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Testimoni del presente: Giorgio Colombo Taccani

di Valerio Sebastiani - 22 Aprile 2020

dialogo con Giorgio Colombo Taccani

Le voci dei compositori dentro e oltre la pandemia. Abbiamo stimolato diversi compositori a rispondere a tre questioni legate al presente, per indagare le caratteristiche, le contraddizioni e le peculiarità del fare (e pensare) musica in un momento di così radicale crisi globale. Dopo Giorgio Battistelli e Luca Lombardi (i link rimandano alle precedenti conversazioni), abbiamo scelto di confrontarci con Giorgio Colombo Taccani.

L’intimo rapporto con se stessi: il compositore vive, per la natura stessa del proprio mestiere, una condizione di solitudine; tuttavia, a fronte della forzata reclusione, Maestro Colombo Taccani, come cambia la percezione di questa solitudine, se cambia, e quali sono le riflessioni che emergono?

Una solitudine, quella del compositore, intesa non necessariamente con un connotato negativo o velato di tristezza, di malinconia. “Solitudine” nel senso che si lavora da soli. Almeno secondo quanto è stata la pratica tradizionale; dico questo perché in certi contesti pare non essere più vero: c’è una proliferazione di opere collettive, soprattutto negli Stati Uniti, che sorprende molto chi è abituato a operare in maniera diversa. Ma questo è un aspetto distinto da quello che andiamo ora a trattare; chiudiamo subito questa parentesi. Dal punto di vista strettamente operativo è cambiato molto poco: come passavo le giornate a scrivere prima, tempo permettendo, allo stesso modo faccio ora. Ho senz’altro più spazio da dedicare alla composizione e più concentrazione, seppur la situazione sia drammatica e ci si augura che possa risolversi al più presto. Al momento mi trovo in anticipo di due mesi rispetto ai miei piani di lavoro, e ripensandoci mi chiedo come avrei potuto mai rispettare la tabella di marcia in condizioni di “normalità”…

Direi che radicalmente sia invece cambiato il senso di prospettiva, di finalità di ciò che, anche in sovrabbondanza, siamo abituati a fare. E in questo senso stiamo sperimentando una nuova solitudine (dico una banalità enorme, ma fondamentale da sottolineare), quella che si impone dolorosamente nel passo conclusivo del nostro lavoro. Totalmente amputato è infatti l’esito, il perché, la motivazione finale, un aspetto essenziale per chi scrive musica. Sono saltate una miriade di esecuzioni e altre verranno cancellate o, in prospettiva, nemmeno proposte. Quasi nessuno al momento ha il coraggio di prendersi impegni… a chi è dato sapere infatti, cosa accadrà nel prossimo futuro?

Da questo punto di vista si fa esperienza davvero di un nuovo tipo di solitudine e di incertezza.

E qui si crea un altro paradosso: si scrive di più, con maggior concentrazione, cercando però di non pensare alle incognite, altrimenti continuare a comporre può diventare ostico. Resta tuttavia, sottotraccia, una consapevolezza il cui sapore non dico si avvicini all’inutilità, ma certo ha dell’amaro, soprattutto se i progetti avviati prima del blocco avevano una certa consistenza.

Questo senza dubbio è il cambiamento più importante. Non è quindi la solitudine dell’essere confinati a lavorare in una stanza o in una casa a fare differenza, quanto la solitudine in prospettiva, in potenza, destinata a protrarsi molto più a lungo rispetto all’attuale confinamento.

Maestro Colombo Taccani, questo periodo ha portato ad alcuni evidenti cambiamenti nella sua musica o nel suo modo di comporre?

Al momento non credo che la mia musica stia cambiando molto, almeno dal punto di vista delle motivazioni profonde per cui scrivo. Spesso tuttavia di questi cambiamenti si raggiunge la consapevolezza solo a distanza di tempo. Tengo a ribadire che non si è mai buoni giudici di se stessi, o perlomeno è difficile esserlo “in diretta”. Ci si accorge dopo, magari, di aver preso determinate strade. Nel mio caso contribuisce anche il carattere, propenso al fare più che a riflettere su ciò che stia facendo, e persino in una situazione così difficile non scorgo riflessi evidenti sulla mia opera, non almeno, come ho detto, nell’immediato. Forse semplicemente non mi interessa pormi questa domanda più di tanto. Ribadisco: non percepisco cambiamenti evidenti, tuttavia, al tempo stesso, non li escludo.

