Ultimo aggiornamento 4 dicembre 2024, alle 17:11

Ritratto del pianista da giovane, intervista a Lorenzo Luiselli

di Nicola Giaquinto - 28 Giugno 2024

Se fosse possibile introdurre il termine “Bravo Musicista” nell’Enciclopedia della lingua italiana, la mia personale descrizione reciterebbe: “colui che applica – a volte facilmente, a volte meno – il suo talento e la sua naturale affinità nei confronti del proprio strumento per creare un prodotto di qualità”, insomma, due ingredienti non da poco, essendo entrambi di origini innate

Esiste, però, una sub-categoria di musicisti che salta più all’occhio; quelli eccellenti, quelli che comunicano, quelli che riescono a prenderci per mano a suon di note e accompagnarci lungo una strada che neanche sapevamo esistesse. È il caso dei cosiddetti “Grandi”, coloro – detto in breve – che sono andati oltre le loro predisposizioni naturali e, attraverso intelletto, spirito di ricerca e intelligenza, hanno il coraggio di farsi da tramite diretto fra il compositore e il pubblico. Spesso e volentieri un traguardo del genere è facilitato dal passaggio del tempo, dalla saggezza che avanza assieme all’età e con essa la capacità di pensare criticamente.

È raro, ma non impossibile, trovarsi ogni tanto davanti a persone che sono riuscite a raggiungere questo livello di consapevolezza già da giovanissimi, non tanto per miracolo divino quanto per determinazione e genuina voglia di imparare. Lorenzo Luiselli, classe 2008, è una di queste. Il giovane pianista si è recentemente affermato al contest LAZIOSound, all’interno del quale si è fatto notare da professionisti nel settore e il quale gli è valso addirittura la registrazione di un CD dedicato a Beethoven. Ho avuto il piacere di spendere un’ora assieme a lui in una conversazione face-to-face… da pianista a pianista.

N G: Certe esperienze rimangono indelebili a vita, prima fra tutte il primo approccio con il nostro strumento. Ti ricordi come e quando è iniziato il tuo percorso con il pianoforte?

L L: «Che io abbia ricordo, il mio primo incontro con un pianoforte risale a quando avevo più o meno due anni e mezzo… tutto molto casuale. Vicino casa mia c’era un negozio che vendeva mobili di antiquariato e all’interno si trovava un pianoforte malridotto; un giorno battendo un po’ sui tasti mi si accese una lampadina e decisi di iniziare ad apprendere. Il primo incontro con la musica è cosa ancor più lontana nel tempo… si dice che già a sei mesi battessi il tempo della marcia di Radetzky»

N G: Un conto è il primo approccio, tutt’altro è il percorso che noi facciamo. Essendo giovanissimo il tuo è ancora agli inizi, ma sono convinto che sia già venuto a contatto con delle figure che hanno stimolato con il tempo la tua crescita. Ne puoi citare qualcuno?

L L: «Da autodidatti è un po’ difficile andare avanti! Nel mio percorso pianistico ho avuto due insegnanti e devo dire che entrambi sono stati (e tuttora sono) molto importanti per la mia formazione e per i progressi che – più o meno velocemente – ho raggiunto. La mia prima insegnante, Assunta Cavallari, che mi ha seguito dai quattro ai sette anni, mi ha dato le basi per iniziare a suonare il pianoforte; poi a sette ho iniziato a studiare presso l’associazione musicale Muzio Clementi con il maestro Sandro de Palma, che tuttora mi segue e con cui è iniziato tutto il percorso di lavorazione, accrescimento di repertorio»

N G: A proposito di repertorio… pensi di essere già più attaccato a certi compositori rispetto ad altri?

