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Un organo per Tolkien – Marco Lo Muscio

di Redazione - 28 Marzo 2016

Il signore degli Anelli è uno di quei capolavori che il secolo scorso ha lasciato come eredità imperitura a tutte le generazioni future, compresa la nostra.

E proprio come ogni classico della letteratura di ogni era, ha scavato un solco profondo solcando tutte le arti vicine e lontane con il proprio flusso impetuoso. Quasi automaticamente il pensiero vola al film, ma l’eredità di Tolkien va ben oltre il capolavoro di Peter Jackson. Uno degli interpreti più originali è l’organista romano Marco Lo Muscio, da sempre in bilico tra la musica classica, il folk e le contaminazioni da progressive rock, e noi siamo andati ad incontrarlo per esplorare il suo mondo.

Innanzitutto viene da chiedersi come si integra un “profano” come Tolkien (si fa per dire) con la sacralità dell’Organo…

Beh insomma Tolkien mica era tanto profano!

No, in effetti non profano, però insomma, così umano! Ecco, forse così è meglio.

Beh innanzitutto Tolkien era molto cattolico. Del resto i suoi personaggi assomigliano tutti ai protagonisti del Vangelo, o ne hanno le caratteristiche. Gandalf risorge come Gesù Cristo, Galadriel incarna la Vergine Maria. La sua opera è piena di elementi Cristiano-Cattolici, quindi, perché no? L’Organo è un’Orchestra del resto, si possono scegliere tutti i colori a disposizione, e il testo di Tolkien ispira subito la fantasia, sia visiva che uditiva. Anche con il pianoforte si può fare tutto. Quindi secondo me si tratta di strumenti perfetti, visto che l’ispirazione è così variegata anche solo all’interno di una sola opera.

Insomma siamo approdati subito sul terreno musicale. Abbiamo detto insomma che la tua ispirazione letteraria è quella di Tolkien, mentre dal punto di vista compositivo in senso stretto?

Beh quando compongo, io scrivo in tanti stili. Spesso mi rifaccio all’impressionismo francese, quindi i miei protettori sono Debussy, Ravel, Messiaen… se devo scrivere qualcosa di impressionistico mi rifaccio a loro. Ultimamente sto riscoprendo una scrittura di tipo più rinascimentale invece, quindi cerco forme più arcaiche come la canzona, il ricercare o la pavana. E in quel caso naturalmente mi rifaccio alla musica del cinquecento inglese, di Byrd e Gibbons, o italiano, come Andrea e Giovanni Gabrieli…

E poi c’è Bach. Quello c’è sempre.

E dopo viene il prog, con i vari Keith Emerson, Rick Wakeman, Steve Hackett, che è un mio grande amico (ridacchia)

Ecco, visto che hai menzionato Keith Emerson, purtroppo non si può non pensare alla sua fine tragica. Quanto c’è della sua eredità nel tuo modo di suonare e di porti nei confronti della musica?

Penso che ci sia un lascito che tutti i pianisti e i tastieristi prog devono avere.

Lui è stato il più grande di tutti, non c’è stato nessuno come lui. Forse Rick Wakeman, è l’unico che gli può stare vicino, anche se Wakeman non ha mai sviluppato il versante Jazz Blues. Mentre Emerson era un jazzista e un bluesman incredibile. C’è un disco, si chiama Emerson Plays Emerson in cui si diletta con vari Boogie, Blues, addirittura c’è una versione in trio di Summertime con basso e batteria. Era proprio un musicista completo, in grado di suonare in qualsiasi stile, e per questo ammirato anche da grandi classici come Gulda. Lo stesso Emerson tributava omaggi a Gulda suonando una sua Fuga come apertura dei suoi concerti. Si tratta di quei pochi musicisti a tutto tondo, come Keith Jarret lo è, Emerson lo era.

Rimanendo sul prog, tu ultimamente ti sei cimentato con un progetto molto impegnativo come Playing The History. Cosa cambia nel passare dal contesto isolato del solista al contesto della band, del supergruppo?

Beh senza dubbio è un’esperienza eccitante, ogni volta che c’è un cambiamento radicale mi offre un grande stimolo. Ogni nuovo stile mi spinge a fare meglio, anche se a uno sguardo attento, il prog in chiave acustica suona non troppo dissimile alla musica classica (accenna le prime note di Horizons di Steve Hackett). La ricchezza armonica e la ricchezza melodica non mancano di certo. Poi parliamoci chiaro, il prog viene tutto dalla musica classica, basti pensare alle suite, che durano venti minuti perchè non sono semplici canzoni ma si rifanno alla forma classica.

E adesso?

Adesso uscira il Playing the History 2!

Perfetto, adesso non riesco neppure a terminare le domande…

(Ride) Questa è una chicca per i lettori: a maggio ci saranno due uscite importanti. Uscirà un Disco interamente dedicato alle mie musiche per organo, eseguito da un  grandissimo organista inglese, Kevin Bowyer, registrato alla Memorial Chapel di Glasgow su un’organo Willis a tre tastiere (comprensibilmente, si illumina). Per me questo è un grande onore… poi nel disco c’è anche un’altra chicca, un pezzo a quattro mani sullo stesso organo.

E poi appunto il secondo volume di Playing the History, tra maggio e giugno. Questo sarà un po’ differente al primo, decisamente più acustico, con più organo. Qua ci sarà tanto prog, tanto rock. Abbiamo addirittura la batteria…

Intervista a cura di Filippo Simonelli


per approfondire

http://www.marcolomuscio.com/

http://www.playingthehistory.com/1/the_project_534346.html

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