Piuttosto, è cambiato qualcosa nell’approccio compositivo, in relazione all’evidente mutare del ritmo nella quotidianità.

Sono molto metodico, per cui avere di fronte giornate di taglio pressoché identico per me è l’ideale per l’organizzazione schematica e regolare del mio lavoro. Questo mi consente un approfondimento che in tempi normali sarebbe più diluito, magari anche più superficiale – parlo dal punto di vista tecnico-operativo. Posso permettermi, ad esempio, di sperimentare nuove modalità o nuove strategie compositive, come pianificare il lavoro puramente con rappresentazioni grafiche, gestuali, svincolate da un ulteriore rapporto strutturante. Dovessi ritrovarmi in un vicolo cieco infatti, potrei sempre ricominciare! Inoltre di solito preferisco “ingabbiarmi” in griglie formali aprioristiche con cui giocare, peraltro senza alcuna garanzia di risultato. Con il tempo a disposizione, ho voluto provare a gestire alcuni materiali più istintivamente, magari con meno bozze preparatorie, e a volte direttamente al computer, cosa da me sempre evitata. Non sono ovviamente certo del risultato, e ancora non ho capito se questo nuovo metodo stia funzionando; non più di tanto, direi, ma posso concedermi il lusso dell’avventura.

L’aumento della produttività è, dunque, un effetto collaterale positivo della drammatica situazione attuale. Circostanza peraltro comune a moltissimi dei miei colleghi: direi che un proliferare di musica a questi livelli non si sia mai visto. La creatività in rete, certo ristretta a quei progetti che possano adeguarsi al mezzo, è veramente, per come viene espressa oggi, una novità sia in quantità, che, almeno in parte, in qualità. Ci stiamo adattando ovviamente a un sistema che non può in alcun modo sostituirsi all’esecuzione dal vivo, ma che è necessario per non perdere il contatto sia tra musicisti stessi, che con il pubblico. Vengono proposti, in numero assai considerevole, concerti in streaming sia di repertorio, che creati ad hoc (penso anche ad alcune esecuzioni di musica contemporanea). Confesso di trovarmi spesso in difficoltà nello scegliere quale seguire, poiché non di rado si accavallano.

Questo proliferare di proposte sul web ha naturalmente aspetti positivi; un’eccessiva abbondanza, al contrario, potrebbe nuocere…

L’offerta della rete è certamente caotica, su questo c’è ben poco da fare; se caotica era prima, in questo momento il caos è elevato al cubo. Sta, come sempre d’altronde, al buonsenso di ognuno saper fare una selezione. Potrebbe essere utile in questo caso una piattaforma di riferimento che proponga agli utenti un ventaglio di possibilità già scremato e ordinato, cosicché sia più facile orientarsi. L’aspetto fondamentale però di cui tener conto è il lavoro.

La maggior parte delle proposte sono ad accesso gratuito, il che è certo una fortuna per l’utenza, ma non potrà restare a lungo così. Ci sono persone in serie difficoltà economiche, musicisti che se prima facevano salti mortali per far quadrare il bilancio (non è certo un settore particolarmente remunerativo), ora si trovano senza lavoro con concerti cancellati almeno fino a dicembre. Per cui, superata una prima fase di proposte spontanee e autopromozionali, sarà assolutamente necessario trovare una soluzione. E questo, per quanto mi riguarda, è un enorme punto di domanda.

Arriviamo con grande naturalezza al secondo punto che vorremmo affrontare con lei: le strategie per il futuro prossimo. Alla luce dello sconvolgimento globale attuale, con la consapevolezza di una possibile e ancor più profonda crisi economica all’orizzonte e i rischi e le paure di ritrovarsi in luoghi affollati, ora più che mai le sovrintendenze dei teatri e delle istituzioni concertistiche, dovranno mettere in campo strategie in grado di reagire alle difficoltà verso cui andremo incontro. Maestro Colombo Taccani, quali scenari si prospettano secondo Lei?

