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Una conversazione con Tõnu Kõrvits

di Redazione - 18 Settembre 2021

Qualche tempo fa abbiamo incontrato il compositore estone Tõnu Kõrvits nella sua residenza estiva a Tallinn. In occasione dell’uscita del disco You Are Light and Morning. Sei la luce e il mattino, ci siamo intrattenuti a lungo con il compositore per esplorare le sue esperienze biografiche, il linguaggio delle sue composizioni e il rapporto con i testi di Cesare Pavese cui si è ispirato. Qui di seguito la lunga chiacchierata di Davide Umbrello con Tõnu Kõrvits.

Tõnu Kõrvits

Buongiorno Tõnu Kõrvits!

Buongiorno!

So che lei vive nel quartiere Nõmme in Tallinn e che lei è molto legato a questo luogo. Cosa rende questo posto speciale?

Questo è il posto dove sono nato, dove sono cresciuto. Tutto ciò che mi è capitato per la prima volta nella mia vita, in realtà è accaduto in Nõmme. E le cose sono tante, perciò credo che questo sia un posto molto speciale. È diverso da Tallinn. Se dicessi che si tratta di un villaggio magari mi sbaglierei, ma qui vive una comunità capace in qualche modo di mantenere una certa unità. Se incontrassi qualcuno che dicesse di essere di Nõmme sarebbe quasi come un fratello per me. C’è davvero qualcosa di speciale tra e per le persone che vivono in Nõmme.

Quanto è importante l’ambiente nella crescita personale di un musicista/compositore? Che ruolo gioca oggi per lei questo e qual è la sua relazione con il contesto in cui vive?

Ha certamente un ruolo importante. Voglio dire, la famiglia in cui cresci, la musica che ascolti da giovane, le persone che incontri e tutto il mondo che ti circonda influenzano la tua vita. Io sono cresciuto in un paese diverso, l’Unione Sovietica. Era una mondo chiuso, un regime, dove le persone non erano libere. Ma, siccome sono cresciuto in una famiglia di musicisti, la musica è arrivata come una forma di liberazione per me, come il posto dove ho trovato la libertà. Già da molto piccolo ho amato la musica, l’ho seguita e lei comunicava con me.

Tõnu Kõrvits photo by Jacob Cochran

Lei ha prestato servizio per due anni nell’esercito sovietico. In che modo questa esperienza l’ha influenzata?

Allora fu davvero frustrante perché quelli tra i diciotto e i vent’anni erano anni bellissimi della mia vita, sai, gli anni in cui puoi essere giovane e sereno, ma ho dovuto farlo. Tuttavia, più di trenta anni dopo ho capito che in qualche modo mi ha lasciato una certa esperienza che tante persone non hanno, come difendere le proprie idee o decidere per se stessi. Per non parlare poi delle cose più pratiche che mi sono rimaste dai tempi del servizio militare come stirare la mia camicia prima di uscire e avere sempre le scarpe tirate a lucido.

È stata una situazione conflittuale per lei, da estone, prestare servizio per l’esercito dell’Unione Sovietica?

Alcune volte sì, lo è stato ma vivere nel sistema sovietico era già un conflitto in ogni caso. Non ti sentivi mai a proprio agio con queste cose ma le persone hanno imparato a tenere le due cose separate. Da un lato c’è il sistema e dall’altro ci sono io con le mie idee, sogni e libertà e non ha nulla a che fare con il sistema.

Perciò, il sentimento di appartenenza all’Estonia e a luoghi come Nõmme non è stato influenzato dal regime. Sono questi sentimenti di appartenenza a questi luoghi e a questa società che la rendono un compositore estone o questa categorizzazione è legata ad una pratica, uno stile comune tra i compositori estoni?

Penso che questo debba essere deciso dalle persone. Io non posso dire chi sono. Sono estone ma le mie radici non sono unicamente estoni. I miei nonni erano di altre nazionalità, ma questo non importa. Sono estone perché parlo estone, penso in estone, sono nato qui e vivo qui e certamente tutto quello che mi circonda qui ha un effetto sulla mia vita. Se la mia musica ha qualcosa di estone? probabilmente ce l’ha, ma non mi concentro molto su questo. Scrivo la musica che amo scrivere, che mi piace e che desidero condividere. Se c’è qualcosa di estone in questa, ben venga, e probabilmente ci sarà. Ne sono sicuro.

Non fa differenza perciò per lei essere considerato un compositore o un compositore estone?

