è, secondo me, un atto di presunzione o di protervia, bensì di modestia, di trasparenza, affrontare la musica scritta da un altro individuo e riconsegnarla attraverso la propria visione, a prescindere da quanto questa risulti, in ultimo, distante da quella del compositore.Si tratta dunque, piuttosto, di una sorta di “atto di cittadinanza in musica”, di una testimonianza di equilibrata libertà artistica.

Vittorio Montalti

Quando il violoncellista Claudio Pasceri mi ha coinvolto nel Late Spring Music Festival e la Reggia di Venaria ha deciso di commissionarmi questo nuovo lavoro, ho subito pensato che il mio brano dovesse parlare di questi splendidi luoghi e della loro storia recente. In particolare, durante una visita alla reggia, sono rimasto molto colpito dal progetto Il Giardino delle Sculture Fluide di Giuseppe Penone: ho trovato le sue opere fortemente
evocative tanto da suggerirmi possibili percorsi sonori che ho voluto indagare e approfondire.

Nello specifico, ho scelto di rendere omaggio alla Venaria Reale e al Maestro componendo una serie di 14 aforismi musicali per soprano, violoncello ed elettronica. Questi prendono spunto dalle opere del giardino, i cui titoli vengono impiegati come materiale testuale. L’idea è stata quella di concentrarsi sull’essenza delle parole e sulle loro qualità sonore: non si tratta quindi di musicare un testo ma di lavorare su processi di frammentazione e ripetizione, per trasformare le parole in vere e proprie figure musicali. Ne è nata una musica molto calma e allo stesso tempo spoglia ed essenziale; voce e violoncello ed elettronica sono pensati come un unico strumento e tutto si fonde in un’unica direzione.

Durante la fase di composizione sono stato in stretto contatto con Claudio Pasceri, confrontandomi con lui sulle intenzioni del progetto e, ovviamente, su questioni tecnico strumentali. Tutto ha poi preso forma durante le prove con Claudio e il soprano Marion Grange che hanno valorizzato al massimo la partitura, interpretandola in maniera eccellente e portando una loro visione del brano. L’elettronica, che ho gestito io stesso (perlopiù in tempo reale), ha funzionato come una estensione degli strumenti sottolineando l’essenzialità della scrittura.

Negli ultimi anni mi interessa sempre più lavorare su progetti molto specifici e a stretto contatto con i musicisti. Proprio per la caratterizzazione di questi progetti mi sembra importante lasciare una documentazione del lavoro come in questo caso in cui il brano è stato registrato dal vivo e pubblicato in vinile per l’etichetta Extended Place.

Vorrei infine spendere alcune parole sul titolo di questo lavoro; leggendo diverse interviste al Maestro Penone torna spesso il concetto di materia e di come il contatto fisico sia un mezzo per conoscere la materia stessa. Sento questo aspetto pratico e artigianale molto vicino al mio modo di comporre ed è per questo motivo che ho scelto di intitolare questo ciclo Dialoghi con la materia. Si tratta però di un doppio dialogo: uno più immediato con la materia musicale e l’altro con le opere del Maestro Penone.

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