La situazione presente è affascinante per la sua torrenzialità, in un momento di emergenza caotico, anche dal punto di vista della vitalità della proposta dei concerti in streaming a cui stiamo assistendo. La paura per la frequentazione delle tipiche sedi concertistiche rimarrà ben oltre l’emergenza e il pubblico farà veramente fatica a entrare nelle sale, di questo sono convinto anch’io.

Per quanto riguarda le strategie da adottare, non saprei sicuramente dare risposte precise. Secondo me in qualche modo occorrerebbe che almeno alcune proposte in streaming più raffinate, più interessanti, iniziassero a prevedere una forma di compenso per gli artisti. Ovviamente è un’idea di una banalità atroce, ma bisogna insistere su questo punto: ritengo davvero necessario pensare a una remunerazione che tuteli i lavoratori del settore. Temo purtroppo che per un po’ di tempo assisteremo a molto volontariato.

Sento spesso dire, e in fondo sono d’accordo, che non si possono fare concerti senza pubblico. È vero, ma dovremmo entrare nell’ottica che questa possa essere una nuova realtà “complementare”, da affrontare senza remore e senza pregiudizi.

Maestro Colombo Taccani, secondo Lei, nella situazione attuale qual è il grado di visibilità della musica recente, o contemporanea sul web?

Innanzitutto è certo che, nella fiumana delle proposte odierne, la musica recente sia sicuramente minoritaria, volendo usare un eufemismo. Al tempo stesso la tendenza allo zapping va totalmente a nuocere a qualsiasi offerta complessa o di non immediata fruibilità e questo, in qualche modo, è un rischio senza soluzione. La produzione recente, in un contesto del genere, è più a rischio: è chiaro come basti un click per interrompere l’ascolto del pezzo, o magari semplicemente aspettare che inizi quello successivo andando per qualche minuto a fare altro. Però è anche vero che le proposte in rete offrono una possibilità di avvicinamento alla musica, con introduzioni brevi ad esempio, non sempre efficaci nelle sale da concerto.

Intendiamoci, per quanto riguarda la musica composta oggi, noi compositori siamo perfettamente consapevoli della sorte che ci attende: nessuno si aspetta tappeti rossi sotto i piedi. Però la situazione, va detto, permette di sviluppare proposte interessanti, non necessariamente rivolte a un’utenza totalmente specializzata, e questo potrebbe avere, in futuro, risvolti positivi.

Questo anche perché in questo momento si è risvegliata in maniera prepotente, seppur caotica, ripeto, una grande necessità di manifestazioni artistiche. La storia ci ha mostrato come questa fame d’arte sia particolarmente presente nei momenti più difficili. Penso alla grande esigenza di far musica, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con Šostakóvič o Prokof’ev impegnati a scrivere moltissimo. Penso al fervore degli anni ‘50, e agli innumerevoli impulsi scaturiti. Sarà ottimismo, ma ho la sensazione che ci sia maggior curiosità per la musica del nostro tempo, è una percezione, e posso sbagliarmi. Gli ultimi anni ci stanno regalando musicisti tecnicamente agguerriti e con una motivazione verso la musica contemporanea da far pensare solo in meglio. E quest’onda non può arrestarsi di fronte a una situazione catastrofica come quella attuale, anzi!

Vedo in atto la tendenza a collaborare, a riconoscere e valorizzare la forza inarrestabile delle sinergie. Cooperare sarà importantissimo nel fronteggiare le incertezze del futuro e una possibile, altra, ben più profonda crisi economica. Certo, la necessità aguzza l’ingegno. Anche tra i compositori noto un’inedita volontà di confronto. Come dicevo all’inizio, i compositori sono tendenzialmente solitari e parlano fra loro proprio se costretti (ride).