Beh, compositore estone suona bene. Certamente io voglio sottolineare il posto da cui vengo, perciò preferisco compositore estone di più, perché suona piuttosto fico.

Per conquistare l’indipendenza culturale alla caduta del regime sovietico, cosa è stato importante artisticamente per i compositori della sua generazione?

Durante i miei studi l’Estonia divenne nuovamente una nazione indipendente. Ero piuttosto giovane all’epoca. Ero alla fine del primo anno di studi all’accademia di musica e i cambiamenti nel sistema si sentivano già da circa sei o sette anni. Quello che credo sia stato il cambiamento più importante era portare un senso o un profumo di libertà nella cultura estone. Non è accaduto in un battito di ciglia ma ha richiesto un lungo periodo di tempo, un passo alla volta.

Dall’ascoltare e suonare la musica scritta da altri, a scrivere la propria come ha iniziato?

Neanche questo è successo in un solo attimo. Questo è stato un lungo viaggio, una grande avventura e lo è ancora. Non è ancora finito.

Chi sono stati i suoi maestri? Come l’hanno aiutata a diventare un compositore e a prendere coscienza del suo personale gusto musicale?

Ho avuto tre maestri, Alo Põldmäe è stato il mio primo maestro al liceo musicale. Era molto bravo, sapeva esattamente come lavorare con giovani studenti di musica. Lui mi ha insegnato le basi fon- damentali che ogni compositore dovrebbe avere: senso della forma, principi di come bilanciare una partitura e un po’ di stile musicale. Successivamente, una volta entrato nell’accademia di musica, il mio maestro è stato Raimo Kangro, a cui sono enormemente grato. Lui è stato probabilmente il mio insegnante principale. Mi ha dato molta libertà e mi ha lasciato crescere come volevo. Sottolineava sempre l’importanza di scrivere la musica che ami. Per ultimo Jaan Rääts che mi ha insegnato aspetti tecnici molto interessanti e come scrivere una partitura a modo tuo. Tre maestri, tutti diversi l’uno dagli altri ma tutti importanti.

Lei ha iniziato suonando il basso elettrico in un gruppo chiamato Golem. Come è stato questo periodo?

Mi è sempre piaciuta la musica rock e volevo suonare in un gruppo perché era una cosa fica da fare. Dovevo scegliere uno strumento. Mi piacevano le percussioni, mentre le tastiere non erano interessanti per me ma ho iniziato con il basso elettrico. Mi piaceva moltissimo che tutti gli altri membri del gruppo facessero affidamento su di te se suoni il basso. In qualche modo sei le fondamenta del gruppo e della musica, e allo stesso tempo puoi creare le tue proprie linee, essere perfino melodico nel tuo stile di suonare il basso elettrico, perciò mi piacque moltissimo. Inoltre mi ha insegnato tantissime come, ad esempio il basso elettrico è accordato come un contrabbasso, perciò adesso quando scrivo musica per orchestra so bene come farlo suonare, che tipo di accordi in pizzicato sono eseguibili e così via. Penso che ogni compositore che ha suonato uno strumento conosce bene i segreti di quello strumento e rappresenta un vantaggio per la propria musica. Inoltre, quando ero ancora uno studente e avevo bisogno di qualche soldo per vivere, suonavo in un gruppo che suonava nei ristoranti. È stato un periodo interessante che mi ha fatto guadagnare un sacco di esperienza. Poi una volta finita l’accademia in qualche modo non ne ho avuto più bisogno.

Quale musica è in grado di riconoscere coscientemente come quella che ha influenzato di più la sua musica?

Tantissima musica, di tanti stili differenti. Da ragazzo ascoltavo per lo più rock e la musica pop de- gli anni ottanta. Questa ha lasciato sicuramente un’ impronta importante da cui non riesco distogliermi neppure adesso.

Ho potuto notare dalla sua enorme collezione di vinili che è ricchissima della musica prodotta in quel decennio. Cosa ha trovato nella musica degli anni ottanta?

Non lo so, ma è interessante. È stato il periodo precedente a quello in cui la musica è diventata completamente elettronica. C’erano un sacco di stili differenti durante gli anni ottanta, dai classici gruppi britannici metal fino alla musica tutta elettronica dei Kraftwerk, o ai gruppi synth pop. Si era appena conclusa l’era della musica punk all’inizio di quel decennio trasformandosi in stili musicali interessantissimi come il rock alternativo. Un sacco di gruppi si sono formati seguendo quest’onda e persino adesso i gruppi si definisco gruppi new wave. È stato il tempo dove numerosi gruppi rock classici erano ancora attivi ed influenzavano la nuova musica pop e rock. È stato il vertice in qualche modo della musica pop e rock. Un periodo molto interessante.