L L: «Sicuramente Bach, proprio perché sin da quando ero piccolo sono sempre stato forse predisposto a suonare e capire quel modo di scrivere e come interpretarlo. Piano piano, da quando ho iniziato a studiarlo si è aggiunto anche Beethoven e da un annetto pure Liszt»

N G: Insomma, tutte cose che “fanno palestra”, come diceva il mio insegnante. Essere affini con la musica di Bach così presto poi…

L L: «Esatto! Questo rapporto con Bach è anche curioso. Quando avevo cinque o sei anni avevo una raccolta, non di certo edizione Urtext o integrale di qualche tipo, nel quale era anche inserita l’aria delle Variazioni Goldberg. Io la vidi e la studiai… così, per diletto, iniziando piano piano ad imparare anche tutte le altre variazioni»

N G: Beh, roba da poco… è tuttora il mio sogno nel cassetto, ma ancora non ho avuto il coraggio di avvicinarmici

L L: «È imbarazzante come abbia cominciato a studiarle molto presto e le abbia anche finite molto presto. Dai sei ai nove le ho completate e poi a tredici le ho eseguite in concerto. Riascoltando la registrazione mi rendo conto che ero piccolo e ci sono state un po’ di cose buttate via… ma a dire il vero ne sono contento»

N G: Spezzo una lancia a tuo favore da persona che ha più di dieci anni di te. A volte l’essere giovanissimi ci libera dalle gabbie mentali che si hanno più in là con l’età

L L: «Quasi quasi converrebbe studiare il secondo di Rachmaninov a dieci anni… almeno c’è la possibilità di ignorare i rischi!»

N G: Di recente hai vinto LAZIOSound e di conseguenza hai inciso un disco su Beethoven. Suppongo sia stata la tua prima esperienza del genere, quali sono le difficoltà in più che hai provato rispetto ad un’esibizione al vivo?

L L: «La prima difficoltà è sicuramente l’atteggiamento mentale. A livello di preparazione il processo è quasi lo stesso, ma in concerto se succede qualcosa è possibile magari camuffare; gli errori capitano a tutti. Per un disco no, devi rendere tutto pulitissimo. Durante la prima delle due tranche della registrazione è stato più difficile entrare in questa mentalità… tant’è vero che solo per la prima sonata sono state fatte quattrocento take!»

N G: Personalmente io trovo incidere molto più stancante… il fantasma della perfezione a volte mi annebbia il cervello

L L: «Si, pure io l’ho trovato pesante a livello mentale. Non avevo mai lavorato con un fonico, quindi il processo di registrare, ascoltare i take, salvare il salvabile e correggere le imperfezioni mentalmente era pesante. Anche dal punto di vista fisico, ritrovarsi a dover ripetere passaggi molto forti o molti veloci per cinque take di fila può essere anche provante per le mani»

N G: Il CD è un trittico Beethoveniano. Mi ricordi un attimo che sonate sono e quali sono le motivazioni dietro questa scelta?

L L: «Le sonate incise sono le due dell’op. 27 e l’op. 81a e la scelta sta dietro al loro carattere. Sia l’op. 27 N. 1 che l’op. 27 N. 2 portano il sottotitolo “quasi una fantasia”, scritto da Beethoven, e rappresentano le prime due sonate dal carattere più tendente al romantico. L’op. 81a invece perché è piena di sentimento per un caro amico che parte, tant’è che Beethoven da un sottotitolo ad ognuno dei tre movimenti (Lebewohl, Abwesenheit, e Wiedersehen

N G: Si direbbe quasi che tu ti sia lanciato sul lato del compositore un po’ più palese in quello che vuole dire, più descrittivo… un mondo di distanza dal Beethoven idealista e più intimo di Op. 109, 110 e 111

L L: «Ancora non ho studiato le ultime sonate di Beethoven, vedremo, quando le studierò, se hai ragione!»

N G: È molto soggettivo, io ti posso solo assicurare che sono difficili! Ma ora spostiamoci più sul pratico. Come si svolge una tua classica giornata di studio?

L L: «Quando non ho scuola tendenzialmente comincio a ripassare passaggi visti il giorno prima intorno alle 10:30, poi vado avanti fino alle 14. Dopo pranzo riprendo fino a che non mi ritengo soddisfatto, o finché il vicinato non si lamenta!»