Maestro, come ha giustamente detto, è naturale che le manifestazioni artistiche sul web sono dettate da un preciso contesto e non possono in alcun modo sostituirsi alla performance dal vivo. Non possiamo però ignorare l’influenza sempre più crescente delle piattaforme digitali. In questo senso, gli spazi di divulgazione della musica come possono adeguarsi, oltretutto in prospettiva di un cambiamento sociale già in corso?

Qualsiasi forma musicale, anche il pezzettino per strumento solo, viene amputato di un’enorme percentuale di consistenza mancando dell’esecuzione dal vero, questo è chiaro. Si tratta di accettare una situazione circostanziale dettata dall’emergenza che avrà senza dubbio ripercussioni sociali importanti e non tutte di segno negativo, almeno spero. Ora che lo streaming è l’unico “live” possibile, potrebbe essere interessante interrogarsi su come implementare le caratteristiche espressive della performance, sulle potenzialità tecnico-acustiche dei mezzi a disposizione. I teatri cosa possono fare? Se non si potrà accedervi per lungo tempo varrebbe forse la pena ideare nuovi potenziali spazi, nuove piattaforme che permettano alle persone di respirare l’arte, che propongano soluzioni capaci di arginare gli effetti della paura di aggregarsi nei luoghi deputati. Mi auspico il proliferare di situazioni musicali in contesti veramente di ogni tipo: bisogna uscire dal teatro per tornare a teatro.

È necessaria un’attenta riflessione e un vero e proprio lavoro di semina di eventi musicali, di stagioni musicali, in contesti non-tradizionali

Il compositore: testimone del proprio tempo. Superata l’emergenza l’arte dovrà riuscire a essere un reale e necessario sostegno, se riconosciuta come “medicina dell’anima”, e il compositore una voce di riferimento; ma alla luce delle difficili condizioni di un mestiere non sempre riconosciuto, come riuscirà a farsi ascoltare?

Per rispondere a questa domanda servirebbe forse una panoramica delle condizioni sociali del compositore in Italia. Non credo che questo mestiere sia considerato davvero come tale, e di certo non ha propri diritti sindacali. Penso sinceramente che parte della responsabilità sia comunque da attribuire ai compositori stessi che non sempre sono riusciti a far valere i propri diritti.

In Italia scontiamo un grave paradosso: ci sono molti compositori di qualità, il che aumenta la domanda di lavoro e diminuisce l’offerta (di per sé bassa); il datore di lavoro (le fondazioni lirico-sinfoniche, i direttori artistici, sia pure con le ovvie illuminate eccezioni) riesce sempre a trovare una proposta più “economica”, che corrisponde nella maggior parte dei casi a una quasi gratuità. In poche parole, nel mondo dei compositori è in atto una sorta di “guerra tra poveri”. È probabile che si sia arrivati a questo punto per mancanza di spirito di corpo, di sindacalizzazione, di un potere contrattuale.

Dovremmo inoltre chiederci perché in altri contesti geografici gli esecutori, anche studenti, siano alla continua ricerca di musica nuova. C’è curiosità ma anche necessità (il pezzo contemporaneo obbligatorio all’esame, per esempio). Vi è quindi una didattica che favorisce l’interesse e crea la situazione e, inoltre, eseguire molta musica nuova nelle programmazioni concertistiche porta il pubblico ad abituarsi ai linguaggi più recenti, e quindi ad apprezzarli o, quanto meno, a poter valutare le proposte contemporanee con curiosità e competenza. Sappiamo perfettamente che nei Conservatori italiani tutto questo non avviene, se non proprio in percentuali irrisorie, per non parlare dei programmi di studio, che sia pure con qualche tentativo di svecchiamento rimangono lontanissimi dai nostri tempi.

In una situazione dove la richiesta è scarsa e la volontà (o la possibilità, intendiamoci) di compensare il lavoro del compositore è ancora più scarsa, tutti coloro che cercano, giustamente, di essere eseguiti si scontrano spesso con le scelte delle direzioni artistiche, che, qualora decidano di inserire musica nuova tendono a commissionare gratuitamente. Tutto questo condiziona profondamente i compositori e alimenta nei più giovani l’immagine di una difficile realizzazione professionale.