Vorrei adesso chiederle, qual è il suo rapporto con le altre forme d’arte come il teatro, il cinema, le arti visive e la letteratura e come queste influenzano il suo lavoro di compositore?

Sento vicine tutte quelle che hai nominato; Amo il cinema, i film, la fotografia, come si può creare un opera d’arte con la fotografia. Questo è meraviglioso! Ho i miei registi preferiti, i mei film preferiti e seguo costantemente le nuove uscite. Ho anche scritto alcune musiche per film, ma non voglio diventare un compositore di musica per film. Questa è un qualcosa di diverso che io non voglio essere. Poesia e letteratura, sicuramente mi influenzano. Mi ci relaziono anche per il mio lavoro perché devo cercare nuovi testi o poesie per la mia musica. Leggo molti libri e ce ne sono moltissimi che non ho ancora letto e che vorrei leggere, come alcuni classici. Mi porto sempre dietro dei libri e ne sono sempre circondato. Come hai potuto notare in casa mia qualche vinile avrai sicuramente notato molti libri. Anche le arti visive influenzano il mio lavoro. Io penso che tutte le forme d’arte siano connesse tra loro a formare un’unica grande Arte. Ho recentemente trovato un libro che è sta- to distribuito qualche mese fa da Vasilij Kandinskij, il famoso pittore russo, e questo libro tratta della sua arte che è incredibilmente connessa con la musica. Tutto questo è straordinario e super inte- ressante da leggere.

Come trasforma queste idee e le emozioni che ritrova nelle arti, di cui abbiamo parlato, nella sua musica?

Sì, questo accade sempre in modi diversi, non c’è un modo preciso. Alcune volte puoi percepire o sentire un flusso musicale come un flusso cinematografico o puoi usare alcuni simboli poetici nella musica strumentale, per non parlare poi di come ci si può divertire a mescolare i diversi timbri degli strumenti come un pittore fa con i suoi colori. In ogni caso la musica segue le sue regole. Questo non va dimenticato.

A proposito di cinema, lei ha scritto Stalker Suite per il Duo Gazzana. Come è nata questa composizione?

Ho scritto questa musica in occasione del concerto in omaggio ad Andrej Tarkovskij, uno dei miei registi preferiti. Il film Stalker è stato girato principalmente qui in Estonia e l’ho guardato tantissime volte. In qualche modo aveva così tanta musica quel film che ho voluto scrivere qualcosa.

Adesso ci troviamo nel suo cottage estivo. La bellezza di questo posto si accompagna però ad un sentimento di solitudine. In Moorland Elegies lei ha lavorato ad una selezione di poesie di Emily Brontë che sembrano essere state concepite qui [Tõnu Kõrvits ridendo, ndr.] e nelle quali viene esplorato questo sentimento di solitudine. Mi piacerebbe che mi raccontasse questa sua composizione e anche della sua relazione con la solitudine e la natura.

Beh, questa è una lunga storia. Ho amato i versi di Emily Brontë per moltissimo tempo fino a quando ho sentito il bisogno di scrivere un ciclo di pezzi basato sulle sue poesie. Ci sono moltissime cose che io sento e che rivedo nei suoi versi, come la natura e la solitudine. Nei suoi versi si trova anche un forte spinta di audacia. La natura, alcune volte, nelle sue poesie è qualcosa di spaventoso o non piacevole. Può essere di tutto, buono o cattivo. Ma è molto romantico che è qualcosa che ho sempre amato, questo è molto speciale per me. Riguardo la solitudine, io credo che ogni autore, chiunque scriva musica o sia impegnato nell’arte per creare qualcosa, conosce bene questo senso di solitudine o isolamento e deve vivere con questi. Diventa parta della tua vita, è così. La vita continua.

Lei ha una bellissima foto che ritrae lei al festival della canzone estone con alle spalle un pubblico così numeroso che io credevo fosse possibile solo per una rockstar [Tõnu Kõrvits ridendo, ndr.]. Questa è una esperienza a dir poco unica per un compositore, se consideriamo la capienza delle sale da concerto e, soprattutto, il numero di ascoltatori che solitamente partecipa ai concerti della nuova musica. Qual è il suo rapporto con il pubblico?