N G: Ci sono aspetti su cui ti piace soffermarti particolarmente in fase di studio?

L L: «Diciamo che con ogni cosa che studio, cercando di riprovare tutto ogni giorno, sono consapevole di quali sono i punti più ostici, quindi do particolare attenzione a quelli, per migliorarli. Per il resto, cerco di alzare sempre il livello in maniera organica, il problema è quando cominciano ad ammucchiarsi i vari Beethoven e Liszt con le loro dinamiche è normale far partire ogni tanto una corda del pianoforte o due… in questo momento sono a cinque»

N G: Ti consiglio di cominciare a collezionarle come cimeli! In fase di studio la distrazione (almeno per me) è sempre dietro l’angolo, tu come le affronti? Come rimani concentrato?

L L: «Stare fermi sette ore a studiare senza deconcentrarsi è impossibile, però la sensazione dall’interno è che rispetto a qualche anno fa mi distraggo di meno. Piano piano mi sto abituando a far meno caso alle cose attorno a me e a pulire la mia testa di eventuali pensieri inutili, a volte l’essere lucido mi aiuta anche a darmi energie quando sento che le riserve cominciano ad esaurirsi»

N G: La lucidità è un vero e proprio dono… ma spostiamoci ora sul palco. Ognuno di noi reagisce ad esso in modo diverso, tu come gestisci nervi prima di una performance.

L L: «In passato percepivo molta tensione prima dei concerti, soprattutto quando ero particolarmente legato ad un brano. Nella finale della categoria “I love Mozart” per LAZIOSound mi ricordo di avere avuto molta ansia, dato che si trattava della finale di un concorso, mentre gli ultimi due concerti che ho fatto ero tranquillissimo. Addirittura, giravo per il camerino chiedendomi quanto ci mettessero prima di farmi suonare!»

N G: Qualche rituale scaramantico prima di esibirti?

L L: «Credo sia ancora troppo presto, però ritengo che l’importante per avere risultati ottimali sia rimanere concentrati prima di salire sul palco… Ovviamente se qualcosa in particolare mi ha portato fortuna tendo a rifarla!»

N G: Fare musica a questi livelli, soprattutto da giovanissimi, può avere un certo peso a livello mentale e fisico. Come stacchi la spina?

L L: «Mangiare, dormire e stare con gli amici. Non ho bisogno di molto! Prima o poi cercherò di incorporare anche un po’ di attività fisica»

N G: Cosa pensi della musica d’insieme, ti piacerebbe esplorare il repertorio cameristico?

L L: «Certamente, un domani mi piacerebbe suonare con trii, quartetti… ancora non ho mai avuto esperienze, ma spero di cominciare al più presto per abituarmi anche a suonare con altre persone»

N G: Quali sono i tuoi prossimi progetti o concerti?

L L: «Venerdì 21 giugno, mi esibirò nella sala Casella dell’Accademia Filarmonica Romana, dove suonerò il Capriccio sulla lontananza del fratello dilettissimo BWV 992 di Bach, Op. 81a di Beethoven e, dal secondo volume degli Années de pèlerinage di Liszt, il Sonetto del Petrarca 123 e la Sonata Après une lecture du Dante»

N G: Programma leggero… soprattutto la Dante!

L L: «Non sarà mica per colpa sua che devo chiamare l’accordatore due/tre volte al mese!»

Lorenzo Luiselli: Beethoven Op.27 n. 1 EMaj – Movimenti 3 e 4

«Le sonate incise sono le due dell’op. 27 e l’op. 81a e la scelta sta dietro al loro carattere»

Lorenzo Luiselli


Nicola Giaquinto

Autore

Sammarinese e pianista per scherzo del destino. Appassionato di musica francese, cucina e neuroscienze… tutte cose che col passare del tempo mi stanno rendendo sempre più radical chic e incapace di intrattenere rapporti umani.

I miei successi più grandi sono aver imparato l’opera omnia di Ravel e aver preparato la piadina senza glutine.

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