Personalmente non saprei dare un’indicazione concreta, operativa e motivazionale per definire possibili alternative. Quello che davvero spetta a noi compositori, secondo me, è continuare a lavorare, dando un esempio di serietà artigianale e di disciplina. Non mi interessano i manifesti o le esternazioni programmatiche. Nel mio piccolo, credo sia importante dare un esempio di rigore, non necessariamente morale s’intende, di lavoro artigianale serio e coscienzioso. Sto sperimentando queste particolari attitudini nelle numerose lezioni online che tengo ogni giorno. Cerco di fare il mio meglio per tenere stretto il timone anche per chi sta riponendo fiducia in me come docente. In un periodo come questo emergono facilmente fragilità emotive e difficoltà di equilibrio. Un sostegno e un impegno costante possono essere la “testimonianza” più forte.

Questa perlomeno è la “lezione di vita artistica” che darei a me stesso: continuare a comporre. Aver mantenuto salda la barra e dritta la rotta sarà, in futuro, la risposta più importante a ciò che stiamo vivendo, senza evidenti proclami. Credo ci sia richiesto, semplicemente, di essere ciò che siamo, nella maniera più consapevole e profonda possibile.

Intervista a Giorgio Colombo Taccani a cura di Michele Sarti e Valerio Sebastiani

Due consigli di ascolto e una nota biografica.
1. La cenere e il giardino – omaggio a Danilo Kiš per 16 archi (2018).
2. Diario di fine stagione per quattro ottavini (2016)

Giorgio Colombo Taccani (1961) ha svolto studi classici, laureandosi in Lettere Moderne all’Università Statale di Milano con una tesi sull’Hyperion di Bruno Maderna che nel 1993 ha fatto guadagnare il “Premio Missiroli” al Maestro Taccani da parte del Comune di Bergamo in occasione di un convegno sul teatro musicale italiano del Dopoguerra. Taccani parallelamente ha svolto studi musicali, diplomandosi in Pianoforte ed in Composizione al Conservatorio “G. Verdi” di Milano con Pippo Molino e Azio Corghi, conseguendo in seguito il Diploma al corso di perfezionamento in Composizione tenuto da Franco Donatoni all’Accademia di Santa Cecilia in Roma dove ha ottenuto una borsa di studio S.I.A.E. Giorgio Taccani ha inoltre seguito corsi di perfezionamento con Azio Corghi e György Ligeti ed è stato selezionato per il workshop IRCAM 1995 dedicato all’informatica musicale. Alcune composizioni del Maestro Taccani hanno ottenuto riconoscimenti in concorsi nazionali ed internazionali, sono regolarmente eseguite in tutto il mondo, trasmesse da emittenti radiofoniche e a partire dal 1989 sono pubblicate dalle Edizioni Suvini Zerboni di Milano. Dal 1991 al 2001 il Maestro Taccani si è occupato di musica elettronica presso lo studio AGON di Milano. Dal 1992 al 1999 ha insegnato Composizione alla Civica Scuola di Musica di Milano. Dal 2005 al 2017 Taccani ha collaborato con il corso di Direzione d’Orchestra per il repertorio contemporaneo tenuto da Arturo Tamayo presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano. Dal 1999 il Maestro Taccani insegna Composizione presso il Conservatorio “G. Verdi” di Torino.

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Classe 1992. Laureato in Musicologia all’Università “La Sapienza” di Roma, ha studiato Pianoforte presso il Conservatorio “Licinio Refice” di Frosinone. Ha frequentato i corsi del MaDAMM (Master in Direzione Artistica e Management Musicale) tenuti dall’Istituto Musicale “Luigi Boccherini” di Lucca. Attualmente è assistente alla direzione artistica dell'Accademia Filarmonica Romana e consulente scientifico della Treccani. Ha svolto attività di ricerca presso l’Akademie der Künste di Berlino e per conto dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Milita in Quinte Parallele dal 2016.

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