Oh sì, ricordo questa foto. Puoi recuperare questo tipo di pubblico, questi numeri, forse in un concerto dei Led Zeppelin o dei Rolling Stones, oppure, per un compositore in Estonia questa possibilità la trovi al Laulupidu. Quali sono i miei sentimenti nei confronti del pubblico? Non lo so. Il pubblico è sempre diverso a seconda dei diversi paesi. Sono stato all’isola d’Elba, in una chiesa che non ha finestre né elettricità e la mia musica è stata suonata lì per circa trenta o quaranta persone. Poi c’è il Laulupidu o la Carnegie Hall. Sono tutte storie diverse e un compositore può cogliere qualcosa da ognuna di queste, alcuni riscontri e la possibilità di vedere che quello che hai voluto condividere ha commosso qualcuno o ha catturato l’attenzione di qualcun altro. Nei momenti migliori puoi ispirare e confortare le persone o cambiare qualcosa anche se molto piccola. Fai qualcosa di buono ed è una bellissima sensazione. Tu e la tua musica siete stati gentili nei confronti di qualcuno.

Questo è ciò che dà al pubblico, ma cosa riceve?

La vita non è così, che tu dai qualcosa e devi sempre ricevere qualcos’altro in cambio. Questo è davvero troppo primitivo. Se fai musica sai che non riguarda il dare e il ricevere, ma si tratta di servire la musica; bisogna servire la musica e questo significa che se lo fai non ti devi aspettare che la musica ti dia qualcosa in cambio. Alcune volte lo fa; magari alcune volte un poco, ma altre niente di niente. Ma bisogna continuare a servirla finché puoi respirare.

Mi ritengo molto privilegiato di aver assistito alla nascita di uno dei suoi ultimi lavori, Sei la luce e il mattino. Come si è avvicinato a Cesare Pavese?

Amo le sue poesie. Un’amica me le ha suggerite e me ne sono innamorato immediatamente. È così ricca la sua poesia. Lui era un poeta davvero sottile. Si è concentrato moltissimo sulla natura e sul processo naturale. Le sue poesie sono simboliche, dove il fiume o lo scorrere del fiume rappresentano la vita o lo scorrere del tempo. Inoltre è caratterizzata da una certo senso di malinconia, alcune erano anche intitolate Blues. C’è tristezza nelle sue poesie ma anche un enorme amore per la vita. Anche se la sua vita finì tragicamente, credo che lui amasse moltissimo la vita.

Tõnu Kõrvits photo by Jacob Cochran

Come ha scelto le poesie?

Il poeta Doris Kareva mi ha aiutato. Lo ha fatto diverse volte, sia scrivendo le sue poesie che scegliendo o ordinando le poesie che avrei voluto utilizzare. Cerco sempre di confrontarmi con chi ha un senso migliore del mio per il testo o per la poesia.

Ha voluto tracciare una linea attraverso queste otto composizioni? So che lei le considera come un’unica opera.

Sì, è una composizione concettuale. Ci sono delle cose che la rendono tale ma credo sia più impor- tante per me che per chi ascolta.

Perché è importante?

Beh, cosa posso dire. È una questione di intuizione. Puoi riconoscere cose nella poesia che in qualche modo riflettono i tuoi sentimenti, la tua vita o il tuo atteggiamento nei confronti della vita e puoi mettere in musica queste poesie per essere cantate. Questa è una buona cosa per un compositore, una specie di dono.

Quanto tempo ha impiegato per scriverla?

Quasi un anno, con una piccola pausa. Ho lavorato anche ad altra musica, ma sì, tutto insieme un anno.

Qual è la sua parte preferita?

Non posso dirlo perché sono tutte le mie preferite.

Sia Sei la luce e il mattino che Moorland Elegies sono state eseguite dall’ Estonian Philharmonic Chamber Choir e la Tallinn Chamber Orchestra dirette da Risto Joost. Come è stata questa collaborazione?

È molto bello lavorare con lui. È di grande talento. Mi fido di Risto, lavora sempre molto prima della prima prova. È un visionario e ci tiene affinché l’intenzione del compositore venga fuori nella partitura nel migliore dei modi. Credo di essere molto fortunato ad avere nella musica un amico così caro.

Lo sono anche io. Concordo sull’importanza dell’amicizia nella musica, porta sempre a opere meravigliose, inspirazione e certamente una grande esperienza da condividere. La conversazione che abbiamo appena avuto è stata sicuramente incoraggiante e ispirante. Non mi resta che ringraziarla per la sua gentilezza con la quale ha risposto a tutte le mie domande.

Non c’è di che. Salute!

Davide Umbrello

 

(Credits ph: Jacob Cochran)

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